La consulenza tecnica esclude la responsabilità dei sanitari: rispettato il criterio del “più probabile che non""

L’accertamento medico – legale svolto mediante consulenza tecnica nel corso del giudizio civile che escluda la responsabilità dei sanitari permette di ritenere completa e corretta la valutazione sull’interruzione del nesso causale secondo il criterio del più probabile che non” utilizzato dalla giurisprudenza civile.

Così ha deciso la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 17292/15, depositata il 31 agosto. Il caso. Gli eredi di un uomo convenivano in giudizio un’azienda ospedaliera per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti a seguito del decesso del loro congiunto, avvenuto per negligenza, imperizia e mancata adozione di incisive e tempestive misure terapeutiche da parte del personale sanitario. Il tribunale adito rigettava la domanda, in quanto le due consulenze tecniche esperite nel corso del giudizio – conformemente alle conclusioni formulate dai pertiti in sede penale - evidenziavano l’impossibilità di scongiurare le complicazioni insorte escludendo la responsabilità dell’ospedale convenuto. La Corte d’appello territoriale confermava la pronuncia di primo grado. Avverso tale pronuncia, ricorrono per cassazione i congiunti del de cuius , lamentando che la Corte territoriale di primo grado aveva giudicato facendo riferimento al nesso di causalità materiale utilizzato nel processo penale, molto più rigido rispetto al criterio del più probabile che non” utilizzato dalla giurisprudenza civile. Resiste con controricorso l’azienda ospedaliera, eccependo la sottoscrizione del ricorso da parte di un avvocato non iscritto all’apposito albo. Basta che uno dei difensori sia iscritto all’albo speciale cassazionisti. Con riferimento all’eccezione pregiudiziale di improcedibilità, la Corte di legittimità ha precisato che, per giurisprudenza consolidata del Supremo Collegio, in ipotesi di pluralità di difensori, è sufficiente che uno degli avvocati, munito di procura speciale e che abbia sottoscritto l’atto, sia iscritto nell’apposito albo, rimanendo irrilevanti sia la mancata iscrizione in detto albo di altro avvocato sottoscrittore, sia l’omessa sottoscrizione di alcuno dei difensori cui sia stata rilasciata la procura . I giudici di merito hanno seguito il criterio del più probabile che non”. Quanto, invece, alla lamentata violazione di legge da parte dei giudici di merito nella valutazione della sussistenza del nesso di causalità, i Giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che la decisione della Corte di merito non possa considerarsi fondata sulle perizie effettuate in sede di giudizio penale, dovendo la stessa essere invece ricondotta alle consulenze tecniche esperite nel corso del giudizio civile. In tale ambito, infatti, era stato svolto un nuovo accertamento medico - legale, all’esito del quale era stata esclusa la responsabilità del sanitari. Non solo in considerazione della particolare drammaticità del caso, era stata successivamente richiesta una seconda consulenza, dalla quale era emerso che non potevano essere ravvisati profili di colpa per imperizia, imprudenza e negligenza a carico del personale sanitario. A fronte di tale ricostruzione, dunque, secondo gli Ermellini deve ritenersi corretta e completa la valutazione dei giudici del merito, secondo cui vi è stata interruzione del nesso causale perché l’esito mortale è stato imprevedibile ed inevitabile secondo il criterio del più probabile che non” utilizzato dalla giurisprudenza civile. Per tutte le ragioni sopra esposte, la Corte ha rigettato il ricorso proposto dagli eredi.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 marzo – 31 agosto 2015, n. 17292 Presidente Salmé – Relatore Pellecchia Svolgimento del processo l. Nel marzo del 1998, G.V., A. e S. B., nonché G. N., P. e S.R., tutti familiari di A.B., convennero in giudizio la Azienda Ospedaliera Civile di Legnano, per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti a seguito del decesso del loro congiunto, avvenuto per negligenza, imperizia e mancata adozione di incisive e tempestive misure terapeutiche da parte del personale sanitario. Gli attori sostennero che a seguito di un infortunio sportivo A. B. era stato ricoverato presso l'ospedale di Legnano dove venne sottoposto ad intervento chirurgico per frattura della tibia sinistra. Ma qualche giorno dopo l'operazione morì a seguito di un arresto cardiocircolatorio causato una malattia tromboembolica. L'Azienda Ospedaliera si difese contestando tutte le domande Il Tribunale di Milano, con sentenza del 4 settembre 2006, rigettò la domanda in quanto le due consulenze tecniche esperite nel corso del giudizio, che confermavano anche le risultanze cui erano pervenuti i periti in sede penale, evidenziarono l'impossibilità di scongiurare e risolvere l'insorta malattia trombo-embolica escludendo la responsabilità dei sanitari dell'Ospedale convenuto. 