Ordinanza di assegnazione del credito: modalità e termini per proporre l’opposizione agli atti esecutivi

L’opposizione agli atti esecutivi del terzo pignorato avverso l’ordinanza di assegnazione ex art. 554 c.p.c., essendo riferita a quest’ultima quale atto esecutivo conclusivo del relativo procedimento, va proposta ai sensi del comma secondo dell’art. 617 c.p.c., con ricorso al giudice dell’esecuzione notificato al difensore della parte opposta costituito nel processo esecutivo, nel termine perentorio di venti giorni decorrente dal giorno in cui l’ordinanza è stata pronunciata in udienza alla presenza del terzo pignorato ovvero dal momento in cui il terzo ne abbia avuto legale conoscenza.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 21081 del 19 ottobre 2015. Il caso. Il giudizio nasce dall’opposizione agli atti esecutivi proposta da un istituto di credito, in qualità di terzo pignorato, avverso l’ordinanza con cui era stata assegnata in pagamento alla creditrice una somma di denaro di cui l’opponente aveva dichiarato la disponibilità. In particolare, la banca aveva commesso un errore nel dichiarare che vi fosse, sul conto corrente della debitrice, la disponibilità di una somma di denaro sufficiente a coprire l’intero credito pignorato, laddove invece, alla data del pignoramento, il denaro disponibile era in quantità nettamente inferiore. In sede cautelare la procedura veniva sospesa sicché la creditrice opposta instaurava il giudizio di merito affinché venisse confermata l’ordinanza di assegnazione. Tuttavia, il giudice adito accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, riduceva alla minor somma detenuta dalla banca il contenuto e l’efficacia dell’ordinanza. La creditrice si rivolge, quindi, alla Corte di Cassazione. Ammessa l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione. La ricorrente sostiene che l’opposizione della banca avverso l’ordinanza di assegnazione avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile in quanto, seppur depositata sette giorni dopo la notifica dell’ordinanza, era stata notificata alla creditrice ben ventitré giorni dopo la suddetta notifica, e dunque era da considerarsi tardiva. In altri termini, trattandosi di opposizione agli atti esecutivi avanzata prima dell’inizio dell’esecuzione, la stessa avrebbe dovuto essere proposta con citazione ai sensi del primo comma dell’art. 617 c.p.c. e la citazione avrebbe dovuto essere notificata nel termine di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto. A tal proposito, sebbene non sia una questione oggetto di discussione, la Suprema Corte afferma innanzitutto l’esperibilità del rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione da parte del terzo quando questi deduca di essere incorso in errore di fatto nel rendere la dichiarazione ai sensi dell’art. 547 c.p.c. Il regime è quello delle opposizioni successive all’inizio dell’esecuzione. Una volta ammesso il rimedio dell’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., gli Ermellini ritengono che – diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente – la norma da applicare sia quella del secondo comma, non quella del primo. È infatti giudicato errato l’assunto secondo cui si tratterebbe di opposizione agli atti esecutivi c.d. pre-esecutiva, cioè proposta prima dell’inizio dell’esecuzione. In particolare, seppur sia vero che la creditrice, sulla base dell’ordinanza di assegnazione, abbia iniziato una nuova procedura esecutiva nei confronti dell’istituto di credito così facendo assumere al terzo pignorato la qualità di debitore esecutato , quest’ultimo non si è però avvalso dei rimedi riconosciuti dall’ordinamento in favore della generalità dei debitori che siano esecutati in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale. Invero, l’istituto di credito, una volta conosciuta l’ordinanza di assegnazione, ha inteso fare valere, in tale sua qualità, vizi dell’ordinanza di assegnazione pronunciata, ai sensi dell’art. 553 c.p.c., a conclusione del processo esecutivo per espropriazione presso terzi introdotto dal