Nomina del curatore speciale in corso di causa: salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti

La nomina del curatore speciale previsto dall’art. 78 c.p.c. in caso di conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentante ha efficacia ex tunc . Essa, pertanto, se avviene in appello e dopo lo spirare del termine per appellare lascia fermi gli effetti dell’appello tempestivamente proposto dal rappresentante dell’appellante in conflitto di interessi.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 19149 dell’11 settembre 2014. Il caso. La Gestione straordinaria di un Casinò posto in liquidazione conveniva in giudizio due società, accusandole di aver avviato una serie di azioni – tra cui la proposizione di un’istanza di fallimento – con fine puramente emulativo. Ne chiedeva, dunque, la condanna al risarcimento dei danni sia ex art. 96 c.p.c. che ex art. 2043 c.c. La domanda, accolta in primo grado, veniva dichiarata inammissibile nel successivo giudizio d’appello, sul presupposto che la richiesta di risarcimento del danno per responsabilità aggravata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., andasse proposta nello stesso giudizio che si assumeva essere stato introdotto con colpa grave o mala fede nel caso di specie, quello concernente l’istanza di fallimento . La Gestione si rivolge quindi alla Corte di Cassazione. Nomina del procuratore speciale. La ricorrente, in grado d’appello, aveva eccepito l’inammissibilità per tardività dell’impugnazione proposta da una delle due società convenute, sul rilievo che, al momento della proposizione dell’appello, amministratore unico della società era la stessa persona che, all’epoca della notifica dell’atto di citazione del giudizio di responsabilità aggravata, era liquidatore della Gestione, con conseguente sussistenza di un conflitto di interessi. Tale conflitto era stato, però, escluso dai giudici d’appello dal momento che il soggetto in questione era divenuto amministratore sei anni dopo l’abbandono della sua carica nella Gestione. Ebbene, la suddetta motivazione è censurata dalla ricorrente, la quale rileva che il conflitto d’interessi può sussistere anche solo in via potenziale, e nella specie la sussistenza di esso era dimostrata dal fatto che la stessa società convenuta, in accoglimento dell’invito rivoltole dalla Corte d’appello, aveva provveduto a nominare un procuratore speciale per la coltivazione del giudizio d’appello. Nel dichiarare il motivo infondato, la Suprema Corte osserva che l’unico soggetto legittimato a dolersi della nullità derivante dalla mancata nomina del curatore di cui all’art. 78 c.p.c. è il rappresentato, non la sua controparte processuale. Ciò in quanto l’interesse tutelato dall’art. 78 cpv. c.p.c. è esclusivamente quello della parte rappresentata, e non anche quello delle altre parti. Efficacia ex tunc della nomina in corso di causa. Sotto altro profilo, la ricorrente rileva che la nomina, da parte della società convenuta, di un procuratore speciale in corso di causa, che aveva provveduto a rinnovare l’atto d’appello, non poteva sanare la nullità derivante dal conflitto d’interessi tra la stessa società ed il suo amministratore in carica all’epoca dell’introduzione del gravame. Anche tale censura è rigettata dalla Suprema Corte che, all’uopo, richiama un costante orientamento giurisprudenziale in virtù del quale la nomina di un curatore speciale in corso di causa sana con effetti ex tunc l’eventuale difetto originario di rappresentanza. Ed invero, a giudizio degli Ermellini, l’interpretazione dell’art. 78 c.p.c. propugnata dalla ricorrente non può condividersi perché renderebbe la norma produttiva di effetti antitetici rispetto ai suoi fini. In particolare, la Gestione pretende che, ravvisato dal giudice d’appello il conflitto e scelto dall’appellante un procuratore speciale, la nomina di quest’ultimo avrebbe efficacia ex nunc , e poiché tale nomina avvenne dopo la scadenza del termine per appellare, l’appello proposto dal rappresentante in conflitto di interessi sarebbe tardivo. Ciò stante, si perverrebbe all’assurdo che le norme sul conflitto di interessi, preordinate a tutelare il rappresentato, si