Fabbricati in aree confinanti: vale la regola del “vivi e lascia vivere”

Nel caso di proprietà confinanti che si trovino ai limiti di zone disomogenee, ciascun proprietario può pretendere dal confinante il rispetto delle distanze previste per la zona in cui si trova l’edificio dello stesso confinante.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 7512 del 31 marzo 2014. Il fatto. Una distilleria conveniva in giudizio i signori C. chiedendo che fossero condannati ad arretrare il fabbricato costruito in area limitrofa a quella di sua proprietà, sulla quale insisteva lo stabilimento industriale, in quanto posto a distanza inferiore a quella minima prevista dal piano regolatore vigente. I convenuti, dal canto loro, assumevano che il fabbricato era stato edificato al posto di una costruzione che preesisteva all’entrata in vigore del piano urbanistico e, in via riconvenzionale, chiedevano la condanna della distilleria al risarcimento dei danni causati dai reflui dello stabilimento industriale. In appello, i convenuti venivano condannati ad arretrare il fabbricato di loro proprietà, in quanto nel piano urbanistico di Partinico, mancava una disciplina specifica delle distanze tra costruzioni ricadenti in ambiti disomogenei. Il ricorso applicabili le norme sulle distanze della zona in cui si trova l’edificio dello stesso confinante. Ciò rendeva applicabile il principio secondo cui nel caso di proprietà confinanti che si trovino ai limiti di zone disomogenee, ciascun proprietario può pretendere dal confinante il rispetto delle distanze previste per la zona in cui si trova l’edificio dello stesso confinante. Di conseguenza gli appellati erano tenuti ad osservare le distanze previste per la zona in cui ricadeva la loro proprietà. Inoltre, il fabbricato era stato costruito prima dell’entrata in vigore del nuovo piano regolatore del Comune di Partinico. Mancava, poi, la prova che l’area di sedime del fabbricato coincidesse con quella su cui insisteva la costruzione preesistente. I signori C. proponevano ricorso per cassazione. Regole rispettate. I ricorrenti assumono di aver costruito il fabbricato preesistente con regolare concessione edilizia, dimostrando la coincidenza del sedime. Conseguentemente, gravava sulla controparte l’onere di provare che la ricostruzione non era conforme all’edificio demolito. La regola da applicare sarebbe, quindi, l’art. 873 c.c. quella seguita dai Giudici territoriali, invece, altererebbe il regime urbanistico, contribuendo a creare un tertium genus di regole, riguardanti le distanze tra edifici prospicienti costruiti in zone diversamente disciplinate. Occorre evitare una disparità di trattamento. Le doglianze sono infondate correttamente ha trovato applicazione il principio affermato nella sentenza n. 17339/2003, evitando, così, un’ingiustificata disparità di trattamento che si determinerebbe se i terreni edificabili posti al limite di una zona e immediatamente al confine con un’altra, avente regole diverse, potessero perciò solo sottrarsi alla disciplina cui sono sottoposti i suoli omogenei interni. Quale distanze rispettare? Si comprende, allora, perché le costruzioni sorgenti in una zona omogenea del territorio comunale, per la quale siano previste determinate distanze dai confini o dalle costruzioni sorgenti sui lotti vicini, sono tenute a rispettare dette distanze, a prescindere dalla circostanza che il lotto finitimo o la costruzione su di esso posta sia ubicato in altra zona per cui vigono standard diversi. Il ricorso, dunque, è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 gennaio – 31 marzo 2014, n. 7512 Presidente Triola – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - È impugnata la sentenza della Corte d'appello di Palermo, notificata il 21 gennaio 2008, che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Partinico, che aveva respinto la domanda proposta dalla Distilleria Bertolino s.p.a. nei confronti dei sigg.ri C.E. e G. , ed accolto la riconvenzionale da questi proposta. 1.1. - Con citazione del 3 giugno 1997, la Distilleria Bertolino aveva convenuto in giudizio i sigg.ri C. chiedendo che fossero condannati ad arretrare il fabbricato costruito in area limitrofa a quella di proprietà dell'attrice, sulla quale insisteva lo stabilimento industriale, in quanto posto a distanza inferiore a quella minima prevista dal piano regolatore vigente. I convenuti avevano contestato la fondatezza della pretesa, assumendo che il fabbricato era stato edificato al posto di una costruzione che preesisteva all'entrata in vigore del piano urbanistico, e, in via riconvenzionale, avevano chiesto la condanna della Distilleria al risarcimento dei danni causati dai reflui provenienti dallo stabilimento industriale. 1.2. - Era intervenuta in causa la Unipol assicurazioni s.p.a., in qualità di società assicuratrice della Distilleria Bertolino per la responsabilità civile verso terzi, ed aveva chiesto il rigetto della domanda riconvenzionale o, in subordine, la quantificazione del danno in Euro 490.6. 1.3. - All'esito dell'istruttoria, il Tribunale aveva respinto la domanda dell'attrice e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, aveva condannato la predetta al risarcimento dei danni causati alla controparte, quantificati in Euro 13.518,20. 2. - Proponeva appello la Distilleria Bertolino s.p.a. chiedendo la riforma della sentenza di primo grado. Si costituivano gli appellati ed eccepivano l'improcedibiltà del gravame, chiedendone in ogni caso il rigetto nel merito, con vittoria di spese. 2.1. - La Corte d'appello, dichiarata la contumacia della Unipol Assicurazioni s.p.a., accoglieva parzialmente l'appello, condannando i sigg.ri C. ad arretrare il fabbricato di loro proprietà fino a raggiungere la distanza di 20 metri dallo stabilimento industriale, e confermava la condanna della Distilleria Bertolino al risarcimento dei danni in favore della controparte. 