Il giudice non può autonomamente modificare i fatti costitutivi posti a base della domanda

Il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre allorquando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione sostituendo i fatti costitutivi della pretesa.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18514, depositata il 2 settembre 2014. Il caso. L’attore conveniva in giudizio davanti al Tribunale una società arredamenti chiedendone la condanna alla restituzione del prezzo pagato, per i gravi vizi che presentavano i mobili precedentemente acquistati. In primo grado il Tribunale rigettava la domanda dell’acquirente, sul rilievo che ai sensi dell’art. 1510 c.c. il venditore si era liberato dell’obbligo della consegna rimettendo la merce al vettore. In appello, la Corte territoriale dichiarava la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento della venditrice e per l’effetto condannava la stessa alla restituzione del prezzo pagato. Avverso tale decisione, ricorreva in Cassazione la società venditrice. Il mutamento del fatto costitutivo della domanda. I motivi di ricorso della società arredamenti attengono all’unitaria censura per la quale la Corte di Appello ha mutato il fatto costitutivo della domanda di risoluzione del contratto di vendita individuando le ragioni del suo accoglimento nei vizi dei mobili venduti, che ha ritenuto esistenti già prima del trasporto, mentre tutta la linea difensiva sia dell’attore che della convenuta si incentravano su responsabilità di tipo contrattuale per inadempimento colposo del contratto di compravendita per danni subiti dalle cose durante il trasporto. Vizio di extrapetizione. La Corte di Cassazione giudica le censure mosse dalla ricorrente manifestamente fondate, in quanto la Corte territoriale ha fondato la responsabilità contrattuale della venditrice su un presupposto di fatto la preesistenza dei vizi rispetto al trasporto , rilevante anche in diritto, non invocato da alcuna delle parti ed anzi escluso dalla stessa parte attrice. Sussiste pertanto il vizio di extrapetizione. Il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione, in modo che siano lasciati immutati il petitum e la causa petendi , senza l’introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto, del tutto non considerati dalle parti. Il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre, pertanto, quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione sostituendo i fatti costitutivi della pretesa. La corretta identificazione della causa petendi . Ai fini della identificazione della causa petendi posta dalla parte a base della domanda, non rilevano solo le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l’insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta ed è compito precipuo del giudice la corretta identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa Cass., n. 4598/06 . Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 maggio– 2 settembre 2014, n. 18514 Presidente Piccialli– Relatore Proto Svolgimento del processo F.K. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Milano la società SAG arredamenti ed esponeva - di avere acquistato dalla convenuta, nel Maggio del 1999, del mobilio regolarmente pagato - che i mobili erano consegnati, tramite il corriere Denzas, al suo domicilio in , ma presentavano gravi vizi. Tanto premesso, chiedeva la condanna della convenuta alla restituzione del prezzo L. 6.000.000 pagato. La convenuta non contestava i vizi, ma la propria legittimazione passiva, assumendo di avere assicurato la merce spedita. Il GOA presso il Tribunale di Milano con sentenza n. 722 del 2004 rigettava la domanda dell'acquirente sul rilievo che ai sensi dell'art. 1510 e. e. il venditore si era liberato dell'obbligo della consegna rimettendo la merce al vettore. La sentenza era appellata con appello principale da SAG arredamenti che censurava la compensazione delle spese di lite e con appello incidentale da F.K. che insisteva nella domanda di restituzione del prezzo pagato. La Corte di Appello di Milano con sentenza del 22/5/2008 dichiarava la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento della venditrice e per l'effetto condannava la stessa alla restituzione del prezzo pagato, oltre al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. La Corte di Appello rilevava - che l'azione del compratore non. doveva essere esperita nei confronti del vettore in quanto il trasporto secondo una testimonianza, era effettuato franco domicilio e il trasporto era stato effettuato su incarico del venditore che aveva pagato il relativo prezzo e l'assicurazione la Corte territoriale riporta pure una affermazione del teste secondo la quale la merce viaggiava a rischio del mittente fu consegnata senza riserva alcuna da parte del destinatario - che non era applicabile l'art. 1510 c.c., erroneamente ritenuto applicabile dal primo giudice, perché la norma riguarda solo la liberazione dall'obbligo di consegna e non solleva il venditore dalla responsabilità per i vizi della cosa venduta, disciplinata dall'art. 1511 c.c. - che gli elementi di prova raccolti lo stato indenne dell'imballaggio, come riferito da un teste , convincevano circa la difettosità del mobilio in epoca antecedente alla consegna al vettore - che i vizi erano gravi c.d. erano stati tempestivamente denunciati al venditore che non li aveva mai contestati - che pertanto il contratto doveva essere risolto per grave inadempimento con la conseguente restituzione del prezzo pagato dall'acquirente. La SAG 80 Arredamenti ha proposto ricorso affidato a sei motivi e ha depositato memoria. F.K. