La dichiarazione di Operatore Qualificato: quando l’abito fa il monaco

La dichiarata appartenenza, da parte del legale rappresentante dell’impresa ricorrente, alla categoria degli Operatori Qualificati, consente, in assenza di prova contraria, di respingere per mancanza del presupposto del fumus boni iuris il ricorso cautelare proposto contro l’intermediario finanziario al fine di sospendere gli effetti del contratto derivato.

Negata la tutela d’urgenza chiesta da un’impresa per bloccare gli effetti dello strumento derivato finanziario. Il Tribunale di Verona, con ordinanza del 29 dicembre 2014, respinge il ricorso cautelare proposto da un’impresa nei confronti della banca con la quale aveva stipulato un contratto derivato. E ciò per la mancanza del presupposto della verosimiglianza del diritto. Respinte le censure dell’impresa che ha dichiarato di essere Operatore Qualificato. Evidenzia il Tribunale di Verona che le doglianze di parte ricorrente relative alla pretesa mancata osservanza dei requisiti di forma del contratto quadro di swap , al mancato inserimento nel contratto della facoltà di recesso, ed alla pretesa inosservanza, da parte dei funzionari dell’istituto di credito compulsato, degli obblighi comportamentali devono essere disattese fondandosi su una serie di disposizioni del T.U.F. e del Regolamento Consob n. 11522/98 che non possono trovare applicazione in presenza di una controparte contrattuale che ha dichiarato di appartenere alla categoria degli Operatori Qualificati e quindi di possedere una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari. Incombe alla ricorrente dimostrare l’esistenza di una situazione difforme rispetto a quella autocertificata. Il Tribunale di Verona osserva che la prospettazione della ricorrente - secondo cui la rilasciata dichiarazione di Operatore Qualificato sarebbe inefficace e comunque insufficiente a dimostrare una effettiva competenza in materia finanziaria avendo l’intermediario il dovere di desumerla da circostanze oggettive - non è conforme a quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con decisione n. 12138/2009. Mediante tale pronuncia, la Corte di Legittimità ha stabilito che la dichiarazione ex art. 13 Regolamento Consob n. 5387/91, analoga a quella prevista dall’art. 31 Regolamento Consob n. 11522/98, pur non avendo valore confessorio, esonera l’intermediario dall’obbligo di ulteriori verifiche sull’esistenza della competenza ed esperienza dell’investitore e, in carenza di contrarie allegazioni specificatamente dedotte e dimostrate dalla parte interessata, il giudice può porre, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., anche soltanto la stessa a base della propria decisione. La Suprema Corte ha precisato che, nel caso di asserita discordanza tra il contenuto della dichiarazione e la situazione reale da tale dichiarazione rappresentata, grava su chi detta discordanza intende dedurre, al fine di escludere in concreto la propria competenza ed esperienza in materia di valori mobiliari, l’onere di provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza, da parte dell’intermediario mobiliare, delle circostanze medesime, o almeno la loro agevole conoscibilità, in base ad elementi obiettivi di riscontro, già nella disponibilità dell’intermediario stesso ovvero risultanti dalla documentazione prodotta dal cliente.

