“Non ho installato il software per la ricezione degli atti via PEC!”: non è una buona scusa per un’opposizione tardiva

Un artigiano installò la PEC, ma, a suo dire, non sapeva di dover installare un programma per la ricezione degli atti, sicchè apprese di un decreto ingiuntivo, per crediti da lavoro, solo dopo che i termini per l’opposizione erano spirati. Ignoratia non excusat, così come la sua negligenza opposizione inammissibile perché tardiva.

È questa l’incredibile scusa addotta per il ritardo con cui un artigiano/coltivatore diretto si è opposto ad un decreto ingiuntivo per crediti di lavoro TFR e rivalutazione monetaria , gravame respinto dalla sentenza del Tribunale di Mantova n. 98 del 3 giugno 2014. Il caso. L’opponente, come da obblighi di legge, si era dotato di account e di una casella di PEC, ma non sapeva di dover installare file e/o programmi ad hoc per scaricare determinati documenti e/o notifiche che avrebbe potuto ricevere . Rilevava, poi, che pochi studi professionali e privati si erano già adeguatamente attrezzati per gli oneri connessi al PCT. Il decreto ingiuntivo era legittimato dal mancato pagamento delle rate del TFR, così come conteggiato nel prospetto sottoscritto dall’operaio che si era licenziato mesi prima. L’uomo chiedeva, secondo l’agricoltore, una somma eccessiva, perché, secondo quanto quantificato da un consulente del lavoro in base alle buste paga, conteggiava anche i contestati contributi previdenziali, già saldati come da modelli F24 prodotti in giudizio. Notificato in proprio dal legale avversario, come da autorizzazione del CDO di Mantova, il 17 febbraio 2014 ore 16,07 , l’opponente lo vedeva il 26 ma, per i suddetti motivi, non riusciva ad aprirlo, chiedeva inutilmente spiegazioni al mittente e solo dopo un mese, il 27/3/14, faceva intervenire il suo tecnico di fiducia che apriva i files dandogli così contezza del contenuto. Si recava dal suo legale quando erano già scaduti i termini previsti dall’articolo 641 c.p.c Dette ragioni e la sollevata questione d’incostituzionalità dell’articolo 6 comma II d.P.R. n. 68/05 contro una notifica ritenuta un capestro non hanno evitato la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione tardiva. La notifica via PEC. Nella sez. Giustizia digitale l’articolo 16 quater d.l. n. 179/12 L. n. 221/12 , modificando la L. n. 53/94, consente dal 24/5/13 questa modalità di notifica ex articolo 83 c.p.c. agli avvocati od ai procuratori legali, muniti di apposita autorizzazione del proprio CDO, ai sensi dell’articolo 7 L. n. 53/94 di notificare gli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, a mezzo posta L. n. 890/82 o via PEC, salvo che l’autorità giudiziaria ordini che venga fatta personalmente. Se l’atto da notificare non è un file dovrà esserne estratta una copia, riportandola su un supporto analogico con l’attestazione di conformità all’originale da parte del legale notificante e sarà spedita in allegato alla controparte, purchè il suo indirizzo PEC risulti da pubblici elenchi, così come prescritto dall’articolo 22, comma 2, d.l. n. 82/05. Quando si perfeziona? L’articolo 6 d.P.R. n. 68/05 chiarisce che la notifica si perfeziona nel momento in cui si generano rispettivamente la ricevuta di avvenuta accettazione dal sistema articolo 6 comma 1 , per il notificante e quella di avvenuta consegna per il destinatario. Irrilevante che ciò sia avvenuto a norma di legge se non se ne rispettano le decadenze come nel nostro caso. Ignorantia non excusat. Il G.O. rileva che dal combinato disposto degli articolo 647, 650 e 656 cpc si desume che il decreto ingiuntivo non opposto od opposto con giudizio dichiarato poi estinto, inammissibile od improcedibile assume valenza di giudicato, diventando così esecutivo ed impugnabile solo per opposizione di terzo o per revocatoria straordinaria articolo 404 comma 2 e articolo 395 nn. 1, 2, 5 e 6 . Il brocardo è chiaro l’ignoranza della legge non è una scusa per violarla, sicché non è ammissibile addurre il ritardo alla mancata attivazione del software per la ricezione degli atti