Le esigenze di difesa prevalgono sulla tutela della privacy

L’interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere, a fronte di autentiche esigenze di difesa di altri interessi giuridicamente rilevanti, fra cui quello al corretto e coerente esercizio del diritto di difesa in giudizio, assumendo in ogni caso, e a fronte di ogni decisione, come criterio direttivo la comparazione tra gli interessi concretamente coinvolti comparazione a cui deve procedere il giudice del merito, sulla base del suo sereno ed equilibrato apprezzamento.

Premessa. La III sezione della Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 7783, depositata in cancelleria il 3 aprile 2014, si occupa della sempre più attuale quanto controversa protezione in materia di dati personali. Come noto, la disciplina normativa di riferimento è contenuta principalmente all’interno del Codice in materia di protezione, d.lgs n. 196/2003, che consente il trattamento dei dati personali, previo consenso espresso dell’interessato tale principio generale conosce tuttavia delle eccezioni, una di queste ipotesi, come si vedrà, è quella contemplata dall’art. 24, lett. f del medesimo decreto legislativo. Il fatto. Con ricorso proposto ex art. 700 c.p.c., un lavoratore, a seguito di licenziamento, conveniva in giudizio la banca, sua datrice di lavoro, chiedendo di essere reintegrato nel posto di lavoro. A sostegno del dedotto periculum in mora, sosteneva il ricorrente che la perdita dell’occupazione avrebbe messo in pericolo la propria famiglia, con grave rischio di compromettere inoltre il rimborso delle rate di mutuo contratto, dalla di lui moglie, con la medesima banca. L’istituto di credito convenuto, onde sostenere le proprie difese, produceva in giudizio i cedolini paga della moglie del ricorrente, di cui era in possesso in ragione del mutuo concesso anteriormente. A seguito della predetta produzione documentale, la donna, ritenendo di aver subito una lesione alla sua sfera di riservatezza, proponeva ricorso ex art. 152, d.lgs n. 196/2003, con richiesta di condanna della banca e del suo legale al risarcimento dei danni, per violazione dell’art. 23 del medesimo d.lgs. Costituitasi in giudizio, la banca invocava l’esimente di cui all’art. 24 del medesimo d.lgs, che consente l’utilizzo di documenti riservati per esigenze di difesa in giudizio. Il Giudice del merito qualificava i cedolini come dati personali protetti ex art. 4, d.lgs 196/2003, al cui utilizzo la ricorrente non aveva prestato il suo consenso e per i quali non poteva essere invocata la scriminante dell’esercizio del diritto di difesa, essendo peraltro documenti riferiti ad un soggetto terzo estraneo al giudizio. Per queste ragioni, il Tribunale accoglieva la domanda senza condannare la banca al risarcimento dei danni. Avverso tale pronuncia, la soccombente proponeva ricorso per cassazione cui resisteva con controricorso la parte vittoriosa. La dedotta violazione dell’art. 24, lett. f , d.lgs n. 196/2003. L’unico motivo proposto denunciava la violazione dell’art. 24, lett. f , d.lgs n. 196/2003 in relazione agli artt. 2, 24 e 11 Cost., giacché la decisione emessa dal Tribunale rischiava di creare un conflitto tra tutela della riservatezza ed esercizio del diritto di difesa. A corredo della propria domanda, la banca richiamava il parere reso dal Garante in materia di protezione di dati personale del 3 giugno 2004 con cui l’Autorità deduceva che, in caso di utilizzo di informazioni concernenti soggetti terzi per scopi difensivi, non è necessaria la preventiva autorizzazione del titolare medesimo, purché i dati vengano utilizzati in maniera equilibrata e pertinente. E’ legittima l’esibizione dei cedolini paga della moglie. L’organo di legittimità ha ritenuto che la ricorrente non fosse completamente estranea alla vicenda in cui erano stati esibiti i suoi cedolini paga giacché il marito, nel giudizio promosso ex art. 700 c.p.c., aveva fatto valere insieme al suo, gli interessi dell’intero nucleo familiare, invocato espressamente la possibile compromissione della situazione patrimoniale della famiglia, nonché la necessità di rimborsare le rate del mutuo contratto dalla moglie. In tal modo, quindi, la banca proprio al fine di contrastare le affermazioni del ricorrente ed esercitare il proprio diritto di difesa, aveva sul punto addotto e prodotto circostanze e documenti di cui era legittimamente a conoscenza, ivi compresi i cedolini paga della moglie del dipendente al fine di dimostrare che la famiglia godeva di uno stipendio. Non solo. Il trattamento dei dati riservati era avvenuto con riferimento a dei soggetti che già erano a conoscenza dei dati medesimi giacché le parti del giudizio erano soltanto la banca ed il marito della ricorrente. Concludendo. La Corte di Cassazione, in buona sostanza, ha chiarito che il consenso dell’interessato al trattamento dei dati personali non è necessario ove i dati, pur non riguardando una parte del giudizio, siano necessari per difendere o far valere un diritto in giudizio, purché la produzione sia pertinente alle ragioni di difesa e non ecceda lo scopo da perseguire con ciò ribadendo il principio secondo cui l’interesse alla riservatezza dei dati personali cede al cospetto di esigenze di difesa, ove resta comunque fermo il ruolo del giudice quale l’arbitro chiamato a comparare e bilanciare gli interessi coinvolti.

