Nell’amministrazione di sostegno la sola parte necessaria è il beneficiario

In tema di procedura per l’istituzione di un’amministrazione di sostegno, che consiste in un procedimento unilaterale, non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario dell’amministrazione non è pertanto configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soggetti partecipanti al giudizio innanzi al tribunale. E’ perciò da escludersi che l’istanza di chiusura della procedura debba notificarsi all’amministratore.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 17032, depositata il 25 luglio 2014. Il caso. Il Tribunale di Matera, in funzione di giudice tutelare, dichiarava chiusa l’amministrazione di sostegno provvisoria di una donna. La Corte d’appello di Potenza, in sede di reclamo, rigettava il ricorso proposto dall’amministratore, confermando il giudizio tutelare. Avverso tale provvedimento ricorreva per cassazione sempre l’amministratore, lamentando la violazione e la falsa applicazione di legge per la mancata notifica dell’istanza di revoca dell’amministratore di sostegno ovvero di chiusura della stessa e l’omessa comunicazione dell’istanza di revoca o di chiusura al pubblico ministero. Non sussiste litisconsorzio necessario. La Cassazione precisa che, per quanto concerne il primo motivo, non risultava formulata nessuna istanza di revoca dell’amministrazione di sostegno, infatti, il provvedimento impugnato riguardava esclusivamente la chiusura della procedura. D’altra parte, è da escludersi che l’istanza di chiusura della procedura debba notificarsi all’amministratore ai sensi dell’art. 413 c.c. revoca dell’amministrazione di sostegno poiché, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, nella procedura per l’istituzione di un’amministrazione di sostegno, che consiste in un procedimento unilaterale, non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario dell’amministrazione non è pertanto configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soggetti partecipanti al giudizio innanzi al tribunale, anche perché l’art. 713 c.p.c. provvedimenti del presidente , cui rinvia l’art. 720 c.p.c. revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione , espressamente limita la partecipazione necessaria al procedimento al ricorrente, al beneficiario e alle altre persone, tra quelle indicate in ricorso le cui informazioni il giudice ritenga utili ai fini dei provvedimenti da adottare Cass., n. 14190/2013 . Di conseguenza la prescrizione contenuta nell’art. 413 c.c. non indica un adempimento processuale necessario e sanzionabile, dal momento che la sua omissione non comporta nessuna compressione o violazione del diritto di difesa. Per quanto attiene alla seconda censura, riguardante la mancata comunicazione al pm, esso è inammissibile, innanzitutto perché nuovo motivo, non proposto come motivo d’appello. Inoltre, specifica la Suprema Corte, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, riguardante la natura e l’effettività dell’intervento del pm nel giudizio di interdizione da applicarsi analogicamente al procedimento in esame non può ritenersi che tale mancanza sia rilevabile in ogni stato e grado del giudizio. Non si tratta, difatti, di una delle fattispecie tassative di rimessione al primo giudice previste dall’art. 354 c.p.c È all’esame dell’interdicendo o dell’inabilitando che l’intervento del pubblico ministero costituisce atto dovuto per il suo ufficio. In conclusione, l’assenza del pm al procedimento di chiusura dell’amministrazione – come nel caso in esame - non comporta la mancata integrazione del litisconsorzio necessario né alcun’altra nullità del giudizio di primo grado per la quale la Corte dovrebbe rimettere le parti al primo giudice. La Cassazione rigetta, quindi, il ricorso.

Corte di Cassazione sez. VI Civile - 1, ordinanza 6 maggio – 25 luglio 2014, n. 17032 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex articolo 377, 380 bis cod. proc. civ., in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 3957 del 2013 Rilevato che la Corte d'Appello di Potenza, in sede di reclamo proposto a norma dell'art. 720 bis cod. proc. civ. da D.G. avverso il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale di Matera in funzione di giudice tutelare, con il quale è stata dichiarata chiusa l'amministrazione di sostegno provvisoria di G.A.C., rigettando il reclamo, affermava - che la comunicazione all'amministratore di sostegno dell'istanza di I chiusura doveva ritenersi doverosa solo se proveniente da soggetti diversi dall'amministratore o dal beneficiario dell'amministrazione e che si trattava in ogni caso di un'omissione priva li sanzione processuale - che la motivazione per relationem, ancorché succinta, doveva ritener i adeguata alle forme del decreto motivato - che la mancata audizione della beneficiaria non assumeva alcuna rilevanza, non essendo prevista come obbligatoria dall'art. 413 cod. civ. - che la mancata disposizione di ulteriori mezzi istruttori doveva ricondursi ad una scelta del Presidente del Tribunale di avvalersi di quanto presente nel fascicolo della procedura. Considerato che, avverso tale provvedimento il D. ha proposto, ex art 720 bis comma 3 cod. proc. civ., ricorso, cui ha resistito con controricorso la G., per i seguenti motivi - violazione e falsa applicazione degli articolo 384 comma 2, 413 comma 2 cod. civ. per mancata notifica dell'istanza di revoca dell'amministratore di sostegno ovvero di chiusura dell'Amministrazione di sostegno - violazione dell'art. 407 comma 5 per omessa comunicazione dell'istanza di revoca o di chiusura al pubblico ministero - violazione dell'art. 413 comma 3 cod. civ. e dell'art. 111 Cost. per difetto di motivazione del decreto di chiusura dell'amministrazione di sostegno - violazione dell'ari. 413 comma 3 cod. civ. per il mancato espletamento di opportuni mezzi istruttori e l'omessa audizione personale della beneficiaria. Per quanto riguarda il primo motivo, deve osservarsi, in primo luogo,, che non risulta formulata alcuna istanza di revoca dell'amministratore di sostegno, né il provvedimento impugnato ha tale oggetto riguardando esclusivamente la chiusura della procedura. Del, tutto