Giudice si candida a vicesindaco alle amministrative: ecco perché la condotta non è disciplinarmente rilevante

La partecipazione di un magistrato all’attività di propaganda politica in occasione di una determinata competizione elettorale, per una durata limitata nel tempo, è attività coperta dal legittimo esercizio del diritto di elettorato passivo e non viola la deontologia.

È quanto stabilito dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 27987 del 16 dicembre 2013. Candidato alle comunali. Un giudice presso il Tribunale di Avezzano viene condannato, con la sanzione della censura, per illecito disciplinare per avere, in costanza dello svolgimento delle proprie funzioni di magistrato, partecipato attivamente e continuativamente alla campagna elettorale per le elezioni amministrative del Comune di Cassino, nel corso delle quali egli si era ripetutamente e pubblicamente schierato a favore del candidato sindaco di centro-destra, presentandosi all’elettorato come designato alla carica di vicesindaco. Avverso la pronuncia della Sezione Disciplinare del CSM, l’uomo propone ricorso in Cassazione. Principio di tipicità. Con il primo motivo, il ricorrente evidenzia che la mera partecipazione alla campagna elettorale amministrativa in qualità di candidato vicesindaco indicato da una lista civica e non dal partito non concreta la fattispecie disciplinare della partecipazione stabile e continuativa all’attività di un partito politico. Né è lesa l’imparzialità del magistrato in caso di presentazione di una candidatura e di assunzione di incarichi amministrativi in enti locali fuori dal territorio in cui il magistrato esercita le proprie funzioni. In particolare, viene dedotto in materia disciplinare il principio di tipicità l’attività di campagna elettorale svolta, in un arco temporale assai ristretto, in favore di una lista civica, fuori dal territorio di esercizio delle proprie funzioni, non può rientrare nella nozione di partito politico. Diritto di elettorato passavo. Il ricorso è fondato premette la Sezione Disciplinare che il d.lgs. l8 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, contempla, all'art. 60, comma 1, n. 6, un'incompatibilità tra la candidatura ad elezioni locali e lo svolgimento di funzioni giudiziarie prevedendo che non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale nel territorio nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonché i giudici di pace. Nella specie, di ineleggibilità/incompatibilità non si può parlare posto che il giudice esercita funzioni giudiziarie in un circondario diverso da quello dove risultava candidato. Inoltre il candidato vicesindaco può chiedere all’elettorato di votare il candidato sindaco che lo nominerà, sostenendo, così, la propria candidatura. E questa attività di propaganda elettorale appartiene al diritto di elettorato passivo in senso lato, garantito dall’art. 51, co. 1, Cost. Tutto ruota intorno al principio della terzietà del giudice. La contestazione disciplinare riguarda, più specificamente la partecipazione, sempre da parte del magistrato, all’attività di un partito politico, sistematicamente e continuativamente. Occorre premettere, come sottolineato ripetutamente dalla Corte Costituzionale, che il superiore canone della terzietà del giudice - che lo vuole imparziale ed indipendente - vale non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giudiziarie, ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità. L'iscrizione o partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici dei magistrati - per i quali art. 98, co. 3, Cost. ha demandato al legislatore ordinario la facoltà di stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici - compromette ex se tale terzietà il dovere di imparzialità del magistrato connota la sua posizione e costituisce una ragione giustificatrice sufficiente per una disciplina differenziata . Nella specie, la condotta tenuta dal ricorrente, attraverso la partecipazione a comizi elettorali, il rilascio di interviste, e il sostegno pubblico di un candidato di un partito avente rilevanza nazionale, integra gli estremi dell’adesione a un’attività partitica, la cui continuità e sistematicità sono state desunte da plurimi elementi. Uno sguardo alla Costituzione. Ora, l'attività di propaganda elettorale nell'esercizio del diritto di elettorato passivo e la partecipazione all'attività di un partito politico sono condotte contigue. L'art. 49 Cost. prevede