creditore del suo creditore. Trattandosi quindi di opposizione agli atti esecutivi avanzata dopo l’inizio dell’esecuzione, correttamente l’opponente ha depositato il ricorso in opposizione entro venti giorni dalla notifica dell’ordinanza, così come previsto dal secondo comma dell’art. 617 c.p.c. Accertamento del credito da assoggettare a pignoramento. Sotto altro profilo, la ricorrente censura la pronuncia del Tribunale adito di modificare, con il suo provvedimento, l’ordinanza di assegnazione, in particolare riducendo l’importo da assegnare alla creditrice nei limiti di quello effettivamente disponibile sul conto corrente, laddove invece si sarebbe dovuto limitare ad accogliere o rigettare l’opposizione. Nel respingere il motivo di censura, la Suprema Corte osserva innanzitutto che la stessa parte creditrice, nell’introdurre il giudizio di merito, aveva chiesto, sia pure in via subordinata, di ridurre gli importi a lei dovuti dalla banca sino alla concorrenza delle somme dichiarate dalla stessa banca come dovute e giacenti sul conto corrente intestato alla debitrice al momento del pignoramento. Ciò posto, gli Ermellini richiamano un principio già affermato in giurisprudenza secondo cui nell’espropriazione forzata presso terzi, il credito assoggettato al pignoramento dev’essere esistente al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo ovvero, per il caso di dichiarazione negativa e di instaurazione del giudizio volto all’accertamento del suo obbligo, al momento in cui la sentenza pronunciata in tale giudizio ne accerta l’esistenza, restando invece irrilevante che il credito non esista al momento della notificazione del pignoramento e dovendosi escludere che l’inesistenza del credito in quel momento possa determinare una nullità del processo esecutivo. Il giudice può modificare l’importo da assegnare entro il limite fissato dall’art. 546 c.p.c Corollario di questo principio è che, in caso di incremento del credito sopravvenuto al pignoramento, non rileva l’importo del credito esistente alla data della notificazione del pignoramento bensì l’importo del credito esistente alla data della dichiarazione del terzo ovvero l’importo eventualmente incrementatosi fino all’udienza ex art. 543 c.p.c. Va infatti sottolineato che l’art. 546 c.p.c., nel testo risultante dalla modifica apportata col d.l. n. 35/2005, convertito nella legge n. 80 del 2005, rende operanti gli obblighi di custodia del terzo pignorato nei limiti dell’importo precettato aumentato della metà. Per tale motivo, il giudice dell’esecuzione ben può assegnare entro questo limite ed il terzo assume un obbligo di custodia, non solo rispetto a quanto è obbligato a pagare al suo creditore al momento della notificazione del pignoramento o al momento della dichiarazione positiva, ma anche rispetto a quanto sarà obbligato a pagare nel corso del rapporto, fino al limite fissato dall’art. 546 c.p.c. Peraltro, nel caso di specie, entrambe le parti avevano fatto riferimento al momento del pignoramento, oltre che a quello della dichiarazione resa a mezzo lettera raccomandata, come quello rilevante al fine di individuare la somma da assegnare ai sensi dell’art. 553 c.p.c. né la ricorrente aveva accennato al fatto che il credito esistente a quelle date si fosse eventualmente incrementato per successive rimesse al correntista. Ciò stante, la Suprema Corte ritiene che non vi fu nessun incremento ed è quindi corretta la sentenza che, come richiesto dalle parti, ha limitato l’accertamento della giacenza del conto corrente intestato alla debitrice al momento della notificazione del pignoramento e della dichiarazione resa dal terzo.