Pignoramento contenente l’avviso di non disporre dei beni fatto dall’ufficiale giudiziario e non da creditore procedente: non è nullo

In tema di espropriazione forzata è soltanto irregolare, e non affetto da inesistenza o nullità, l’atto di pignoramento presso terzi che contenga l’intimazione al terzo pignorato di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o cose da lui dovute al debitore esecutato, pur se questa appaia come proveniente dall’ufficiale giudiziario, a cui è stato richiesto di effettuare il pignoramento, piuttosto che dal creditore pignorante, che è invece il soggetto tenuto all’incombente ai sensi dell’art. 543, comma 2, n. 2, c.p.c

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 6835/15 della Cassazione, depositata il 3 aprile scorso. La fattispecie. Il Tribunale di Lamezia Terme aveva accolto l’opposizione agli atti esecutivi, dichiarando la nullità del pignoramento presso terzi, in quanto la locuzione l’ingiunzione al debitore e l’intimazione al terzo, contenute nell’atto di pignoramento, di non disporre dei beni provenivano dall’ufficiale giudiziario invece che dal creditore procedente. All’uopo, ha sostenuto il Giudice di merito, l’art. 543 c.p.c. è chiaro nel distinguere l’attività riconducibile all’ufficiale giudiziario rispetto a quella riferibile all’iniziativa della parte. Ne consegue che l’inosservanza delle forme ha come conseguenza la nullità dell’atto per inesistenza di un elemento indispensabile. La differente posizione della Corte. La Corte di legittimità afferma, in primo luogo, che l’intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del Giudice dell’esecuzione, delle cose o delle somme dovute al debitore è atto del creditore procedente e non dell’ufficiale giudiziario. Tuttavia, osserva il Supremo Collegio, ai fini della nullità dell’atto di pignoramento rileva la mancanza assoluta di un elemento essenziale o che l’atto non sia riconducibile in alcun modo al modello legale di appartenenza. Nel caso in esame, l’intimazione di cui al comma 2, n. 2, art. 543 codice di rito era presente nell’atto di pignoramento presso terzi, ancorché proveniente da un soggetto differente di quello previsto dalla legge, con la conseguenza che trattasi di una mera irregolarità tale da non compromettere il raggiungimento dello scopo dell’atto. Funzione dell’intimazione. Difatti la funzione dell’intimazione è quella di produrre l’effetto di costituire custode dei beni o delle somme pignorate ai sensi dell’art. 546 c.p.c. e, perché venga raggiunto tale scopo, rileva il contenuto dell’intimazione a prescindere dal soggetto che la esegue.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 dicembre 2014 – 3 aprile 2015, n. 6835 Presidente Salmé – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Con sentenza depositata il 14 maggio 2012, il Tribunale di Lamezia Terme accoglieva l'opposizione agli atti esecutivi proposta dalla società debitrice esecutata Antonicelli Group s.r.l. nei confronti della creditrice procedente Eureka Animazione s.r.l. e, per l'effetto, dichiarava la nullità dell'atto di pignoramento presso terzi posto a fondamento della procedura esecutiva n. 878/2010 R.E. Mob., condannando l'opposta al pagamento delle spese di lite in favore dell'opponente, con distrazione in favore dei procuratori antistatari. 2.- Avverso la sentenza Eureka Animazione s.r.l. propone ricorso straordinario affidato a quattro motivi. Antonicelli Group s.r.l. resiste con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo si deduce violazione dell'art. 543, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ Si critica la decisione del Tribunale che ha dichiarato la nullità del pignoramento conseguente al difetto dell'intimazione rivolta dal creditore procedente al terzo pignorato, posto che nella fattispecie, tanto l'ingiunzione al debitore quanto l’intimazione al terzo, contenute nell'atto di pignoramento, provengono dall'ufficiale giudiziario, ossia da un soggetto non legittimato a formulare alcuna intimazione al terzo pignorato” . Secondo il Tribunale, l'art. 543 cod. proc. civ. è