Sì all’azione revocatoria durante il procedimento di amministrazione straordinaria, ma solo nella fase liquidatoria

L’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, quale disciplinato dal d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in l. 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni e integrazioni, si connota per la sua preordinazione alla riorganizzazione delle strutture produttive delle dette imprese, in vista del loro risanamento, mentre, solo subordinatamente all’eventualità che questi fini risultino non più realizzabili, consente l’apertura di una fase liquidatoria destinata al soddisfacimento delle ragioni dei creditori ne consegue che l’azione revocatoria fallimentare, avendo come presupposto il compimento, da parte del debitore, di atti di dispersione patrimoniale lesivi della par condicio creditorum , è ispirata a finalità recuperatorie estranee alla fase conservativa dell’amministrazione straordinaria e coerenti soltanto con quelle dell’eventuale fase liquidatoria, con il corollario che la medesima azione, non esperibile in relazione alla prima, lo diviene, invece, al verificarsi di siffatta eventualità, con un ambito operativo da riferirsi necessariamente al momento in cui inizia la liquidazione dei beni.

Con la pronuncia del 12 dicembre 2013, n. 227876, la Corte di Cassazione, definendo in via preliminare su una questione processuale di ammissibilità del ricorso, svolge un interessante excursus sulla giurisprudenza di legittimità relativa alla compatibilità tra azione revocatoria e amministrazione straordinaria della grandi imprese, come originariamente disciplinata dalla legge n. 95 del 1979. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione trae origine dall’azione revocatoria fallimentare promossa dal curatore di una società posta in amministrazione straordinaria secondo la procedura di cui alla l. n. 95 del 1979, nei confronti di una banca e relativa ad una serie di rimesse effettuate, in favore di tale banca, nel periodo precedente all’ammissione nella procedura. In primo e secondo grado i Giudici di merito rigettano la domanda, rilevando un vizio di legittimazione a proporre la domanda da parte del curatore, sul rilievo che la legge n. 95 del 1979, in base alla quale egli era stato nominato nel suddetto ufficio ed in tale veste agiva in giudizio, era stata in più occasioni ritenuta incompatibile con il diritto comunitario, in quanto asseritamente considerata come un aiuto, vietato dal Trattato CE. La Corte di Cassazione, invece, accoglie il ricorso rimettendo la decisione alla Corte di appello, sul rilievo che la predetta legge non è stata interamente dichiarata incompatibile con l’ordinamento comunitaria, ma solo in parte e non nella parte in cui consentiva l’azione revocatoria nella fase di liquidazione da parte del curatore. Amministrazione straordinaria, grandi imprese e diritto comunitario compatibilità o no? Il d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, conv., con modif., in l. 3 aprile 1979, n. 95, sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, contrasta - in base alle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 1 dicembre 1998 C-200/97 e 17 giugno 1999, nonché alla decisione della commissione 16 maggio 2000 2001/212/Ce, che hanno carattere vincolante - con la normativa comunitaria solo relativamente a quelle disposizioni che prevedono aiuti di stato non consentiti pertanto, anche l’accertamento dell’incompatibilità con il diritto comunitario delle agevolazioni fiscali godute dall’impresa in amministrazione straordinaria può comportare l’invalidità di tali aiuti di stato, ma non certo la caducazione dell’intera procedura e, di conseguenza, non incide sull’ammissibilità dell’azione revocatoria esercitata dal commissario. Amministrazione straordinaria e aiuto di stato il parere della Commissione CE. La Commissione CE, con decisione n. 2001/212/Ce del 16 maggio 2000, ha escluso l’incompatibilità tra l’intera l. 3 aprile 1979, n. 95 e le norme che regolano il mercato comune, affermando che, nell’ambito della predetta legge, configurano aiuti di stato soltanto le disposizioni che prevedono la concessione di vantaggi specifici e l’attribuzione di risorse pubbliche a favore di beneficiari individuabili. Detta decisione è stata assunta a partire dal