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 luglio – 19 ottobre 2015, n. 21081 Presidente Salmé – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Con sentenza del 14 giugno 2013 il Tribunale di Taranto ha accolto l'opposizione agli atti esecutivi proposta, con ricorso del 27 aprile/4 maggio 2011 , dalla Banca di Taranto soc. coop. terzo pignorato , oltre che nei confronti della società debitrice Santa Chiara srl, contro la creditrice pignorante T.E. e riassunta da quest'ultima, in sede di merito, con citazione notificata il 17 febbraio 2012 . L'opponente, col ricorso anzidetto, aveva impugnato l'ordinanza resa in data 4 aprile 2011, dal giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 553 cod. proc. civ., nel procedimento esecutivo mobiliare presso terzi n. 1084/11 r.g.e., con la quale era stata assegnata in pagamento, salvo esazione, alla creditrice T. la somma complessiva di Euro 73.323,96, oltre accessori, facendo obbligo al terzo pignorato, Banca di Taranto, di procedere al pagamento in suo favore. L'istituto di credito aveva dedotto di avere erroneamente indicato l'importo di Euro 115.000,00 come giacente sul conto corrente della debitrice Santa Chiara s.r.l., dato che questa, alla data del pignoramento, vi deteneva il minor importo di Euro 3.000,00 circa. 1.1.- L'opposta T.E. aveva resistito all'opposizione e, con ordinanza del 21 luglio 2011, il giudice dell'esecuzione aveva rigettato l'istanza di sospensione proposta dall'opponente. Questa tuttavia era stata accolta dal Tribunale in sede di reclamo ex art. 669 terdecies cod. proc. civ Il collegio, con provvedimento del 9 novembre 2011, aveva sospeso la procedura presso terzi iscritta al n. 1084/11, fissando il termine perentorio di tre mesi per l'introduzione del giudizio di merito. 2.- Il giudizio di merito veniva introdotto dall'opposta T. , affinché fosse accertata e dichiarata l'inammissibilità, l'improcedibilità e comunque la tardività del ricorso in opposizione e, per l'effetto, fosse integralmente confermata l'ordinanza del giudice dell'esecuzione del 4 aprile 2011, con consequenziale assegnazione in pagamento alla T. creditrice istante delle somme già trattenute dalla Banca di Taranto terzo pignorato quantificate nell'importo complessivo di Euro 73.323,96, oltre accessori e spese affinché si accertasse e dichiarasse, ancora, la Banca di Taranto debitrice della T. dell'importo di Euro 73.323,96, oltre interessi e rivalutazione, in virtù della dichiarazione dalla stessa emessa con raccomandata a.r. del 15 febbraio 2011 nel su menzionato procedimento di espropriazione mobiliare presso terzi. In subordine, la T. chiedeva di ridurre gli importi a lei dovuti dalla Banca di Taranto, quale terzo pignorato, sino alla concorrenza delle somme dichiarate dalla stessa Banca come dovute e giacenti sul conto corrente intestato alla Santa Chiara srl al momento del pignoramento. Infine, la T. chiedeva la condanna della banca al risarcimento dei danni per l'errata dichiarazione ai sensi dell'art. 547 cod. proc. civ. quantificati nella somma di Euro 73.323,96 o, in via gradata, la condanna al pagamento della somma di Euro 10.000,00 oltre accessori per l'attività difensiva spiegata nei giudizi di opposizione instaurati dalla banca con vittoria di spese, diritti ed onorari. 2.1.- In sede di merito, si costituiva la Banca di Taranto. Resisteva a tutte le domande di controparte e chiedeva, inoltre, che fosse dichiarata l'inefficacia dell'atto di precetto notificato, in data 20 aprile 2011, sulla base dell'ordinanza di assegnazione impugnata, e degli atti esecutivi successivi il tutto con vittoria di spese. La società debitrice restava contumace. 2.2.- La sentenza qui impugnata ha accolto l'opposizione qualificandola come opposizione agli atti esecutivi e, per l'effetto, ha ridotto alla minor somma di Euro 3.055,66 il contenuto e l'efficacia dell'ordinanza di assegnazione somme resa dal GÈ in data 4.4.2011 nell'ambito della procedura esecutiva n. 1084/2011”, nonché il conseguente precetto ed i successivi atti di esecuzione” ha rigettato ogni altra domanda proposta dalle parti ed ha compensato interamente le spese processuali, lasciando a carico della banca quelle della CTU disposta in sede di merito. 3.- Contro questa sentenza T.E. propone ricorso affidato a cinque motivi. La Banca di Taranto - Banca di Credito Coop. soc. coop. si difende con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria. L'altra intimata non si è difesa. Motivi della decisione 1.