Il fine giustifica i mezzi: anche l’assegno bancario può andar bene per pagare un debito

Il pagamento con un sistema diverso dalla moneta avente corso legale nello Stato o dall’assegno circolare, ma che assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato dal creditore soltanto per un giustificato motivo, dovendosi altrimenti intendere il rifiuto come contrario al principio di correttezza e buona fede.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26543, depositata il 17 dicembre 2014. Il caso. Un’importante società di assicurazione proponeva opposizione all’esecuzione, nei confronti di un privato, contestando il diritto del convenuto di procedere ad esecuzione presso terzi sulla base di un atto di precetto. Il tribunale di Roma accoglieva l’opposizione, dichiarando illegittimo il pignoramento eseguito dal convenuto. Secondo i giudici, il pagamento mediante assegno bancario, invece che in denaro contante, doveva ritenersi legittimo e tempestivo provenendo anche da una società di assicurazione molto importante , mentre il trattenimento del titolo, da parte del convenuto, per lungo tempo e senza fornire spiegazioni costituiva una violazione del principio di buona fede, anche se l’assegno non era stato incassato. Il privato ricorreva in Cassazione, deducendo, ai fini dell’estinzione di un’obbligazione pecuniaria, la necessità di una consegna di denaro contante avente corso legale. Richiama a sostegno della propria tesi la giurisprudenza, che aveva ammesso l’utilizzo del solo assegno circolare come strumento di pagamento, ma non dell’assegno bancario, che ha natura di datio in solutum e non sarebbe dotato di efficacia estintiva dell’obbligazione. Mezzi giustificati di pagamento. Con la pronuncia n. 26617/2007, la Corte di Cassazione aveva affermato che, nelle obbligazioni pecuniarie, il debitore può pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o con assegno circolare. In seguito, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 13658/2010, hanno esteso questo principio anche all’assegno bancario infatti, il solo fatto dell’adempimento, da parte del debitore, dell’obbligazione pecuniaria con altri sistemi di pagamento, che comunque assicurino la disponibilità della somma dovuta, non legittima il creditore a rifiutare il pagamento, essendo necessario che il rifiuto sia giustificatamente motivato. Nel caso di specie, sottolineano gli Ermellini, i giudici di merito non avevano detto che il pagamento con assegno bancario fosse da ritenere di per sé equivalente a quello con denaro contante o con assegno circolare semplicemente, considerato che l’assegno proveniva da una nota società di assicurazione, non c’erano ragioni per dubitare della sua solvibilità e, di conseguenza, della necessaria copertura dell’assegno. Inoltre, il creditore aveva trattenuto per lungo tempo l’assegno senza fornire spiegazioni, violando così il principio di buona fede delle obbligazioni. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 ottobre – 17 dicembre 2014, n. 26543 Presidente Travaglino – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. La s.p.a. Lloyd Adriatico propose opposizione all'esecuzione, davanti al Tribunale di Roma, nei confronti di M.P., contestando il diritto del convenuto di procedere ad esecuzione presso terzi sulla base di atto di precetto per la somma di euro 7.843,50. Costituitosi il convenuto, il Tribunale accolse l'opposizione e dichiarò illegittimo il pignoramento eseguito dal P. a carico dell'opponente. Osservò il giudicante che il pagamento della somma tramite assegno bancario anziché in denaro contante doveva ritenersi legittimo e tempestivo, in quanto proveniente da una società di assicurazione di primaria importanza il trattenimento del titolo, da parte del P., per lunghissimo tempo e senza fornire alcuna spiegazione doveva ritenersi una macroscopica violazione del principio di buona fede, benché l'assegno non fosse stato incassato. La giurisprudenza, del resto, ha da tempo stabilito la piena equíparabilità dell'assegno bancario alla moneta contante, ove non vi siano dubbi sulla solvibilità di chi lo ha emesso. 2. Contro la sentenza del Tribunale di Roma propone ricorso M.P., con atto affidato ad un solo motivo. Resiste la Allianz s.p.a., già Lloyd Adriatico s.p.a., con controricorso. Motivi della decisione l. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 1277, 1175, 1197 e 1988 del codice civile. Rileva il ricorrente che ai fini dell'estinzione di un'obbligazione pecuniaria è necessaria la consegna di denaro contante avente corso legale, ai sensi dell'art. 1277 cod. civ. la giurisprudenza ha successivamente ammesso l'utilizzo del solo assegno circolare come strumento di pagamento, ma non dell'assegno bancario, il quale ha natura di datio in solutum e non può considerarsi dotato di efficacia estintiva dell'obbligazione. 1.1. Il motivo non è fondato. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato, con la nota sentenza delle Sezioni Unite 18 dicembre 2007, n. 26617, che nelle obbligazioni pecuniarie il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o con assegno circolare. Tale principio, con i dovuti adattamenti resi necessari dalla diversità del titolo, è stato esteso all'assegno bancario con la sentenza 4 giugno 2010, n. 13658, delle Sezioni Unite, secondo cui il solo fatto dell'adempimento, da parte del debitore, della propria obbligazione pecuniaria con un altro sistema di pagamento ovverosia di messa a disposizione del valore monetario spettante - sistema che, comunque, assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta - non legittima affatto il creditore a rifiutare il pagamento stesso essendo all'uopo necessario che il rifiuto sia sorretto anche da un giustificato motivo , che il creditore deve allegare ed all'occorrenza anche provare . Nella specie, il Tribunale non ha affermato che il pagamento tramite assegno bancario sia da ritenere di per sé equiv. a quello con denaro contante o con assegno circolare, ma ha correttamente evidenziato che, provenendo tale assegno da una società di assicurazione tra le più note d'Italia, non vi era ragione alcuna per dubitare della solvibilità della medesima e, quindi, della necessaria copertura dell'assegno. A ciò va aggiunto, come lo stesso Tribunale ha posto in evidenza, che l'assegno non era stato incassato ed era stato trattenuto dal creditore per lunghissimo tempo senza fornire alcuna spiegazione , con il che dimostrando anche un'evidente violazione del principio di buona fede nell'adempimento delle obbligazioni. Una fattispecie del tutto analoga a quella in esame, del resto, è stata già decisa da questa stessa Terza Sezione con la sentenza 10 giugno 2013, n. 14531, enunciando principi che l'odierna pronuncia condivide integralmente ed ai quali intende dare continuità. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 2.500, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.