in generale la possibilità di ogni cittadino di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Partiti in senso lato sono anche le liste civiche pur se si riducono talvolta a mere liste elettorali di candidati che condividono il medesimo programma politico in vista di una determinata competizione elettorale. In tal caso l'attività di propaganda elettorale di chi partecipa come candidato alla lista civica ha anche la valenza di partecipazione a quest'ultima come partito politico. Ma si tratta di un tipo di partecipazione ad un partito politico che, per il fatto di consistere nell'attività di sollecitazione del consenso in una competizione elettorale i.e. attività di propaganda elettorale , è comunque scriminata, sul piano disciplinare per il magistrato, dall'esercizio del diritto di elettorato passivo di cui all'art. 51, co. 1, Cost. Nella specie, quindi, il fatto che il giudice si sia speso nella competizione elettorale che lo vedeva come candidato vicesindaco costituisce null'altro che espressione del diritto di elettorato passivo che spetta anche ai magistrati che, in altro circondario, svolgano funzioni giudiziarie. Come sottolineato dalla Corte Costituzionale, questo non lede il carattere della terzietà del giudice come, invece, in presenza di un coinvolgimento sistematico e continuativo. La condotta è punibile solo in presenza di connotati specifici. Tali requisiti sono stati individuati, in riferimento alla condotta del ricorrente, solo sulla base del consenso, da lui prestato all’uso della sua immagine nei manifesti elettorali ma ciò non è assolutamente sufficiente la partecipazione ad un partito politico è rilevante disciplinarmente solo se sistematica e continuativa e quindi, nella specie, avrebbe potuto costituire addebito disciplinare solo ove non fosse stata circoscritta e limitata ai giorni della campagna elettorale, ma avesse avuto un contenuto ed una portata più ampia mirante al conseguimento di vantaggi ingiusti per sé e per gli altri ma questo, di fatto, non si è verificato. In conclusione, l'impugnata sentenza è affetta da vizio di motivazione nella misura in cui ha tratto dalla partecipazione del giudice all'attività di propaganda politica in occasione di una determinata competizione elettorale, per una durata assai limitata nel tempo, un decisivo elemento di valutazione per ritenere la sistematicità e continuità della partecipazione al partito politico che indicava la sua candidatura a vicesindaco ed a quella coalizione che esprimeva il candidato sindaco, laddove si tratta di attività coperta dal legittimo esercizio del diritto di elettorato passivo atteso che egli, magistrato di tribunale, esercita le sue funzioni giudiziarie in altro circondario, diverso da quello dove aveva luogo la competizione elettorale. Il ricorso,quindi, va accolto.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 24 settembre – 16 dicembre 2013, n. 27987 Presidente Rovelli – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Il dott. T.P.A. , giudice presso il Tribunale di Avezzano, è stato incolpato dell'illecito disciplinare previsto dall'art. 3, comma 1, lettera h , d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, per avere, in costanza dello svolgimento delle proprie funzioni di magistrato del Tribunale di Avezzano, partecipato attivamente e continuativamente all'attività di una formazione politica, in occasione della campagna elettorale per le elezioni amministrative del Comune di Cassino svoltesi nel maggio 2011, nel corso della quale egli si era ripetutamente e pubblicamente schierato - in incontri con gli elettori, in comizi, in manifesti di propaganda politica, in inserti su quotidiani locali - a favore del candidato sindaco per il partito Popolo della libertà P.C. , unitamente al quale si era reiteratamente presentato pubblicamente all'elettorato, quale designato alla carica di vicesindaco. La vicenda processuale trae origine da una segnalazione datata 27 maggio 2011 dell'on. F.A.T. , deputato della Repubblica, contenente plurime allegazioni documentali articoli e rappresentazioni fotografiche riferibili al comportamento tenuto dall'odierno incolpato in occasione delle elezioni amministrative 2011 del Comune di Cassino. La parlamentare lamentava che, nel corso della campagna elettorale per il rinnovo della rappresentanza elettiva del citato ente locale, il dott. T. si fosse schierato ripetutamente e pubblicamente in favore di uno dei candidati a sindaco di un partito politico, candidandosi egli stesso alla carica di vice-sindaco per una lista civica apparentata, pur nella costanza dell'esercizio di funzioni giurisdizionali presso il tribunale di Avezzano. 