- Col primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 617 e seg. cod. proc. civ., in relazione agli artt. 138 e seg. cod. proc. civ., 480 cod. proc. civ. e 47 cod. civ., ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ La ricorrente sostiene che, essendo il presente giudizio un'opposizione agli atti esecutivi, questa avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile perché tardiva in quanto l'ordinanza di assegnazione impugnata è stata notificata alla Banca di Taranto il 20 aprile 2011 avverso questa ordinanza è stata proposta opposizione agli atti esecutivi con ricorso depositato in data 27 aprile 2011 lo stesso ricorso è stato notificato a T.E. , ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ., soltanto in data 13 maggio 2011 , cioè dopo 23 giorni dalla notificazione dell'ordinanza di assegnazione, allorquando il termine previsto dall'art. 617 cod. proc. civ. sarebbe scaduto. Ciò, in quanto, secondo la ricorrente, si tratterebbe di opposizione agli atti esecutivi avanzata prima dell'inizio dell'esecuzione e quindi avrebbe dovuto essere proposta con citazione ai sensi del primo comma dell'art. 617 cod. proc. civ. e la citazione avrebbe dovuto essere notificata nel termine di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto. La ricorrente aggiunge che, avendo espressamente dichiarato la propria residenza nel precetto notificato in data 20 aprile 2011, l'unica notifica del ricorso validamente effettuata sarebbe quella fatta alla parte personalmente presso la residenza dichiarata, ai sensi dell'art. 480 cod. proc. civ 1.1.- Il motivo è infondato. Dal ricorso risulta che la Banca di Taranto ha proposto opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione che il giudice dell'espropriazione presso terzi ha pronunciato, a conclusione del procedimento n. 1084/11 r.g.e., in data 4 aprile 2011. L'opponente ha dedotto che con la dichiarazione resa il 15 febbraio 2011 ai sensi dell'art. 547 cod. proc. civ. aveva erroneamente indicato nell'importo di Euro 115.000,00 la somma detenuta dalla società debitrice esecutata sul conto corrente presso la Banca di Taranto, mentre l'importo sarebbe stato di gran lunga inferiore. Ha chiesto perciò la revoca o la modifica dell'ordinanza impugnata, nonché l'annullamento dell'atto di precetto notificato dalla creditrice personalmente, senza l'assistenza di difensore, il 20 aprile 2011 unitamente all'ordinanza di assegnazione e degli atti esecutivi successivi pignoramento mobiliare presso la Banca di Taranto, sulla base della stessa ordinanza . 1.2.- Va premesso che il ricorso non pone la questione dell'esperibilità del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione da parte del terzo pignorato quando questi deduca di essere incorso in errore di fatto nel rendere la dichiarazione ai sensi dell'art. 547 cod. proc. civ. Pertanto, tale questione così come quella della revocabilità della dichiarazione per errore di fatto , pur meritevole di approfondimento anche se risolta positivamente, ma in un caso del tutto peculiare, da Cass. n. 3958/07 , resta estranea alla presente decisione. Al fine di decidere in merito al primo motivo è sufficiente osservare che - una volta dato per scontato, così come è dato dalla stessa ricorrente, il rimedio dell'opposizione ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ. - la norma da applicare è quella del secondo comma, non quella del primo. È errato l'assunto della ricorrente secondo cui si tratterebbe di opposizione agli atti esecutivi c.d. pre-esecutiva, cioè proposta prima dell'inizio dell'esecuzione. È vero che, sulla base dell'ordinanza di assegnazione, la T. iniziò una nuova procedura esecutiva nei confronti dell'istituto di credito, notificando a quest'ultimo, oltre alla stessa ordinanza in forma esecutiva considerata quindi come titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato , anche il precetto, in data 20 aprile 2011, e, quindi, procedette, sempre nei confronti della banca, ad un pignoramento mobiliare, in data 2 maggio 2011. L'ordinanza di assegnazione ben può essere, a sua volta, titolo