via PEC, tanto più che il tecnico è stato fatto intervenire con notevole ritardo. L’incuria dell’agricoltore ne ha causato anche la condanna alle care spese di lite, al forfait al 15% ed agli oneri accessori. Riconoscimento del debito. L’opponente non solo è stato negligente, ma anche poco accorto perché, seppure l’inammissibilità del gravame preclude il vaglio del merito, nella fattispecie ha riconosciuto il suo debito, regolarmente pagato in udienza, legittimando il G.O. ad esaminarlo. Invero ha correttamente eccepito, come da giurisprudenza costante in materia, che i crediti da lavoro devono esser saldati al netto delle trattenute previdenziali versate dal datore quale sostituto d’imposta. Infatti il dipendente non può sapere e non sa se e quando il datore ha assolto a questo onere e questi, ex articolo 19 L. n. 218/52 può decurtare tali somme da quelle dovute, solo se ha pagato tempestivamente i contributi il credito, quindi, è al netto della trattenute fiscali. In caso contrario saranno comprese nel reclamato quantum . Ciò comporta la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Tribunale di Mantova, sez. Lavoro, sentenza 3 giugno 2014, n. 98 Giudice Gerola Esposizione delle ragioni di fatto e diritto Con ricorso depositato in data 7.4.2014 P.M. proponeva opposizione avverso il d.i. n. 46/14 con il quale il Tribunale di Mantova lo aveva condannato al pagamento della somma/di euro 8.869,91 in favore di Z.P. a titolo di TFR e rivalutazione monetaria. Il procuratore dell'opponente esponeva - che il signor P.M. è artigiano coltivatore diretto che, come previsto dalla normativa, ha aperto propria casella pec per le comunicazioni di legge, ma nessuno gli aveva comunicato che avrebbe dovuto installare file e /o programmi ad hoc per scaricare determinati documenti o notifiche che avrebbe potuto ricevere - che il ricorrente in data 26.02.2014 rinveniva nel suo account delle email provenienti dall'Avv. M. contenenti allegati che non riusciva ad aprire subito inviava allo stesso richiesta di chiarimenti e, non ricevendo risposta, in data 27 marzo 2014 faceva intervenire un tecnico e scopriva, con somma sorpresa, la notifica di un D.I. - che pertanto è da tale data che devono farsi decorrere i 40 giorni concessi per l'eventuale opposizione - che la notifica in proprio del legale, seppur ormai consolidata a mezzo posta, non è ancora entrata pienamente in vigore a mezzo internet in quanto solo pochi studi e, privati sono già attrezzati per la predisposizione del PCT che entra in vigore a tutti gli effetti a far data dal prossimo 1 giugno - che siffatta notifica è in capestro per un piccolo imprenditore che ancora non sia entrato nel sistema e non abbia provveduto ad installare gli adeguati programmi per la ricezione di atti - che ii signor Z. si è licenziato dall'impresa del signor P. data 10 novembre 2012 e in data 15 gennaio 2013 veniva consegnato all'ex dipendente ii prospetto individuale del trattamento di fine rapporto e dallo stesso veniva sottoscritto e infine, in data 26 giugno 2013, l’ingiungente sottoscriveva una lettera con cui dichiarava che l'importo a titolo di TFR di sua spettanza era pari ad euro 5.934.57 - che durante l'incontro del 26.6.2013, conscio anche delle difficolta dell'impresa P., il lavoratore aveva accettato di ricevere il trattamento di fine rapporto in acconti, il primo dei quali da ritirare entro la fine del mese di dicembre e a seguire acconti mensili sino alla concorrenza del credito vantato - che le parti si erano accordate affinché il signor Z. si presentasse presso la sede della ditta P. in dicembre e, al contrario, quest'ultimo non si presentava a ritirare l'assegno nonostante i solleciti e gli inviti telefonici - che dopo aver ricevuto il decreto ingiuntivo sono continuate le trattative tra le parti che, tuttavia, non sono andate a buon fine. In punto di diritto, eccepiva l'illegittimità costituzionale della disposizione di cui all'art. 6 comma 2 del DPR 68/2005 nella parte in cui prevede che la notifica si ha per eseguita per il destinatario nel momento