2. La Procura Generale presso la Corte di Cassazione, con nota del 28 novembre 2011, chiedeva il non luogo a procedere. A suo giudizio l'incolpato non sarebbe incorso in alcuna ipotesi tipica di ineleggibilità prevista dalla legge, poiché esercitava le funzioni in un circondario diverso da quello in cui aveva avanzato la propria candidatura. Inoltre le modalità di partecipazione alla competizione elettorale non avrebbero dimostrato un inserimento organico dell'incolpato nell'attività di un partito, come prevede invece l'ipotesi disciplinare. 3. La Sezione Disciplinare del CSM, con ordinanza n. 55 del 4 maggio 2012, rigettava la richiesta di non luogo a procedere ritenendo necessario un più approfondito vaglio dibattimentale. La Procura generale presso la corte di Cassazione procedeva quindi a chiedere la fissazione dell'udienza, all'esito della quale la Sezione Disciplinare decideva con sentenza n. 32 del 2013 dichiarando il dott. T.P.A. responsabile della incolpazione ascrittagli e infliggendogli la sanzione disciplinare della censura. 4. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il dott. T. con tre motivi illustrati anche nella discussione in pubblica udienza. Il Procuratore Generale ha concluso per l'accoglimento del ricorso quanto al suo terzo motivo. Motivi della decisione 1. Il ricorso è articolato in tre motivi. Con il primo motivo il ricorrente denuncia erronea applicazione dell'art. 3, comma 1, lett. h , d.lgs. n. 109 del 2006, nonché vizio di motivazione. Evidenzia che la mera partecipazione alla campagna elettorale amministrativa in qualità di candidato vicesindaco indicato da una lista civica e non dal partito non concreta la fattispecie disciplinare della partecipazione stabile e continuativa all'attività di un partito politico. Né è lesa l'imparzialità del magistrato in caso di presentazione di una candidatura e comunque di assunzione di incarichi amministrativi degli enti locali fuori dal territorio in cui il magistrato esercita le proprie funzioni. In particolare il ricorrente deduce che in materia disciplinare vige il principio della tipicità. Nella specie vi era stata soltanto la campagna elettorale e un apparentamento della lista civica con un partito politico che aveva il candidato sindaco. Non poteva pertanto parlarsi di partecipazione a un partito politico. Inoltre il ricorrente deduce che nella campagna elettorale non aveva mai utilizzato il simbolo del partito della candidato sindaco sicché non c'era stato coinvolgimento nell'attività del partito. La sentenza impugnata - deduce ancora il ricorrente - richiama anche un intervento dell'on. A. in favore del candidato sindaco con riferimento al ricorrente in quanto magistrato candidato vide vicesindaco. Però l'on. A. era all'epoca ministro della giustizia e quindi titolare dell'azione disciplinare nondimeno nulla ebbe ad eccepire circa il comportamento del ricorrente. In ogni caso l'attività di campagna elettorale svolta in favore di una lista civica non poteva rientrare nella nozione di partito politico. Altresì era mancata la continuità della condotta contestata la sentenza impugnata ha fatto riferimento solo a episodi della campagna elettorale racchiusi in un breve arco di tempo. Né c'era stata alcuna lesione dell'immagine di imparzialità del magistrato come poteva desumersi dalla risoluzione del 29 aprile 2010 del Consiglio superiore della magistratura con riferimento alla presentazione di una candidatura o comunque all'assunzione di incarichi amministrativi presso enti locali fuori dal territorio in cui il magistrato esercita le sue funzioni. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la mancata assunzione di una prova decisiva di cui la parte aveva fatto richiesta nei termini di legge. Era stata chiesta infatti l'audizione del teste avv. G.M.B. , rappresentante della lista civica Rinascita per Cassino, al fine di provare che il ricorrente non era mai stato organicamente inserito nel partito che sosteneva il candidato sindaco. Con il terzo motivo il ricorrente - denunciando la violazione degli artt. 6, 7 e 12 d.lgs. n. 109 del 2006 - censura la decisione della Sezione Disciplinare nella parte in cui ha applicato la sanzione della censura e non già quella del semplice ammonimento di ciò si duole il ricorrente affermando che la condotta contestata non poteva essere qualificata come grave e come espressione di una intensa pervicacia. 