Comodato e residenza familiare: i genitori cacciano la figlia dopo la separazione dal marito

L'ordinanza del Tribunale di Cassino è chiara quando un bene immobile è dato in comodato da uno dei genitori affinché funga da residenza familiare dei futuri coniugi, tale vincolo di destinazione conferito al bene appare idoneo ad individuare il termine implicito della durata del rapporto. Pertanto, cessata la convivenza e in mancanza di un provvedimento giudiziale di assegnazione del bene, questo deve essere restituito al comodante.

Lo ha affermato il Tribunale di Cassino con un’ordinanza del 23 marzo 2015. Il fatto. Il padre stacca la corrente al cancello e spiega perchè ti devi andartene via!! . La detentrice dell'appartamento, figlia dei resistenti, con ricorso d'urgenza conveniva in giudizio i propri genitori per il riallaccio della corrente del passo carraio e per il godimento della casa familiare ricevuta in comodato, uso che le veniva ostacolato dal padre il quale, esasperato dalla presenza della figlia, voleva cacciarla via. I genitori, costituiti in giudizio, affermavano che l'abitazione era stata concessa in prestito alla loro figlia e al di lei marito per sopperire ad esigenze temporanee di abitazione, ovvero per consentire alla coppia la coabitazione a seguito del contratto matrimonio, e che, sin dall'inizio del rapporto, le parti avevano concordato il rilascio immediato dell'alloggio non appena la figlia e il marito avessero trovato una diversa sistemazione abitativa. Oltre a quanto sopra, le richieste di rilascio erano state persistenti e costanti negli anni, la figlia aveva acquistato un altro immobile, i coniugi si erano separati e i figli erano divenuti nel frattempo maggiorenni. In giudizio venivano confermate tutte le circostanze sostenute dai genitori e il Giudice si pronunciava rigettando il ricorso della figlia. Restituzione dell'immobile in comodato per cessazione della convivenza dei coniugi. Rientra nell'ipotesi della previsione dell'art. 1809, comma 1, c.c., il conferimento in comodato di un immobile ai coniugi affinché funga da residenza familiare e tale vincolo di destinazione appare idoneo a conferire all'uso, cui la cosa deve essere destinata, il carattere di elemento idoneo a individuare il termine implicito della durata del rapporto. Da ciò ne consegue anche che, in caso di separazione dei coniugi, in assenza di una necessità di tutelare l'interesse dei figli e in mancanza di un provvedimento giudiziale di assegnazione del bene, viene meno lo scopo cui il contratto era finalizzato e, per cui, la giustificazione circa la continuazione della detenzione.

Tribunale di Cassino, ordinanza 23 marzo 2015 Giudice Eramo Fatto e diritto Con ricorso depositato il 11 giugno 2014 A. S. ha esposto che è detentrice dell'appartamento sito in Cassino alla via lannacone n. 12 concesso dal 13/06/1987 in comodato d'uso gratuito dal padre S. P., in occasione del matrimonio contratto con il M. G. che in detta data veniva installato un cancello automatico a spese della ricorrente, allacciato al contatore intestato al di lei marito, ed oggi dopo la separazione intestato alla ricorrente che negli ultimi anni, dopo la separazione dal marito, i genitori della ricorrente chiedevano alla stessa di andare via dalla casa perché ormai grande per viverci da sola con i due figli nati dall'unione con il M In alcune circostanze hanno bloccato il cancello apponendovi una catena, poi rimossa. Segnatamente nel mese di Gennaio al cancello veniva apposta una catena, impedendo così a un mobiliere di scaricare una camera nell appartamento della ricorrente che inopinatamente il giorno 21 Maggio 2014 alle ore 09,00, mentre la deducente era intenta alle faccende domestiche si avvedeva che un uomo, alla presenza del padre S. P. era intento a staccare l'alimentazione elettrica ed elettronica del cancello d'ingresso automatico dal contatore della propria abitazione che in precedenza, da Lunedì 19 Maggio, il telecomando non permetteva di attivare l'apertura lei cancello che, quindi, si recava presso il detto elettricista al quale chiedeva cosa stesse facendo e intimando allo stesso di sospendere e non eseguire altri lavori sulla linea elettrica a lei