L’interesse pubblicistico dello Stato prevale sul creditore munito di ipoteca sui beni confiscati

La prevalenza delle esigenze pubblicistiche penali sulle ragioni del creditore del soggetto colpito dalle misure di sicurezza patrimoniali, anche se il primo sia assistito da garanzia reale sul bene, costituisce principio generale dell’ordinamento con la conseguenza che, in tema di confisca prevista dall’art. 12 sexies, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 e successive modificazioni il diritto del creditore, quand’anche assistito da garanzia reale sul bene confiscato iscritta in tempo anteriore ed eccettuato il solo caso in cui il trasferimento del bene pignorato sia intervenuto prima della confisca penale, non può più essere tutelato davanti al giudice civile.

Nel conflitto tra l’interesse del creditore a soddisfarsi sull’immobile ipotecato e quello dello Stato a confiscare i beni, che siano frutto o provento di attività mafiosa, deve prevalere il secondo, onde è inopponibile allo Stato l’ipoteca iscritta su di un bene immobile confiscato, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. n. 575, prima che ne sia stata pronunciata l’aggiudicazione nel procedimento di espropriazione forata, in virtù della norma di diritto transitorio prevista dall’art. 1, comma 194, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Con l’articolata e puntuale pronuncia del 7 ottobre 2013, n. 22814, la Corte di Cassazione, nel solco delle pronunce a sezioni unite del maggio 2013 n. 10532, 10533 e 10534 affronta nuovamente la delicata problematica del rapporto tra confisca penale ed ipoteca iscritta sul bene confiscato, risolvendo l’ipotetico conflitto nel senso della prevalenza della prima, in ragione di un interesse di natura pubblicistica, rispetto all’interesse del creditore titolare di un diritto reale di garanzia su un bene immobile oggetto di confisca. Il caso . La vicenda definita con l’articolata sentenza in commento prende le mosse dall’azione esecutiva avviata da Sicilcassa per il recupero delle somme concesse a titolo di mutuo ad un società, a garanzia del quale era stata iscritta ipoteca su un terreno. Proprio tale terreno, però, nelle more dell’esecuzione, viene soggetto a confisca e, quindi, acquisito dallo Stato. L’esecuzione viene ritenuta improcedibile dal tribunale di primo grado e, nella fase di opposizione agli atti esecutivi, rigettata nel merito. La Sicilcassa propone quindi ricorso per Cassazione ma, successivamente al ricorso, viene accertata, con sentenza penale, l’assenza di buona fede della Sicilcassa in occasione del finanziamento così concesso e la opponibilità, nei suoi confronti, della confisca. La Corte di Cassazione, quindi, pur in presenza della rinuncia della Sicilcassa al ricorso, ritiene di dover esaminare la complessa vicenda, avvalendosi della possibilità prevista dall’art. 363 c.p.c. per il quale, anche quando le parti non hanno proposto ricorso o vi hanno rinunciato, la Corte, ritenendo che la questione decisa è di particolare importanza, può pronunciarsi nel merito ed esprimere il relativo principio di diritto. Misure di prevenzione e garanzia ipotecaria il punto delle Sezioni Unite . Con le decisioni n. 10532, 10533 e 10534 del 7 maggio 2013, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno individuato, in un assetto legislativo assai frammentario, i riferimenti normativi che regolano i rapporti tra le misure di prevenzione e la garanzia ipotecaria. Si segnala, al riguardo, l’art. 2-ter, legge 31 maggio 1965, n. 575 introdotto dall’art. 14, l. 646/1982 e poi modificato dal d.l. 4/2010 , il quale prevede che se risulta che i beni sequestrati appartengono a terzi, questi sono chiamati dal tribunale, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento e possono, anche con l’assistenza di un difensore, nel termine stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca e, con riferimento ai beni immobili indivisi, che per i beni immobili sequestrati in quota indivisa, o gravati da diritti reali di godimento o di garanzia, i titolari dei diritti stessi possono intervenire nel procedimento con le medesime modalità al fine dell’accertamento di tali diritti, nonché della loro buona fede e