È possibile la compensazione tra crediti sub iudice? La parola alle Sezioni Unite

Vanno rimessi gli atti al primo presidente affinché valuti l’opportunità che la Corte di Cassazione si pronunci a Sezioni Unite sulla questione, già decisa in senso difforme all’interno delle sezioni semplici, relativa alla possibilità che il titolare di un credito, il cui accertamento risulti sub iudice, lo opponga in compensazione al credito fatto valere in un diverso giudizio dal suo debitore.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza interlocutoria n. 18001 dell’11 settembre 2015. Il caso. Il giudizio nasce da un’opposizione a precetto promossa da una società nei confronti di un’altra. In accoglimento dell’opposizione, il Giudice adito dichiarava estinto il credito della società opposta per compensazione con altro credito che la società opponente vantava nei confronti della prima. Interposto gravame da parte di quest’ultima, la pronuncia veniva confermata, sicché l’opposta si rivolgeva alla Corte di Cassazione. La compensazione legale. Le censure della ricorrente sono sostanzialmente incentrate sulla decisione dei Giudici di merito di dichiarare la compensazione legale dei crediti in assenza dei relativi presupposti, laddove il credito opposto in compensazione non era certo in quanto fondato su sentenza non ancora passata in giudicato. Al riguardo, la Suprema Corte osserva preliminarmente che la compensazione legale estingue ope legis i debiti contrapposti in virtù del solo fatto oggettivo della loro contemporanea sussistenza. L’orientamento maggioritario richiede la certezza dei crediti. È principio costantemente ribadito dalla Corte di legittimità quello per cui l’estinzione per compensazione legale dei due debiti presuppone non solo la liquidità ad esigibilità degli stessi, ma anche la loro certezza. Detto carattere difetta con riferimento al credito riconosciuto da una sentenza, o da altro titolo, provvisoriamente eseguibile dal momento che la provvisoria esecutività consente soltanto la temporanea esigibilità del credito – determinato nel suo ammontare – ma non l’affermazione della sua irrevocabile certezza. Ciò vuol dire che quando vengono in questione due crediti o debiti sanzionati da un titolo giudiziario non definitivo, anche se provvisoriamente eseguibile, l’eventualità che il titolo giudiziario cada o venga modificato per effetto dell’impugnazione esperita od esperibile impedisce l’operatività della compensazione. Questa, infatti, per essere un mezzo di estinzione delle obbligazioni, presuppone il definitivo accertamento delle obbligazioni da estinguere, e non è applicabile a situazioni provvisorie. La pronuncia favorevole alla compensazione tra crediti sub iudice. I principi richiamati, più volte ribaditi dalla Corte di Cassazione, sono stati messi in dubbio nella pronuncia n. 23573/2013 della medesima Corte. Secondo tale pronuncia, la circostanza che l’accertamento di un credito risulti sub iudice non è di ostacolo alla possibilità che il titolare lo opponga in compensazione al credito fatto valere in un diverso giudizio dal suo debitore. In tal caso, se i due giudizi pendono innanzi al medesimo ufficio giudiziario, il coordinamento tra di essi deve avvenire attraverso la loro riunione, all’esito della quale il giudice potrà procedere nei modi indicati dal secondo comma dell’art. 1243 c.c Se, invece, pendono dinanzi ad uffici diversi, ovvero il giudizio relativo al credito in compensazione pende in grado di impugnazione, il coordinamento dovrà avvenire con la pronuncia, sul credito principale, di una condanna con riserva all’esito della decisione sul credito eccepito in compensazione e contestuale rimessione della causa nel ruolo per decidere in merito alla sussistenza delle condizioni per la compensazione, seguita da sospensione del giudizio fino alla definizione del giudizio di accertamento del controcredito. In definitiva, secondo tale pronuncia, l’unica condizione che deve sempre guidare il giudice nello scegliere le ipotizzate alternative che non comportino la decisione unitaria sui due crediti è una valutazione positiva sulla stessa configurabilità della compensabilità quanto al presupposto di cui all’art. 1241 c.c., cioè quello della loro omogeneità, mentre la valutazione sulla liquidità del credito di cui residua l’accertamento e quella sulla sua coesistenza con il credito principale accertato rimane demandato alla decisione successiva. La rimessione alle Sezioni Unite. Ebbene, la Suprema Corte osserva che la pronuncia n. 