2. La decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 6 dicembre 2010. La Corte ha sostenuto che le argomentate e conformi conclusioni di tutti i periti e consulenti d'ufficio escludono addebiti nei confronti dei sanitari dell'Ospedale di Legnano. Ed in ogni caso l'esito mortale era stato imprevedibile ed inevitabile perché se anche ulteriori esami avessero dimostrato l'attualità della malattia trombo-embolica, i medici non avrebbero potuto nè scongiurarla nè risolverla. 3. Avverso tale decisione, i congiunti del B. propongono ricorso in Cassazione sulla base di un motivo illustrato da memoria. 3.1 Resiste con controricorso l'Azienda Ospedaliera Ospedale civile di Legnano. Motivi della decisione 4. Preliminarmente va esaminata l'eccezione pregiudiziale di improcedibilità del ricorso sollevata dalla Azienda Ospedaliera Ospedale civile di Legnano il ricorso sottoscritto da parte di un avvocato non iscritto all'albo. Tale eccezione deve essere respinta. E' principio consolidato di questa Corte che in ipotesi di pluralità di difensori, è sufficiente che uno degli avvocati, munito di procura speciale e che abbia sottoscritto l'atto, sia iscritto nell'apposito albo, rimanendo irrilevanti sia la mancata iscrizione in detto albo di altro avvocato sottoscrittore, sia l'omessa sottoscrizione di alcuno dei difensori cui sia stata rilasciata la procura Cass. n. 9363/2013 . 4.1. Con il primo ed unico motivo, i ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 2043 e 2056 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. . Lamentano i ricorrenti che la Corte territoriale ha errato perché ha giudicato facendo riferimento al nesso di causalità materiale utilizzato nel processo penale che è molto più rigido rispetto al criterio del `più probabile che non' utilizzato dalla giurisprudenza civile. 5.1. Il ricorso è infondato. La Corte d'Appello non è incorsa nella violazione attribuitagli. La Corte territoriale non ha fondato la sua valutazione sulle perizie che sono state fatte nell'ambito del giudizio penale quelle del prof L.B. del Dr. G.Z. ma sulle due consulenze tecniche effettuate in sede civile. Infatti, in quest'ambito, è stato fatto un nuovo accertamento medico legale da parte del dr. G.M., il quale all'esito di una compiuta indagine anche sul punto della denunciata mancata diagnosi delle sopravvenute complicanze trombo-emboliche, ha escluso la responsabilità dei sanitari. Ma in considerazione della particolare drammaticità del caso è stata successivamente richiesta una nuova consulenza affidata al dr. M.G. che ha concluso nel senso che nella condotta dei sanitari non si ravvisavano profili di colpa per imperizia, imprudenza e negligenza in particolare riferimento alla sopravvenuta complicanza trombo-embolica. I giudici del merito hanno effettuato una completa valutazione del caso e sono giunti alla conclusione che c'è stata l'interruzione del nesso causale perché l'esito mortale è stato imprevedibile ed inevitabile secondo il criterio del `più probabile che non' utilizzato dalla giurisprudenza civile. Ed in ogni caso i ricorrenti pur denunciando, apparentemente, violazione di legge chiedono in realtà a questa Corte valutazioni di mero fatto, che sono estranee alle sue specifiche funzioni. E' principio consolidato che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente. L'apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell'ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello dì controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione Cass. 7921/2011 . 6. Le spese possono essere compensate attesa la soccombenza della controricorrente sulla eccezione preliminare e la peculiarità della causa. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.