in cui viene generata dal server la ricevuta di ricezione e consegna perché si pone in contrasto con il disposto dell'art 3 e art. 24 della Cost. laddove non prevede la certezza, che il destinatario dell'atto notificato abbia avuto piena e completa conoscenza dell'atto stesso e contrasta con tutte quelle tutele che la Corte Costituzionale nel corso degli anni aveva fatto predisporre per addivenire ad un trattamento paritario delle parti nella conoscenza reale di eventuali atti giudiziari. Nel merito osservava che il sig. Z. era ben conscio che la cifra richiesta nel DI fosse superiora alle sue spettanze e inconsistenti risultano le giustificazioni fornite in base alle quali il conteggio realizzato dal consulente fosse basato sulle buste paghe. Concludeva chiedendo in via preliminare di dichiarare la tempestività dell'opposizione al decreto ingiuntivo notificato a mezzo PEC essendo il ricorrente venuto a conoscenza dell'atto solo nella giornata del 27.03.2014 momento in cui, è riuscito ad aprire gli allegati al messaggio pec nel merito di revocare ii Decreto ingiuntivo n. 46/14 in quanto del tutto erroneo nel suo ammontare e infine, in via subordinata di accertare e dichiarare, previa revoca del Decreto 46/14, come dovuta la minor somma di euro 5936,29. Si costituiva ritualmente il Sig. Z.P. eccependo, in via preliminare, la tardività dell'opposizione al decreto ingiuntivo rilevando che esso è stato regolarmente notificato dal proprio difensore in proprio in virtù dell'autorizzazione del Consiglio dell’Ordine di Mantova in data 28 ottobre 2008, in atti , in data 17 febbraio 2014 alle ore 16 07, a mezzo pec, all'indirizzo di posta elettronica certificata pm@pecit, estratto dal Registro delle Imprese di Mantova. A conferma di quanto sopra affermato produceva le stampe del messaggio di PEC di invio della notificazione, gli atti allegati, ricevuta di accettazione, ricevuta completa di avvenuta consegna e visura camerale dell'impresa P.M. in data 5 febbraio 2014. Evidenziava che contrariamente a quanto vorrebbe sostenere la difesa di controparte tale forma di notificazione è ammessa, ormai dal giorno 24 maggio 2013, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dall'art. 16 quater del D.L. 18.10.2012 n. 179 alla L. 53/1994 sulla facoltà di notificazione da parte degli avvocati. Chiedeva, quindi, in via principale di dichiarare inammissibile la opposizione, stigmatizzando le argomentazioni di parte ricorrente, contrastanti con il brocardo ignorantia legis non excusat, nonché erronee in quanto tese a accomunare norme applicabili a procedure diverse tra loro una cosa e la procedura di notifica a mezzo pec, altra e diversa cosa è il processo civile Telematico, PCT . In via subordinata osservava che nel merito l'opposizione è infondata e che il lavoratore ha azionato il credito al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali poiché il datore di lavoro non ha fornito la prova di aver pagato i contributi e aggiungeva che il modello F24 prodotto da controparte, non è certo la dimostrazione del versamento della somma di Euro 2.935,34 spettante al lavoratore. Concludeva chiedendo in via preliminare una dichiarazione di inammissibilità dell'opposizione in quanto tardiva, la conferma del decreto ingiuntivo opposto e nel merito il rigetto del ricorso. All'odierna udienza, l'opponente consegnava all'opposto la somma di euro 5.934,57 mediante assegno bancario quest'ultimo accettava il titolo di credito quale acconto sulla maqqior somma dovuta, fatto salvo il buon fine dell'assegno l'opponente faceva, altresì, presente di aver assolto gli obblighi contributivi e fiscali richiamando la documentazione in atti. Esperito vanamente il tentativo di conciliazione, la causa veniva discussa e decisa. L'opposizione è inammissibile in quanto tardiva. Il ricorso ingiuntivo opposto è stato ritualmente notificato in data 17 febbraio 2014, mentre il ricorso in opposizione è stato depositato in data 7 aprile 2014, quindi oltre i 40 gg previsti a pena di decadenza dall'art. 641 c.p.c Ai sensi degli artt. 1 e ss della