chiaro nel distinguere l'attività riconducibile all'” organo esecutivo ”, vale a dire all'ufficiale giudiziario, da quelle funzionalmente ascrivibili all'iniziativa della parte, tra cui la stessa norma inserisce l'intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del giudice dell'esecuzione, delle cose o delle somme dovute al debitore con la conseguenza che l'intimazione si dovrebbe considerare come completamente omessa quando provenga, come nel caso di specie, dall'ufficiale giudiziario anziché dal creditore, poiché si tratterebbe non di una mera inosservanza di forme ”, ma di un atto compiuto da soggetto privo della relativa facoltà ” e perciò di inesistenza di un elemento indispensabile dell'atto. 1.1.- La ricorrente rileva che, per come si desume dal testo del documento interamente trascritto nel ricorso , l'originale dell'atto di pignoramento, nel caso di specie, non manca affatto dell'intimazione al terzo, ma piuttosto contiene quest'ultima nella parte che risulta redatta a cura dell'ufficiale giudiziario, su richiesta del creditore procedente. Deduce pertanto che si tratterebbe tutt'al più di irregolarità, non certo di inesistenza giuridica, che è la categoria estrema di invalidità dell'atto questa, secondo la ricorrente, si avrebbe soltanto se l'atto mancasse del tutto dell'intimazione da rivolgersi al terzo pignorato. A sostegno del proprio assunto la ricorrente riporta un passo della motivazione della sentenza di questa Corte di Cassazione n. 2473/09, al fine di sostenere che sia l'ingiunzione rivolta al debitore che l'intimazione rivolta al terzo pignorato sono elementi essenziali dell'atto di pignoramento, che sarebbe atto della parte, nella sua totalità, e che l'ufficiale giudiziario si limiterebbe all'esecuzione di tali incombenti, su richiesta della parte. 1.2.- Col secondo motivo si deduce violazione dell'art. 156, comma primo e secondo, cod. proc. civ., per avere il Tribunale ritenuto sussistente una causa di nullità per inosservanza di forme” non comminata dalla legge, in un caso in cui, peraltro, l'atto non mancava dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo ”. 1.3.- La società resistente riconosce che, nel caso di specie, l'intimazione al terzo pignorato ai sensi dell'art. 543, comma secondo, n. 2 cod. proc. civ. non è del tutto mancante, ma figura nell'atto di pignoramento come proveniente dall'ufficiale giudiziario. Perciò ne sarebbe compromessa la natura, in quanto la sua funzione è quella di opposizione rivolta a provocare gli effetti degli artt. 2917 cod. civ. e 546 cod. proc. civ A detta della resistente, non potrebbe provenire dall'ufficiale giudiziario perché il terzo non è sottoposto ad esecuzione forzata l'ufficiale giudiziario non ha un potere esecutivo nei suoi confronti il terzo può essere destinatario soltanto di atti di parte onde produrre gli effetti di inopponibilità o indisponibilità e collaborazione da parte sua, di cui ai citati artt. 2917 cod. civ. e 546 cod. proc. civ. tali effetti non si potrebbero produrre quando l'intimazione provenga dall'ufficiale giudiziario, sia pure su richiesta del creditore. Inoltre, secondo la resistente, non sussisterebbe la violazione dell'art. 156, commi primo e secondo, cod. proc. civ., perché si tratterebbe di una nullità che impedirebbe all'atto di raggiungere il suo scopo di realizzare gli effetti sostanziali degli artt. 2917 e 2914 n. 2 cod. civ., cui l'intimazione al terzo è preordinata. 2. - I motivi primo e secondo, evidentemente connessi, sono fondati. Va ribadito che l'atto di pignoramento presso terzi consta di due parti a l'ingiunzione al debitore a norma dell'art. 492 cod. proc. civ., che è opera dell'ufficiale giudiziario, il quale, di solito, la documenta nella relazione di notificazione dell'intero atto b l’atto sottoscritto dalla parte o dal suo difensore munito di procura, che contiene l'intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del giudice, delle cose o delle somme da esso terzo dovute al debitore” così già Cass. n. 980/74, ma cfr. anche Cass. n. 7019/95 e Cass. n. 2473/09 . Va