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli art. 2730 e 2735 c.c. per omesso esame di documenti, provenienti dallo stesso attore e contenenti confessione stragiudiziale dei fatti, nonché la violazione dell'art. 112 c.p.c. l'omessa e contraddittoria motivazione. La ricorrente menziona due lettere nelle quali lo stesso F. affermava essere evidente che i danni erano riferibili al trasporto e attribuisce loro valore di confessione stragiudiziale, censurando comunque la motivazione che contraddittoriamente ne aveva escluso la riferibilità al trasporto. La ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis , chiede se nel giudizio di appello il giudice che, nel pronunciarsi sulla domanda, ometta l'esame dei documenti contenenti confessione stragiudiziale dei fatti idonea a condurre ad una decisione diversa, violi il principio di cui agli artt. 2730 e 2735 c.c in relazione all'art. 112 c.p.c 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 2733 c.c. in presenza di atti sottoscritti dal procuratore speciale e che assumono valore confessorio in relazione agli artt. 228 e 229 c.c. e l'omessa e contraddittoria motivazione. La ricorrente si riferisce alle difese sia in primo che in secondo grado svolte dal difensore del F. , munito di procura speciale, il quale aveva fondato la propria domanda sull'affermazione che i danni al mobilio si erano verificati durante il trasporto. La ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis. c.p.c. applicabile ratione temporis chiede se nel giudizio di appello il giudice omettendo l'esame degli scritti difensivi nei quali ex artt. 228 e 229 c.p.c. vi è la confessione giudiziale dei fatti verificatisi in maniera diversa da quella adottata nella sua decisione, violi il principio di decidere secondo alligata et probata , così come gli impone l'art. 112 c.p.c 3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 112 c.p.c. per diversa qualificazione del rapporto dedotto sul quale si è formato il giudicato. La ricorrente osserva che la sentenza di primo grado era stato ritenuto applicabile alla fattispecie l'art. 1510 c.c. e in base a tale norma era stata esclusa la responsabilità del venditore che si era liberato dall'obbligo di consegna rimettendo la cosa al vettore v. pag. 1 della sentenza di appello nella parte dedicata allo svolgimento del processo e che quindi si era formato un giudicato in merito al fatto che il venditore si fosse liberato da tale obbligo, così che era precluso al giudice di appello mutare la qualificazione giuridica della domanda, essendo invece pacifico e non contestato tra le parti che i danni al mobilio si fossero verificati durante il trasporto. La ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis chiede se nel giudizio di appello il giudice, nel pronunciarsi nei limiti della domanda proposta, violi l'art. 112 c.p.c. qualora fondi la propria decisione su una causa petendi diversa da quella sulla quale si è formato il giudicato. 4. I primi tre motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente in quanto attengono all'unitaria censura per la quale la Corte di appello ha mutato il fatto costitutivo della domanda di risoluzione del contratto di vendita individuando le ragioni del suo accoglimento nei vizi dei mobili venduti, che ha ritenuto esistenti già prima del trasporto, mentre tutta la linea difensiva sia dell'attore che della convenuta si incentravano su responsabilità di tipo contrattuale per inadempimento colposo del contratto di compravendita per danni subiti dalle cose durante il trasporto. Le censure sono manifestamente fondate in quanto la Corte di appello ha fondato la responsabilità contrattuale della venditrice su un presupposto di fatto la preesistenza dei vizi rispetto al trasporto , rilevante anche in diritto, non invocato da alcuna delle parti ed anzi escluso dalla stessa parte attrice sussiste pertanto il vizio di extrapetizione. Infatti il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione, ma incontra il limite del rispetto dell'ambito delle questioni proposte e dei fatti dedotti sui quali le parti hanno avuto la possibilità di dedurre, produrre e contraddire in modo che siano lasciati immutati il petitum e la causa petendi , senza l'introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto, del tutto non considerati dalle parti. Pertanto, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell'azione sostituendo i fatti costitutivi della pretesa. Infatti, ai fini della identificazione della causa petendi posta dalla parte a base della domanda non rilevano solo le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata in giudizio, bensì l'insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base della propria richiesta ed è compito precipuo del giudice la corretta identificazione degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa Cass. 2/3/2006 n. 4598 . 5. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 1510 c.c. per diversa qualificazione della domanda in relazione al contratto stipulato tra le parti. La ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis chiede se nel giudizio di appello il giudice nel pronunciarsi sulla e/o nei limiti della domanda proposta violi il principio di cui all'art. 1510 secondo comma c.c. allorché è pacifica l'applicabilità di tale norma per stessa ammissione della parte. 6. Con il quinto motivo la ricorrente deduce l'omessa pronuncia perché la Corte di Appello non ha subordinato in ogni caso il pagamento della sorte capitale alla restituzione della merce in custodia ex artt. 1206r 1207 e 1177 c.c La ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis chiede se il giudice di appello, nell'emettere sentenza di risoluzione del contratto, violi la norma dell'art. 112 c.p.c. omettendo di pronunciarsi sulla obbligatorietà della restituzione della merce in custodia del compratore ex art. 1206 c.c., da farsi contestualmente al pagamento delle somme da parte del soccombente e/o subordinando tale pagamento alla restituzione. 6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione per omessa pronuncia in relazione all'art. 112 c.p.c. sulla domanda relativa all'appello principale proposto da SAG 80 co. il quale si chiedeva la riforma della statuizione con la quale il giudice di primo grado aveva compensato tra le parti le spese del processo. La ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis chiede se il giudice di appello violi, nel decidere sull'appello, la norma di cui all'art. 112 c.p.c. per omessa motivazione sui motivi di rigetto dell'appello principale. 7. In conclusione devono essere accolti, in relazione ai principi affermati al precedente punto 4., i primi tre motivi di ricorso e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese di questo procedimento, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Gli ulteriori motivi di ricorso restano assorbiti in conseguenza dell'annullamento della sentenza impugnata che impone una nuova decisione al giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso dichiara assorbiti i rimanenti cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.