legge 53/1994 testo vigente modificata da ultimo dall'art. 16 quater del D.L. 18.10.2012 n. 179 alla L. 53/1994 L'avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell'articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione dei consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto a norma dell'articolo 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, ovvero a mezzo della posta elettronica certificata salvo che l'autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di pubica elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi. Quando l’atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l'avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell'atto formato su supporto analogico attestandone la conformità all'originale a norma dell'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. La notifica si esegue mediante allegazione dell'atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'articolo 6, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. Non è contestato che il procuratore dell'ingiungente abbia rispetto in toto le disposizioni normative e, pertanto, non resta che dichiarare inammissibile l'opposizione perché proposta oltre il termine di legge. Le conseguenze della mancata o tardiva proposizione dell'opposizione sono analoghe a quelle previste nei giudizi di impugnazione, derivandone l'inammissibilità dell'opposizione ed il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo. Nonostante l'art. 647 c.p.c., non lo preveda espressamente, l'intenzione del legislatore di attribuire al decreto ingiuntivo non opposto od opposto con giudizio poi estinto o dichiarato inammissibile o improcedibile l'efficacia propria del giudicato si desume dall'art, 650 c.p.comma che, nel disciplinare l'opposizione tardiva, indica alcune limitazioni che non avrebbero senso se il decreto ingiuntivo opposto non fosse incontrovertibile, nonché dall'art. 656 c.p.comma che prevede l'impugnazione del decreto ingiuntivo divenuto esecutivo a norma dell'art. 647 unicamente per revocazione straordinaria ossia nei casi indicati nei numeri 1, 2, 5 e 6 dell'art. 395 e con opposizione di terzo revocatoria ossia nei casi previsti nell'art. 404 comma 2 . È appena il caso di notare che non ricorre la forza maggiore nella mancata conoscenza del decreto ingiuntivo ed è quindi inammissibile l'opposizione tardiva allo stesso qualora tale mancata conoscenza sia riconducibile ad un comportamento volontario e latu sensu” colposo dell'ingiunto, come nel caso di specie. L'inammissibilità del ricorso precluderebbe ogni valutazione del merito del ricorso, ma ad abundantiam si osserva che l’opponente ha riconosciuto di dover all'ingiungente la somma netta azionata, tanto e vero che ha adempiuto all'obbligazione in data odierna. L'ingiungente ha richiesto, come ogni lavoratore che non sa e non può sapere se e quando il datore di lavoro ha ottemperato agli obblighi di legge in qualità di sostituto d'imposta e obbligato al pagamento dei contributi previdenziali, il pagamento di una somma al lordo delle ritenute di legge e pertanto il decreto ingiuntivo è stato legittimamente richiesto e pronunciato. La giurisprudenza è assolutamente consolidata nel ritenere che l'accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute gravanti sul lavoratore. Ed infatti, quanto a queste ultime, al datore di lavoro è consentito procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo ai sensi dell'art. 19 L. 4 aprile 1952 n. 218 . Quanto sopra toglie ogni e qualsiasi rilevanza alla questione di illegittimità costituzionale posta dall'opponente, a prescindere dalla sua manifesta infondatezza. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni altra istanza eccezione e deduzione disattesa, così provvede - dichiara inammissibile l'opposizione proposta da P.M. in quanto tardiva e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 46/14 - condanna l'opponente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla parte opposta che liquida in complessivi euro 2.100,00, oltre contr. forf. 15%, Iva e CPA di legge.