inconferente appare quindi il richiamo all'art. 384 cod. civ., che riguarda specificamente fil procedimento di revoca dell'amministratore di sostegno. In secondo luogo, deve escludersi che dal predetto amministratore debba notificarsi l'istanza di chiusura della procedura ai sensi dell'art. 413 cod. civ., dal momento che quest'ultimo non è parte necessaria del procedimento di chiusura, come affermato anche di recente dalla giurisprudenza di legittimità Nella procedura per la istituzione di un'amministrazione di sostegno, che consiste in un procedimento unilaterale, non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario dell'amministrazione non è, pertanto, configurabile una ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soggetti partecipanti al giudizio innanzi al tribunale, anche perché l'art. 713 cod. proc. civ., cui rinvia l'art. 720 bis dello stesso codice, espressamene limita la partecipazione necessaria al procedimento al ricorrente, al beneficiario e alle altre perone, tra quelle indicate in ricorso le cui informazioni il giudice ritenga utili ai fini dei provvedimenti da adottare. Cass.14190 del 2013 . Ne consegue che la prescrizione contenuta nell'u. 413 cod. civ. non sta ad indicare un adempimento processualmente necessario e sanzionabile, non determinando la sua eventuale omissione alcuna compressione del diritto di difesa dei predetto amministratore. Il secondo motivo di ricorso, attinente alla mancata comunicazione al pubblico ministero dell'istanza di chiusura dell'amministrazione di sostegno, deve dichiararsi inammissibile, in primo luogo perché nuovo, trattandosi di vizio relativo al primo grado di giudizio, non proposto come motivo di appello. Deve osservarsi al riguardo che alla luce dell'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità riguardante la natura e l'effettività dell'intervento del pubblico ministero nel giudizio d'interdizione, da applicarsi analogicamente al procedimento in esame in virtù del rinvio contenuto nell'art. 720 bis cod. proc. civ. agli articolo 712 713, 716 e 720 non può ritenersi che tale mancanza sia rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, dal momento che non si tratta di una delle fattispecie tassative di rimessione al primo giudice previste dall'art. 354 cod. proc. civ. Secondo l'orientamento sopra delineato, il mancato avviso q il mancato intervento del p.m. nel procedimento di primo grado, determina la necessità della rinnovazione dell'adempimento nel giudizio d'appello, senza ulteriori conseguenze processuali. L'intervento del pubblico ministero all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando costituisce - in considerazione delle conseguenze che il procedimento è diretto ad avere, a tutela degli interessi dell'interdicendo o dell'inabilitando, con possibile incidenza sullo status della persona e sui suoi diritti fondamentali - un atto dovuto per l'ufficio del pubblico ministero, e nessun margine di discrezionalità gli è attribuito al riguardo, stante la previsione di cui agli articolo 714 e 715 cod. proc. civ. con la conseguenza che, ove la sua partecipazione non abbia luogo, si verifica una nullità insanabile a norma dell'art. 158 cod. proc. civ., il quale, comminando tali nullità in relazione ai vizi relativi all'intervento del pubblico ministero, rende nullo l'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando. Peraltro, detto vizio non colpisce ne' gli atti processuali antecedenti, ne' gli atti istruttori successivi indipendenti da tale atto cosicché, quantunque la sentenza di interdizione o di inabilitazione vada annullata per essere stata emessa senza il valido rompimento dell'esame, il giudice del gravame deve procedere alla rinnovazione di tale atto, ai, sensi dell'art. 354, ultimo comma, cod. proc. civ., e decidere la causa nel merito. Cass. 11175 del 2003 . Alla medesima conclusione deve, pertanto, pervenirsi in ordine al provvedimento di chiusura del procedimento. In conclusione, nella procedura per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno l'unica parte che può dirsi necessaria è il beneficiario dell'amministrazione Cass. 141901 del 2013, già richiamata , per cui il difetto di comunicazione della richiesta al pubblico ministero e la conseguente assenza dello stesso al procedimento di chiusura dell'amministrazione non comporta la mancata integrazione di un litisconsorzio necessario né alcun'altra nullità del giudizio di primo grado per la quale la Corte dovrebbe rimettere le parti al primo giudice. Per quanto concerne il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura la motivazione per relationem del provvedimento di chiusura dell'amministrazione di sostegno poiché non rispettoso dei canoni richiesti dalla costante giurisprudenza di legittimità per la sua validità, è sufficiente rilevare che il motivo si palesa inammissibile perché attinente al provvedimento di primo grado, del quale è precluso in questa sede l'esame Con riferimento agli ultimi due motivi di ricorso, attinenti alla mancata disposizione di mezzi istruttori e alla mancata audizione della beneficiaria si deve ripetere che trattasi di motivo inammissibile perché relativi al procedimento di primo grado. Ritenuto che, laddove si condividano i rilievi svolti, il ricorso deve essere rigettato . Ritenuto che il collegio aderisce senza rilievi alla relazione. Deve osservarsi che la morte della persona fisica in precedenza assoggettata ad amministrazione di sostegno provvisoria non spiega alcun rilievo nel giudizio di legittimità il quale ha ad esclusivo oggetto la legittimità formale del regime giuridico adottato dal giudice di merito ai fini di disporre l'avvenuta chiusura dell'amministrazione di sostegno peraltro solo provvisoriamente aperta. Le censure hanno avuto ad oggetto esclusivo il mancato coinvolgimento dell'amministratore di sostegno nel procedimento che ha dato luogo alla chiusura, ed involgono valutazione relative alla legittimità e alla correttezza formale e sostanziale della nomina e del conferimento dei poteri. La sussistenza delle condizioni soggettive in capo all'amministranda sono del tutte estranee al giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.