dell’inconsapevole affidamento nella loro acquisizione. Con la decisione di confisca, il tribunale può, con il consenso dell’amministrazione interessata, determinare la somma spettante per la liberazione degli immobili dai gravami ai soggetti per i quali siano state accertate le predette condizioni . L’intervento della legge di stabilità 2013 . La materia è stata poi oggetto di un ulteriore intervento normativo ad opera della legge 24.12.2012, n. 228 c.d. Legge di stabilità 2013” , applicabile alle misure di prevenzione disposte anteriormente all’entrata in vigore del Codice antimafia, vale a dire il 13 ottobre 2011. In particolare, suscitano interesse, per quanto di rilievo in questa sede, le modifiche introdotte nell’art. 1, commi 194-205 si prevede che, nel caso in cui sia già avvenuta la confisca, nessuna azione esecutiva possa essere iniziata o proseguita, con estinzione dei pesi e degli oneri iscritti o trascritti anteriormente alla confisca. Nel caso di ipoteca costituita anteriormente alla trascrizione del pignoramento, spetta al creditore ipotecario una particolare azione nei confronti dell’amministrazione statale – agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – la quale dovrà predisporre, analogamente che nelle procedure concorsuali, un piano di riparto tra i creditori ammessi. Azioni esecutive e confisca quid iuris? Secondo, quindi, la Cassazione, come anche richiamato nella pronuncia in questione, il divieto di proseguire o iniziare azioni esecutive si applica esclusivamente ai beni confiscati, e non a quelli sequestrati, in forza del tenore letterale dell’art. 1, comma 194, l. 228/2012, per il quale a decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, sui beni confiscati all’esito dei procedimenti di prevenzione non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive . Acquisto a titolo originario del bene confiscato . L’acquisto dei beni da parte dello Stato a seguito della confisca avviene a titolo originario, libero dai pesi e dagli altri oneri trascritti, costituendo, quindi, una causa di estinzione dell’ipoteca. Come visto, tale innovazione è dovuto all’intervento operato con la legge di stabilità 2013, in ciò modificando in via normativa un pregresso orientamento della giurisprudenza, per la quale, invece, l’acquisto veniva effettuato a titolo derivativo. Prevale l’interesse dello Stato o l’interesse del creditore ipotecario sui beni confiscati? Nel conflitto tra l’interesse del creditore a soddisfarsi sull’immobile ipotecato e quello dello Stato a confiscare i beni – in ciò si conferma l’orientamento già espresso dalla Cassazione con le pronunce a sezioni unite di cui sopra - che siano frutto o provento di attività mafiosa, deve prevalere il secondo, onde è inopponibile allo Stato l’ipoteca iscritta su di un bene immobile confiscato, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, prima che ne sia stata pronunciata l’aggiudicazione nel procedimento di espropriazione forzata, in virtù della norma di diritto transitorio prevista dall’art. 1, comma 194, legge 24 dicembre 2012, n. 228, sopra citata. Confisca e rilevanza della buona fede. Anteriormente agli interventi normativi di cui sopra, era sostanzialmente pacifico che l’applicazione della confisca, che determina la successione a titolo particolare dello stato nella titolarità del bene, non comporta l’estinzione dei diritti reali di garanzia costituiti sul bene confiscato a favore dei terzi, i quali possono far valere in sede esecutiva, mediante incidente d’esecuzione, i propri diritti reali o di garanzia, qualora si tratti di terzi in buona fede che abbiano trascritto il proprio titolo anteriormente al sequestro a fini di prevenzione, eseguito ai sensi dell’art. 2 ter, l. n. 575/1965 con la precisazione che incombe ai predetti terzi l’onere di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi necessari ai fini della opponibilità del diritto vantato, e cioè sia la titolarità dello ius in re aliena, il cui titolo deve essere costituito da un atto di data certa anteriore al predetto sequestro, sia la mancanza di qualsiasi collegamento del proprio diritto con l’attività illecita del proposto indiziato di mafia, derivante da condotte di agevolazione