2. Il ricorso - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi - è fondato. 3. Premette la Sezione Disciplinare che il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, contempla, all'art. 60, comma 1, n. 6, un'incompatibilità tra la candidatura ad elezioni locali e lo svolgimento di funzioni giudiziarie prevedendo che non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonché i giudici di pace. Nella specie non si è verificata alcuna situazione di ineleggibilità/incompatibilità atteso che il dott. T. esercitava le funzioni giudiziarie in un circondario diverso da quello dove risultava candidato sicché la Sezione Disciplinare ha potuto escludere che il magistrato avesse violato la legge in materia elettorale. È quindi indubitabile che il dott. T. avesse nella specie - ed esercitasse legittimamente - il diritto di elettorato passivo nelle elezioni amministrative per l'elezione del sindaco di Cassino nel maggio del 2011, atteso che il magistrato svolgeva le sue funzioni fuori dal circondario del tribunale di Cassino essendo egli addetto al tribunale di Avezzano. Il diritto di elettorato passivo si accompagnava poi al diritto di partecipare alla competizione elettorale sostenendo la propria candidatura. In vero la impugnata sentenza della Sezione Disciplinare non indugia sul diritto di elettorato passivo del dott. T. , che però richiede un chiarimento. Il dott. T. era candidato vicesindaco, come tale indicato da una lista civica appartenente alla coalizione che esprimeva il candidato sindaco. In realtà è solo il sindaco che viene eletto dai cittadini muniti di elettorato attivo secondo quanto previsto dall'art. 46, comma 1, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, cit Invece il vicesindaco non è eletto, ma è nominato dal sindaco che ne da comunicazione al consiglio comunale ex art. 46, comma 2, d.lgs. n. 267/2000 cit Se però la coalizione che esprime il candidato sindaco indica anche il possibile vicesindaco, si ha che la proposta politica all'elettorato si estende anche a quest'ultimo e può parlarsi in senso lato di candidato vicesindaco in affiancamento al candidato sindaco. Quest'ultimo - non diversamente dalla lista che lo indica nonché dall'intera coalizione - può domandare all'elettorato di votare il candidato sindaco che lo nominerà vicesindaco ossia può partecipare alla competizione elettorale sostenendo la propria candidatura con il fatto di sostenere la candidatura del candidato sindaco. Questa attività di propaganda elettorale appartiene al diritto di elettorato passivo in senso lato, garantito a livello costituzionale dall'art. 51, primo comma, Cost Correttamente pertanto la Sezione Disciplinare non prende in considerazione come condotta disciplinarmente rilevante il fatto che il dott. T. abbia partecipato alla competizione elettorale come candidato vicesindaco nel senso sopra precisato. 4. La contestazione disciplinare concerne invece tutt'altra condotta quella di avere partecipato, sistematicamente e con continuità, all'attività di un partito politico. L'art. 3, comma 1, lettera h , d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, sanziona appunto, tra l'altro, l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici condotta questa che si affianca a quella di coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato . Il parallelismo di queste condotte previste entrambe nella lettera h del comma 1 dell'art. 3 cit. evidenzia la differenza consistente nell'incidenza negativa sulla terzietà del giudice che in quest'ultima, più ampia, ipotesi è da verificare caso per caso, mentre è presunta nel caso di iscrizione o partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici non richiedendosi la verifica che ciò possa condizionare l'esercizio delle funzioni del magistrato terzietà effettiva o comunque possa comprometterne l'immagine terzietà percepita , dovendo il magistrato, rispettivamente e al contempo, essere terzo ed apparire terzo. Il superiore canone della terzietà del giudice - che lo vuole imparziale ed indipendente - vale non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giudiziarie, ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità” Corte cost. n. 224 del 2009 . L'iscrizione o partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici dei magistrati - per i quali art. 98, terzo comma, Cost. ha demandato al legislatore ordinario la facoltà di stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici - compromette ex se tale terzietà il dovere di imparzialità del magistrato connota la sua posizione e costituisce una ragione giustificatrice sufficiente per una disciplina differenziata Corte cost. n. 172 del 1982, n. 100 del 1981, n. 145 del 1976 . 