intestata riferendo, altresì, che avrebbe interessato i Carabinieri di Cassino. L'elettricista rispondeva che era stato comandato dal S. P., padre della ricorrente, recandosi presso la sua abitazione per eseguire altri lavori che il P. S., a quel punto, coadiuvato dalla B. E madre della ricorrente, strattonava la stessa e in maniera minacciosa affermava che trattandosi di sua proprietà aveva deciso di spostare l'automazione del cancello dalla linea elettrica dell'abitazione della ricorrente a quella della sua abitazione e profferiva le seguenti frasi perché ti devi andartene via Devi lasciare questa casa. Qua non ti vogliamo più che la ricorrente si vedeva costretta a far intervenire sul posto una pattuglia dei Carabinieri della locale stazione di Cassino che da quel giorno ella è impedita di prendere con l'auto Smart coupé targata BX335LN, ferma nel piazzale di casa che in data 27 Maggio u.s., depositava denuncia-querela in danno di S. P. e B. E. che in data 0710612014 veniva apposta al cancelletto pedonale un gancio che di fatto ne impedisce l'apertura che la condotta descritta, oltre a costituire atto illecito, priva la ricorrente della possibilità di entrare e uscire con l'auto dalla propria abitazione che alla ricorrente interessa riavere, con urgenza, la disponibilità della automazione al cancello elettrico ricevendo danno gravissimo dalla presente situazione. Per questi motivi la S. ha chiesto l'accoglimento lei ricorso. Con due distinte comparse si sono costituiti i resistenti i quali hanno esposto che 1 S. P. é comproprietario degli immobili siti in Cassino alla Via lannacone n. 10 e 12 identificati in Catasto al F. 34 part 78 sub 1.5,6, totalmente costruiti in ogni loro parte 2 I due immobili hanno due ingressi autonomi uno al civico n. 10 e uno al civico n. 12 e fanno parte di un unico complesso delimitato da idonea recinzione 3 Nell'immobile sito alla Via lannacone n. 10 è residente dal 1987 il resistente, unitamente alla moglie B. E. e la figlia S. S. 4 Nell'immobile sito in Cassino alla Via lannacone n. 12 dal 1987 è ospitata la figlia del resistente odierna ricorrente S. A. dopo il matrimonio dalla medesima contratto nel 1987 con G. M 5 Necessitando la nuova famiglia di un alloggio, il resistente ospitò nell'immobile suindicato la figlia e il di lei marito, per il soddisfacimento delle ovvie esigenze familiari di coabitazione 6 fin dal 1987 S. P. e la ricorrente, insieme al marito, concordavano che l'immobile concesso loro dal resistente sarebbe stato liberato non appena possibile 7 Fin dal 1987 e comunque almeno negli ultimi dieci anni fino ad oggi, il resistente ha spesso almeno una volta al mese invitato la ricorrente e il marito a trovare un'altra sistemazione abitativa, alternativa all'immobile concesso per ospitarli 8 in tali occasioni i due coniugi concordavano con tale richiesta avanzata da S. P. . 13 Nel 2005 S. A. acquistava l'appartamento sito in Cassino alla Via lannacone sne, identificato al F. 36 Part. 618, distante un centinaio di metri da quello concessole dal resistente 14 Dal 2005 circa S. P. almeno una volta al mese ha intimato alla ricorrente e al di lei marito di lasciare l'immobile 15 1 due coniugi alla richiesta avanzata da S. P. rispondevano che avrebbero provveduto 16 Il trasferimento nel detto immobile a oggi non è avvenuto 17 La ricorrente e il marito G. M. sí sono separati giudizialmente nel 2010 circa . 29 Il 21.05.14, alle ore 9,00 circa, P. S. ha chiesto al tecnico C. B residente in Cassino alla Via Cappella Morrone n. 103, di ricollegare la linea elettrica dei cancello automatico all'utenza della propria abitazione 30 Al termine del detto intervento tecnico. 1,1 ricorrente S. A. usciva dall'abitazione dalla medesima occupata, asserendo che il resistente P. S. non poteva intervenire sull'utenza riguardante la sua abitazione 31 Interveniva anche la signora E. B., madre della ricorrente che accorreva sul posto 32 11 resistente S. P. replicava solo rispondendo alla ricorrente che l'intero immobile era di sua proprietà che, essendo ella ospite, egli poteva ripristinare la situazione originaria, per motivi di sicurezza. onde evitare l'ingresso di persone estranee alla famiglia . 