o, addirittura, di fiancheggiamento Buona fede del terzo, confisca ed esecuzione immobiliare . In particolare si affermava – ma il principio resta valido anche nell’assetto normativo vigente – che il provvedimento di confisca pronunciato ai sensi dell’art. 2 ter, l. n. 575/1965 nei confronti di un indiziato di appartenenza a consorteria mafiosa, camorristica o similare, non può pregiudicare i diritti reali di garanzia costituiti sui beni oggetto del provvedimento ablativo, in epoca anteriore all’instaurazione del procedimento di prevenzione, in favore di terzi estranei ai fatti che abbiano dato luogo al procedimento medesimo, senza che possa farsi distinzione in punto di competenza del giudice adìto, tra giudice penale e giudice civile e ciò perché tale diritto reale limitato si estingue per le sole cause indicate dall’art. 2878 c.c. la medesima tutela davanti al giudice civile, a maggiore ragione, va riconosciuta all’aggiudicatario-acquirente di un bene in sede di procedura esecutiva forzata immobiliare, la cui posizione, altrimenti sarebbe, senza fondato motivo, irrimediabilmente compromessa.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 settembre - 7 ottobre 2013, n. 22814 Presidente Massera – Relatore De Stefano Svolgimento del processo 1. La Sicilcassa spa, che aveva concesso alla Siciliana Agricola Fontanazza spa un finanziamento fondiario di L. 1.700.000.000, garantito da ipoteca iscritta in data 3.8.88 su di un terreno in agro di Motta Sant'Anastasia, per l'inadempimento della mutuataria, intraprese ai suoi danni e su tale cespite una procedura esecutiva immobiliare, iscritta al n. 1318/94 r.g.e. del tribunale di Catania. Avuta notizia, a seguito delle operazioni di stima dell'immobile staggito, dell'intervenuta sua confisca penale ai sensi dell'art. 12-sexies della legge 356/92 in danno di tale A.P.F. , il giudice dell'esecuzione dichiarò improcedibile la procedura esecutiva con ordinanza del 4.2.05, la quale fu però impugnata con opposizione agli atti esecutivi. Esteso il contraddittorio all'Agenzia del Demanio, il giudice del tribunale di Catania ha ritenuto ammissibile l'opposizione agli atti esecutivi, ma la ha rigettata nel merito, ritenendo prevalenti le esigenze pubblicistiche sottese alla confisca prevista dalla legislazione in materia di misure di prevenzione e tutelabili i diritti dei terzi, titolari di diritti reali anteriori al procedimento penale e purché di buona fede, esclusivamente al giudice penale ed in sede di incidente di esecuzione, anche perché l'acquisto - da parte dello Stato - dei beni a seguito di confisca doveva ritenersi a titolo originario sicché il detto terzo doveva reputarsi perdere, in conseguenza della confisca, il diritto di sequela, ma non quello di credito, da far valere però nei confronti dello Stato con l'azione contrattuale, se ancora possibile, o, in mancanza, con quella di arricchimento ingiustificato. Per la cassazione di tale sentenza, resa con il n. 5476 il 26.11.09, ricorre, affidandosi a tre motivi, la Sicilcassa spa in l.c.a., mentre resiste con controricorso la sola agenzia del Demanio depositate da entrambe le parti memorie per la precedente udienza del 27.3.12 ed ulteriore dalla ricorrente per quella del 17.9.13, in sede di discussione orale il suo difensore chiede darsi atto della cessazione della materia del contendere. Motivi della decisione 2. La ricorrente sviluppa tre motivi, illustrati nelle due memorie depositate ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., anche mercé l'adduzione di giurisprudenza di legittimità anteriore alla pronuncia delle Sezioni Unite e di merito, contrarie all'assunto posto a base della gravata decisione. 2.1. Con un primo motivo, essa lamentando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2878 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c. - omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. contesta la tesi dell'estinzione dell'ipoteca, neppure essendo sostenibile la natura originaria del titolo di acquisto, da parte dello Stato, dei beni sottoposti a confisca e, rimarcata la tipicità delle cause di estinzione dell'ipoteca e l'ingiustizia dell'effetto purgativo così attribuito alla confisca, con contestuale declassamento del creditore ipotecario a mero chirografario, sottolinea l'incongruità del riconoscimento della natura originaria dell'acquisto con la persistenza degli oltretutto inefficaci rimedi a favore del creditore. 