Impugnabile soltanto dalla parte la compensazione priva di ragioni anche implicite nella motivazione della sentenza

In tema di soccombenza processuale e quindi di condanna alle spese di lite, il difensore antistatario della parte vittoriosa può agire iure proprio esclusivamente quando diviene parte processuale e ciò quando impugni la pronuncia inerente la distrazione delle spese, a pena d’inammissibilità del relativo gravame alla parte rappresentata, invece, spetta il rimborso delle spese già riconosciute con sentenza di primo grado non annullata in sede di appello anche laddove sia stata disposta, senza adeguata motivazione, la compensazione.

E’, così, parzialmente illegittima, e quindi va riformata, la sentenza di merito con cui, accertata la ricorribilità soltanto per cassazione della sentenza di primo grado e quindi dichiarato inammissibile il relativo ricorso del già soccombente, venga dichiarata la compensazione delle spese giudiziali se non vi sia esplicitazione diretta della ratio decidendi o riscontro indiretto nella motivazione della sentenza. Il principio si argomenta dall’ordinanza n. 26089/14, decisa il 23 ottobre e depositata l’11 dicembre 2014. Il caso. Un soggetto si opponeva, con successo, ad un’esecuzione, proposta da una persona nei confronti di un’altra, di una demolizione di un manufatto ricadente sulla propria proprietà, con riconoscimento delle spese in favore del proprio procuratore. Peraltro, l’appello della sentenza, da parte del medesimo ricorrente in esecuzione, veniva dichiarato inammissibile in quanto inerente una sentenza impugnabile soltanto in cassazione ma veniva disposta la compensazione delle spese di lite. Le spese di giustizia tra qualità e legittimazioni la compensazione o la distrazione. In primis , vanno richiamati gli artt. 2, 3, 4 e 97 Cost., 1173, 1218, 2222, 2229, 2233 e 2697 c.c., 91, 92, 93, 132 comma 2, 380- bis , 616, 619 c.p.c, 118 disp. att. c.p.c., 41 D.M. 20-07-2012 n. 140 nonché la l. 28-12-2005 n. 263, la l. n. 69/2009, la l. n. 27/2012 ed il d.m. n. 55/2014. È necessario focalizzare sul concetto di obbligazione, adempimento, responsabilità e soccombenza. Sotto il profilo procedurale, la principale osservazione riguarda il principio di soccombenza, ordinariamente previsto dall’ordinamento giuridico interno Cass. n. 20313/2006 , ed il correlativo potere ad hoc del magistrato. Sul punto, bisogna distinguere, in termini endogeni, tra rapporto parte/difensore, difensore/giudizio e giudice/parti e, quindi, tra impugnazione del capo della sentenza sull’entità e/o compensazione delle spese di giudizio, spettante esclusivamente alla parte rappresentata, ed impugnazione della concessione, o meno, della distrazione delle stesse spese , possibile anche da parte del difensore antistatario della parte vittoriosa Cass. nn. 4378/1985, 1644/1990, 4975/1993, 12104/2003, 20321/2005, 4792/2006, 9411/2006 . Segnatamente, la compensazione delle spese, nel testo ratione temporis previgente, deve fondarsi su ragioni giustificatrici chiaramente ed inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione della statuizione di merito o di rito, ad es. mediante l’indicazione di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto idonee ad incidere sull’esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa ed il costo delle attività processuali richieste ovvero di un comportamento processuale ingiustificatamente contrario a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali Cass. sez. un. n. 20598/2008 . In altri termini, onde evitare il vizio della violazione di legge della sentenza, devono essere indicati, e comprensibili, i presupposti ex lege esclusivamente in caso di esercizio, da parte del giudice, del potere di compensazione e, quindi, emergere, se non da una motivazione esplicitamente specifica, almeno da quella complessivamente adottata a fondamento dell’intera pronuncia Cass., sez. II civ., n. 23993/2007, n. 1422/2006 e n. 5783/06 . La compensazione delle spese deve essere congruamente motivata, a pena di sindacabilità della parte processuale ed anche in sede di legittimità. In ambito di opposizione ad un’esecuzione di un obbligo di fare e ripartizione delle relative spese giudiziali, il giudice, in sede di compensazione totale o parziale, non può limitarsi, contrariamente a quanto sostenuto da App. Catania n. 1133/2013, a dichiarare inammissibile, per un vizio procedurale, il gravame del soggetto già soccombente in primo grado, soprattutto quando non si pronunci nel merito della stessa sentenza di primo grado . Così, sul piano formale, tra tariffe abrogate e nuovi parametri e, quindi, in caso di successione di leggi, essendo il compenso il corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata Cass., Sez. Un., n. 17405/2012 , si applica ex tunc lo ius superveniens ovvero la legge emessa nel corso dello svolgimento della prestazione professionale dell’avvocato, quindi tuttora in itinere ed anche se sia iniziata anteriormente. Ergo, soltanto il ricorso del rappresentato, già vittorioso in primo grado, va accolto.

