In assenza di un qualsiasi strumento urbanistico, la valutazione del terreno deve seguire il criterio dell’edificabilità “di fatto”

In tema di indennità d’occupazione ed edificabilità di fatto”, laddove risulti la mancanza di qualsiasi strumento urbanistico PRG o Programma di fabbricazione , si palesa la necessità, per valutare la natura del terreno, di considerare il parametro subordinato dell’edificabilità di fatto, secondo i consueti indici elaborati dalla tecnica edificatoria, che tengono conto delle obiettive ed intrinseche caratteristiche della zona, nonché della possibilità di utilizzazione del terreno stesso, anche in relazione al contesto spaziale nel quale quest’ultimo concretamente si ponga in ragione del rapporto di fisica contiguità con aree limitrofe edificate od appartenenti alla medesima zona cui l’area espropriata è funzionale, sempre che risulti comunque accertata una sua compatibilità con le generali scelte urbanistiche ed entro i limiti in ogni caso posti dalla legge n. 10/1977.

E’ quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6610/2015, depositata il 1° aprile scorso. Il caso. Con atto di citazione, A conveniva in giudizio il Comune B e l’amministrazione provinciale C, premettendo di essere proprietaria del terreno D occupato da C per la realizzazione della strada litoranea turistica della foce del fiume locale tuttavia, secondo A l’opera era stata realizzata senza che allo scadere del periodo di occupazione temporanea fosse intervenuto il decreto di espropriazione per tale ragione, A chiedeva la determinazione dell’indennità di occupazione temporanea e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni relativi all’irreversibile trasformazione del fondo. Con sentenza, il Tribunale adito dichiarava il difetto di giurisdizione in relazione alla pretesa risarcitoria inerente all’occupazione espropriativa e, ritenuta la natura agricola del fondo, determinava l’indennità di occupazione, in base al criterio fondato sul valore agricolo medio in 3.359,04 euro. In secondo grado, la Corte territoriale, in parziale accoglimento del gravame proposto, ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla pretesa risarcitoria, a seguito anche della sent. Cost. n. 281/2004 quanto all’indennità per il periodo di occupazione legittima, rilevato preliminarmente che le parti avevano fatto acquiescenza alla statuizione del Tribunale circa la carenza di legittimità passiva di B, la Corte ha confermato la decisione di primo grado, fondando la decisione sulla natura agricola del terreno e sul vincolo di non edificabilità poi successivamente decaduto. A ricorre in Cassazione con due motivi di ricorso. Avverso la decisione di secondo grado, A ricorre in Cassazione con due motivi a la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis, legge n. 359/1992, in quanto nel caso di specie avrebbe trovato applicazione il criterio dell’edificabilità di fatto”, tenuto conto che il terreno agricolo -valutato 0,03 mc/mq era inserito in un’area interamente urbanizzata b il vizio di motivazione inerente all’esclusione della edificabilità del terreno. Contrasto con il criterio dell’edificabilità legale. Chiamata la Prima Sezione Civile, il giudicante rileva la fondatezza dei due motivi di ricorso, esaminandole congiuntamente. In primo luogo viene osservato che la conclusione della Corte territoriale contrasta con il criterio fondamentale dell’edificabilità legale, in determinate condizioni e circostanze subentrando l’elemento di fatto” dell’edificabilità stessa. Ed invero, per i Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali e per le ipotesi di aree bianche”, la disposizione contenuta nell’art. 4, legge n. 10/1977 stabilisce che per le aree situate fuori del perimetro dei centri abitati, che l’edificabilità a scopo residenziale non può superare l’indice di metri cubi 0,02 per metro quadrato di area edificabilità. A tale previsione normativa, però, non può attribuirsi carattere di regolamentazione urbanistica, ovvero carattere conformativo idoneo a realizzare l’assetto complessivo del territorio attraverso l’articolata previsione delle destinazioni nelle zone in rapporto alle interrelazioni fra di esse ed ai bisogni della comunità, alla stregua dell’attività di pianificazione propria degli strumenti urbanistici alla quale soltanto appartiene il compito di caratterizzare l’area ai fini della determinazione dell’indennità dovuta in materia di esproprio, trattandosi di una disciplina interinale con finalità meramente cautelari di salvaguardia, volte a consentire un riesame, in attesa della definitiva destinazione del territorio, da parte della P.A. cui incombe l’obbligo di provvedere contemperando gli interessi pubblici e quelli privati, onde tale regime, vuoi a causa della sua provvisorietà, vuoi a causa delle stesse incertezze legate al futuro contenuto in quest’ultimo, non rappresenta una condizione normale dell’area e, costituendo piuttosto una situazione eccezionale, non può essere assimilato alle limitazioni dello ius