esecutivo che, munito della relativa formula, venga portato ad esecuzione dal creditore assegnatario già pignorante contro il terzo pignorato cfr. Cass. n. 3976/03, n. 19363/07, nonché già Cass. n. 394/68 . Nel caso in cui il creditore assegnatario agisca esecutivamente in danno del terzo pignorato inadempiente questi assume la qualità di debitore esecutato. In siffatta qualità, si può avvalere dei rimedi riconosciuti dall'ordinamento in favore della generalità dei debitori che siano esecutati in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale quale è l'ordinanza di assegnazione, anche se non idonea al giudicato cfr. Cass. n. 11404/09 . Quest'ultima eventualità però non risulta essersi verificata nel caso di specie. 1.3. - Piuttosto, una volta conosciuta l'ordinanza di assegnazione a seguito della notificazione effettuata in data 20 aprile 2011 , l'istituto di credito terzo pignorato ha inteso fare valere, in tale sua qualità, vizi dell'ordinanza di assegnazione, pronunciata, ai sensi dell'art. 553 cod. proc. civ., a conclusione del processo esecutivo per espropriazione presso terzi introdotto dal creditore del suo creditore. Così agendo, ha lamentato vizi dell'ordinanza medesima cfr. Cass. n. 20310/12, nonché Cass. n. 4505/11, n. 5529/11, n. 5687/12, n. 5895/12 ed ha seguito l'orientamento di questa Corte per il quale in tema di espropriazione presso terzi, il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi è l'unico esperibile avverso l'ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 cod. proc. civ. cfr. Cass. n. 4578/08, nonché, tra le altre, di recente Cass. n. 11642/14, oltre a Cass. n. 5529/11 e n. 20310/12 cit. . Si tratta quindi di opposizione agli atti esecutivi avanzata dopo l'inizio dell'esecuzione, ai sensi del comma secondo dell'art. 617 cod. proc. civ., perché riferita al processo esecutivo concluso con la detta ordinanza. Essa va proposta nel termine di venti giorni decorrente dalla pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, se resa in udienza alla presenza del terzo pignorato, ovvero, nel regime dell'art. 543 cod. proc. civ., come modificato dall'art. 11 della legge 24 febbraio 2006 n. 52, ove si tratti di espropriazione di un credito per il quale non è prevista la citazione del terzo a comparire per rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 cod. proc. civ. bensì la comunicazione a mezzo raccomandata da parte del medesimo al creditore circa l'esistenza del credito , decorrente dal momento in cui il terzo ne abbia legale conoscenza tramite comunicazione da parte del creditore o con altro strumento idoneo così Cass. n. 11642/14, che ha escluso la decorrenza dalla data di emissione del provvedimento stesso, non potendo trovare applicazione la previsione dell'art. 176, secondo comma, cod. proc. civ. . 1.4.- Corretto è stato pertanto l'operato dell'opponente che ebbe a depositare il ricorso in opposizione agli atti esecutivi in data 27 aprile 2011 come detto in ricorso ovvero in data 4 maggio 2011 , come detto in sentenza dinanzi al giudice dell'esecuzione, ai sensi del comma secondo dell'art. 617 cod. proc. civ., così rispettando con l'una e l'altra delle date indicate il termine di venti giorni fissato da questa norma. Non risulta infatti dagli atti che la Banca di Taranto fosse a conoscenza dell'ordinanza di assegnazione pronunciata il 4 aprile 2011 prima della notificazione che la T. fece, unitamente al precetto, in data 20 aprile 2011 . Né rileva in senso contrario che la stessa banca abbia chiesto l'annullamento di quest'ultimo precetto e degli atti esecutivi successivi, poiché si tratta di annullamento consequenziale a quello dell'ordinanza di assegnazione, da considerarsi titolo esecutivo cfr. Cass. n. 11493/15 , alla stregua di quanto sopra. Giova aggiungere che, per quanto su rilevato, è corretto altresì che ricorso e pedissequo decreto di fissazione dell'udienza da parte del giudice dell'esecuzione siano stati notificati alla T. nelle mani del difensore costituito nel processo esecutivo. Infatti, l'opposizione agli atti esecutivi del