Senza potere d’agire, la via del ricorso è preclusa

Ai sensi dell’art. 81 c.p.c., fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.

E’ quanto emerge nella sentenza n. 21556, della Corte di Cassazione, depositata il 13 ottobre 2014. Il caso. Un uomo aveva istituito quale erede universale un istituto geriatrico con l’impegno di erigere uno stabile per il ricovero delle persone anziane con il ricavato del patrimonio devoluto in eredità. Il Tribunale veniva adito al fine di accertare chi fosse il destinatario del beneficio contenuto nel testamento. Gli attori, interpretando la disposizione come riferita ai soci dell’istituto e ai loro eredi, citavano in giudizio il resto della compagnia sociale, l’erede universale e gli esecutori testamentari, al fine di fissare un termine per manifestare la volontà di acquisto onde procedere alla compravendita. I giudici di merito rigettavano la domanda avendo rilevato la nullità della comparsa di costituzione in appello. Inoltre, i convenuti, chiedendo di dichiarare che unica beneficiaria del testamento fosse la società, avevano erroneamente ritenuto di poter invocare in proprio favore diritti spettanti a un soggetto diverso, ossia all’istituto. I convenuti ricorrevano allora in Cassazione censurando l’impugnata sentenza per non aver motivato in merito all’interesse dei ricorrenti, poiché avrebbe dovuto distinguere fra interesse a contraddire e interesse ad impugnare rispetto all’autonomo e originario diritto all’azione. I giudici avrebbero, inoltre, dovuto consentire un contraddittorio e verificare se sulla questione si fosse formato un implicito giudicato interno. Mancava il potere di agire per conto della società. La Cassazione nel decidere la questione rileva che correttamente la sentenza ha escluso la legittimazione dei convenuti ad agire in giudizio a tutela dei diritti di cui si affermava e si invocava la titolarità in favore di soggetti terzi. I convenuti, avendo prospettato la società quale titolare dei diritti azionati, avevano agito senza alcun potere di agire per conto di quest’ultima. La Suprema Corte ha anche specificato che l’art. 81 c.p.c. prevede che, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui, confermando in tal modo il principio della legittimazione ad agire del soggetto che si affermi titolare della posizione sostanziale azionata in giudizio . Sulla base di tali argomenti la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 luglio – 13 ottobre 2014, n. 21556 Presidente Triola – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- Secondo quanto riportato dalla sentenza impugnata, R.A. , El. e G.M. convenivano avanti al tribunale di Varese l’Istituto geriatrico F.lli Molina nonché R.C. , E. , L. e S. , B.A.M. vedova di R.A. , P.R. ed S.A. per sentire accertare chi fosse il destinatario del beneficio contenuto nel testamento di C.A. deceduto a omissis , testamento pubblicato l'11 ottobre 1986. Con il testamento il de cuius aveva, infatti, istituito erede universale l'Istituto geriatrico F.lli Molina con l'impegno di erigere uno stabile per il ricovero delle persone anziane con il ricavato del patrimonio devoluto in eredità. Il signor C. aveva dettato specifiche disposizioni per il realizzo di alcuni immobili stabilendo, per la parte che qui interessa, a mapp. 5744 - omissis b la parte CIMA = negozi e magazzini deve essere ceduta al locatario al minimo valore di mercato con pagamento a rate trimestrali, senza interessi o adeguamenti in anni due b mapp. 144 - omissis d la parte CIMA - Negozio, magazzini uffici - deve essere ceduta al locatario alle medesime condizioni previste al punto b per il mappale 5744 per la cessione dei negozi il trattamento di favore si intende obbligatorio solo nei confronti degli attuali conduttori o loro eredi diretti. Nel caso non intendessero procedere all'acquisto si dovrà concedere la protrazione della locazione per sei anni — salvo più favorevoli disposizioni di legge e l'erede Istituto geriatrico potrà realizzare come riterrà opportuno . Le attrici, interpretando la disposizione sopra riportata come riferita ai soci della Cima e ai loro eredi, citavano in giudizio il resto della compagine sociale soci ed eredi , l'erede universale e gli esecutori testamentari P.R. ed S.A. perche, previo accertamento del diritto all'acquisto degli immobili Cima alle condizioni previste in testamento, venisse fissato ai beneficiari un termine per manifestare la volontà di acquisto onde procedere alla compravendita. Il giudizio, sospeso in attesa di definizione di altra a causa pregiudiziale n. 1598/81, era riassunto a seguito dell'estinzione di quest'ultima. Nel giudizio riassunto si costituivano la società C.I.M.A. s.r.l. con intervento autonomo nonché R.E. , R.L. , R.S. , B.A.M. ved. R. e R.C. . Il tribunale, con sentenza n. 1212/06, rigettava le domande, sul rilievo che la Cima, soggetto beneficiario della disposizione testamentaria, in quanto locatario degli immobili, non aveva mai esercitato in tempi utili la facoltà attribuitale e che comunque la medesima aveva dato in affitto l'azienda. Con sentenza dep. il 19 giugno 2008 la Corte di appello di Milano, rigettava l'impugnazione principale proposta da R.E. , L. , S. e B.A.M. nonché quello incidentale proposto da R.C. , dichiarando la nullità della comparsa di costituzione in appello depositata da R.A. ed El. . Dopo avere premesso che i convenuti avevano chiesto