23573 si pone in contraddizione con il richiamato indirizzo della Corte di legittimità secondo il quale la possibilità che il titolo giudiziario, ancorché provvisoriamente esecutivo, venga modificato a seguito dell’impugnazione in corso, è motivo sufficiente per escludere l’operatività della compensazione. La sussistenza di un simile contrasto, induce, quindi, i Giudici di legittimità a rimettere gli atti al Primo presidente perché valuti l’opportunità di rimettere la questione alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 febbraio – 11 settembre 2105, numero 18001 Presidente Salmé – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo La società Ai Mori snc di L.F. & amp C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi illustrati da memoria avverso la sentenza del tribunale di Venezia del 19.6.2012, con la quale - in un giudizio di opposizione a precetto promosso dalla Ge.firn, sas di E.S.F. & amp C nei confronti dell'attuale ricorrente - era stato rigettato l'appello da quest'ultima proposto, con la conferma della sentenza di primo grado. Resiste con controricorso la Gefim Re srl, già Ge. firn, sas di E.S.F. & amp C. Motivi della decisione Preliminarmente, è priva di fondamento l'eccezione avanzata dalla resistente di inammissibilità del ricorso per avere la ricorrente citato GEFIM s.a.s., quale soggetto cessato anziché GEFIM RE s.r.l., quale nuovo soggetto risultante dall'atto di scissione già GEFIM IMMOBILIARE DI S.E. & amp c. S.A.S per atto di scissione . Infatti, nella disciplina dettata dagli art. 2504 - septies c.c., applicabile ratione temporis nella specie, la scissione parziale di una società, consistente nel trasferimento di parte del suo patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l'assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l'acquisizione da parte della nuova società di valori patrimoniali prima non esistenti nel suo patrimonio. Questo trasferimento, però, non determina l'estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima, configurandosi, invece, come successione a titolo particolare nel diritto controverso, che, ove intervenga nel corso del giudizio, comporta l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 111 c.p.c., con la conseguente facoltà del successore di spiegare intervento nel giudizio e d'impugnare la sentenza -eventualmente pronunciata nei confronti del dante causa. Naturalmente, il successore ha l'onere di allegare la propria qualità e di offrire la prova delle circostanze che costituiscono i presupposti della sua legittimazione mediante riscontri documentali, la cui mancanza, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio, è rilevabile anche d'ufficio Cass. 13.4.2012 numero 5874 . Corretta è pertanto la vocatio in ius come effettuata. Nel merito La questione che pone il ricorso nei suoi profili di censura si sostanzia in ciò che non poteva farsi luogo a compensazione legale perché il credito opposto in compensazione non era certo in quanto fondato su sentenza non ancora passata in giudicato, e l'onere della prova del suo passaggio in giudicato incombeva all'odierno resistente, diversamente da quel che afferma la sentenza impugnata, secondo la quale provare la pendenza del giudizio di impugnazione sarebbe spettato all'attuale ricorrente. Ora, la compensazione legale, estingue ope legis i debiti contrapposti in virtù del solo fatto oggettivo della loro contemporanea sussistenza opera, quindi, di diritto per effetto della sola coesistenza dei debiti da ultimo Cass. 22.10.2014 numero 22324 Cass. 13.5.2014 numero 10335 . L’estinzione per compensazione legale dei due debiti art. 1242 c.c. però presuppone, non solo la liquidità ed esigibilità degli stessi, ma anche la loro certezza. Un tale carattere difetta con riferimento al credito riconosciuto da una sentenza, o da altro titolo, provvisoriamente eseguibile. E ciò perché la provvisoria esecutività consente soltanto la temporanea esigibilità del credito -determinato nel suo ammontare -, ma non l'affermazione della sua irrevocabile certezza Cass. 13.5.1987 numero 4423 con precedenti tutti conformi . Ciò vuol dire che quando vengono in questione due crediti o debiti sanzionati da un titolo giudiziario non definitivo, anche se provvisoriamente eseguibile, l'eventualità che il titolo giudiziario cada o venga modificato per effetto dell'impugnazione esperita od esperibile impedisce l'operatività della compensazione. Questa, infatti, per essere un mezzo di estinzione delle obbligazioni, presuppone il definitivo