5. Nella specie secondo la Sezione Disciplinare il fatto che il dott. T. fosse stato indicato da una lista civica alla carica di vice-sindaco di una giunta comunale può equipararsi ad adesione ad attività di partito. Afferma la Sezione disciplinare che partecipare [ .] a comizi elettorali e rilasciare interviste alla stampa e così sostenere pubblicamente un candidato di un partito a rilevanza nazionale integra gli estremi della partecipazione ad una tipica attività di partito, la campagna elettorale appunto”. La continuità e sistematicità della partecipazione all'attività di un partito politico è poi stata desunta da alcuni elementi di fatto. Vi sono stati innanzi tutto alcuni manifesti elettorali un manifesto elettorale pubblicitario, su camion-vela, recante la scritta Giudice T.P.A. - P.C. - candidato a Sindaco - Insieme per Cassino , nonché una foto che ritraeva T. e P. impegnati in una stretta di mano un altro manifesto elettorale recava la scritta T.P.A. magistrato , preceduta da uno slogan politico e pubblicato su un quotidiano locale del 13.5.2011. Vi sono poi stati alcuni articoli della stampa locale. Un articolo pubblicato sul quotidiano locale OMISSIS del giorno OMISSIS , titolato L'uomo giusto per la svolta . Nel corpo del suddetto articolo si dava atto del sostegno al candidato sindaco manifestato dall'allora Ministro della Giustizia, On. A.A. , riportando, nel virgolettato, l'affermazione di quest'ultimo del seguente tenore A Cassino abbiamo scelto una coalizione omogenea che vedrà addirittura un magistrato come vicesindaco . Un altro articolo pubblicato sul quotidiano locale OMISSIS del giorno OMISSIS , che indicava il T. come designato alla carica di vice-sindaco e conteneva alcune considerazioni di quest'ultimo a carattere politico nei confronti del partito avverso. Un ulteriore articolo pubblicato sul quotidiano locale OMISSIS del giorno OMISSIS conteneva una foto del comizio elettorale del 10.05.2011 raffigurante, sul palco, l'On.le A. assieme, tra gli altri, al dott. T. . Nell'articolo si riportavano le dichiarazioni dell'On.le A. , il quale affermava P. è l'uomo giusto per governare Cassino anche perché avrà un magistrato come vice sindaco . Infine un articolo pubblicato sul quotidiano locale OMISSIS del giorno OMISSIS conteneva una foto che ritraeva il T. assieme al candidato sindaco P. , sul palco del comizio elettorale del 10.05.2011, entrambi con la mano alzata in segno di vittoria. Questi elementi di fatto hanno indotto la Sezione Disciplinare a ritenere non solo la partecipazione del dott. T. all'attività di un partito politico, ma anche la connotazione della stessa come sistematica e continuativa. 6. Orbene l'attività di propaganda elettorale nell'esercizio del diritto di elettorato passivo e la partecipazione all'attività di un partito politico sono condotte contigue. L'art. 49 Cost. prevede in generale la possibilità di ogni cittadino di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Non occorre una particolare organizzazione dell'associazione né alcuna stabilità nel tempo. Partiti in senso lato sono quindi anche le liste civiche pur se si riducono talvolta a mere liste elettorali di candidati che condividono il medesimo programma politico in vista di una determinata competizione elettorale. In tal caso l'attività di propaganda elettorale di chi partecipa come candidato alla lista civica ha anche la valenza di partecipazione a quest'ultima come partito politico. Ma si tratta di un tipo di partecipazione ad un partito politico che, per il fatto di consistere nell'attività di sollecitazione del consenso in una competizione elettorale i.e. attività di propaganda elettorale , è comunque scriminata, sul piano disciplinare per il magistrato, dall'esercizio del diritto di elettorato passivo di cui all'art. 51, primo comma, Cost Nella specie quindi il fatto che il dott. T. si sia speso nella competizione elettorale che lo vedeva come candidato vicesindaco costituiva null'altro che espressione del diritto di elettorato passivo