Se la comunione sull’immobile viene divisa, l’unica via d’accesso ai fondi deve restare comune

Al fine di stabilire la divisibilità o meno di un’area comune a due fabbricati appartenenti a proprietari diversi e funzionale all’accesso ai detti immobili in due porzioni distinte da attribuire in proprietà esclusiva a ciascuna delle parti, il giudice di merito deve tener conto della diminuzione del valore complessivo dell’area in conseguenza della divisione, nonché degli effetti di tale operazione sull’efficienza, funzionalità e comodità delle parti. Risulta invece irrilevante, ai predetti fini, la deduzione di frequenti dissidi tra le parti tali da rendere impossibile l’uso comune dell’area.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7044/15 depositata l’8 aprile. Il fatto. Al Tribunale di Termini Imerese veniva chiesto di pronunciarsi in merito allo scioglimento della comunione avente ad oggetto un immobile con sovrastante fabbricato. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea, dichiarando lo scioglimento della comunione, comprensiva anche della piazzola comune che consentiva l’ingresso ad entrambi i fondi, come da progetto presentato con CTU, disponendo inoltre che ciascuna delle parti contribuisse in ragione della metà alle spese necessarie per la realizzazione di un accesso autonomo a favore del fondo dei convenuti, altrimenti privo di accesso alla pubblica via. La Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di prime cure, disponeva lo scioglimento della comunione dell’immobile e del fabbricato su di esso insistente, ma non dello spazio di ingresso funzionale all’accesso ad entrambe le porzioni del fondo, in quanto, in caso contrario, le spese necessarie per la realizzazione di un ulteriore ingresso carrabile sarebbero state eccessive. La sentenza d’appello viene impugnata con ricorso in Cassazione. La divisionabilità dell’area comune di accesso. Il ricorrente lamenta, in via principale, la violazione degli artt. 713 e 1111 c.c., letti in combinato disposto con l’art. 720 c.c., per aver i giudici di secondo grado imposto il mantenimento della comunione sulla parte dell’immobile relativa all’area di ingresso ai fondi ed in tal senso forma quesito di diritto con cui chiede ai Supremi Giudici se le norme richiamate siano violate dall’esclusione dallo scioglimento e dalla divisione di una parte dell’immobile, nonostante la oggettiva e dimostrata sussistenza dei presupposti di comoda divisionabilità del bene, ovvero in assenza di cause ostative al frazionamento. La Cassazione, oltre a rilevare la genericità del quesito a sostegno dell’infondatezza della doglianza, richiama il costante principio affermato dalla giurisprudenza secondo il quale, al fine di stabilire la divisibilità o meno di un’area comune a due fabbricati appartenenti a proprietari diversi - e funzionale all’accesso ai predetti immobili - in due porzioni distinte da attribuire in proprietà esclusiva a ciascuna delle parti, il giudice di merito deve tener conto della diminuzione del valore complessivo dell’area in conseguenza della divisione, nonché degli effetti di tale operazione in termini di efficienza, funzionalità e comodità delle parti. Risulta invece irrilevante, ai predetti fini, la deduzione di frequenti dissidi tra le parti tali da rendere impossibile l’uso comune dell’area. Se le spese conseguenti sono eccessive, permane la comunione. Nel caso in esame, se la divisione venisse ad incidere anche sull’area originariamente utilizzata da entrambi per l’accesso ai rispettivi fondi, si avrebbe una limitazione inaccettabile del precedente contenuto del diritto di uno dei condividendi, che verrebbe leso nella sua originaria consistenza. La Corte territoriale ha dunque ravvisato l’esigenza di mantenere la comunione sulla piazzola d’ingresso, con motivazione logica ed adeguata che fa leva sull’eccessivo ammontare dei costi che sarebbero altrimenti necessari per la realizzazione di un ulteriore e diverso ingresso a favore del fondo che ne resterebbe privato a seguito della divisione. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 febbraio – 8 aprile 2015, n. 7044 Presidente Oddo – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 25.7.2006 B.V. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Termini Imerese, i coniugi F.G. e T.A. per chiedere lo scioglimento della comunione sull'immobile con sovrastante fabbricato, sito in OMISSIS , in catasto alle partite 26824-28825.2420, fg. 23, particelle 440-235. Lamentava l'attore che i convenuti non avevano voluto formalizzare,mediane atto pubblico, la divisione di detto immobile secondo il frazionamento predisposto dal Geom. P. di comune accordo. Si costituivano in giudizio i coniugi F. - T. aderendo alla domanda di scioglimento della comunione ma opponendosi alla divisione secondo detto progetto. Espletata C.T.U., con sentenza del 6.5.2002 il Tribunale adito dichiarava lo scioglimento della comunione dell'immobile aderendo al progetto di divisione indicato nella C.T.U. per arch. R. del 10.4.2000 ed attribuendo ai coniugi F. - T. la quota A ed al B. la quota B disponeva che quest'ultimo versasse ai convenuti la somma di Euro 781,79 a titolo di conguaglio, nonché che ciascuno dei condividenti contribuisse, in ragione della metà, alla spesa di Euro 3.615,2 per la realizzazione di un accesso autonomo, in favore del fondo dei convenuti dichiarava interamente compensate fra le parti le spese del giudizio. Avverso tale sentenza i coniugi F. - T. proponevano appello cui resisteva il B. chiedendo il rigetto dell'appello ed, in via incidentale, la riforma della statuizione riguardante la compensazione delle spese di lite. Espletata nuova C.T.U., con sentenza depositata il 2.10.2009, la Corte d'Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, disponeva lo scioglimento della comunione dell'immobile e del fabbricato su di esso insistente, secondo il primo progetto di divisione predisposto con la C.T.U. per arch. R. depositata il 10.4.2000 ed attribuiva la quota A ai coniugi F. - T. e la quota B a B.V. , disponendo il versamento, a carico di quest'ultimo ed in favore dei coniugi stessi, della somma di Euro 2.560,00 a titolo di conguaglio, secondo i calcoli eseguiti dal C.T.U. ing. Alfredo Benzi revocava la statuizione del primo giudice, laddove veniva disposto che ciascuno dei condividenti contribuisse, in ragione della metà, alla spesa di Euro 3.615,2 per la realizzazione dell'accesso autonomo in favore del fondo dei convenuti . Osservava la Corte di merito, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, che andava disattesa la pretesa del B. di sciogliere la comunione con riguardo a tutto il fondo, compreso il comune spiazzo di ingresso all'immobile, in quanto tale scioglimento richiederebbe la realizzazione di altro ingresso carrabile, per consentire l'accesso al fondo F. - T. , che - data la sua peculiare posizione, interamente confinante per tre lati, colla strada provinciale, che sul punto forma una curva, che circonda quasi interamente il terreno in questione-comporterebbe consistenti costi economici, soprattutto in vista della necessità di realizzare un ingresso non pericoloso per chi lo deve utilizzare e per la circolazione stradale . Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso B.V. sulla base di due motivi. Resistono con controricorso i coniugi F. - T. . Le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Il ricorrente deduce 1 violazione e falsa applicazione degli artt. 713 e 1111 c.c., in combinato disposto con l'art. 720 c.c., per avere la Corte di Appello, in riforma della sentenza di primo grado, imposto il mantenimento della comunione su una parte dell'immobile relativa all'area di ingresso ai fondi rispettivamente attribuiti ai condividenti, in difetto delle condizioni per una sua comoda divisibilità, pur dando atto che in linea teorica la comunione sulla piazzola d'ingresso, astrattamente, potrebbe essere sciolta . Sul punto viene formulato il quesito di diritto se integri violazione delle norme sullo scioglimento della comunione, di cui al combinato disposto degli artt. 713 - 1111 e 720 codice civile, l'esclusione dallo scioglimento e dalla divisione di una parte dell'immobile da dividere con conseguente imposizione al partecipante, che abbia instaurato l'azione di scioglimento, del mantenimento dello stato di comunione sulla parte stessa, pur nella og-gettiva e dimostrata sussistenza dei presupposti di comoda divisibilità del bene, ovvero in assenza di cause ostative al frazionamento e alla formazione di cause ostative al frazionamento e alla formazione di quote suscettibili di pieno ed autonomo godimento 2 omessa, insufficiente e comunque contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte di merito escluso dallo scioglimento della comunione la piazzola d'ingresso , ravvisando la non comoda divisibilità dell'immobile di cui all'art. 720 c.c., nei costi per la realizzazione di un ingresso carrabile la C.T.U. espletata in primo grado aveva, invece, ritenuto la divisione della piazzola d'accesso come soluzione tecnicamente preferibile, anche in considerazione della elevata conflittualità dei rapporti tra i partecipanti ed aveva descritto le opere occorrenti per effettuare la divisione tale soluzione avrebbe evitato l'imposizione di una notevole