altresì ribadito che entrambi tali elementi sono indispensabili e non ammettono equipollenti cfr. Cass. n. 669/98, n. 1308/02, n. 2473/09 cit. , come pure rilevato dal Tribunale di Lamezia Terme. È corretta anche l'affermazione di quest'ultimo, su cui tanto insiste la parte resistente, per la quale l'intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del giudice, delle cose o delle somme dovute al debitore è atto del creditore procedente cfr., oltre alle sentenze già citate, anche Cass. n. 4584/95 in motivazione , e non dell'ufficiale giudiziario. Parimenti corretta è l'altra affermazione per cui è, invece, atto dell'ufficiale giudiziario l'ingiunzione rivolta al debitore ai sensi dell'art. 492 cod. proc. civ., per come è detto espressamente da questa disposizione, che la prevede, e per come è ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità cfr., oltre alle sentenze su citate, anche, di recente, Cass. ord. n. 8408/11 con la precisazione che questa giurisprudenza non è smentita, come invece sostiene la ricorrente, dalla già menzionata sentenza n. 2473/09, dal momento che nella motivazione di questa è ribadito che l'ingiunzione è atto dell'ufficiale giudiziario ogni altro argomento ivi speso è funzionale ad affermare il principio -altrettanto incontrastato - che i vizi dell'atto di pignoramento ridondano a danno del creditore pignorante . 2.1.- L'affermazione della sentenza impugnata che, invece, il Collegio ritiene non in linea col dettato normativo, specificamente con l'art. 543, comma secondo, n. 2 e con l'art. 156, comma primo e secondo, cod. proc. civ. - dei quali la ricorrente giustamente denuncia la violazione - è quella secondo cui, essendo l'atto di pignoramento presso terzi, in parte, atto del creditore pignorante ed, in parte, atto dell'ufficiale giudiziario, dovrebbe considerarsi mancante dell'intimazione se questa risulta provenire dall'ufficiale giudiziario piuttosto che dal creditore. Così decidendo, il Tribunale ha equiparato, ai fini del giudizio di validità dell'atto di pignoramento ex art. 543 cod. proc. civ., alla mancanza assoluta di un elemento essenziale, quale indubbiamente è l'intimazione ai sensi del comma secondo, n. 2, l'indicazione della sua provenienza dall'ufficiale giudiziario. Siffatta equiparazione non è affatto conseguente ai principi giurisprudenziali sopra ribaditi da cui invece il Tribunale la fa discendere . In particolare, essa è fatta senza tenere conto del dato di fatto che l'intimazione rivolta al terzo pignorato è presente e leggibile nell'atto di pignoramento qui in contestazione ed ha un contenuto coerente con quanto disposto dalla norma che la prevede, dalla quale si discosta soltanto per l'apparente provenienza da un soggetto diverso da quello tenuto a darvi corso. Si deve perciò escludere che si abbia il vizio dell'inesistenza perché questo ricorra è infatti necessario, in primo luogo, che uno degli elementi essenziali dell'atto sia totalmente mancante in secondo luogo, ed in aggiunta, che, a causa di tale omissione, l'atto non sia affatto riconducibile al modello legale di appartenenza. Sotto questo primo profilo, ha ragione la ricorrente quando sostiene che il Tribunale non avrebbe considerato che, comunque, essendo unico il documento che contiene l'atto di pignoramento ed essendo questo munito di entrambi i due indispensabili elementi dell'intimazione e dell'ingiunzione, non vi è spazio per configurare il vizio dell'inesistenza. 2.2.- Parimenti fondato è il rilievo della ricorrente secondo cui va anche considerato che l'ufficiale giudiziario comunque agisce ad istanza del creditore procedente. Ne segue che la difformità dal modello legale, quanto alla provenienza dell'intimazione dal primo piuttosto che dal secondo, non da luogo al compimento di un atto da parte di soggetto privo della relativa facoltà secondo quanto si legge nella sentenza , ma si risolve piuttosto in un'irregolarità tale da non compromettere il raggiungimento dello scopo dell'atto. Lo scopo dell'intimazione rivolta al terzo pignorato è effettivamente quello - individuato dalla