Corte di Cassazione, sez. Vi Civile - 3, ordinanza 23 ottobre – 11 dicembre 2014, n. 26089 Presidente Finocchiaro – Relatore Frasca Fatto e diritto Ritenuto quanto segue p.1. P.M.A. ed il suo difensore Avvocato Domenico Barbarino, nella qualità di richiedente la distrazione delle spese giudiziali nel giudizio di merito, hanno proposto ricorso per cassazione contro R.M.G. e Pe.An.Ma. avverso la sentenza del 4 giugno 2013, con la quale la Corte d'Appello di Catania ha dichiarato inammissibile, con compensazione delle spese del grado, l'appello proposto dalla R. contro la sentenza del Tribunale di Catania del 22 aprile 2008, la quale, pronunciandosi con qualificazione alla stregua dell'art. 619 c.p.c. sull'opposizione proposta dalla ricorrente P. in relazione ad un'esecuzione di obblighi di fare intrapresa dalla R. contro Pe.An.Ma. , l'aveva accolta con gravame di spese e distrazione a favore del B. , dichiarando che l'esecuzione non poteva estendersi alla demolizione di un manufatto ricadente sulla proprietà della stessa ricorrente. p.2. Al ricorso ha resistito con controricorso la R. , mentre non ha svolto attività difensiva l'altra intimata. p.3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione con il procedimento di cui all'art. 380-bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell'odierna adunanza. p.4. La resistente ha depositato memoria. Considerato quanto segue p.1. Nella relazione ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. sono state svolte le seguenti testuali considerazioni [ ] p.3. Il ricorso può essere deciso con il procedimento di cui all'art. 380-bis c.p.c., in quanto appare manifestamente inammissibile per quanto concerne il ricorrente B. e manifestamente fondato per quanto attiene alla ricorrente P. . Queste le ragioni. p.4. Con il ricorso si prospetta, sotto la lettera A un primo complesso motivo che pertiene alla sola statuizione di compensazione delle spese disposta dalla sentenza impugnata e deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 num. 3 c.p.c Illegittimità del provvedimento di compensazione delle spese. Insussistenza dei gravi ed eccezionali motivi richiesti dall'art. 92 comma 2 c.p.c. come novellato dall'art. 2, comma 1, lett. A della L. 28 dicembre 2005 n. 263. Violazione e falsa applicazione del principio della soccombenza ex art. 91 e 92 c.p.c. Vizio di motivazione ex art. 360 num. 5 c.p.c Violazione degli artt. 132 comma 2 num. 4 c.p.c. e 118 comma 2 disp. att. c.p.c In esso ci si duole che la disposta compensazione non avrebbe rispettato il coacervo normativo indicato. Con quello che parrebbe essere un secondo motivo e viene esposto sotto la lettera B si lamenta richiesta di distrazione delle spese relative al giudizio di appello art. 93 c.p.c. . Vi si prospetta che l'Avvocato B. aveva chiesto la distrazione delle spese del giudizio di appello e, sebbene senza dirlo espressamente, parrebbe lamentarsi che la compensazione abbia precluso tale pretesa. p.4.1. Il ricorso in quanto proposto dal detto difensore appare inammissibile, con riferimento ad entrambi i motivi il secondo dei quali è riferibile solo al medesimo , alla stregua del consolidato principio di diritto secondo cui il capo della sentenza relativo alla compensazione delle spese processuali può essere impugnato dalla parte, non anche dal suo difensore antistatario, la cui legittimazione all'impugnazione va riconosciuta con limitato riguardo al caso in cui si controverta sulla concessione o meno della distrazione così già Cass. n. 4378 del 1985 successivamente e più di recenti si vedano Cass. n. 4975 del 1993, secondo cui La qualità di procuratore della parte nei cui confronti è stata pronunziata la sentenza impugnata non abilita il suo titolare alla proposizione dell'impugnazione in proprio, neanche quando si controverta unicamente in punto di spese processuali, salvo che lo stesso procuratore non se ne sia dichiarato antistatario ed i motivi delle proposte censure attengano alla concessione della distrazione la conforme Cass. n. 1644 del 1990 Cass. n. 12104 del 2003, secondo cui In tema di spese giudiziali, il difensore che abbia chiesto la distrazione in suo favore partecipa al processo ed anche alle fasi di impugnazione, senza acquisire la qualità di parte, salvo che sorga controversia sulla distrazione. Ne consegue che resta preclusa al difensore distrattario l'impugnazione in proprio quanto alla pronunzia sulle spese, poiché anche in questo caso unica legittimata è la parte rappresentata, in quanto soggetto comunque obbligato, nel rapporto con il professionista, a soddisfarlo delle sue pretese. Solo se sorga contestazione non sull'entità o sulla compensazione delle spese, ma sulla disposta distrazione, ovvero sull'omessa pronuncia relativa alla richiesta distrazione, si instaura uno specifico rapporto