Corte di Cassazione,sez. III Civile, sentenza 25 febbraio – 4 aprile 2014, n. 7783 Presidente Chiarini – Relatore Lanzillo Svolgimento del processo Con sentenza 14 febbraio - 20 giugno 2007 n. 3519 il Tribunale di Roma, su ricorso di P.P. , ha dichiarato illecita per violazione della legge a tutela dei dati personali d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 la condotta della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio BPEL , soc. coop. a r. 1., in relazione alla seguente vicenda. Convenuta in giudizio con ricorso ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ. da un suo dipendente licenziato, avv. C.G. marito della P. , che chiedeva il reintegro nel posto di lavoro, la Banca ha prodotto in giudizio tramite il suo difensore, avv. M. A., le buste paga della P. , delle quali era in possesso in relazione ad un mutuo precedentemente concesso alla stessa. La produzione aveva lo scopo di smentire quanto il ricorrente affermava circa il periculum in mora , adducendo che la sua mancata reintegrazione nel posto di lavoro e la perdita della retribuzione avrebbero arrecato grave danno alla sua famiglia, anche a causa dell'impossibilità di rimborsare le rate di un mutuo contratto dalla moglie nei confronti della medesima Banca Popolare dell'Etruria. Con ricorso notificato il 27 febbraio 2007 ai sensi dell'art. 152 d. lgs. 196/2003, la P. ha chiesto la condanna della BPEL e del suo difensore, avv. M. A., per violazione dell'art. 23 del testo cit., per non avere essa autorizzato la produzione in giudizio delle sue buste paga. Ha chiesto anche il risarcimento dei danni nell'importo di Euro 26.000,00. La BPEL ha resistito, invocando in suo favore l'esimente di cui all'art. 24, 1 comma lett. f d. lgs. cit., che autorizza l'uso dei documenti riservati per esigenze di difesa in giudizio. Il Tribunale ha accolto la domanda attrice quanto all'accertamento dell'illiceità del comportamento della BPEL ed ha respinto la richiesta di risarcimento dei danni. BPEL propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria. Resiste la P. con controricorso. Motivi della decisione 1.- La sentenza impugnata ha ritenuto illegittima la produzione in giudizio delle buste paga della P. con la motivazione che i cedolini degli emolumenti sono dati personali protetti dall'art. 4 legge n. 196/2003 cit. che l'interessata non aveva dato il suo consenso alla loro utilizzazione e che non poteva essere invocata la scriminante dell'esercizio del diritto di difesa, trattandosi di documenti riguardanti un soggetto terzo e non una parte del giudizio, dei quali la Banca era in possesso per ragioni estranee alla questione controversa. Ha ritenuto che la produzione in giudizio possa ritenersi autorizzata solo se direttamente riconducibile alle parti in causa e se indispensabile per l'esercizio del diritto di difesa non solo per avvalorare argomentazioni difensive a titolo esemplificativo e comparativo che i documenti avrebbero potuto essere utilizzati solo rendendo non identificabile il soggetto a cui si riferiscono. 2.- Con l'unico motivo la Banca ricorrente denuncia violazione dell'art. 24 lett. f del d. lgs. n. 196/2003 cit., anche in relazione agli art. 2, 24 e 111 Cost., sul rilievo che la decisione impugnata verrebbe a creare un conflitto fra tutela della privacy ed esercizio del diritto di difesa in giudizio. Richiama il Parere 3 giugno 2004 del Garante per la protezione dei dati personali, secondo cui il fatto che le informazioni utilizzate a fini difensivi si riferiscano a soggetti terzi non è decisivo al fine di richiedere il consenso del titolare, purché siano rispettati i principi di pertinenza e di non eccedenza, come deve dirsi del caso in esame, ove la Banca intendeva replicare alle argomentazioni del suo dipendente, secondo cui la famiglia sarebbe rimasta priva di mezzi, in mancanza del suo reintegro nel posto di lavoro. 3.- Deve essere preliminarmente respinta l'eccezione della resistente - peraltro immotivata - di improcedibilità del ricorso perché non notificato al Garante, come prescritto per l'atto introduttivo del giudizio. La legge non prescrive alcuna notifica al Garante, se non quando il ricorso si rivolga contro un provvedimento dello stesso. In tal senso deve essere interpretato il disposto dell'art. 152, 4 e 7 comma, d. lgs. 196/2003. Qualora si tratti di materie di particolare importanza o che presentino profili controversi e meritevoli dell'interessamento del Garante, spetterà al giudice valutare se disporre che sia data comunicazione allo stesso della pendenza della controversia, se del caso anche tramite la notificazione a lui degli atti di parte. Nella specie non ricorre alcuno degli estremi di cui sopra. 4.