2.2. Con un secondo motivo, la Sicilcassa in l.c.a. adducendo violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt.li 2644, 2913, 2914 e 2915 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c. - omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. invoca quale elemento dirimente l'anteriorità dell'iscrizione della sua ipoteca e della stessa trascrizione del pignoramento rispetto alla confisca, negando a quest'ultima la natura di acquisto a titolo originario. 2.3. Con un terzo motivo, la creditrice procedente dolendosi di violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1147 [c.c.?] ex art. 360 n. 3 c.p.c. - omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. confuta l'asserita preclusione, per il giudice civile, dell'accertamento sulla buona fede - la quale, oltretutto, deve sempre darsi per presunta - quale presupposto per la tutela del terzo titolare di diritti reali iscritti in tempo anteriore alla confisca. 2.4. Dal canto suo, l'Agenzia del Demanio confuta nel merito dapprima il primo ed il secondo motivo di ricorso, argomentando per la trasformazione del bene oggetto di ipoteca in res extra commercium e quindi per la sua intrinseca inalienabilità, benché dipendente da fatto successivo all'iscrizione del diritto reale ed alla trascrizione del pignoramento e, quanto al terzo motivo, condivide la soluzione, adottata nella gravata sentenza, di devolvere alla sede penale ogni questione sui presupposti della persistenza del diritto del creditore e sulle concrete modalità della sua tutela. 2.5. A seguito della discussione orale e del deposito di procura speciale, peraltro, la stessa ricorrente non insiste che per la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità. Al riguardo, essa deduce - da un lato, la conseguita definitività, in sede penale ed a seguito di sentenza n. 29378/10 della prima sezione penale di questa Corte, sia dell'accertamento della mancanza di buona fede della Sicilcassa spa in bonis all'epoca delle operazioni bancarie di cui ai rapporti azionati nell'ambito della procedura esecutiva individuale poi dichiarata improcedibile - e cui fa riferimento il giudizio di legittimità - che della cancellazione delle formalità ipotecarie cui si riferiscono i motivi 1 e 3 del ricorso - dall'altro, l'applicabilità in via analogica dell'orientamento relativo all'acquisto a titolo originario del bene sottoposto a misure di prevenzione da parte dello Stato, secondo quanto sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 10533/13. 3. Ora, va rilevato che effettivamente in questa specifica fattispecie è intervenuta una pronunzia definitiva del giudice penale, nel cui corso l'odierna ricorrente ha sostenuto una tesi diametralmente opposta, rispetto a quella oggi argomentata, sulla sorte dei diritti reali sui beni oggetto di confisca penale. In particolare, la sentenza 27 luglio 2010, n. 29378 camera di consiglio del 29.4.10 della prima sezione penale di questa stessa Corte, all'esito di un approfondito excursus anche sui presupposti normativi degli istituti coinvolti, al quale - per brevità - si rinvia, ha concluso - che l'oggetto della pronuncia del giudice dell'esecuzione penale va identificato nell'accertamento degli esatti confini del provvedimento di confisca attraverso la determinazione dell'eventuale esistenza di iura in re aliena che, per il fatto di non essere pregiudicati dalla devoluzione del bene allo Stato, contribuiscono a delineare la condizione giuridica del bene stesso e a delimitare l'effettiva portata del trasferimento determinato dalla confisca sicché rientra nella competenza di quel giudice dell'esecuzione l'accertamento della buona fede del terzo, dato che dall'esistenza o dall'esclusione di tale condizione soggettiva deriva la sopravvivenza o la caducazione del diritto sul bene confiscato Cass., Sez. 1 pen., 5 marzo 2005, n. 13413, Servizi Immobiliari Banche Cass., Sez. 1 pen., 11 febbraio 2005, n. 12317, Fuoco e a. - che, una volta accertata la mancanza di buona fede del