40 Con lettere raccomandate del 13.08.14 e 05.09.14 il resistente S. P. ha richiesto alla figlia S. A. la restituzione dell'immobile in questione. Per questi motivi i resistenti ha chiesto il rigetto dei ricorso. Nel corso del giudizio il Giudice procedeva all'audizione delle parti e a sentire testimoni. All'udienza del 9 gennaio 2015 il Giudice si riservava di decidere, con concessione di termini per note. Per questo Giudice il ricorso deve essere rigettato. Sul punto possono condividersi le argomentazioni dei resistenti, le quali hanno trovato conferma nell'istruttoria svolta. Nella specie, infatti, manca il requisito fondamentale per la tutela invocata dalla S., ossia il possesso o la detenzione qualificata la sua permanenza all'interno dell'abitazione in esame è stata tollerata per ragioni di ospitalità dei resistenti. La stessa S. ha riconosciuto anzi, ha invocato a suo favore l'esistenza di un contratto di comodato in realtà. quando un bene immobile sia dato in comodato da uno dei genitori affinché funga da residenza familiare dei futuri coniugi, il vincolo di destinazione appare idoneo a conferire all'uso, cui la cosa deve essere destinata, il carattere di elemento idoneo a individuare il termine implicito della durata del rapporto, rientrando tale ipotesi nella previsione dell'art. 1809, primo comma, cod, civ. ne consegue che, una volta cessata la convivenza e in mancanza di un provvedimento giudiziale di assegnazione del bene, questo deve essere restituito al comodante, essendo venuto meno lo scopo cui il contratto era finalizzato Cass. sez. 3, sentenza n. 2103 del 14/0212012 . Nella specie si è realizzata proprio quest'ultima ipotesi la separazione e la maggiore età dei figli hanno fatto venire meno ogni giustificazione alla S. circa la continuazione della detenzione, da opporre al padre. Torna, allora, di rilievo quanto rilevato in punto di accertamento in fatto circa la sussistenza di un accordo iniziale tra le parti a proposito dell'effettività della destinazione a casa familiare ed alla sua durata, meglio di un accordo in ragione del quale era presupposta, tra le parti, la reversibilità ciel comodato, a richiesta dei comodanti/proprietari. I comodatari marito e moglie , all'epoca della concessione in comodato da parte dei proprietari rispettivamente, genitori e suoceri erano consapevoli della possibilità, accordata a questi ultimi, di recesso ad nutum , che non avrebbero potuto contrastare nemmeno nel caso in cui non vi fosse stata la crisi coniugale. l'unico argomento a favore della S. poteva essere la continuità della residenza familiare nell'interesse dei figli. ma anche tale elemento è venuto meno. Tali considerazioni hanno trovato conferma nelle testimonianze acquisite. M. B. ha dichiarato che il S. rivolse ripetutamente giì inviti alla figlia ad andare via sin dal 1996, specie dopo l'acquisto di un altro immobile da parte di S. A. e che la caldaia e le utenze furono pagate dal S La difesa della ricorrente ha indicato a sospetto il B. ma le argomentazioni in merito non appaiono convincenti perché gli screzi, comunque. sono cominciati almeno da un anno prima dell' intrapresa dell'azione in esame. G. G. l'elettricista ha rilasciato due dichiarazioni scritte in merito nell'ultima dichiara di essere stato pagato dal M. e non da S. A. tale particolare non è granché rilevante nell'insieme. T. G., dedotto dalla ricorrente, ha riferito su diverse circostanze apprese solo 'de relato egli , ad ogni modo, ha confermato la ricorrenza degli inviti dei resistenti alla figlia ad andare via, particolare decisivo nell'economia della vicenda, da lui sentiti personalmente. R. R. ha confermato di avere sentito il padre che invitava la figlia, ad andare via anche se in un'unica occasione. Ad ogni modo, decisivo nella specie è l'invalicabile dato formale e giuridico prima riportato circa il comodato. Le altre questioni devono ritenersi assorbite. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. letti gli artt. 703 segg. Cpc e gli altri articoli di legge rigetta il ricorso. Condanna S.A. al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano in complessivi euro 1200,00 di cui euro 900,00 per onorari oltre iva cap e accessori di legge.