aedificandi introdotte dalla legge o dallo strumento urbanistico, quali elementi conformativi della proprietà. In definita, laddove risulti la mancanza di qualsiasi strumento urbanistico PRG o Programma di fabbricazione , si palesa la necessità, per valutare la natura del terreno, di considerare il parametro subordinato dell’edificabilità di fatto, secondo i consueti indici elaborati dalla tecnica edificatoria, che tengono conto delle obiettive ed intrinseche caratteristiche della zona, nonché della possibilità di utilizzazione del terreno stesso, anche in relazione al contesto spaziale nel quale quest’ultimo concretamente si ponga in ragione del rapporto di fisica contiguità con aree limitrofe edificate od appartenenti alla medesima zona cui l’area espropriata è funzionale, sempre che risulti comunque accertata una sua compatibilità con le generali scelte urbanistiche ed entro i limiti in ogni caso posti dalla legge n. 10/1977.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 ottobre 2014 – 1 aprile 2015, n. 6610 Presidente Benini – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con atto di citazione notificato in data 24 giugno 1999 la signora R.I.A. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Agrigento il Comune e l'Amministrazione provinciale di quella città, e premesso di essere proprietaria di un terreno occupato dalla Provincia convenuta per la realizzazione della strada litoranea turistica della foce del fiume , in località , e che l'opera era stata realizzata senza che allo scadere del periodo di occupazione temporanea fosse intervenuto il decreto di espropriazione, chiedeva la determinazione dell'indennità di occupazione temporanea e la condanna degli convenuti al risarcimento dei danni relativi all'irreversibile trasformazione del fondo. 1.1 - Con sentenza depositata il 30 ottobre 2003 il Tribunale adito dichiarava il difetto di giurisdizione, ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 in relazione alla pretesa risarcitoria inerente all'occupazione espropriativa e, ritenuta la natura agricola del fondo, determinava l'indennità di occupazione, in base al criterio fondato sul valore agricolo medio, in Euro 3.359,04. 1.2 - Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla R.I. , ha affermato, a seguito della nota decisione n. 281 del 2004 della Corte Costituzionale, la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla pretesa risarcitoria, con rimessione degli atti, in parte qua, al giudice di primo grado ai sensi dell'art. 353 cod. proc. civ Quanto all'indennità per il periodo di occupazione legittima, rilevato preliminarmente che le parti avevano fatto acquiescenza alla statuizione del Tribunale circa la carenza di legittimazione passiva del Comune di Agrigento, la corte territoriale ha confermato la decisione di primo grado, fondata sulla natura agricola del terreno, osservando che, trattandosi di zona stralciata con vincolo di inedificabilità, poi decaduto, e posta fuori del perimetro dei centri abitati con un indice di inedificabilità di 0,03, proprio dei terreni agricoli, doveva escludersi ogni possibilità di edificazione. 1.3 - Per la cassazione di tale decisione la R.I. propone ricorso, affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui la Provincia Regionale di Agrigento resiste con controricorso. Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo la ricorrente deduce - formulando idoneo quesito di diritto - violazione e falsa applicazione dell'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992, come successivamente modificato si sostiene che nella specie, non potendo farsi ricorso alla norma, di carattere transitorio e non conformativo, di cui all'art. 4, u.c., della l. n. 10 del 1311, avrebbe dovuto trovare applicazione il criterio dell'edificabilità di fatto . In proposito si rappresenta che il giudizio circa la non edificabilità del fondo, al quale la corte territoriale è pervenuta sulla scorta di un indice di fabbricabi-lità pari a 0,03 mc/mq, riferibile ai terreni agricoli, sarebbe errato, dovendosi tener conto dell'inserimento del lotto in un'area interamente urbanizzata. 2.1 - Con il secondo mezzo le medesime doglianze vengono prospettate sotto il profilo del vizio motivazionale inerente all'esclusione della edificabilità del terreno. 3 - Le censure, da esaminarsi congiuntamente in considerazione della loro intima connessione, sono fondate. 