terzo che vanta diritti reali di garanzia sul bene confiscato, la competenza funzionale del giudice dell'esecuzione penale non può non estendersi alla declaratoria della inopponibilità di quei diritti del terzo, nel senso che deve controllarsi se l'atto costitutivo di detti diritti sia del tutto inefficace nei confronti dello Stato cui il bene stesso è stato devoluto in forza della confisca - con il conseguente rigetto del ricorso di Sicilcassa spa sulla sussistenza della sua buona fede, il contestuale annullamento senza rinvio dell'impugnata ordinanza del giudice penale, limitatamente all'omessa cancellazione dell'ipoteca sui beni confiscati con provvedimento della Corte di Assise di Catania in data 17.11.00, nonché, infine, con l'ordine di cancellare l'ipoteca su detti beni. 4. Ora, le univoche dichiarazioni del difensore della ricorrente alla pubblica udienza del 17.9.13 - a prescindere dalla disamina della correttezza o meno delle tesi giuridiche presupposte tra cui la valenza del giudicato in sede penale e l'estensibilità analogica della oltretutto sopravvenuta - normativa dettata dalla legislazione in materia di misure di prevenzione ed esplicitate nella relativa richiesta, riassunta sopra al punto 2.5 - rendono evidente che è venuto meno l'interesse della ricorrente alla decisione da parte di questa Corte di legittimità sulle questioni agitate col ricorso e che, nulla avendo al riguardo ritenuto di argomentare la controparte nemmeno comparsa all'udienza di discussione , neppure può dirsi sussistente uno specifico interesse di chicchessia ad una pronuncia sul merito dei motivi di ricorso. Eppure, un tale interesse alla pronuncia deve persistere fino al momento della decisione ad opera di questa Corte e bene può riscontrarsi il suo venir meno nelle dichiarazioni sopra riportate, benché non integranti formale rinunzia per evidente difetto di requisiti formali, del ricorrente, anche in carenza di accordo con la controparte e qualora - come nella specie - questa non abbia svolto altre attività comunque tendenti a conseguire una pronuncia sul merito della controversia. Ed è noto che a tale sopravvenuta carenza di interesse, a guisa di rinunzia irrituale, la giurisprudenza di questa Corte ricollega l'inammissibilità del ricorso v., tra le più recenti Cass. 6 dicembre 2004 n. 22806 Cass. 15 settembre 2008, n. 23685 Cass. Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876 Cass. 1 aprile 2011, n. 7556 Cass. 26 maggio 2011, n. 11606 Cass. 27 gennaio 2012, n. 1190 Cass. 21 febbraio 2013, n. 4368 Cass. 12 aprile 2013, n. 8941 . Pertanto, il ricorso di Sicilcassa spa in l.c.a. va dichiarato inammissibile ma la mancanza, almeno fino al momento della proposizione del ricorso stesso, di approdi ermeneutici consolidati e la sopravvenienza di innovazioni normative e orientamenti giurisprudenziali civili in corso di causa in materie almeno analoghe costituiscono, ad avviso del Collegio, un giusto motivo di integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità. 5. Ciononostante, ritiene il Collegio che il ricorso abbia comunque presupposto e quindi sollevato una questione di peculiare rilevanza, che, in difetto di statuizioni esplicite da parte di questa Corte ed in relazione all'evoluzione legislativa e giurisprudenziale, ingenera attualmente sensibili differenze applicative ed incertezze interpretative alla stregua della cui soluzione, quand'anche l'odierna opponente non avesse insistito per la cessazione della materia del contendere , il suo ricorso sarebbe stato comunque infondato, potendo argomentarsi per l'estensione alla confisca prevista dall'art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modif., dalla l. 7 agosto 1992, n. 356 articolo introdotto, a sua volta, dall'art. 2, comma primo, del d.l. 20 giugno 1994, n. 399, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 agosto 1994, n. 501 dei principi affermati per la confisca c.d. di prevenzione dal recente testo unico di cui al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 come interpretati da Cass. Sez. Un. 7 maggio 2013, nn. 10532, 10533 e 10534 . E, pertanto, il Collegio reputa necessario pronunciare, esaminate nel merito le questioni agitate con il ricorso, il