- Nel merito, il ricorso è fondato. In primo luogo, non si può condividere l'affermazione del Tribunale circa l'estraneità della P. alla controversia nel corso della quale la Banca ha esercitato il suo diritto. Non solo la situazione patrimoniale della stessa ha costituito oggetto di discussione e di accertamento giudiziale su sollecitazione di una delle parti del processo, cioè del C. , ma soprattutto questi ha fatto indirettamente valere, accanto al suo, gli interessi dell'intero nucleo familiare, ivi inclusa la moglie e l'esigenza della stessa di rimborsare un mutuo sicché le condizioni economiche di lei costituivano in certa misura oggetto riflesso di controversia, nello stesso interesse di lei donde anche la legittimazione della controparte a difendersi sul punto, adducendo i fatti a sua conoscenza idonei a contrastare l'avversaria affermazione e la relativa documentazione, fra cui quella diretta a dimostrare che anche la moglie del ricorrente godeva di uno stipendio. In secondo luogo il c.d. trattamento dei dati riservati - nella specie, la diffusione dei documenti relativi all'entità della retribuzione della moglie del ricorrente per il reintegro nel posto di lavoro - è avvenuto esclusivamente in relazione ad un soggetto che già era conoscenza dei suddetti dati, unica controparte della Banca essendo il marito della stessa P. , che aveva fatto della sua personale conoscenza della situazione patrimoniale della moglie e della famiglia, specifico argomento di difesa delle sue ragioni. A fronte di tali deduzioni, non poteva essere negato alla Banca il diritto di difendersi e di confutare le avversarie ragioni, utilizzando i documenti di cui era legittimamente in possesso a dimostrazione dei redditi della moglie. La giurisprudenza ha più volte chiarito che l'art. 24 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 permette di prescindere dal consenso dell'interessato quando il trattamento dei dati sia necessario per far valere o difendere un diritto in giudizio, pur se tali dati non riguardino una parte del giudizio in cui la produzione viene eseguita Cass. civ. Sez. 1, 20 settembre 2013 n. 21612 . Unica condizione richiesta è che la produzione sia pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità che sia cioè utilizzata esclusivamente nei limiti di quanto necessario al legittimo ed equilibrato esercizio della propria difesa Cass. civ. S.U. 8 febbraio 2011 n. 3033 Cass. civ. Sez. 1, 11 luglio 2013 n. 17204 e 1 agosto 2013 n. 18443, ed altre . Manifestamente illogica è poi la motivazione del Tribunale, secondo cui la produzione in giudizio dei cedolini delle retribuzioni della P. sarebbe stata lecita solo se anonima. Ciò equivarrebbe a dire che la produzione sarebbe stata legittima solo se inefficace, considerato che l'anonimato delle buste paga avrebbe privato la difesa della Banca di ogni pratica utilità, essendo in discussione le condizioni economiche del C. e della sua famiglia non quelle di un personaggio ignoto. In definitiva, va ribadito il principio per cui l'interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere, a fronte di autentiche esigenze di difesa di altri interessi giuridicamente rilevanti, fra cui quello al corretto e coerente esercizio del diritto di difesa in giudizio, assumendo in ogni caso e a fronte di ogni decisione come criterio direttivo la comparazione tra gli interessi concretamente coinvolti comparazione a cui deve procedere il giudice del merito, sulla base del suo sereno ed equilibrato apprezzamento cfr. sul tema, Cass. civ. Sez. Lav. 30 giugno 2009 n. 15327 . Le questioni bagatellari, i casi in cui l'asserito abuso sia in realtà privo di ogni pratica rilevanza e inidoneo a produrre alcuna conseguenza pregiudizievole, venendo i dati diffusi solo fra coloro che già li conoscono, debbono essere senza timore accantonati. Ferme restando le esigenze di fondo a cui si ispira la normativa in tema di riservatezza, l'abuso di protezione avrebbe il solo effetto di ingolfare il sistema e di annacquare nell'indifferenziazione la tutela delle situazioni e degli interessi effettivamente meritevoli. 5.- La sentenza impugnata è annullata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito. La domanda di P.P. non è fondata e deve essere rigettata, avendo la Banca Popolare dell'Etruria legittimamente esercitato il suo diritto di difesa, tramite atti anche oggettivamente inidonei a ledere il diritto della resistente alla riservatezza. 6.- Considerata la natura della controversia e le presumibili difficoltà di interpretazione della normativa, desumibili anche dal fatto che la tesi della ricorrente è stata condivisa dal Tribunale, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dell'intero giudizio, ivi incluso il presente grado. P.Q.M. La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da P.P. . Compensa le spese dell'intero giudizio.