L'opposizione alla ingiunzione erroneamente introdotta con il rito ordinario deve mutare a favore del rito societario

A seguito della mutazione, le uniche norme applicabili sono quelle che disciplinano il rito societario.

L'ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo e mutamento del rito da ordinario a societario segna, nello stesso tempo, una continuità ed una interruzione delle vicende processuali che l'hanno preceduta e che seguiranno. Il rito verso il quale migra la causa costituisce la procedura che regolerà il confronto processuale ed è in ragione di quest'ultima procedura che dovrà attivarsi e compiersi il contraddittorio tra le parti. Il caso. Il socio di una cooperativa edilizia recedeva dalla compagine sociale e, successivamente, chiedeva ed otteneva ingiunzione di pagamento finalizzata ad ottenere il rimborso delle quote versate in favore della società. La società formulava opposizione a decreto ingiuntivo. Il creditore procedente si costituiva nel giudizio di opposizione ed eccepiva l'erronea introduzione del giudizio con le procedure del rito ordinario in luogo di quelle previste per il rito societario. Il Tribunale disponeva la mutazione del rito e la cancellazione della causa dal ruolo. Parte opponente riassumeva la causa con il rito societario. Il creditore originario si costituiva, eccepiva la notifica tardiva dell'atto di riassunzione e chiedeva l'estinzione del giudizio. Il Tribunale, con ordinanza, accoglieva l'eccezione formulata dal creditore e dichiarava l'estinzione del giudizio. Avverso la predetta ordinanza, la cooperativa, proponeva reclamo che veniva respinto, avverso il reclamo proponeva appello, anch'esso respinto, e, infine, proponeva ricorso per cassazione. Termine di riassunzione del giudizio nel passaggio dal rito ordinario al rito societario. La questione dibattuta attiene l'individuazione del termine di riassunzione del giudizio nel passaggio dal rito ordinario al rito societario. In tali ipotesi, l'atto di riassunzione é individuato nella memoria di costituzione dell'attore che deve essere notificata nel termine breve di quindici giorni. Detto deposito, nel caso di specie, era stato effettuato oltre il termine, dunque, ha chiarito la cassazione, l'eccezione formulata dal creditore è corretta e la decisione del giudice di prime cure altrettanto corretta e correttamente motivata. Ingiunzione ordinaria e mutazione verso il rito societario. La Cassazione ha chiarito che l'ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo e mutamento del rito da ordinario a societario segna, nello stesso tempo, una continuità ed una interruzione delle vicende processuali che l'hanno preceduta e che seguiranno. Il rito verso il quale migra la causa costituisce la procedura che regolerà il confronto processuale ed è in ragione di quest'ultima procedura che dovrà svolgersi il contraddittorio tra le parti. L'ordinanza di mutazione del rito da ordinario a societario, interrompe il rito ordinario, quindi, per conseguenza diretta, gli atti compiuti e depositati nel processo ordinario, unitamente ai termini in essi assegnati, perdono ogni effetto. Con queste argomentazioni, la Cassazione ha respinto tutti i motivi di ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 dicembre 2014 – 2 aprile 2015, n. 6677 Presidente Rordorf – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. La Cooperativa edilizia La Famiglia a r.l. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Palermo il 22 novembre 2005 su ricorso di C.L. diretto a ottenere il rimborso di tutte le somme versate alla cooperativa edilizia sino al momento del recesso del C. dalla società. 2. Si è costituito il convenuto e ha rilevato che il giudizio di opposizione era stato erroneamente introdotto con le forme del rito ordinario di cognizione mentre avrebbe dovuto rispettare le forme del c.d. rito societario dlgs. N. 5/2003 e ha chiesto disporsi il mutamento del rito ordinario in quello speciale societario e la cancellazione della causa dal ruolo. 3. All'udienza del 3 maggio 2006 il Tribunale ha disposto il mutamento del rito e la cancellazione della causa dal ruolo. 4. Con memoria, notificata il 19 maggio 2006, ex art. 6 del decreto legislativo n. 5/2003 la società cooperativa ha insistito nelle sue difese. Il C. , con successiva memoria di cui all'art. 7 del decreto legislativo n. 5/2003, ha eccepito l'intervenuta estinzione del giudizio per effetto del mancato rispetto del termine di notifica previsto dall'art. 6 del decreto legislativo n. 5/2003, ridotto alla metà ai sensi dell'art. 2 comma 3 dello stesso decreto. 5. Con ordinanza del 29 dicembre 2006 è stata dichiarata dal giudice relatore l'estinzione del giudizio in quanto la Cooperativa aveva notificato la sua memoria di replica ex art. Euro del d.lgs. n. 5/03 oltre il termine abbreviato di quindici giorni dall'ordinanza che aveva disposto il cambiamento del rito. 6. La Cooperativa edilizia La Famiglia ha proposto reclamo ex art. 12 del d.lgs. n. 5/03 che è stato respinto dal Tribunale di Palermo con sentenza del 16 marzo - 2 maggio 2007. Quindi la Cooperativa ha proposto appello. 7. La Corte di appello di Palermo ha respinto il gravame e compensato le spese del grado. 