terzo pignorato avverso l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ., essendo riferita a quest'ultima quale atto esecutivo conclusivo del relativo procedimento, va proposta ai sensi del comma secondo dell'art. 617 cod. proc. civ., con ricorso al giudice dell'esecuzione notificato al difensore della parte opposta costituito nel processo esecutivo, nel termine perentorio di venti giorni decorrente dal giorno in cui l'ordinanza è stata pronunciata in udienza alla presenza del terzo pignorato ovvero dal momento in cui il terzo ne abbia avuto legale conoscenza. Il primo motivo di ricorso va perciò rigettato. 2.- Col secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 617 e 618 cod. proc. civ. perché, secondo la ricorrente, il Tribunale non avrebbe potuto modificare con il suo provvedimento l'ordinanza di assegnazione, ma si sarebbe dovuto limitare ad accogliere o rigettare l'opposizione. Pertanto, sarebbe errata la pronuncia con la quale il Tribunale ha determinato in Euro 3.055,66 l'importo da assegnare alla creditrice procedente. 2.1. - Il motivo è infondato. Risulta dagli atti che la stessa parte opposta, creditrice procedente, nell'introdurre il giudizio di merito ai sensi dell'art. 618, comma primo, cod. proc. civ., chiese, sia pure in via subordinata, di ridurre gli importi a lei dovuti dalla Banca di Taranto, quale terzo pignorato, sino alla concorrenza delle somme dichiarate dalla stessa Banca come dovute e giacenti sul conto corrente intestato alla Santa Chiara srl al momento del pignoramento ”. Considerata questa esplicita richiesta e considerato altresì che il giudizio di merito ha avuto ad oggetto, per richiesta di entrambe le parti, proprio l'accertamento di quanto giacente sul conto corrente intestato alla debitrice, il motivo va rigettato. 2.2.- Giova qui ribadire che nell'espropriazione forzata presso terzi, il credito assoggettato al pignoramento dev'essere esistente al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo ovvero, per il caso di dichiarazione negativa e di instaurazione del giudizio volto all'accertamento del suo obbligo, al momento in cui la sentenza pronunciata in tale giudizio ne accerta l'esistenza, restando invece irrilevante che il credito non esista al momento della notificazione del pignoramento e dovendosi escludere che l'inesistenza del credito in quel momento possa determinare una nullità del processo esecutivo così Cass. n. 15615/05 . Corollario di questo principio è che, in caso di incremento del credito sopravvenuto al pignoramento come nell'ipotesi di rimesse effettuate dal correntista, qualora siano pignorate somme depositate in conto corrente , non rileva l'importo del credito esistente alla data della notificazione del pignoramento bensì l'importo del credito esistente alla data della dichiarazione del terzo ovvero l'importo eventualmente incrementatosi fino all'udienza ex art. 543 cod. proc. civ. Va infatti sottolineato che l'art. 546 cod. proc. civ., nel testo risultante dalla modifica apportata col d.l. n. 35 del 2005, convertito nella legge n. 80 del 2005, rende operanti gli obblighi di custodia del terzo pignorato nei limiti dell'importo precettato aumentato della metà. Pertanto, gli atti dispositivi del terzo posti in essere in danno dei creditori dopo il pignoramento sono, per legge inopponibili cfr., tra le altre, Cass. n. 7863/11 , con la conseguenza che, se il terzo effettua la prestazione in favore del debitore esecutato dopo il pignoramento, non si libera dall'obbligazione, né rilevano altre cause estintive sopravvenute al pignoramento arg. ex art. 2917 cod. civ. , anche se estinguano il credito soltanto in parte. Per contro, poiché il vincolo di indisponibilità si estende fino all'importo precettato aumentato della metà, il giudice dell'esecuzione ben può assegnare entro questo limite ed il terzo assume un obbligo di custodia, non solo rispetto a quanto è obbligato a pagare al suo creditore al momento della notificazione del pignoramento o al momento della dichiarazione positiva, ma anche rispetto a quanto sarà obbligato a pagare