principio di diritto idoneo a risolverle, ai sensi dell'art. 363 cod. proc. civ 6. Sulla complessiva tematica sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte, statuendo, tra l'altro Cass. Sez. Un., 7 maggio 2013, nn. 10532, 10533 e 10534 , che, nel conflitto tra l'interesse del creditore a soddisfarsi sull'immobile ipotecato e quello dello Stato a confiscare i beni, che siano frutto o provento di attività mafiosa, deve prevalere il secondo, onde è inopponibile allo Stato l'ipoteca iscritta su di un bene immobile confiscato, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, prima che ne sia stata pronunciata l'aggiudicazione nel procedimento di espropriazione forzata, in virtù della norma di diritto transitorio prevista dall'art. 1, comma 194, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Le medesime conclusioni hanno trovato prime conferme nelle recenti Cass. 12 settembre 2013, n. 20902 e Cass. 8 agosto 2013, n. 18909, che hanno sostanzialmente ribadito l'irretroattività delle soluzioni legislative adottate dalla richiamata legge 228 del 2012 la prima ha cassato con rinvio la pronuncia di merito al fine di consentire al giudice del rinvio di valutare gli effetti della normativa transitoria di tale legge, anche in relazione allo stato di avanzamento della procedura esecutiva la seconda ha confermato la devoluzione al giudice civile della potestà di accertare i crediti verso debitori soggetti a misure di prevenzione, ma in relazione all'assai remoto tempo dei fatti. Tali arresti sono, peraltro, tutti relativi ad ipotesi di misure di prevenzione previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modifiche. Va però subito notato che il provvedimento di confisca che caratterizza la fattispecie si fonda non già sulla richiamata legge 575 del 1965, ma sull'art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modif., dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 articolo introdotto, a sua volta, dall'art. 2, co. 1, del d.l. 20 giugno 1994, n. 399, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1994, n. 501 , istitutivo della c.d. confisca allargata . E, nelle ripetute pronunzie delle Sezioni Unite, alla confisca in esame si dedica un mero cenno del resto, esse non avrebbero potuto affrontare ex professo la diversa tematica della confisca c.d. allargata, coerentemente ai limiti imposti non tanto dalle ordinanze di rimessione, quanto dal tema del decidere dei ricorsi che ne erano oggetto. In quella sede si è sommariamente rilevato come, per la confisca allargata, la legge di stabilità 2013 si sia limitata ad armonizzare la disciplina su amministrazione e destinazione dei beni, reputando tale innovazione legislativa inserita nell'ottica di una complessiva razionalizzazione di tutti i procedimenti di sequestri patrimoniali, avviata con l'art. 30 del Codice Antimafia che ha previsto la prevalenza del sequestro e della confisca di prevenzione su quella disposta in sede penale . Ritiene il Collegio doveroso valutare la portata di tale ultimo obiter dictum ed in particolare se ed in qual modo alla fattispecie in esame possano trovare applicazione i principi di diritto sanciti in materia da quella recentissima giurisprudenza, ovvero quali siano quelli che debbono regolare i rapporti tra le esecuzioni civili individuali soprattutto, ove siano coinvolti estranei, creditori assistiti da ipoteca sui beni oggetto del provvedimento ablatorio e la confisca c.d. allargata. 7. La confisca per cui oggi è causa - stando alle citate pronunzie delle Sezioni Unite, nella parte in cui ad essa si limitano ad accennare - si caratterizza, tanto da definirsi confisca allargata , per la rottura del nesso di pertinenzialità fra reato e beni confiscabili e si qualifica come misura di sicurezza patrimoniale, atipica e con funzione anche dissuasiva. 7.1. Il testo originario della disposizione in esame introdotto, come detto, dall'art. 2, comma primo, d.l. 20 giugno 1994, n. 399, conv. con modif. dalla l. 8 agosto 1994, n. 501 risultava il seguente Art. 12-sexies. Ipotesi particolari di confisca . 