2.2. - Osservava la Corte d'appello che - contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado - l'assenza, nel piano urbanistico del Comune di Partinico, di una disciplina specifica delle distanze tra costruzioni ricadenti in ambiti disomogenei non rendeva applicabile l'art. 873 cod. civ. Con orientamento consolidato, la giurisprudenza di legittimità affermava infatti che, nel caso di proprietà confinanti che si trovino ai limiti di zone disomogenee, ciascun proprietario può pretendere dal confinante il rispetto delle distanze previste per la zona in cui si trova l'edificio dello stesso confinante. In applicazione del richiamato principio, gli appellati erano tenuti ad osservare le distanze previste per la zona E2 in cui ricadeva la loro proprietà, e cioè la distanza di 20 metri dallo stabilimento della Distilleria e di 10 metri dal confine. Precisava inoltre la Corte d'appello che la costruzione del fabbricato degli appellati era precedente all'entrata in vigore del nuovo piano regolatore del Comune di Partinico, e che, in ogni caso, non avevano provato che l'area di sedime del fabbricato coincidesse con quella su cui insisteva la costruzione preesistente. 2.3. - L'appello era respinto nella parte in cui censurava l'accoglimento della domanda riconvenzionale. Secondo la Corte d'appello, l'istruttoria svolta in primo grado aveva dimostrato che i magazzini di proprietà dei sigg.ri C. si erano allagati in conseguenza della fuoriuscita dei reflui dallo stabilimento industriale, e la quantificazione del danno era stata effettuata dal CTU secondo criteri prudenziali. 3. - Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso i sigg.ri C. , sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la Distilleria Bertolino s.p.a La Unipol Assicurazioni s.p.a. è rimasta intimata. I ricorrenti hanno depositato memoria in prossimità dell'udienza. Considerato in diritto 1. - Il ricorso deve essere rigettato. 1.1. - Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 872 e 873 cod. civ. in relazione agli artt. 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., nonché vizio di motivazione su un fatto controverso, decisivo. I ricorrenti assumono di aver ricostruito un fabbricato preesistente, con regolare concessione edilizia, e di aver dimostrato la coincidenza del sedime, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d'appello, che sul punto avrebbe omesso di esaminare e valutare i documenti prodotti. Gravava dunque sulla controparte l'onere di provare che la ricostruzione non era conforme all'edificio demolito, per struttura, posizionamento e cubatura. In ossequio all'art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, a corredo del motivo è formulato il quesito di diritto nei seguenti termini [se] nel caso di demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente, assentito da concessione edilizia, è onere di chi propone domanda di arretramento dimostrare e provare, in assenza di specifica norma urbanistica locale regolativa delle distanze in tale specifico caso, se l'edificio è stato ricostruito in eccedenza e in quanta parte si ponga a distanza inferiore di quella che la norma urbanistica locale prevede per le nuove costruzioni”. 1.2. - La doglianza è infondata. I ricorrenti censurano un'affermazione contenuta nella sentenza impugnata che non costituisce la ratio decidendo, della stessa. La Corte d'appello ha infatti ritenuto, in via principale ed assorbente, che, al momento della ricostruzione dell'edificio da parte dei sigg.ri C. , non era stato ancora approvato il Piano Regolatore Generale del Comune di Partinico che avrebbe dispensato le ricostruzioni di edifici demoliti dall'obbligo di osservare le distanze previste per gli edifici nuovi, e sul punto non v'è contestazione. 2. - Con il secondo motivo, svolto in via subordinata, è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 872 e 873 cod. civ I ricorrenti assumono che, in assenza di una disciplina regolamentare locale delle distanze tra costruzioni a confine, ricadenti in zone non omogenee, trovi applicazione l'art. 873 cod. civ., come correttamente affermato dal giudice di primo grado. La Corte d'appello, invece, aveva applicato il principio affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui ciascun proprietario può pretendere dal confinante il rispetto delle distanze previste dagli strumenti urbanistici per la zona omogenea in cui sorge la costruzione del confinante stesso. Ad avviso dei ricorrenti, il richiamato principio non sarebbe convincente negando la funzione integratrice dell'art. 873 cod. civ., si negherebbe in realtà la lacuna della disciplina locale, con il risultato di alterare il regime urbanistico e creare un tertium genus di regole, riguardanti le distanze tra edifici prospicenti costruiti in zone diversamente disciplinate. A corredo del motivo, i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto [se] il confinante, in difetto di specifica disciplina regolamentare, può esigere dall'altro confinante il rispetto delle distanze previste per la zona territoriale omogenea in cui sorge la costruzione di quest'ultimo o, invece, la disciplina del codice civile”. 2.1. - La doglianza è infondata. La Corte d'appello ha fatto applicazione del principio affermato da Cassazione, sentenza 17 novembre 2003, n. 17339, che deve qui essere confermato, giacché in grado di assicurare le esigenze di cui gli stessi ricorrenti invocano la tutela. Il principio è stato enucleato, infatti, per evitare l'ingiustificata disparità di trattamento che si determinerebbe se i terreni edificabili posti al limite di una zona ed immediatamente al confine con altra zona, avente regole diverse, potessero perciò solo sottrarsi alla disciplina cui sono sottoposti i suoli omogenei interni. Con specifico alle costruzioni, si è quindi precisato che le costruzioni sorgenti in una zona omogenea del territorio comunale, per la quale siano previste determinate distanze dai confini o dalle costruzioni sorgenti sui lotti vicini, saranno tenute a rispettare dette distanze, a prescindere dalla circostanza che il lotta finitimo o la costruzione posta su di esso sia ubicato in altra zona per cui vigano standard diversi. 3. - Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.