principio per il quale, in tema di compatibilità della concessione di aiuti di stato con l’ordinamento comunitario, le decisioni adottate dalla Commissione delle Comunità Europee ai sensi dell’art. 88, n. 2, Trattato CE, sebbene prive dei caratteri di generalità ed astrattezza, sono tuttavia dotate di effetto diretto nei confronti dell’ordinamento nazionale, sia pure limitatamente ai rapporti giuridici intercorrenti tra privati e pubblici poteri c.d. efficacia verticale , e non sono suscettibili di essere sindacate dal giudice nazionale, il quale ne resta vincolato nei rapporti tra privati, peraltro, sebbene le predette decisioni non abbiano efficacia diretta, ben difficilmente il giudice nazionale potrebbe negare natura di aiuto di stato ad una misura nazionale così qualificata dalla commissione europea con decisione divenuta inoppugnabile. Azione revocatoria e amministrazione straordinaria sì, ma a certe condizioni Nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in ordine alla quale tra azione revocatoria fallimentare e fase conservativa sussiste un’incompatibilità logica e di fatto, prima ancora che giuridica, un’effettiva destinazione liquidatoria della procedura di amministrazione straordinaria può manifestarsi già prima del formale avvio del procedimento di alienazione dei beni, perché un’attività di conservazione dell’azienda, nella sua unitarietà funzionale, ben può risultare destinata alla salvaguardia non solo dell’unità produttiva, bensì anche della tutela delle ragioni dei creditori, i quali hanno interesse all’alienazione di un complesso aziendale efficiente e avviato, piuttosto che alla separata alienazione dei singoli beni aziendali ne consegue che l’eventualità di una destinazione liquidatoria della procedura deve essere accertata con riferimento al momento della decisione sull’azione revocatoria, trattandosi di una condizione dell’azione, essendo possibile solo a quella data verificare se e in quale misura l’azione esercitata abbia potuto attribuire un vantaggio alla procedura qualificabile in termini di aiuto di stato. .non è aiuto di stato Tanto premesso, l’azione revocatoria durante la fase liquidatoria nell’ambito del procedimento di amministrazione straordinaria non realizza un aiuto di stato, perché è priva del requisito di specificità, sotto i due profili della selettività e della discrezionalità, che caratterizzano gli aiuti di stato secondo le pronunce interpretative rese al riguardo dalla Corte di Giustizia CE. Azione revocatoria e amministrazione straordinaria anche per l’intero complesso aziendale. L’incompatibilità logica e di fatto, prima ancora che giuridica, tra azione revocatoria fallimentare e fase conservativa dell’amministrazione straordinaria non esclude, però, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, la proponibilità di detta azione nel caso di cessione dell’intero complesso aziendale, quale espressione della destinazione liquidatoria della procedura, da accertarsi al momento della decisione relativa alla proposizione della revocatoria.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 31 ottobre – 12 dicembre 2013, numero 27876 Presidente Salmè– Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Il Commissario dell'Amministrazione straordinaria della s.p.a. Cavirivest chiedeva la revoca di tutti i versamenti di natura solutoria effettuati da Cavirivest o da terzi nell'anno anteriore al 10/3/92, data del decreto di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, sul c/c di corrispondenza intrattenuto con la convenuta Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, nonché di tutte le operazioni qualificabili come contratti mediante le quali la società aveva corrisposto alla Cassa, a titolo oneroso, crediti, titoli di credito, carta commerciale, valuta e titoli mobiliari, e di tutti i versamenti effettuati da terzi e trattenuti dalla Banca come pagamenti delle anticipazioni conseguentemente condannarsi la Banca al pagamento della somma di lire 51.851.957.211 per rimesse sul c/c e lire 20.000.000.000 in relazione ai pagamenti di terzi transitati sui conti ed ai negozi revocabili. La Cassa di Risparmio eccepiva la nullità dell'atto di citazione per genericità, e contestava nel merito la sussistenza dei presupposti della domanda. Con ordinanza del 21/11/97, il Giudice