che spetta anche ai magistrati che, in altro circondario nel caso di magistrati addetti ad un tribunale, svolgano funzioni giudiziarie. Questa inevitabile contiguità, che poteva ridondare in sovrapposizione, tra l'attività di propaganda elettorale, quale proiezione del diritto di elettorato passivo, e la partecipazione ad un partito politico costituiva un elemento di criticità nell'originaria formulazione del cit. art. 3, comma 1, lett. h , d.lgs. n. 109/2006 che prevedeva come condotta disciplinarmente rilevante oltre all'iscrizione anche la mera partecipazione a partiti politici” tout court. La novellata formulazione della lettera h del primo comma dell'art. 3 cit., come modificato dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269 recante modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario , è più precisa perché prevede ora che la partecipazione a partiti politici debba essere sistematica e continuativa” Corte cost. n. 224 del 2009 parla di organico schieramento con una delle parti politiche in gioco” qualificazione questa che accentua la divaricazione concettuale tra l'attività di propaganda elettorale nell'esercizio del diritto di elettorato passivo, che è consentita ed è legittima, e quella - potenzialmente rilevante sul piano disciplinare - di partecipazione ad un partito politico. Infatti la preclusione per il magistrato di svolgere un'attività sistematica e continuativa” di partecipazione ad un partito politico non infirma né limita il diritto di elettorato passivo né quello di propaganda politica in occasione di una competizione elettorale ed è pienamente compatibile con tale diritto di rilievo costituzionale. La Corte costituzionale sent. n. 224 del 2009 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera h , del cit. d.lgs. n. 109 del 2006, sollevata, in riferimento a vari parametri e segnatamente all'art. 49 della Costituzione, dalla Sezione Disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. In particolare la Corte costituzionale - nel sottolineare che un conto è la partecipazione sistematica e continuativa alla vita di un partito politico, altro è l'accesso alle cariche elettive - ha rimarcato il valore centrale dell'indipendenza della magistratura e della terzietà del giudice, a presidio della quale la disposizione contenuta nell'art. 3, comma 1, lettera h , del cit. pone delle limitazioni affinché il giudice sia non solo terzo ma anche appaia terzo laddove invece il coinvolgimento in modo sistematico e continuativo in attività politica lede il carattere di terzietà del giudice. Sono quindi soprattutto la sistematicità e la continuità di quest'ultima attività a marcare la differenziazione tra ciò che per il magistrato è pienamente legittimo e ciò che invece costituisce condotta sanzionabile disciplinarmente. 7. La Sezione Disciplinare, ben consapevole di tale differenziazione, ha valutato - ed ha ritenuto sussistente - il requisito della sistematicità e continuità della partecipazione ad un partito politico ad opera del dott. T. . Ma ciò ha fatto in modo intrinsecamente contraddittorio. Ha considerato infatti - come già sopra rilevato - il consenso del dott. T. all'utilizzo della sua immagine e della sua qualifica nei sopra menzionati manifesti elettorali ed il fatto che quest'ultimo si sia speso nella campagna elettorale pubblicamente affiancandosi al candidato sindaco e presentandosi come candidato vicesindaco. Tutto ciò però è avvenuto - per quanto risulta dalla sentenza impugnata - nell'arco di pochi giorni - dal 10 al 13 maggio 2011 - ed unicamente nel contesto della campagna elettorale per le elezioni comunali del 2011. C'è stata quindi un'attività di propaganda elettorale in una ben determinata competizione elettorale, circoscritta nel tempo, che è espressione del legittimo esercizio del diritto di elettorato passivo, ma che per il dott. T. ha significato anche partecipazione ad una lista civica, ossia - per quanto sopra già considerato - partecipazione ad un partito politico. Ma ciò non basta perché la partecipazione ad un partito politico è rilevante disciplinarmente solo se sistematica e continuativa e quindi, nella specie, avrebbe potuto costituire addebito disciplinare solo ove non fosse stata circoscritta e limitata ai giorni della campagna elettorale, ma avesse avuto un contenuto ed una portata più ampia. La sistematicità e continuità di tale partecipazione avrebbero implicato un'attività ulteriore, non limitata