nel corso del rapporto, fino al limite fissato dall'art. 546 cod. proc. civ Peraltro, nel caso di specie, entrambe le parti fanno riferimento al momento del pignoramento, oltre che a quello della dichiarazione resa a mezzo lettera raccomandata, come quello rilevante al fine di individuare la somma da assegnare ai sensi dell'art. 553 cod. proc. civ. né la ricorrente accenna al fatto che il credito esistente a quelle date si sia eventualmente incrementato per successive rimesse della correntista. Quindi è da ritenere che nessun incremento vi fu e che sia corretta la sentenza che, come richiesto dalle parti, ha limitato l'accertamento della giacenza del conto corrente intestato alla Santa Chiara srl al momento della notificazione del pignoramento e della dichiarazione resa dal terzo. 3.- Col terzo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 292 e 289 cod. proc. civ. perché il Tribunale ha posto a fondamento della decisione la documentazione prodotta dall'istituto di credito estratti conto e documentazione originale relativa a tutte le operazioni intervenute sul c/c n. XXX intestato alla Santa Chiara srl, verificati dal CTU nominato dallo stesso Tribunale che sarebbe stata priva di qualsiasi valenza probatoria” perché non notificata alla Santa Chiara srl, rimasta contumace. Conseguentemente, anche la CTU sarebbe fondata su documenti inutilizzabili e, per di più, privi di data certa e provenienti e formati dalla Banca di Taranto. 3.1.- Il motivo non merita di essere accolto. A prescindere dal profilo di inammissibilità riscontrabile per la carenza di legittimazione della ricorrente, in quanto parte diversa da quella rimasta contumace in sede di merito che, contrariamente a quanto si assume nella memoria depositata dalla ricorrente, ben si sarebbe potuta dolere di tale asserito vizio della sentenza, impugnandola perciò dinanzi a questa Corte , esso è inammissibile anche per la violazione dell'art. 366 n. 6 cod. proc. civ Ai sensi dell'art. 292 cod. proc. civ., il contumace non ha diritto ad alcuna comunicazione dei documenti depositati dalla controparte. La regola riguarda soltanto le ipotesi di produzioni documentali rituali effettuate, cioè, ai sensi degli artt. 74 ed 87 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile gli atti ed i documenti prodotti prima della costituzione in giudizio devono essere elencati nell'indice del fascicolo e sottoscritti dal cancelliere, mentre quelli prodotti dopo la costituzione vanno depositati in cancelleria con la comunicazione del loro elenco alle altre parti oppure, se esibiti in udienza, devono essere elencati nel relativo verbale, sottoscritto, del pari, del cancelliere , di guisa che l'inosservanza dei relativi adempimenti, rendendo irrituale la compiuta produzione, preclude alla parte la possibilità di utilizzarli come fonte di prova, ed al giudice di merito di esaminarli, senza che la contumacia della parte interessata alla relativa rilevazione consenta di ritenerne sussistente una sua accettazione implicita cfr. Cass. n. 4822/97, citata anche in ricorso . Tuttavia, dal ricorso non risulta affatto che la documentazione sia stata prodotta dalla Banca di Taranto irritualmente, né peraltro l'irritualità della produzione è stata posta a fondamento del motivo come ribadito dalla stessa ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ. . Nel motivo di ricorso manca qualsivoglia indicazione riguardo al momento in cui la banca produsse in giudizio la documentazione contabile, così come manca la deduzione della ricorrente di avere sollevato, già in sede di merito, l'eccezione di irritualità della produzione documentale di controparte cfr. Cass. n. 527/02, n. 11088/04, n. 5671/10, n. 9545/10 , se non per il profilo concernente la sua mancata notificazione alla parte contumace. Il motivo è perciò inammissibile. 