invitava l'Amministrazione Straordinaria ad integrare la citazione ex articolo 164, 5 comma c.p.c. il Commissario depositava atto integrativo, a cui replicava la Banca. Il Tribunale, con sentenza 28/10/2002 numero 2559, dichiarava improcedibile la domanda, in quanto proposta dal Commissario straordinario, privo di legittimazione processuale e sostanziale, attesa la disapplicazione della l. 95/79, per incompatibilità con le preminenti regole dei Trattati comunitari. La Corte d'appello, con sentenza depositata il 9/2/2006, ha respinto l'appello proposto da Cavirivest s.p.a. in a.s., condannando detta parte alle spese del grado. La Corte del merito ha rilevato che, anche a discostarsi dell'orientamento del S.C. di cui alla pronuncia 1011/2003, e quindi a non riconoscere la disapplicazione dell'intera legge 95/79 per incompatibilità con le norme del Trattato CE sugli aiuti di Stato, si sarebbe dovuto concludere per la disapplicazione del d.m. 10/3/92, che, disponendo l'amministrazione straordinaria della società, aveva dato luogo ad almeno due misure di aiuto che secondo la prima decisione della Corte di Giustizia del 1998 rendono illegittima la procedura di a.s., ovvero, il mantenimento dell'impresa in stato di insolvenza a lungo sul mercato e la garanzia pubblica per il sostegno finanziario di quel prolungato mantenimento inoltre, osserva la Corte del merito, dalle periodiche relazioni del Commissario al Ministero ex articolo 205 l.f. emergevano i risultati negativi della gestione commissariale, da cui la disapplicazione del d.m. e la conferma della carenza di legittimazione del commissario straordinario, sia pure con diversa motivazione. Nonostante la rilevata carenza di legittimazione, la Corte d'appello per ragioni di completezza ha valutato l'eccezione di prescrizione, considerando decorso il termine quinquennale a far data dal 10/3/92, visto il deposito in cancelleria dell'atto di integrazione del 17/7/98, e considerato il passaggio in giudicato della statuizione di nullità della citazione, atteso che la parte, dopo avere criticato l'ordine di integrazione nella memoria integrativa, preannunciando che ne avrebbe chiesto la revoca in sentenza , non aveva poi provveduto a tale richiesta in sede di precisazione delle conclusioni né in sede di appello ammesso che potesse farlo . La Corte d'appello, sempre per completezza , ha valutato la prova della conoscenza da parte della Banca dello stato di insolvenza della Cavirivest, rilevando in primis l'esistenza di inequivocabile prova contraria, nel caso il bilancio al 31/12/90, depositato nel maggio 1991, evidenziante l'utile lordo di lire 630.447.504, al netto delle imposte, di lire 344.038.544, il doppio dell'esercizio precedente, nonché le risultanze della relazione degli amministratori. Inoltre, osserva la Corte del merito, a fine 1990, Cavirivest aveva visto accolta la domanda di mutuo a medio termine di 30 mld ed ad aprile 1991, la parte aveva ridotto l'importo richiesto a 20 mld, così riducendo le garanzie, ed il mutuo era stato corrisposto in due tranche, a fine luglio ed inizio agosto 1991 dai docomma 24-28 ter allegati alla memoria istruttoria, risultava documentato il progressivo incremento dei fidi accordato dalla Cassa, operativi sino al 6/2/92, allorquando la Banca, informata dell'intenzione di Cavirivest di chiedere l'ammissione alla procedura, aveva comunicato il recesso dai rapporti creditizi doc.29-30 il regolare svolgimento del rapporto risultava infine anche dall'esame degli estratti del c/c . Quanto agli indizi portati da Cavirivest, il Giudice del merito ha rilevato che le ipoteche erano volontarie a garanzia di mutui chiesti ed ottenuti ed i privilegi derivavano da acquisto di macchine ed attrezzature industriali ex l. 1329/65 che, quanto al tipo di rimesse sul conto ed alle anomalie di rientro delle anticipazioni in valuta estera su fatture, non era chiaro quali fossero le anomalie e risultavano comunque operazioni usuali che, quanto alla sofferenza di insoluti in possesso dell'Istituto convenuto , si trattava di insolvenze di clienti della Cavirivest, né erano stati indicati esattamente quali fossero i ritardi nei pagamenti. Infine, la Corte ha ritenuto di quantificare l'importo revocabile nella differenza tra il massimo scoperto ed il saldo finale del conto, come