La sentenza firmata con sottoscrizione digitale è nulla?

La sentenza sottoscritta dal giudice con firma digitale non è nulla per difetto di sottoscrizione. Ed infatti, risultano pienamente garantite sia l’identificabilità dell’autore del provvedimento giudiziario, sia l’integrità e l’immodificabilità dello stesso la firma digitale è perfettamente equiparata alla sottoscrizione autografa.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, con la sentenza n. 22871 depositata il 10 novembre 2015. Quod non est in actis non est in mundo! Dicevano gli antichi. Ma, ci chiediamo, la sentenza che non è firmata di pugno dal giudice, il quale provvede invece a siglarla soltanto digitalmente”, est in mundo ? O dobbiamo considerarla tam quam non esset ? Lasciamo perdere il latino, che oggi mi ha preso inspiegabilmente la mano il problema prospettato è molto rilevante, e la Cassazione con un’articolatissima decisione dipana la massa degli interrogativi che si addensano su uno dei tanti neo-problemi, figli della tecnologia applicata al comparto giustizia. Il fatto storico che sta alla base della corposa sentenza in commento è di una semplicità inversamente proporzionale al numero dei motivi di ricorso, sollevati da un debitore nel contesto di un giudizio di opposizione all’esecuzione oggetto del quale, da ciò che si legge in sentenza, è il calcolo di alcune delle voci per i diritti auto liquidati dal procuratore della creditrice . La prima delle undici censure che hanno bersagliato la sentenza di secondo grado è quella, per noi, più interessante viene dedotta la inesistenza giuridica della sentenza sottoscritta unicamente con firma digitale. Alla censura segue un'interessantissima carrellata di argomentazioni che conducono al rigetto del motivo di impugnazione. Vediamo di analizzarne le più importanti. Quando sussiste il difetto di sottoscrizione? Sull'essenzialità della sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, non vi sono dubbi di sorta se manca la firma di chi ha pronunciato la sentenza, quest’ultima sarà assolutamente e insanabilmente nulla. Tanto è grave l'eventuale vizio, da poter consentire di affermare che la sentenza non sottoscritta dal giudice è giuridicamente inesistente. Gli Ermellini, però, tengono a precisare che, sul punto, le Sezioni Unite – con una sentenza del 2014 – hanno edulcorato la portata del principio, piuttosto lapidario, fin qui sintetizzato una sentenza emessa da un giudice collegiale, priva di una delle due sottoscrizioni dei giudicanti, è nulla. Ma la nullità è sanabile. Così come non è nulla la sentenza in cui la firma sia illeggibile, a meno che il segno grafico di sottoscrizione non sia uno scarabocchio informe. Interessante è, comunque, notare che lo scopo della sottoscrizione della sentenza, secondo la Cassazione, è quello di palesare la provenienza del provvedimento giudiziario. Serve a capire, in buona sostanza, qual è il giudice che l’ha pronunciato. La sottoscrizione, osservano i Supremi Giudici, è una attività che il codice ascrive personalmente al giudice . Questi potrebbe persino non essere il materiale estensore della sentenza – così come è previsto da una curiosa e vetusta norma di attuazione del codice di rito civile è l’art. 119, nel quale si fa cenno alla minuta e al dattilografo di ruolo incaricato di redigere il testo della sentenza – ma il decidente non può delegare ad altri la sottoscrizione del suo provvedimento decisorio. Domanda su domanda la firma digitale, pur non essendo un segno grafico apposto di pugno dal giudice, è sufficiente a perfezionare il documento-sentenza? La digitalizzazione un percorso graduale ma inesorabile. Abbiamo anticipato, poco sopra, che la Cassazione ha rigettato la tesi dell'inesistenza della sentenza firmata digitalmente la sottoscrizione elettronica, conforme ai parametri tecnici imposti dalla legge, è quindi perfettamente equivalente a quella vergata su carta con inchiostro indelebile. A giustificare queste conclusioni sono i numerosi passaggi legislativi e regolamentari, che risparmiamo al lettore perché di rara tortuosità, in forza dei quali – per andare al sodo – i principi del cosiddetto Codice dell’Amministrazione Digitale sono applicabili anche alla redazione dei provvedimenti giudiziari. Alla firma digitale seguirà, poi, il deposito telematico della sentenza nel fascicolo processuale virtuale la sequenza dei movimenti che fisicamente si compivano prima dell’entrata in vigore delle norme sul processo civile telematico sono oggi condensati in alcuni click” sulla tastiera di un computer. D’altro canto il meccanismo di funzionamento della firma digitale, che presuppone il possesso di un PIN – un codice identificativo – strettamente personale, non consente di temere ragionevolmente che a siglare la sentenza sia una persona diversa dal giudice, titolare della chiave di firma. Le spese di lite e la valutazione globale della controversia. Se la censura sulla nullità della sentenza per difetto di firma del giudice non ha colto nel segno, diversamente osserviamo che trova accoglimento una delle altre doglianze mosse avverso la decisione di secondo grado. Riguarda la questione delle spese di lite, legate al principio della soccombenza il ricorrente veniva condannato al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, pur avendo ottenuto a proprio favore la declaratoria di inefficacia parziale del precetto . Gli Ermellini bocciano la sentenza impugnata, e ritengono sia stato violato il principio giurisprudenziale di valutazione dell’ esito complessivo della lite . Avendo ottenuto una decisione parzialmente vittoriosa, non si sarebbe potuta applicare la condanna alle spese di giudizio. La forza del progresso tecnologico gli scenari futuribili. Torniamo per un momento all’argomento principale della sentenza che, evidentemente, ruota attorno alla equiparazione tra digitale e cartaceo, tra inchiostro e sequenza di bits. E’ una rivoluzione culturale, pratica, concettuale. E’ prevedibile che ci saranno delle resistenze, è però altrettanto prevedibile che l’introduzione del digitale” nel processo - pensiamo al settore penale, nel quale l’innovazione procede a passi più lenti, o più cauti – farà ulteriori passi in avanti. Il problema è individuare quel limite oltre il quale non si può ragionevolmente andare siamo davvero convinti che il formato elettronico potrà eliminare la usuale montagna di carta che regna in ogni ufficio di giustizia? Siamo certi che un server potrà sostituire i vecchi, cari fascicoli? Come abbiamo visto, le problematiche legate a singoli dettagli – la sottoscrizione, tanto per restare in tema – dimostrano una certa difficoltà ad abbandonare schemi concettuali analogici” per passare serenamente, senza problemi, a quelli digitali”. E' veramente possibile dematerializzare l’intera amministrazione della giustizia? La scrittura con mezzi meccanici” – oggi dovremmo dire elettronici – ha relegato nell’album dei ricordi le sentenze manoscritte tempo fa me ne capitò una tra le mani, vecchia di almeno quaranta anni, redatta con grafia incomprensibile era una sentenza penale, e ho subito pensato all’angoscia che avrà provato quel povero imputato, che era stato condannato e forse non ne avrà mai capito il perché , e la giustizia digitale” ha consentito di equiparare firma ad inchiostro e firma digitale immaginiamo che questa problematica sia soltanto la prima di tante altre. Speriamo di sbagliarci!

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 febbraio – 10 novembre 2015, n. 22871 Presidente Salmé – Relatore Barreca