ritorcerebbero a danno di questi, il quale in tutti i casi di nomina del curatore in corso di causa, ex art. 78 c.p.c., correrebbe il rischio di incorrere in preclusioni e decadenze. Domanda per lite temeraria nel giudizio prefallimentare. Da ultimo, la ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto inammissibile la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c., sul presupposto che tale domanda avrebbe dovuto essere proposta nel giudizio in tesi callidamente introdotto, ovvero quello scaturito dall’istanza di fallimento. La censura non è accolta dai Giudici di legittimità, i quali già in passato hanno affermato la competenza del Tribunale che rigetti un’istanza di fallimento sulla richiesta di condanna del creditore ricorrente al rimborso delle spese processuali ed al risarcimento dei danni da responsabilità aggravata a norma dell’art. 96 c.p.c. Il principio è stato implicitamente corroborato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 328/1999, la quale ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 22, comma 2, l.f., nella parte in cui non prevede che avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento possa proporre reclamo alla Corte d’appello il debitore in relazione al mancato accoglimento da parte del tribunale di domande proposte dallo stesso debitore. Ed invero, una volta ammesso che l’imprenditore ha a disposizione uno strumento processuale per impugnare la decisione che, rigettando l’istanza di fallimento, non si sia pronunciata sulle sue eventuali domande riconvenzionali, viene a cadere l’esigenza di proporre la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. in un autonomo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 aprile – 11 settembre 2014, n. 19149 Presidente Berruti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. La liquidazione della Gestione Straordinaria della Casa da gioco di Saint Vincent ente regionale dotato di personalità giuridica di diritto privato, ai sensi dell'art. 2 della legge regionale Valle d'Aosta 21.12.1993 n. 88 d'ora innanzi, per brevità, la Gestione , nel 1999 convenne dinanzi al Tribunale d'Aosta due società commerciali appartenenti al medesimo gruppo - la Società Incremento Turistico Valdostano - SITAV s.p.a. che in seguito muterà ragione sociale in Società Incremento Turistico Marittimo – STIMAR s.p.a. - la Società per Azioni Alberghi Valdostani - SAAV s.p.a. che in seguito si fonderà per incorporazione nella società Sulfure Holding S.A., società di diritto britannico con sede nelle Isole Vergini Britanniche, ora in liquidazione . 2. Nell'atto di citazione la Gestione espose che - la SITAV aveva gestito dal 1947 al 1994, in virtù di concessione regionale, la casa di gioco di Saint Vincent, di proprietà regionale - allorché la regione assunse la gestione diretta della casa da gioco, dal 1 luglio 1994, era sorta controversia tra la regione, la SITAV e la SAAV in merito all'uso di vari beni di proprietà di queste ultime, ma necessari alla gestione del Casinò - nel contesto di tale controversia SITAV e SAAV, per indurre la Gestione ad accogliere le loro pretese, avevano avviato una serie di azioni con fine puramente emulativo, ovvero finalizzate ad indurre la Gestione a concedere nuovamente alla SITAV o ad altre società del medesimo gruppo la gestione del casinò. Tali azioni furono - la minaccia di licenziamento del personale del casinò - varie istanze di sequestri giudiziari e conservativi - l'impugnativa del bilancio della Gestione - la proposizione d'una istanza di fallimento nei confronti della Gestione. 