avallato dalla norma interpretativa della l. 80/05, rilevando altresì che, in ogni caso, sul c/c confluivano plurimi affidamenti di cui si sarebbe dovuto tener conto, così come si sarebbe dovuto tener conto degli insoluti. Avverso detta pronuncia ricorre Cavirivest in a.s. e in liquidazione, con ricorso affidato a cinque motivi. Si difende con controricorso la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Ambedue le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1. Col primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, l. 95/79, degli articolo 67, 195 e 203 l. f., nonché degli articolo 87 e 88 del Trattato CE, in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c 1.2. Col secondo mezzo, la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articolo 87 e 88 del Trattato CE, degli articolo 1, l. 95/79, 203 e 67 l.f., nonché del vizio di contraddittorietà della motivazione. 1.3. Col terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 112, 324, 329, 345, 346 c.p.comma in relazione all'articolo 360 nnumero 3 e 4 c.p.c., nonché vizio di insufficiente motivazione sul fatto decisivo, rappresentato dall'indagine se in primo grado ed appello sia stato riproposto il profilo della revoca dell'ordinanza dichiarativa di nullità della citazione. 1.4. Col quarto motivo,la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2903 e 2943 c.c., nonché dell'articolo 164 c.p.comma in relazione all'articolo 360 nnumero 3 e 4 c.p.c., per avere la Corte del merito ritenuto erroneamente che l'atto di citazione nullo non valesse ad interrompere la prescrizione. 1.5. Col quinto motivo, la ricorrente denuncia il vizio di motivazione insufficiente, illogica e contraddittorietà, in relazione al fatto decisivo della conoscenza dello stato di insolvenza da parte della Cassa e dell'esistenza di rimesse e operazioni con caratteristiche oggettivamente solutorie. 2.1. Va in limine ritenuta l'ammissibilità del ricorso, atteso che dalla relata di notifica in calce al ricorso risulta che la ricorrente ha richiesto all'Ufficiale Giudiziario la notifica del ricorso il 23 marzo 2007, prima della scadenza del termine ultimo ex articolo 327 c.p.comma del 27 marzo 2007. 2.2. Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente, in quanto strettamente correlati, attenendo alla questione della contrarietà alle disposizioni comunitarie della l. 95/79 del decreto di ammissione alla procedura, sono fondati. Come rilevato nella sentenza 27500/06, pronunciata tra le stesse parti e nella quale si poneva parimenti la questione comunitaria, questa Corte in numerose pronunce ha affermato che nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, disciplinata dal D.L. 30 gennaio 1979, numero 26, convertito in L. 3 aprile 1979, numero 95 applicabile ratione temporis l'azione revocatoria esercitabile soltanto dopo la cessazione della fase conservativa dell'impresa e l'inizio di quella liquidatoria non può essere qualificata come aiuto di Stato, vietato dall'articolo 87 già articolo 92 del Trattato CE, trattandosi di istituto privo del requisito della specificità, sotto i due profili della selettività e della discrezionalità, che, alla stregua delle sentenze della Corte di giustizia 1 dicembre 1998, in causa C-200/97, e 17 giugno 1999, in causa C-295/97, caratterizzano gli aiuti di Stato, avuto riguardo all'identità funzionale di detta azione con quella esercitata in sede fallimentare, di generale applicazione, e tenuto conto, altresì, della mancanza del requisito ulteriore dell'impiego di risorse pubbliche, non potendo lo Stato e gli enti pubblici essere considerati naturali soggetti passivi dell'azione revocatoria. Né, d'altro canto, con riferimento all'esperimento di tale azione, può essere considerata come aiuto di Stato la stessa apertura della procedura di amministrazione straordinaria, giacché i vantaggi a carico di risorse pubbliche, individuati dalla Corte di Giustizia con la citata sentenza 17 settembre 1999, possono bene essere disapplicati senza incidere sulla possibilità di una gestione liquidatoria della procedura, gestione che di per sé stessa esclude una prosecuzione dell'attività di impresa con effetti distorsivi della concorrenza Cass. 24.2.2006, numero 4206 Cass. 10.3.2006, numero 5301 Cass. 28.10.2005, numero 21083 . Ed ancora si è osservato che