1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416-bisf 629, 630, 644, 644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del codice penale, nonché dall'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero per taluno dei delitti previsti dagli articoli 13, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 14 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. 2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale, ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché a chi è stato condannato per un delitto in materia di contrabbando nei casi di cui all'articolo 295, secondo comma, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43. 3. Fermo quanto previsto dagli articoli 100 e 101 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per la gestione e la destinazione dei beni confiscati a norma dei commi 1 e 2 si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, nomina un amministratore con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni confiscati. Non possono essere nominate amministratori le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi conviventi, né le persone condannate ad una pena che importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione. 4. Se, nel corso del procedimento, l'autorità giudiziaria, in applicazione dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo delle cose di cui è prevista la confisca a norma dei commi 1 e 2, le disposizioni in materia di nomina dell'amministratore di cui al secondo periodo del comma 3 si applicano anche al custode delle cose predette” . 7.2. Numerose le modifiche successive, tutte però nel segno dell'ampliamento dell'operatività dell'istituto, segnale del suo ruolo sempre più centrale nella concreta estrinsecazione della politica criminale dello Stato a la legge 13 febbraio 2001, n. 45 in suppl. ord. n. 50, relativo alla G.U. 10.3.01, n. 58 ha disposto - con l'art. 24, comma 1, lettera a - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 1 e - con l'art. 24, comma 1, lettera b l'introduzione dei commi 4-bis, 4-ter e 4-quater all'art. 12-sexies b la legge 11 agosto 2003, n. 228 in G.U. 23.8.03, n. 195 ha disposto - con l'art. 7, comma 3 - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 1 c la legge 27 dicembre 2006, n. 296 in suppl. ord. n. 244, relativo alla G.U. 27.12.2006, n. 299 ha disposto - con l'art. 1, comma 220, lettera a - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 1 e - con l'art. 1, comma 220, lettera b - l'introduzione del comma 2-bis all'art. 12-sexies d il d.l. 23 maggio 2008, n. 92 in G.U. 26.5.08, n. 122 , convertito con modificazioni dalla l. 24 luglio 2008, n. 125 in G.U. 25.7.08, n. 173 ha disposto - con l'art. 10-bis, comma 1 - l'introduzione dei commi 2-ter e 2-quater all'art. 12-sexies e la legge 15 luglio 2009, n. 94 in suppl. ord. n. 128, relativo alla G.U. 24.7.09, n. 170 ha disposto - con l'art. 2, comma 7, lettera a - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 2-ter e - con l'art. 2, comma 7, lettera b -la modifica dell'art. 12-sexies, comma 4-bis f la legge 23 luglio 2009, n. 99 in suppl. ord. n. 136, relativo alla G.U. 31.7.09, n. 176 ha disposto - con l'art. 15, comma 3 - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 1 g il d.l. 4 febbraio 2010, n. 4 in G.U. 4.2.10, n. 28 , convertito con modificazioni dalla l. 31 marzo 2010, n. 50 in G.U. 3/4/2010, n. 78 , ha disposto - con l'art. 5, comma 2 - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 4-bis h la l. 1 ottobre 2012, n. 172 in G.U. 8.10.12, n. 235 ha disposto - con l'art. 8, comma 1 - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 1 i la l. 6 novembre 2012, n. 190 in G.U. 13.11.12, n. 265 ha disposto - con l'art. 1, comma 80, lettera a - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 1 e - con l'art. 1, comma 80, lettera b - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 2-bis l la l. 24 dicembre 2012, n. 228 in suppl. ord. n. 212, relativo alla G.U. 29.12.12, n. 302 ha disposto - con l'art. 1, comma 190 - la modifica dell'art. 12-sexies, comma 4-bis. 7.3. Ai fini che qui interessano, è indispensabile un sia pur sommario inquadramento dell'istituto, nell'ambito della premessa ricostruttiva operata al punto 2 delle richiamate sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte del maggio del 2013, che sul punto esordiscono ricordando che