3.1 - In primo luogo va osservato che le conclusioni cui è pervenuta la Corte di appello contrastano con il principio affermato da questa Corte, secondo cui al criterio fondamentale dell'edificabilità legale, in determinate circostanze, può subentrare quello della c.d. edificabilità di fatto . Ed invero per i Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali , e per le ipotesi relative alle cc.dd. aree bianche , la disposizione contenuta nella l. n. 10 del 1977, art. 4, u.c., stabilisce, tra l'altro, quanto alle aree situate fuori del perimetro dei centri abitati, che l'edificazione a scopo residenziale non può superare l'indice di metri cubi 0,03 per metro quadrato di area edificabile . A tale previsione normativa, però, non può attribuirsi carattere di regolamentazione urbanistica, ovvero carattere conformativo idoneo a realizzare l'assetto complessivo del territorio attraverso l'articolata previsione delle destinazioni nelle varie zone in rapporto alle interrelazioni fra di esse ed ai bisogni della comunità, alla stregua dell'attività di pianificazione propria degli strumenti urbanistici alla quale soltanto appartiene il compito di caratterizzare l'area ai fini della determinazione dell'indennità dovuta in materia di esproprio, trattandosi di una disciplina interinale con finalità meramente cautelari di salvaguardia, volta a consentire un riesame, in attesa della definitiva destinazione del territorio, da parte della Pubblica Amministrazione cui incombe l'obbligo di provvedere contemperando gli interessi pubblici e quelli privati, onde tale regime, vuoi a causa della sua provvisorietà in vista, cioè, dell'approvazione di un valido strumento urbanistico , vuoi a causa delle stesse incertezze legate al futuro contenuto di quest'ultimo, non rappresenta una condizione normale dell'area e, costituendo piuttosto una situazione eccezionale e transeunte, non può essere assimilato alle limitazioni dello ius aedificandi introdotte dalla legge o dallo strumento urbanistico, quali elementi conformativi appunto della proprietà Cass. 16 marzo 2001, n. 3834 Cass. 20 settembre 2001, n. 11866 Cass. 22 febbraio 2002, n. 2563 Cass. 10 dicembre 2003, n. 18818 Cass. 13 febbraio 2004, n. 2781 Cass. 25 febbraio 2004, n. 3724 Cass. 5 marzo 2004, n. 4513 Cass. 28 dicembre 2004, n. 24064 Cass., 26 novembre 2008, n. 28282 . 3.1 - Esclusa, quindi, la possibilità di fare riferimento, per le ragioni esposte, alla L. n. 10 del 1977, art. 4, la natura edificatoria od agricola del terreno non può che discendere dall'interpretazione del già citato della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, il quale, secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, si caratterizza per la rigida dicotomia, con esclusione dell'ammissibilità di un tertium genus , tra aree edificabili indennizzabili in relazione al loro valore venale ed aree agricole o non classificabili come edificabili tuttora indennizzabili in base a valori agricoli tabellari, ai sensi della L. n. 865 del 1971 e che, del resto, alla luce della previsione del comma 3 là dove quest'ultimo, ai fini della va-lutazione dell'edificabilità delle aree, impone di considerare le possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio , postula la sufficienza del requisito della edificabilità legale , senza che sia necessaria la compresenza della edificabilità di fatto , con l'ulteriore corollario, però, che a tale secondo criterio può invece farsi riferimento in via complementare ed integrativa, agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell'area espropriata ovvero irreversibilmente trasformata , nell'ipotesi in cui sussistano delle cause che riducano od escludano le possibilità reali di edificazione, incidendo così sull'utilizzazione del suolo e, conseguentemente, sulla liquidazione dell'indennità di esproprio ovvero del danno da occupazione acquisitiva ma non già sulla natura dell'area che rimane edificabile se tale è considerata dallo strumento urbanistico, ovvero in via suppletiva, in assenza cioè di una classificazione del suolo da parte della pianificazione urbanistica. In definitiva, là dove risulti, come nella specie, la mancanza di qualsiasi strumento urbanistico PRG o Programma di fabbricazione , si palesa la necessità, per valutare la natura del terreno, di considerare il parametro subordinato dell'edificabilità di fatto, secondo i consueti indici elaborati dalla giurisprudenza e dalla tecnica edificatoria che tengono conto delle obiettive ed intrinse-che caratteristiche della zona, nonché delle possibilità di utilizzazione del terreno stesso, anche in relazione al contesto spaziale nel quale quest'ultimo concretamente si ponga in ragione del rapporto di fisica contiguità con aree limitrofe edificate o appartenenti alla medesima zona cui l'area espropriata è funzionale, sempreché risulti comunque accertata una sua compatibilità con le generali scelte urbanistiche ed entro i limiti in ogni caso posti dalla L. n. 10 del 1977 Cass. 6 febbraio 2003, n. 1739 Cass. 28 aprile 2006, n. 9858 . 4 - Alla luce delle considerazioni che precedono rimane assorbita ogni questione circa l'intervenuta abrogazione, ad opera della nota decisione n. 181 del 2011 della Corte costituzionale, del criterio, applicato nella decisione impugnata, fondata sul c.d. V.A.M., dovendosi in ogni caso rimarcare che, in conseguenza della cassazione della decisione impugnata, la Corte di appello di Palermo - che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità - dovrà, applicando i principi sopra richiamati, far riferimento al valore di mercato dell'area occupata. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.