accertamento delle obbligazioni da estinguere, e non è applicabile a situazioni provvisorie Cass. 6.12.1974 numero 4074 . Questi costanti principii, più volte ribaditi dalla Corte di legittimità, sembrano essere posti in dubbio dalla decisione di questa Corte numero 23573 del 2013 che ha affermato che la circostanza che l’accertamento di un credito risulti sub iudice non è di ostacolo alla possibilità che il titolare lo opponga in compensazione al credito fatto valere in un diverso giudizio dal suo debitore. In tal caso, se i due giudizi pendano innanzi al medesimo ufficio giudiziario, il coordinamento tra di essi deve avvenire attraverso la loro riunione, all'esito della quale il giudice potrà procedere nei modi indicati dal secondo comma dell'art. 1243 cod. civ. Se, invece, pendono dinanzi ad uffici diversi e non risulti possibile la rimessione della causa, ai sensi dell'art. 40 cod. proc. civ., in favore del giudice competente per la controversia avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione , ovvero il giudizio relativo al credito in compensazione penda in grado di impugnazione, il coordinamento dovrà avvenire con la pronuncia, sul credito principale, di una condanna con riserva all’esito della decisione sul credito eccepito in compensazione e contestuale rimessione della causa nel ruolo per decidere in merito alla sussistenza delle condizioni per la compensazione, seguita da sospensione del giudizio - ai sensi, rispettivamente, degli artt. 295 e 337, secondo comma, cod. proc. civ. - fino alla definizione del giudizio di accertamento del controcredito . La sentenza, pur dando maggior rilievo ai profili processuali della vicenda in oggetto ed ai meccanismi giuridici con i quali coordinare i due procedimenti, lascia intendere che le condizioni per la operatività della compensazione ai sensi degli artt. 1242 e 1243 c.c. poggino sulla omogeneità e coesistenza delle fattispecie costitutive supposta anche dalla stessa norma sostanziale di cui all'art. 1243 c.c., comma 2 . A tali condizioni è consentita la deducibilità in compensazione di un credito sub iudice, e, quindi, ai fini, della individuazione della coesistenza dei due crediti, è irrilevante il momento del verificarsi della certezza, cioè l'accertamento giudiziale definitivo della fattispecie costitutiva del controcredito, in tal modo alterando manifestamente i rapporti fra diritto sostanziale e processo . Il che vuoi dire che anche quando un credito è sub iudice in un giudizio può essere eccepito in compensazione nel giudizio in cui venga fatto valere un controcredito, o comunque si discuta della sua esistenza. Tuttavia una tale affermazione non si pone in linea con il richiamato indirizzo della Corte di legittimità secondo la quale la possibilità che il titolo giudiziario, ancorché provvisoriamente esecutivo, venga modificato a seguito dell'impugnazione in corso, è motivo sufficiente per escludere l'operatività della compensazione che, quale mezzo estintivo di una situazione debitoria in atto, postula -come già detto - il definitivo accertamento delle obbligazioni da estinguere, e non è applicabile a situazioni provvisorie. Da ultimo, è opportuno precisare che Cass. numero 23573 del 2013 conclude affermando che ancorché la norma dell'art. 1243, non lo dica, l'unica condizione che deve sempre guidare il giudice nello scegliere le ipotizzate alternative che non comportino la decisione unitaria sui due crediti è una valutazione positiva sulla stessa configurabilità della compensabilità quanto al presupposto di cui all'art. 1241 c.c., cioè quello della loro omogeneità, mentre la valutazione sulla liquidità del credito di cui residua l'accertamento e quella sulla sua coesistenza con il credito principale accertato rimane demandata alla decisione successiva. Quello che interessa rilevare è che il fenomeno compensazione, nella disciplina espressa dall'art. 1243 c.c., comma 2, rileva e si impone al giudice ai fini del suo modus procedendi indipendentemente dalla situazione di totale o parziale contestazione del controcredito e, quindi, dalla sua illiquidità ed impone comunque di decidere sull'effetto compensativo ed incide sulle tecniche di adozione della decisione sul cumulo di crediti che si sono venuti a contrapporre nel giudizio . In una tale situazione si rimettono gli atti al Primo Presidente perché valuti l'opportunità che le Sezioni Unite si pronuncino ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c P.Q.M. La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.