di dichiarare che unica beneficiaria del testamento fosse la CIMA s.r.l. o chiunque risultasse per fatti successivi la destinataria finale, con compensazione di quanto CIMA s.r.l. avesse corrisposto al C. e all'Istituto Molina e, in via subordinata, che ai medesimi fosse assegnata la quota di pertinenza anche con accrescimento, i Giudici ritenevano quanto segue - in relazione alla domanda principale i convenuti non potevano invocare in proprio favore diritti asseritamente spettanti a un soggetto diverso, la CIMA, che era divenuta una s.r.l. già nel 1982 e ormai fallita - in relazione alla domanda subordinata, i convenuti non potevano invocare l'assegnazione delle quote di pertinenza in relazione al beneficio di cui era destinataria un soggetto diverso, la CIMA s.r.l. conduttrice dei locali, della quale i predetti non potevano considerarsi eredi diretti - per le medesime ragioni non potevano pretendere le somme dovute alla CIMA s.r.l., conduttrice dei locali, così come andava rigettata la domanda di assegnazione delle quote spettanti alla CIMA, proposta da R.C. . 2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione R.E. , L. e S. , B.A.M. sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso la Fondazione Fratelli Paolo & amp Tito Molina Onlus già Istituto geriatrico F.lli Molina , depositando memoria illustrativa. Motivi della decisione Vanno esaminati congiuntamente il primo e il sesto motivo del ricorso, stante la stretta connessione. 1.- Il primo motivo, lamentando violazione degli artt. 100, 112, 132, 157 cod. proc. civ. censura la decisione gravata che non aveva motivato in merito all'interesse dei ricorrenti, giacché avrebbe dovuto distinguere fra interesse a contraddire e interesse a impugnare rispetto all'autonomo e originario diritto all'azione i Giudici avrebbero dovuto valutare se i ricorrenti avessero avuto un interesse quanto meno sulle spese e se effettivamente avessero invocato un diritto in proprio favore o in favore di altri non avevano mai in principalità chiesto di essere personalmente individuati quali beneficiari delle disposizioni C. avrebbero dovuto sul punto consentire un contraddittorio avrebbero dovuto verificare se sulla questione si fosse formato un implicito giudicato interno che nessuna delle parti aveva formulato alcuna eccezione su quanto di ufficio rilevato dal Giudice di appello. 2.- Il sesto motivo violazione dell'art. 91 cod. proc. civ. censura la decisione impugnata laddove, richiamando quella di primo grado, aveva disatteso le censure sollevate alla regolamentazione delle spese compiuta dal tribunale che le aveva poste a carico dei ricorrenti, non sussistendo la soccombenza sostanziale posto che il tribunale aveva ritenuto la CIMA beneficiarla delle disposizioni testamentarie. 3.- I motivi sono infondati. a A stregua del tenore delle conclusioni rassegnate dai convenuti, attuali ricorrenti - quali sono state riportate dalla sentenza impugnata senza che al riguardo sia stata formulata alcuna specifica contestazione - i predetti avevano chiesto che la CIMA - società a responsabilità limitata - fosse dichiarata beneficiaria esclusiva delle disposizioni testamentarie e che fosse compensato quanto da essa dovuto con le somme dalla medesima erogate al C. . Ciò posto, correttamente la sentenza ha escluso la legittimazione dei convenuti ad agire in giudizio a tutela di diritti di cui si affermava e si invocava la titolarità in favore di soggetti terzi. In sostanza, i convenuti avevano prospettato la CIMA s.r.l. quale titolare dei diritti azionati, chiedendone l'accertamento in favore della predetta società, senza avere alcun potere di agire per conto di quest'ultima. Al riguardo, l'art. 81 cod. proc. civ. prevede che, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può fare valere nel processo in nome proprio un diritto altrui, confermando in tal modo il principio della legittimazione ad agire del soggetto che si affermi titolare della posizione sostanziale azionata in giudizio. La carenza di legittimazione può essere rilevata di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, dovendo escludersi la formazione del giudicato anche solo implicito, posto che il tribunale non aveva in alcun modo preso in considerazione la questione, avendo ritenuto comunque la insussistenza del diritto azionato. b La regolamentazione delle spese processuali è un provvedimento di natura accessoria e consequenziale alla statuizione di merito la sentenza di appello, sostituendosi alla decisione di primo grado della quale era oltretutto modificata la motivazione di rigetto della domanda, ha posto a carico della parte ritenuta soccombente - in quanto priva di legittimazione ad agire a fare valere il diritto di un soggetto terzo - le spese processuali, che vanno liquidate in base all'esito finale della lite le censure alla regolamentazione compiuta dal giudice di prime cure sono superate da quelle al riguardo formulate dalla Corte di appello che ha fondato la decisione su una ratio decidendi diversa da quella su cui il tribunale aveva basato la decisione. Gli altri motivi, che evidentemente sono sul piano logico-giuridico subordinati all'accoglimento del primo, sono assorbiti. Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore della resistente costituita delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per onorari di avvocato oltre spese forfettarie e accessori di legge.