a quella strettamente ricollegata all'esercizio del diritto di elettorato passivo. Si ha quindi che nella specie la sistematicità e continuità della partecipazione alla lista civica che indicava il dott. T. come vicesindaco espresso dalla coalizione di liste a sostegno della candidatura del sindaco risulta in realtà meramente predicata nella sentenza impugnata, ma non supportata da elementi di fatto. Il marcato scostamento tra il fatto i.e. manifesti pubblicitari ed esternazioni pubbliche concentrati in pochi giorni della campagna elettorale per l'elezione del sindaco e la sua qualificazione in termini di sistematicità e di continuità della partecipazione alla lista civica in un contesto di legittimo esercizio del diritto di elettorato passivo mediante propaganda elettorale emerge già di per sé come vizio di motivazione. Ma l'asimmetria argomentativa si coglie anche nella ripetuta sottolineatura - che è nella decisione impugnata - della criticata spendita della qualità di appartenente all'ordine giudiziario da parte del dott. T. che avrebbe avuto l'effetto di turbare l'immagine di neutralità che deve sempre accompagnare gli appartenenti all'ordine giudiziario”. In sostanza l'impugnata sentenza - alla quale non sfugge che la partecipazione del dott. T. alla lista civica pur qualificando questa come partito politico , che lo ha indicato come candidato vicesindaco nelle elezioni comunali, si colloca tutta nell'ambito e nell'immediatezza delle elezioni comunali ed è quindi scriminata dall'esercizio del diritto di elettorato passivo spettante al magistrato - colora tale condotta facendo riferimento a qualcosa di ulteriore e diverso l'appannamento dell'immagine di terzietà del magistrato che non vale però a connotare di sistematicità e di continuità la condotta contestata al magistrato incolpato quella di partecipazione ad un partito politico . La spendita della qualifica di magistrato pur in un contesto di propaganda elettorale può essere, per i modi in cui è predicata dal magistrato stesso, certamente indebita e disciplinarmente rilevante ma in tale evenienza rientrerebbe nella diversa fattispecie di cui alla lett. a del primo comma dell'art. 3 cit. che appunto prevede come illecito disciplinare l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri” il vantaggio ingiusto consisterebbe nello sviamento dell'elettorato suggestionato dalla spendita della qualifica di magistrato. Ma questa fattispecie disciplinare, che sarebbe rilevante in modo autonomo, non risulta essere stata contestata al dott. T. e quindi, ove anche la sua condotta integrasse la fattispecie di cui alla lett. a del primo comma dell'art. 3 cit., non può comunque rilevare, per altro verso, per colorare l'attività di propaganda elettorale nel senso che non può ritenersi essere idonea a riscontrare quel carattere di sistematicità e continuità nella partecipazione ad un partito politico, che è la condotta contestata al dott. T. e di cui quest'ultimo è stato ritenuto responsabile. 8. In conclusione l'impugnata sentenza è affetta da vizio di motivazione nella misura in cui ha tratto dalla partecipazione del dott. T. all'attività di propaganda politica in occasione di una determinata competizione elettorale, per una durata assai limitata nel tempo pochi giorni , un decisivo elemento di valutazione per ritenere la sistematicità e continuità della partecipazione al partito politico che indicava la sua candidatura a vicesindaco ed a quella coalizione che esprimeva il candidato sindaco, laddove si trattava di attività coperta dal legittimo esercizio del diritto di elettorato passivo atteso che il dott. T. , magistrato di tribunale, esercitava le sue funzioni giudiziarie in altro circondario, diverso da quello dove aveva luogo la competizione elettorale. Mentre la asserita indebita spendita, in tale occasione, della qualità di magistrato non valeva ad integrare il requisito della sistematicità e continuità della partecipazione al partito politico, ma avrebbe potuto costituire semmai autonoma e diversa condotta disciplinarmente rilevante ai sensi della lett. a del primo comma dell'art. 3 d.lgs. n. 109/2006 cit Il ricorso va quindi accolto e conseguentemente va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. Sussistono giustificati motivi in considerazione della problematicità delle questioni dibattute per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura compensa le spese di questo giudizio di cassazione.