3. La Gestione concluse il suo atto di citazione chiedendo la condanna della SITAV e della SAAV al risarcimento dei danni causati dalle suddette iniziative e ciò sia ex art. 96 c.p.c., sia ex art. 2043 c.c 4. Le due società convenute si costituirono l'una tempestivamente, l'altra tardivamente e chiesero il rigetto della domanda. Con sentenza 22.11.2004 n. 436 il Tribunale di Aosta accolse la domanda e condannò - la sola SITAV a pagare alla Gestione l'importo di circa 3,5 milioni di Euro - la SITAV e la SAAV in solido a pagare alla gestione l'ulteriore importo di circa 1,6 milioni di Euro. 5. La sentenza venne impugnata dalle società soccombenti dinanzi la Corte d'appello di Torino. Il giudice di secondo grado con sentenza 11.7.2007 n. 1221 dichiarò inammissibile la domanda, sul presupposto che la richiesta di risarcimento del danno per cd. responsabilità aggravata , ai sensi dell'art. 96 c.p.c., andasse proposta nello stesso giudizio che si assumeva essere stato introdotto con colpa grave o mala fede, ivi compreso quello prefallimentare. Nel caso di specie, pertanto, secondo la Corte d'appello sarebbe stato onere della Gestione domandare il risarcimento del danno ex 96 c.p.c. nel giudizio concernente l'istanza di fallimento, ed eventualmente proporre reclamo avverso il decreto di rigetto. 6. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla Gestione, sulla base di tre motivi. Hanno resistito con controricorso sia la Sitmar ex Sitav che la Sulfure Holding ex Saav . Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso la Gestione sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c Espone, al riguardo, di avere eccepito in grado di appello l'inammissibilità per tardività dell'impugnazione proposta dalla SITAV. Tale eccezione era fondata sul rilievo che, al momento della proposizione dell'appello, amministratore unico della SITAV era il sig. R.E. la stessa persona, tuttavia, all'epoca della notifica dell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio era liquidatore della Gestione di qui l'esistenza d'un conflitto di interessi tra l'amministratore della SITAV e la società stessa. Tale eccezione era stata rigettata dalla Corte d'appello sul presupposto che R.E. era divenuto amministratore della SITAV nel 2005, sei anni dopo l'abbandono della sua carica nella Gestione e dunque nessun concreto conflitto di interessi era possibile. Tale motivazione sarebbe, secondo la ricorrente, contraddittoria il conflitto d'interessi tra società ed amministratore, infatti, sussisterebbe anche quando sia soltanto potenziale, e nella specie la sussistenza di esso era dimostrata dal fatto che la stessa SITAV aveva, in accoglimento dell'invito rivoltole dalla Corte d'appello, provveduto a nominare un procuratore speciale per la coltivazione del giudizio d'appello. 1.2. Il motivo è inammissibile. Legittimato a dolersi della nullità derivante - in tesi - dalla mancata nomina del curatore di cui all'art. 78 c.p.c. è infatti il rappresentato, non la sua controparte processuale. L'esistenza d'un conflitto di interessi fra rappresentante e rappresentato, infatti, può legittimare la controparte che vi abbia interesse unicamente a chiedere la nomina di un curatore speciale al rappresentato, ai sensi dell'art. 79 capoverso c.p.c Il conflitto d'interessi, per contro, non può essere dedotto dalla controparte processuale del rappresentato per farne derivare l'invalidità della costituzione in giudizio del rappresentante, in quanto l'interesse tutelato dall'art. 78 capoverso c.p.c. è esclusivamente quello della parte rappresentata, e non anche quello delle altre parti così Sez. 1, Sentenza n. 1808 del 29/03/1979, Rv. 398172 . 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo di ricorso la Gestione lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c Espone, al riguardo, che la nomina, da parte della SITAV, d'un procuratore speciale in corso di causa, che aveva provveduto a rinnovare l'atto d'appello, non poteva sanare la nullità derivante dal conflitto d'interessi tra la stessa società ed il suo amministratore in carica all'epoca dell'introduzione del gravame, perché delle due l'una - ove si ritenga che la nomina del curatore speciale, nel caso di conflitto d'interessi, debba avvenire prima dell'introduzione della lite a pena di nullità, nel caso di specie tutti gli atti processuali del giudizio d'appello sarebbero nudi - ove, per contro, si ritenga che gli atti compiuti dal rappresentante in conflitto di interessi siano equiparabili a quelli compiuti dal falsus procurator, la nomina di un procuratore speciale in corso di causa da parte della SITAV non avrebbe sanato gli atti già compiuti. Nell'uno come nell'altro caso, pertanto, la nomina del curatore speciale non vale a sanare gli atti compiuti dal rappresentante in conflitto d'interessi, ed avrebbe perciò errato la Corte d'appello nel ritenere ammissibile il gravame proposto dalla SITAV quando suo amministratore era il sig. R.E. , asseritamente in conflitto d'interessi con la società. 