processuale, in cui il difensore assume la qualità di parte e l'impugnazione è proponibile anche dal difensore ovvero contro lo stesso Cass. n. 4792 del 2006, secondo cui Il procuratore distrattario è parte limitatamente al capo della pronuncia con il quale gli sono state attribuite le spese ed alle censure che investono specificamente e direttamente tale capo egli, pertanto, è legittimato a partecipare in proprio al giudizio di impugnazione soltanto se, con questa, si contesti il capo della pronuncia concernente la distrazione, e non la questione relativa all'entità delle spese e/o alla compensazione di esse nel medesimo senso Cass. n. 9411 del 2006 e n. 20321 del 2005 . p.4.2. Appare, invece, fondato il ricorso quanto alla P.A.M. e riguardo al primo motivo, che è l'unico che concerne la sua posizione. p.4.2.1. Va rilevato che, dal tenore dell'intestazione del primo motivo di ricorso, sebbene, poi, non si svolga alcuna attività individuatrice del regime applicabile nella illustrazione, sembrerebbe che la ricorrente abbia inteso sostenere che il regime della compensazione delle spese cui la decisione impugnata era soggetta fosse quello di cui al testo del'art. 92, secondo comma, c.p.c. sostituito - con decorrenza dal 1 marzo 2006, per effetto dell'art. 39-quater del d.l. n. 273, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 51 del 2005 - dall'art. 2 della l. n. 263 del 2005. Viceversa, tale regime è quello anteriore a detta sostituzione, giacché quest'ultima operava solo per i procedimenti iniziati successivamente al 1 marzo 2006, formula che si riferiva all'inizio del procedimento in primo grado. Infatti, la disposizione dell'art. 2, lett. a della l. n. 263 del 2005 secondo cui 1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni a all'articolo 92, il secondo comma è sostituito dal seguente Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti entrò in vigore, ai sensi dell'art. 39-quater, comma 2, del d.l. n. 273 del 2005, introdotto dall'allegato alla legge di conversione n. 51 del 2006 secondo cui 2. Al comma 4 dell'articolo 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263, le parole 1 gennaio 2006 sono sostituite dalle seguenti 1 marzo 2006 il 1 marzo 2006. Il detto comma 4, nel testo originario disponeva in ordine alle modifiche al codice di procedura civile introdotte dalla l. n. 263 del 2005 entrassero in vigore il 1 gennaio 2006 e si applicassero ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore, spostata al 1 marzo 2006. Il riferimento all'instaurazione del procedimento alludeva all'introduzione in primo grado del processo e, pertanto, la modifica di cui si discorre dell'art. 92 poi ulteriormente modificato dalla l. n. 69 del 2009 , trovò applicazione ai procedimenti iniziati in primo grado a far tempo da quella data. Ora, il giudizio di primo grado di cui è processo venne introdotto anteriormente al 1 marzo 2006, come emerge dal riferimento temporale al rigo 5 della pagina 8 del ricorso e, pertanto, l'art. 92 applicabile al processo nella sua interezza è quello nella versione anteriore alle modifiche di cui alla l. n. 263 del 2005. Inoltre al processo non trova applicazione nemmeno l'art. 92, secondo comma, nel testo ulteriormente sostituito dal 4 luglio 2009 dall'art. 45 della l. n. 69 del 209, giusta l'art. 58, comma 1, di detta legge. p.4.2.2. Così chiarito il regime dell'art. 92 applicabile alla statuizione di compensazione delle spese qui impugnata, si rileva che la sentenza catanese l'ha disposta con la seguente motivazione Quanto alle spese processuali di questo grado di giudizio, le stesse, a parere del collegio, vanno compensate in relazione alla motivazione della presente decisione e al comportamento processuale delle parti”. Nella pregressa motivazione sull'inammissibilità dell'appello non v'è alcun riferimento esplicito al comportamento delle parti e nemmeno se ne coglie alcuno implicito, salvo rinvenirlo nella sola circostanza, peraltro emergente dallo svolgimento del processo, che la qui ricorrente non aveva dedotto l'inammissibilità dell'appello, ma si era difesa nel merito di esso. La motivazione di inammissibilità, d'altro canto, si limita a registrare citando giurisprudenza della Cassazione che l'opposizione, che si dice giustamente qualificata ai sensi dell'art. 619 c.p.c., secondo il regime introdotto dalla l. n. 52 del 2006 con riferimento al'art. 616 c.p.c., richiamato dall'art. 619 c.p.c., e poi modificato dalla l. n. 69 del 2009, senza, però, valenza della modifica per il processo, risultava decisa in primo grado da una sentenza inimpugnabile e pertanto ricorribile solo per cassazione. In presenza di simili emergenze della motivazione l'enunciazione dei giusti motivi della compensazione risulta sostanzialmente non solo priva di esplicazione diretta delle ragioni