8. Ricorre per cassazione la Cooperativa La Famiglia affidandosi a tre motivi di impugnazione. 9. Con il primo motivo di ricorso la Cooperativa deduce la violazione, erronea interpretazione e applicazione degli artt. 1 comma 5, 2, 6, 1 e 12 del decreto legislativo n. 5/2003 sul c.d. rito societario, in relazione all'art. 360 nn. 3, 5 c.p.c 10. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione ed erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 2 n. 3, art. 6, art. 4 comma 2 del d.lgs. n. 5/2003, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c 11. Con il terzo motivo la società ricorrente fa rilevare che, stante l'insussistenza della estinzione del giudizio, la Corte di merito doveva accogliere l'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento, notificata il 1 febbraio 2006 e tutte le domande formulate dal ricorrente, compresa quella riconvenzionale. 12. Si difende con controricorso C.L. . Ritenuto che 13. Il ricorso è infondato. La società ricorrente riproduce sostanzialmente con i motivi di ricorso le censure già mosse alla decisione di primo grado e che sono state argomentatamente respinte dalla Corte distrettuale palermitana. 14. Con riferimento al primo motivo di ricorso la ricorrente pone alla Corte i seguenti quesiti di diritto a se a seguito dell'ordinanza di mutamento del rito e cancellazione della causa dal ruolo, ex art. 1 comma 5 del d.lgs. n. 5/2003, il giudizio va riassunto a pena di estinzione con la memoria di replica di cui all'art. 6 dello stesso decreto legislativo. Ovvero se può e deve essere riassunto con il deposito e la notifica dell'istanza di fissazione di udienza cosi come stabilito dall'art. 8 dello stesso d.lgs. b se, in applicazione delle disposizioni del rito societario di cui al d.lgs. 5/2003 la dichiarazione di estinzione del giudizio può essere emessa soltanto nei casi espressamente stabiliti dal legislatore e in particolare a seguito dell'omessa notifica dell'istanza di fissazione di udienza nei modi stabiliti dalla stessa dall'art. 8 n. 4 ed inadempimento dei termini espressamente dichiarati perentori c se il dimezzamento dei termini stabilito dall'art. 2 comma 3 del decreto legislativo può trovare applicazione soltanto quando l'opposizione a decreto ingiuntivo sia stata proposta nelle forme del rito societario e non anche quando è stata proposta con il rito ordinario con atto di citazione a udienza fissa e successiva ordinanza di mutamento del rito d se non essendo stata espressamente prevista, diversamente dalla violazione di altre norme dello stesso d.lg3. n. 5/2003 ed in particolare dell'art. 8 nn. 4-5, dell'art. 9 n. 3, dell'art. Un. 3, il termine previsto dall'art. 6 d.lgs. 5/2003 può ritenersi perentorio anche con l'applicazione analogica delle norme del codice di procedura civile in forza dell'art. 12 del d.lgs. E se la omessa violazione del su citato termine può comportare la dichiarazione di estinzione del giudizio e se, in base alle norme di cui al d.lgs. n. 5/2003 devono essere considerati perentori soltanto i termini di cui è stata espressamente indicata la perentorietà così come nei su citati artt. 8,9,11 e viceversa ordinatori tutti gli altri termini stabiliti dallo stesso d.lgs. n. 5/03 . 15. Per rispondere alle censure, e ai quesiti di diritto che le puntualizzano, mosse con il primo motivo di ricorso, vanno fatte preliminarmente le seguenti considerazioni. L'ipotesi della proposizione di una domanda in forme diverse da quelle previste per il rito societario, seppure tale rito risulti applicabile alla controversia, in base all'art. 1 del decreto legislativo n. 5 del 2003, con la conseguente modificazione del rito, si caratterizza per la compresenza di una previsione che attesta la continuità processuale della fase precedente e successiva al mutamento del rito, rappresentata dal potere-dovere del giudice di disporre tale mutamento con ordinanza. E, nello stesso tempo, si caratterizza per la previsione, che segna la discontinuità processuale fra le due fasi, della contestuale cancellazione, con la stessa ordinanza, della causa dal ruolo. Tale peculiarità risponde all'esigenza di preservare la formazione rigida del contraddittorio che caratterizza il rito societario nell'eventualità che ad esso si acceda attraverso il mutamento del rito ordinario inappropriatamente adottato dalla parte attrice. 16. Ciò comporta, come correttamente è stato rilevato nel giudizio di merito, che nel sistema del c.d. rito societario la cancellazione dal ruolo della causa, soggetta all'applicazione del d.lgs. n. 5/2003 ma proposta in forme diverse da quelle disciplinate dal d.lgs. n. 5/2003 esige, al fine di evitare l'estinzione del giudizio, un atto di impulso del processo entro un termine chiaramente identificato dall'art. 1 comma 5 del d.lgs. n. 5/2003 con riferimento al successivo articolo 6. Termine che decorre dalla conoscenza della ordinanza che dispone la cancellazione della causa dal ruolo. 