2.2. Il motivo è manifestamente infondato, per varie ed indipendenti ragioni. 2.2.1. La prima ragione è che il giudice di merito ha escluso l'esistenza d'un conflitto e poiché, per quanto detto ai p.p. 1.1 e ss., tale statuizione resiste al primo motivo di ricorso, diviene irrilevante stabilire se siano state correttamente applicate le norme sul conflitto d'interessi, per la semplice ragione che correttamente il giudice di merito di quel conflitto escluse la sussistenza. 2.2.2. La seconda ragione è che in ogni caso la nomina di un curatore speciale in corso di causa ha sanato con effetti ex tunc l'eventuale difetto originario di rappresentanza della società appellante come già ritenuto, sia pure in diversa fattispecie, da Sez. 1, Sentenza n. 1891 del 14/07/1964, Rv. 302687, e soprattutto da Sez. 3, Sentenza n. 20659 del 25/09/2009, Rv. 610339, in motivazione . Non pertinente è, al riguardo, la giurisprudenza invocata alle pp. 48-52 del ricorso dalla ricorrente, la quale fa dire a questa Corte quel che mai non disse, e confonde il problema dell'ammissibilità dell'appello proposto dal falsus procurator, con quello degli effetti della nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c Ed infatti altro è stabilire quale debba essere la sorte d'un appello proposto dal falsus procurator sostanziale dell'appellante, ben altro è stabilire quale debba essere la sorte del gravame proposto da chi rappresentante pur sempre sia, ma abbia agito in conflitto d'interessi problema relativamente al quale mai si è dubitato che il curatore speciale possa essere nominato anche in corso di causa, e che la nomina di questi sani con effetto ex tunc gli atti compiuti dal rappresentante in conflitto. 2.2.3. La terza ragione di infondatezza del secondo motivo di gravame è che in ogni caso l'interpretazione dell'art. 78 c.p.c. propugnata dalla ricorrente è erronea, perché renderebbe la norma produttiva di effetti antitetici rispetto ai suoi fini. Si consideri infatti che la SITAV nel presente giudizio era stata condannata in primo grado, e l'appello fu proposto dal legale rappresentante che si assume in conflitto di interessi. La Gestione pretenderebbe ora che, ravvisato dal giudice d'appello il conflitto e scelto dall'appellante un procuratore speciale, la nomina di quest'ultimo avrebbe efficacia ex nunc. E poiché tale nomina avvenne dopo la scadenza del termine per appellare, l'appello proposto dal rappresentante che si assume essere stato in conflitto di interessi sarebbe tardivo. Sicché, a seguire la tesi della Gestione, si perverrebbe all'assurdo che le norme sul conflitto di interessi, preordinate a tutelare il rappresentato, si ritorcerebbero a danno di questi, il quale in tutti i casi di nomina del curatore in corso di causa, ex art. 78 c.p.c., correrebbe il rischio di incorrere in preclusioni e decadenze. Molto chiara, al riguardo, fu la motivazione di Sez. 2, Sentenza n. 8803 del 30/05/2003, Rv. 563809, ove si affermò che il conflitto di interessi di cui all'art. 78 c.p.c. sussiste quando vi è il pericolo che il potere rappresentativo sia esercitato dal rappresentante in contrasto con l'interesse del rappresentato, essendo il primo portatore d'interesse personale ad un esito della lite diverso da quello vantaggioso per il secondo . Per contro, aderendo alla tesi sostenuta dalla ricorrente, ne discenderebbe che l'appello tempestivamente proposto dal rappresentante in conflitto e quindi utile per il rappresentato diverrebbe tamquam non esset nell'esatto momento in cui, rilevato il conflitto, all'appellante fosse nominato in corso di causa un curatore speciale. Con le ulteriori surreali conseguenze che, da un lato, il rappresentato non avrebbe alcun interesse ad instare per la nomina del curatore e dall'altro che proprio dall'applicazione della norma che dovrebbe tutelare il rappresentato scaturirebbe un grave pregiudizio per quest'ultimo. 