Tribunale Civile e Penale di Verona, ordinanza 29 dicembre 2014 Giudice Vaccari Rilevato che Il ricorso è infondato e va rigettato per difetto del presupposto del fumus boni iuris. Tale conclusione deriva, per quanto attiene alle doglianze della ricorrente che riguardano i rapporti di conto corrente per cui è causa dalla considerazione che la stessa, come ha opportunamente evidenziato la difesa della convenuta, ha rinunziato all’azione con la dichiarazione del 10 gennaio 2012 docomma 2 di parte resistente . Infatti con tale atto la R.R. non solo ha riconosciuto di essere debitrice della Unicredit Spa dell’importo di euro 1.208.253,31 per scoperto di conto corrente ma ha anche dichiarato di rinunciare a qualsiasi eccezione e/o contestazione, anche in sede giudiziale, relativa alla tenuta de rapporti in oggetto, con particolare ma non esclusivo riferimento alle metodologie di liquidazione e computo degli interessi applicate dalla banca a far data dalla accensione dei rapporti”. Anche i rilievi relativi alla pretesa mancata osservanza dei requisiti di forma nel contratto quadro di swap recte mancata sottoscrizione da parte dell’istituto di credito , al mancato inserimento nei contratti per cui è causa della facoltà di recesso, e al pretesa inosservanza dei funzionari dell’istituto di credito convenuto degli obblighi comportamentali vanno disattesi in quanto si fondano su una serie di disposizioni del T.U.F e del regolamento Consob 11522/98 che non possono trovare applicazione nel caso di specie, alla luce della circostanza, evidenziata dalla convenuta, che il legale rappresentante dell’attrice, nelle premesse del contratto quadro ha dichiarato di possedere una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari”, con conseguente applicazione della disciplina derogatoria dell’art. 31 reg. Consob 11522/98 docomma 10 di parte ricoprrente . La difesa della ricorrente ha obiettato che tale dichiarazione è inefficace e comunque insufficiente a dimostrare una effettiva competenza in materia finanziaria avendo l’intermediario il dovere di desumerla da circostanze oggettive. Orbene tale prospettazione non tiene conto di quanto la Corte di Cassazione ha stabilito con la pronunzia del 26 maggio 2009 numero 12138 i cui passaggi motivazionali sono pienamente condivisi da questo Collegio anche perché sono in linea con la posizione che questo Tribunale ha assunto da tempo con riguardo alla questione dell’efficacia della c.d. dichiarazione di operatore qualificato. In tale sentenza la Suprema Corte ha affermato che la dichiarazione ex art. 13 regolamento Consob 2 luglio 1991, numero 5387, analoga, per non dire identica, a quella prevista dall’art. 31 reg. Consob 11522/98, pur non costituendo dichiarazione confessoria, in quanto volta alla formulazione di un giudizio e non alla affermazione di scienza e verità di un fatto obbiettivo, esonera l'intermediario dall'obbligo di ulteriori verifiche sul punto e, in carenza di contrarie allegazioni specificamente dedotte e dimostrate dalla parte interessata, il giudice, può porre, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., anche solo essa a base della propria decisione ai fini della verifica dell'esistenza della competenza ed esperienza dell’investitore. La Corte di Cassazione nella sentenza esaminata ha ulteriormente precisato che, nel caso di asserita discordanza tra il contenuto della dichiarazione e la situazione reale da tale dichiarazione rappresentata, grava su chi detta discordanza intende dedurre, al fine di escludere in concreto la propria competenza ed esperienza in materia di valori mobiliari, l'onere di provare circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di detti requisiti e la conoscenza da parte dell'intermediario mobiliare delle circostanze medesime, o almeno la loro agevole conoscibilità, in base ad elementi obiettivi di riscontro, già nella disponibilità dell'intermediario stesso o a lui risultanti dalla documentazione prodotta dal cliente. Orbene, a fronte di tali indicazioni, era onere della ricorrente, prima di tutto allegare e poi dimostrare, quali fossero stati i dati oggettivi conoscibili, o a conoscenza dell’istituto di credito convenuto, idonei a smentire quanto dichiarato dal proprio legale rappresentante mentre essa non vi ha provveduto. Per contro la resistente, sebbene non avesse avuto nessun onere al riguardo, alla luce dei principii sopra citati, ha offerto alcuni elementi oggettivi a pieno conforto delle dichiarazioni sottoscritte dal legale rappresentante dell’attrice. Costituisce infatti un significativo riscontro alla succitata dichiarazione di operatore qualificato la concreta operatività nei contratti di swap per cui è causa, alla quale si è dedicata l’attrice, poiché, attraverso di essa, la R.R. deve aver acquisito una sempre maggiore consapevolezza dei meccanismi operativi di tale tipologia di contratti. A ciò aggiungasi che nell’ultimo contratto di swap, che in ordine di tempo sottoscrisse l’attrice, ossia quello del 24 gennaio 2005 doc.9 di parte resistente erano contenute numerose avvertenze sulle conseguenze economiche della risoluzione del contratto immediatamente precedente cosicchè, in virtù di esse, la R.R. ebbe ampio modo di valutare la convenienza della nuova rinegoziazione. Dal complesso di questi elementi può evincersi con una certa chiarezza anche che, con riguardo al profilo di quella rinegoziazione, la finalità speculativa della stessa, che era finalizzata a differire l’esborso finanziario nei confronti della convenuta, conseguente al valore negativo dei derivati, fu perfettamente compresa ed accettata dall’attrice. La liquidazione delle spese di questa fase va riservata all’esito del giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Riserva la liquidazione delle spese di questa fase all’esito del giudizio.