la Commissione CE, con la decisione numero 2001/212/CE del 16 maggio 2000, ha escluso l'incompatibilità tra l'intera L. 3 aprile 1979, numero 95, e le norme che regolano il mercato affermando che, nell'ambito della predetta legge, configurano aiuti di Stato soltanto le disposizioni che prevedono la concessione di specifici vantaggi e l'attribuzione di risorse pubbliche a favore di beneficiari individuabili Cass. 28.10.2005, numero 21083 . La giurisprudenza di questa Corte è poi prevalentemente orientata ormai nel senso che l'azione revocatoria fallimentare, essendo ispirata a finalità recuperatorie estranee alla fase conservativa dell'amministrazione straordinaria, è esperibile nell'eventuale fase liquidatoria ed il suo ambito operativo è da riferirsi necessariamente e correlativamente al momento in cui inizia la liquidazione dei beni oltre alla giurisprudenza già citata, cfr. Cass., 5.9.2003, numero 12936 Cass., 21.9.2004, numero 18915 Cass., 27.12.1996, numero 11519 Cass. 10.3.2006, numero 5301 . E nella specie, l'azione revocatoria è stata esperita nella fase della liquidazione e non della continuazione provvisoria dell'impresa. Né si pone la questione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex articolo 267 TFUE, atteso che l'obbligo della rimessione per il giudice di ultima istanza non sussiste ove questi ritenga di essere in presenza di un acte claire , che in ragione dell'esistenza di precedenti pronunce della Corte ovvero dell'evidenza dell'interpretazione, rende inutile, o non obbligato, il rinvio pregiudiziale sul principio, le pronunce 22103/2007 e 4776/2012 e nel caso, la questione prospettata non integra alcun dubbio interpretativo, alla stregua della pronuncia della Corte di Giustizia del 17 giugno 1999, causa 295/97, punto 42. 2.3. I motivi terzo e quarto sono inammissibili. La Corte d'appello ha respinto l'appello della Cavirivest in a.s., confermando la sentenza del Tribunale, che, accertata la carenza di legittimazione del Commissario straordinario, conseguente alla ritenuta incompatibilità della l. 95/79 con la norma comunitaria prevalente, ha concluso per l'improcedibilità rectius, inammissibilità della domanda. La controversia risulta pertanto definita sul rilievo preliminare della inammissibilità per carenza di legittimazione della parte attrice. La Corte del merito, respinta l'impugnazione attinente al profilo della legittimazione, ritenendo la contrarietà a norma comunitaria della l. 95/79 ovvero del decreto ministeriale di ammissione alla procedura, è passata per ragioni di completezza all'esame delle questioni di merito, anzi della questione preliminare della prescrizione e dei profili di merito in senso stretto. Così argomentando, la Corte d'appello non ha espresso rationes decidendi plurime, in quanto intese a sorreggere la medesima decisione sulla domanda o sull'eccezione, ma ha motivato su altri aspetti, cioè si è espressa su profili della domanda e su eccezioni, il cui esame era alla stessa precluso a ragione della questione decisa. Come efficacemente indicato dalle Sezioni unite nella pronuncia 3840/2007, le argomentazioni così esposte dalla Corte del merito restano irrimediabilmente fuori, appunto, della decisione , riconducibili non già alla decisione adottata, ma semmai, a quella che sarebbe stata adottata ove non ne fosse stato precluso l'esame proprio dalla statuizione assunta. Deve pertanto farsi applicazione del principio espresso nella citata pronuncia delle Sezioni unite, seguito dalle successive pronunce delle sezioni semplici 15234/07, 9647/2011, 19754/2011, secondo il quale, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità o declinatoria di giurisdizione o di competenza , con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnare conseguentemente è ammissibile l'impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata. 3.1. Conclusivamente, accolti i primi due motivi di ricorso, e dichiarata l'inammissibilità dei restanti motivi, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione che si atterrà a quanto sopra rilevato e provvederà alla valutazione dei profili di causa, nonché alla decisione delle spese anche del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara l'inammissibilità degli ulteriori motivi cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.