parte resistente - di produrre gli effetti sostanziali degli artt. 2917 e 2914, n. 2, cod. civ. e di produrre l'effetto di costituire il terzo custode dei beni o delle somme pignorate ai sensi dell'art. 546 cod. proc. civ. Perché tale scopo venga raggiunto ciò che rileva è la direzione soggettiva ed il contenuto dell'intimazione. Quest'ultima non muta la sua natura soltanto perché appare provenire dall'ufficiale giudiziario piuttosto che dal creditore pignorante né la sola circostanza che sia il primo, piuttosto che il secondo, a fare da tramite per l'intimazione trasforma il terzo in soggetto sottoposto ad espropriazione, come sostiene la resistente in quanto unico assoggettato all'esecuzione forzata resta il debitore destinatario dell'ingiunzione ex art. 492 cod. proc. civ. . Se la mancanza dell'intimazione comporta la nullità dell'atto in quanto impedisce di raggiungere lo scopo predetto nei confronti del terzo pignorato, altrettanto non può dirsi per l'inosservanza della prescrizione relativa al soggetto da cui la stessa debba promanare. Non essendo, in tale eventualità, nemmeno espressamente comminata la nullità dell'atto di pignoramento, deve concludersi che detta inosservanza da luogo ad un'irregolarità priva di sanzione processuale. Va perciò affermato il principio di diritto per il quale, in tema di espropriazione forzata, è soltanto irregolare, non affetto da inesistenza né da nullità, l'atto di pignoramento presso terzi che contenga l'intimazione al terzo pignorato di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o cose da lui dovute al debitore esecutato, pur se questa appaia come proveniente dall'ufficiale giudiziario, richiesto di effettuare il pignoramento, piuttosto che dal creditore pignorante, che è invece il soggetto tenuto all'incombente ai sensi dell'art. 543, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ 3. - Nel caso di specie, è riconosciuto da entrambe le parti ed è riscontrato dal documento riportato in ricorso e prodotto ai sensi dell'art. 369 cod. proc. civ. che l'atto di pignoramento contiene l'intimazione alla Banca Nazionale del Lavoro, agenzia di OMISSIS , di non disporre delle somme pignorate senza ordine del giudice, proveniente dall'ufficiale giudiziario. Si tratta di testo idoneo allo scopo anzidetto, pur se non del tutto conforme al disposto dell'art. 543, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ., e comunque tale da non viziare l'atto di pignoramento, alla stregua del principio di diritto sopra enunciato. I primi due motivi di ricorso vanno accolti. La sentenza impugnata va cassata. Restano assorbiti il terzo riguardante la violazione dell'art. 156, comma terzo, cod. proc. civ., per non avere il giudice ritenuto sanata la nullità per raggiungimento dello scopo ed il quarto motivo riguardante la violazione dell'art. 111 Cost. e dei principi del giusto processo e dell'art. 24 Cost. che conseguirebbe all'interpretazione dell'art. 543 cod. proc. civ. preferita dal Tribunale . Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito col rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi proposta dalla società esecutata avverso l'atto di pignoramento relativo alla procedura esecutiva mobiliare n. 878/10 R.G. E. del Tribunale di Lamezia Terme. Le spese del giudizio di merito e del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione agli atti esecutivi proposta da Antonicelli Group s.r.l. nei confronti di Eureka Animazione s.r.l. avverso l'atto di pignoramento presso terzi relativo alla procedura esecutiva n. 878/10 R.G. E. mob. del Tribunale di Lamezia Terme. Condanna Antonicelli Group s.r.l. al pagamento delle spese del giudizio dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme, liquidate, in favore di Eureka s.r.l., complessivamente in Euro 2.800,00, di cui Euro 800,00 per diritti, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge. Condanna la società resistente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate nell'importo complessivo di Euro 3.880,00, di cui Euro 680,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.