2.3. Il motivo d'appello va dunque rigettato anche in base al seguente principio di diritto La nomina del curatore speciale previsto dall'art. 78 c.p.c. ha efficacia ex tunc. Essa, pertanto, se avviene in appello e dopo lo spirare del termine per appellare lascia fermi gli effetti dell’appello tempestivamente proposto dal rappresentante dell'appellante conflitto di interessi. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Coi terzo motivo di ricorso la Gestione lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all'art. 360, n. 3, c.p.c La norma violata è individuata nell'art. 96 c.p.c. e negli artt. 6, 18, 21, e 22 L. Fall Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c., sul presupposto che tale domanda si sarebbe dovuta proporre nel giudizio in tesi callidamente introdotto, ovvero quello scaturito dall'istanza di fallimento. Deduce per contro la Gestione che la domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. può essere proposta anche in via autonoma, quando il processo introdotto in mala fede ha una struttura tale da non consentirne l'esame e tale è, giustappunto, l'ipotesi di istanza di fallimento seguita da provvedimento di rigetto. Il giudizio prefallimentare, infatti, per struttura e contenuti non è idoneo ad una istruttoria approfondita, qual è quella necessaria per l'accertamento del danno. 3.2. Il motivo è infondato. Già in passato questa Corte ha ritenuto che il Tribunale il quale rigetti, ai sensi dell'art. 22 della legge fallimentare, un'istanza di fallimento, è competente a provvedere sulla richiesta di condanna del creditore ricorrente al rimborso delle spese processuali ed al risarcimento dei danni da responsabilità aggravata a norma dell'art. 96 cod. proc. civ Sez. 1, Sentenza n. 2216 del 28/02/2000, Rv. 534473 . Il principio è stato implicitamente corroborato da Corte cost., 20-07-1999, n. 328, la quale come noto ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'art. 22, 2 comma, L. fall., nella parte in cui non prevede che avverso il decreto di rigetto dell'istanza di fallimento possa proporre reclamo alla corte d'appello il debitore in relazione al mancato accoglimento da parte del tribunale di domande proposte dallo stesso debitore. 3.3. Non convincenti appaiono, al riguardo, gli argomenti con i quali la Gestione sollecita un ripensamento di tale tradizionale orientamento. 3.3.1. L'argomentazione secondo cui il giudice prefallimentare possa avere difficoltà a svolgere una istruttoria piena e completa è una petitio principii quel giudice, come qualsiasi altro, dinanzi ad una domanda di danno formulata ex art. 96 c.p.c. potrà e dovrà compiere tutti gli accertamenti del caso e quindi acquisire documenti, assumere prove testimoniali, disporre consulenze. Da un lato nessuna norma lo vieta, e dall'altro lo impone l'art. 111 cost., il quale inibisce interpretazioni delle norme processuali che dilatino l'attività giurisdizionale, là dove sia possibile ridurla e nel nostro caso non si comprende perché celebrare due processi, quando uno basterebbe. 3.3.2. L'argomentazione secondo cui il decisum di Corte cost. 328/99, cit., sarebbe irrilevante nel presente giudizio, e comunque sarebbe irretroattivo, sembra non cogliere la portata di quella decisione. Infatti, una volta ammesso che l'imprenditore ha a disposizione uno strumento processuale per impugnare la decisione che, rigettando l'istanza di fallimento, non si sia pronunciata sulle sue eventuali domande riconvenzionali di qualsiasi tipo spese, danni, responsabilità aggravata , viene a cadere l'esigenza di proporre la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. in un autonomo giudizio. Quanto, poi, alla allegazione secondo cui le pronunce della Consulta che investano norme processuali non avrebbero effetto retroattivo, basterà rinviare al principio esattamente opposto sancito da Sez. 2, Sentenza n. 3642 del 16/02/2007, Rv. 596057. 4. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il ricorso - condanna la liquidazione della Gestione Straordinaria della Casa da gioco di Saint Vincent alla rifusione in favore di SITMAR s.p.a. e Sulfure Holding S.A. in liquidazione, in solido, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 20.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A. ed accessori di legge.