limitazione al fondo del B. in quanto la piazzola comune ricadeva esclusivamente all'interno della quota di proprietà B. . A conclusione della censura viene sottoposto al Collegio il quesito se integri un vizio di motivazione l'esclusione dello scioglimento della comunione della piazzola di accesso oggetto della divisione, motivata solo con riferimento alla spesa occorrente per la realizzazione di un ingresso carrabile, nonostante risulti ammessa dalla stessa Corte di merito la possibilità di sciogliere detta comunione e nonostante che le spese per realizzarla siano state ritenute congrue dal C.T.U. anche in considerazione dei vantaggi oggettivi che ne deriverebbero ai partecipanti alla comunione. Il ricorso è infondato. In ordine al primo motivo va rilevato, al di là della genericità del quesito, non correlato alle ragioni della decisione, che la statuizione in ordine al mantenimento della comunione dello spiazzo in questione, è rispondente alla giurisprudenza di questa Corte che, in materia, ha affermato il principio secondo cui, al fine di stabilire la divisibilità o meno di un'area comune a due fabbricati, appartenenti a diversi proprietari e destinata all'accesso ai fabbricati stessi, in due porzioni distinte da attribuire in proprietà esclusiva a ciascuna delle parti, il giudice di merito deve tener conto della diminuzione del valore complessivo dell'area a seguito della divisione, nonché degli effetti di tale divisione sulla efficienza, funzionalità e comodità fra le parti, mentre è irrilevante, ai predetti fini, la deduzione di frequenti dissidi fra le parti così da rendere impossibile l'uso comune dell'area Cass. n. 937/1982 n. 6890/83 . Va aggiunto che la divisione di un bene, ai sensi dell'art. 1112 c.c., non può comportare limitazioni al contenuto dei diritti precedentemente esercitati o comunque spettanti ad uno dei condividenti, ipotesi che si verificherebbe, nel caso in esame, ove la divisione venisse ad incidere sull'area originariamente utilizzata da entrambi i condividenti sulla intera superficie dello spiazzo comune e per una destinazione accesso agli immobili di entrambe le parti con adeguato spazio di manovre che verrebbe meno nella sua originaria consistenza. Orbene, nella specie, la Corte di Appello, con motivazione immune da vizi logici e giuridici ed in linea al principio suddetto, ha ravvisato l'esigenza di mantenere la comunione della piazzola di fatto già utilizzata dalle parti per accedere ai rispettivi fondi , evidenziando che, secondo quanto accertato mediante C.T.U., lo scioglimento della comunione dello spiazzo richiederebbe la realizzazione di altro ingresso carrabile, per consentire l'accesso al fondo F. - T. , che - data la sua peculiare posizione, interamente confinante, per tre lati, colla strada provinciale, che sul punto forma una curva, che circonda quasi interamente il terreno in questione-comporterebbe consistenti oneri economici, soprattutto in vista della necessità di realizzare un ingresso non pericoloso per chi lo deve utilizzare e per la circolazione stradale . Tale apprezzamento è stato correttamente effettuato in concreto e non solo in astratto ed attiene, peraltro, ad un accertamento in fatto che postula un giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione sufficiente e non contraddittoria Cass. n. 1738/2002 . La seconda censura è inammissibile in quanto con riferimento al vizio motivazionale denunciato, occorreva, ex art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis, non già la formulazione del quesito di diritto ma del momento di sintesi . Com'è noto, infatti, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità, da un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall'art. 360 primo comma n. 1 , 2 , 3 e 4 e, qualora il vizio sia denunciato anche ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., il motivo deve contenere in modo specifico la questione di diritto che la Corte di legittimità è chiamata a risolvere. Al riguardo questa Corte ha precisato che l'onere di indicare chiaramente il fatto controverso deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando al termine di esso, una indicazione sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al Giudice di valutare immediatamente l'ammissibilità del ricorso ed il nesso eziologico tra la lacuna motivazionale denunciata ed il fatto ritenuto determinante ai fini della decisione. Né tale sintesi si identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366, comma 1, n 4 c.p.c. Cass. n. 5858/2013 . In conclusione il ricorso va rigettato. Consegue, in base al criterio della soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.