giustificative e soltanto assertoria, ma anche priva di indiretto riscontro nella motivazione della sentenza sulla inammissibilità dell'appello. Ne segue che viene in rilievo il principio di diritto, regolatore della sindacabilità in sede di legittimità dell'erroneo esercizio del poter di compensazione delle spese giudiziali nel regime dell'art. 92 applicabile al processo, secondo il quale Nel regime anteriore a quello introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. a della legge 28 dicembre 2005 n. 263, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito . Ne consegue che deve ritenersi assolto l'obbligo del giudice anche allorché le argomentazioni svolte per la statuizione di merito o di rito contengano in sé considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come - a titolo meramente esemplificativo - nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l'interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali Cass. sez. un. n. 20598 del 2008 . Alla stregua di tale principio, non essendo rintracciabili nella motivazione della sentenza impugnata ragioni implicite della disposta compensazione, la relativa statuizione dovrebbe, in accoglimento del primo motivo di ricorso riferibile e per la sola P. , essere cassata. Il Collegio valuterà se ricorrono le condizioni per decidere nel merito, aprendosi così la strada alla decisione nel merito sostitutiva che potrà portare o a fare applicazione del principio di soccombenza e, quindi, disponendo la distrazione delle spese richiesta in appello o a disporre motivando la compensazione, ovi si ravvisino giusti motivi”. p.2. Il Collegio condivide la valutazione di inammissibilità prospettata dalla relazione quanto al ricorso proposto dall'Avvocato B. . Ne segue la dichiarazione di inammissibilità quanto ad esso. p.3. Con riferimento al ricorso proposto dalla P.M.A. il Collegio condivide, invece, la relazione quanto alla valutazione della sua fondatezza. Ne segue la cassazione della sentenza impugnata riguardo alla statuizione di compensazione delle spese del giudizio di appello limitatamente al rapporto processuale fra l'appellante R.M.G. e l'appellata P.M.A. , ferma restando invece detta statuizione nel rapporto processuale fra la stessa R. e l'appellata Pe.An.Ma. . Il Collegio ritiene a questo punto che si configurino le condizioni per la decisione sul merito riguardo al regolamento delle spese del giudizio di appello e considera che al riguardo debba trovare applicazione il principio di soccombenza, tenuto conto che l'appello venne proposto ad oltre due anni dall'entrata in vigore del testo dell'art. 616 c.p.c. introdotto dall'art. 14 della l. n. 52 del 2006 e quando questa Corte si era da tempo pronunciata sugli effetti della novità legislativa si veda, infatti, Cass. n. 20313 del 2006 . Ne segue che la qui resistente R.M.G. dev'essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di appello, con distrazione a favore del difensore della P. Avvocato B. , che ne aveva fato richiesta. La liquidazione avviene considerando il valore della controversia indicato in ricorso ed alla stregua del principio di diritto secondo cui In tema di spese processuali, agli effetti dell'art. 41 del d.m. 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha dato attuazione all'art. 9, secondo comma, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata”. Cass. sez. un. n. 17405 del 2012 . Ne segue che dovendo la liquidazione avvenire con riferimento ad attività professionale svolta nel giudizio di appello che si è conclusa nel 2013, si deve fare applicazione del d.m. n. 140 del 2012. p.3. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza a carico del B. ed a favore della R. , quanto al ricorso da lui proposto, mentre seguono quella della R. nel rapporto fra essa e la P.M.A. , con distrazione a favore dello stesso Avvocato B. . Se ne fa liquidazione ai sensi del d.m. n. 55 del 2014. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso dell'Avvocato B.D. . Accoglie il ricorso di P.M.A. e cassa la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione di compensazione delle spese del giudizio di appello nel rapporto processuale fra essa e la R. . Pronunciando nel merito sulle spese del giudizio di appello condanna R.M.G. alla loro rifusione a P.M.A. , liquidandole in Euro millecentocinquanta, oltre accessori come per legge. Distrae le spese così liquidate a favore dell'Avvocato B.D. . Condanna quest'ultimo alla rifusione alla R. delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Condanna la R. alla rifusione a P.M.A. delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Distrae a favore dell'Avvocato B. le spese così liquidate a favore di P.M.A. . Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente B. , dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.