17. La natura del provvedimento adottato contestualmente al mutamento del rito comporta altresì - secondo un principio generale dell'ordinamento che trova una tipica collocazione nell'art. 307 del codice di rito - che il termine, entro il quale l'atto di impulso deve essere compiuto, è necessariamente un termine perentorio. Per altro verso, il rinvio all'art. 6 comporta che l'atto di impulso è univocamente identificato nella memoria di replica dell'attore. Si tratta di una constatazione che non ha solamente un incontrovertibile fondamento testuale ma che si coniuga anche con il carattere dell'iter processuale delineato dal legislatore del rito societario. Vale a dire con la prefigurazione della successione di atti di parte che hanno sia la funzione di circoscrivere e identificare progressivamente il contraddittorio sia di rendere le parti protagoniste, mediante la predisposizione di un processo strettamente affidato al loro impulso, della canalizzazione della controversia verso la sua definizione in. tempi rapidi o verso il suo abbandono con la conseguente estinzione del processo. 18. Risulta quindi scontata, sulla base di queste premesse, la risposta ai quesiti di diritto proposti dalla società ricorrente perché, in primo luogo, non esiste alcuna ragione testuale o sistematica per ritenere derogato nel sistema del rito societario il principio generale per cui alla cancellazione della causa dal ruolo segue l'estinzione del processo qualora non vi sia stata la sua riassunzione in un termine perentorio previsto dal legislatore. Come ha detto incisivamente la Corte di appello palermitana, la mancata o tardiva riassunzione ricade necessariamente nel fuoco dell'articolo 307 comma terzo c.p.c., applicabile al rito societario in forza del generale richiamo alle disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili , richiamo enunciato dall'art. 1 comma 4 del d.lgs. n. 5/2003. 19. Non può esservi dubbio, per tutte le ragioni esposte in precedenza, che l'atto che il legislatore ha identificato per la riassunzione della causa dopo la sua cancellazione dal ruolo è la memoria dell'attore ex art. 6 e non l'istanza di fissazione di cui al successivo art. 8. 20. La memoria di cui all'art. 6 deve essere notificata, in base al disposto dell'art. 2 comma 3 del d.lgs. n. 5/2003 e successive modificazioni nel termine di quindici giorni in quanto tale disposizione normativa prevede che i termini sono ridotti alla metà nel caso di opposizione a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile. Né può ritenersi che la riduzione dei termini operi solo nei casi in cui la proposizione della domanda sia avvenute nelle forme del c.d. rito societario. Tale interpretazione vanificherebbe infatti il provvedimento di mutamento del rito che comporta da quel momento la piena applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 5/2003. 21. Con riferimento al secondo motivo di ricorso la ricorrente pone alla Corte i seguenti quesiti di diritto a se non avendo indicato il resistente C.L. con la comparsa di costituzione il rispetto del termine ridotto, in applicazione dell'art. 2 n. 3, eccepito soltanto con la successiva memoria di replica del 30 maggio 2000, ed avendo assegnato con la stessa comparsa il termine di trenta giorni, si rende applicabile l'art. 4 n. 2 del d.lgs. n. 5/03 che in caso di omessa ed insufficiente indicazione del termine assegnato ritiene l'applicazione del maggiore termine di trenta giorni b se l'omessa indicazione del termine ridotto di cui all'art. 2 n. 3 è in netto contrasto con il principio della buona fede che regola il contraddittorio fra le parti e l'applicazione della norma . 22. Ad entrambi i quasi ti si deve rispondere richiamando ancora una volta la natura dell'ordinanza di mutamento del rito e cancellazione della causa dal ruolo che nello stesso tempo segna una continuità e una cesura delle vicende processuali che l'hanno preceduta e che le seguiranno. Se quindi, a seguito della predetta ordinanza, entrano in gioco le disposizioni del rito societario è incontestabile che gli atti da compiere nel successivo corso del processo dovranno rispettare i termini previsti per tale rito. Pertanto l'indicazione del termine di comparizione, effettuata dal convenuto in opposizione, nella comparsa di costituzione e risposta all'atto di opposizione proposto erroneamente nelle forme del rito ordinario, risulta del tutto irrilevante e inidonea a provocare qualsiasi affidamento la cui non considerazione possa risultare contraria al generale principio di buona fede cfr. Cass. civ. S. U. a. 19246 del 9 settembre 2010 secondo cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la previsione della riduzione a metà dei termini a comparire, stabilita nell'art. 645, secondo comma, cod. proc. civ., determina il dimezzamento automatico dei termini di comparizione dell'opposto e dei termini di costituzione dell'opponente, discendendo tale duplice automatismo dalla proposizione dell'opposizione . 23. Il terzo motivo di ricorso rimane assorbito dall'esame dei precedenti e consiste comunque in una riproposizione delle richieste di merito che non possono essere vagliate in questa sede. 24. Va pertanto respinto il ricorso con compensazione delle spese processuali del giudizio di cassazione in considerazione dell'assenza di precedenti di legittimità sulla questione processuale controversa. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese processuali del giudizio di cassazione.