4. - Col quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2702 e 2704 cod. civ. in relazione all'art. 115 cod. proc. civ., al fine di sostenere che la Banca opponente, che ne era gravata, non avrebbe assolto all'onere di provare il fondamento della propria pretesa. Ciò, in quanto si sarebbe trattato di documentazione proveniente dalla stessa banca, contestata dalla parte opposta e comunque priva di data certa, quindi non opponibile a quest'ultima ai sensi dell'art. 2704 cod. civ 4.1.- Il motivo, oltre ad essere inammissibile per la ragione appena esposta trattando del terzo motivo, non merita di essere accolto per le ulteriori ragioni di cui appresso. Esso è infondato nella parte in cui assume la violazione dell'art. 2697 cod. civ., poiché il Tribunale ha fatto gravare l'onere della prova sulla parte opponente, che, rivestendo la qualità di parte attrice in senso formale e sostanziale, ne era gravata. Il giudice di merito ha ritenuto che la detta parte avesse assolto all'onere della prova, mediante la produzione documentale, di cui sopra, esaminata dal CTU onde ricostruire il rapporti intercorsi tra banca e correntista. Il quarto motivo è perciò anche inammissibile per la parte in cui censura l'apprezzamento di dette risultanze documentali che il giudice ha fatto mediante condivisione delle conclusioni raggiunte dal proprio consulente tecnico d'ufficio, dandone conto con motivazione congrua. 4.2.- A quanto detto si aggiunga che la documentazione contabile prodotta dalla banca presso la quale è in essere un conto corrente non soggiace alle previsioni, richiamate in ricorso, di cui agli artt. 2702 e 2704 cod. civ., poiché non contiene dichiarazioni negoziali salvo che per il contratto di conto corrente, la cui apertura, ovviamente, non è qui in contestazione . Pertanto, non ha l'efficacia probatoria della scrittura privata. Trattasi di scritture contabili bancarie. Queste, quanto agli estratti di conto corrente, hanno la valenza specificamente disciplinata dagli artt. 1832 e 1857 cod. civ A fini probatori, vengono in rilievo le norme degli artt. 2709 e 2711 cod. civ. Comunque, ferme queste disposizioni, le scritture contabili dell'istituto di credito sono utilizzabili e liberamente apprezzabili da parte del giudice del merito per la ricostruzione del dare e dell'avere del rapporto bancario di conto corrente cfr., sulla valenza probatoria delle scritture contabili bancarie, da ultimo, Cass. n. 21597/13 e n. 19696/14, nonché Cass. n. 1842/11 ed altre . Il quarto motivo va rigettato. 5.- Col quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 91 cod. proc. civ., in relazione all'art. 92 cod. proc. civ., perché, secondo la ricorrente, sarebbero mancati i presupposti per la compensazione delle spese disposta dal Tribunale e ciò, anche in ragione del fatto che, infine, sarebbe stata accolta la domanda subordinata dell'opposta, mentre non sarebbe stata accolta alcuna delle domande dell'opponente. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. L'attuale ricorrente è una parte convenuta con un'opposizione agli atti esecutivi che il Tribunale ha ritenuto fondata. La decisione qui impugnata è, infatti, di accoglimento dell'opposizione, in quanto ha revocato l'ordinanza di assegnazione impugnata ed ha annullato il precetto e gli atti esecutivi successivi basati sulla stessa ordinanza. La rideterminazione del credito da assegnare nell'importo di Euro 3.055,66, oltre ad essere conforme alla richiesta avanzata in via estremamente subordinata dalla parte opposta, è comunque di pieno accoglimento delle deduzioni dell'istituto di credito opponente che, appunto, aveva quantificato nell'importo anzidetto la giacenza del conto corrente pignorato . Ne segue che la ricorrente è parte soccombente nel grado di merito e non ha interesse ad impugnare la decisione di compensazione delle spese di quest'ultimo grado. Si tratta di decisione a lei favorevole, poiché adottata in luogo di quella di condanna alle spese della parte soccombente, ai sensi dell'art. 91 cod. proc. civ In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore della resistente nell'importo di Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese processuali, IVA e CPA come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si da atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.