la confisca è l'atto col quale lo Stato acquisisce senza corrispettivo i beni di un privato . La confisca allargata fu introdotta con d.l. 20 giugno 1994, n. 399, convertito, con modificazioni, dalla legge 501 del 1994, per fronteggiare gli effetti della sentenza 17 febbraio 1994, n. 48, della Corte costituzionale, con cui si era dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 12-quinquies, comma 2, della legge 356/92, per contrasto con l'art. 27 della Costituzione a base di tale pronuncia di caducazione stava la considerazione per la quale l'essere indiziati per taluni reati non può automaticamente significare che la sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato sia frutto di attività illecita e non può quindi costituire una fattispecie incriminatrice inoltre, era stato ritenuto decisivo che in tal modo si finiva con l'addossare incongruamente all'imputato il gravoso onere della prova della legittimità della provenienza del proprio patrimonio. 7.4. La norma del giugno 1994 rispondeva alle stesse ragioni di politica criminale, di contrasto alla criminalità organizzata mediante una misura di carattere patrimoniale capace di colpire le grandi ricchezze illecitamente accumulate, anche per interposta persona si trattò di una nuova tipologia di confisca, che si affiancava a quella codicistica art. 240 cod. pen. , relativa a ricchezze provenienti da comportamenti anche ontologicamente diversi dal reato cui afferiva. Era, in particolare, ormai escluso il nesso di pertinenzialità necessaria tra il bene ed il reato tra le ultime, riprendendo un orientamento ormai consolidato, v. Cass., sez. 5 pen., 6 maggio 2013, n. 19358, Rao o, perfino, il nesso eziologico Cass., sez. 2 pen., 26 febbraio 2009, n. 10549 Cass., sez. 1 pen., 13 maggio 2008, n. 21357, Esposito tra i reati tassativamente enunciati nella norma di riferimento e i beni oggetto della cautela reale e del successivo provvedimento ablatorio, dal momento che il legislatore ha operato una presunzione di accumulazione senza distinguere se tali beni siano o meno derivati dal reato per il quale si procede o è stata inflitta la condanna pertanto, non è necessaria la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra i beni e i reati ascritti al soggetto, bensì occorre la sussistenza di un più peculiare ed ampio vincolo, solo descrittivamente indicato come pertinenziale, tra il bene e l'attività delittuosa facente capo al soggetto, connotato dalla mancanza di giustificazione circa la legittima provenienza del cespite nel patrimonio del soggetto che ha posto in essere delitti particolarmente gravi, reputati, per presunzione semplice, dal legislatore idonei a dar luogo ad arricchimenti consistenti in beni di dubbia provenienza. 7.5. Infatti, per l'irrogazione della sanzione, alla perpetrazione di uno dei gravi delitti indicati nella norma devono affiancarsi l'esistenza di un complesso di elementi patrimoniali attivi costituiti da denaro, beni o altre utilità di cui il soggetto sia titolare o abbia, anche per interposta persona fisica o giuridica, la disponibilità di essi a qualsiasi titolo il valore sproporzionato di tale complesso patrimoniale rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o all'attività economica svolta la mancata giustificazione della provenienza dei beni suddetti. Tale forma di confisca sì basa quindi su di un'insindacabile scelta politico-criminale, una presunzione iuris tantum d'illecita accumulazione, nel senso che il provvedimento ablatorio incide su tutti i beni di valore economico non proporzionato al reddito o all'attività economica del condannato e dei quali questi non possa giustificare la provenienza, trasferendo sul soggetto, che ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l'onere di dare un'esauriente spiegazione in termini economici e non semplicemente giuridico-formali della positiva liceità della loro provenienza, con l'allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a vincere tale presunzione per tutte Cass. Sez. Un. Pen., 19 gennaio 2004, n. 920, Montella . 7.6. E può concludersi nel senso che la confisca in esame costituisce una misura di sicurezza patrimoniale, atipica e con funzione anche dissuasiva. Non può attribuirsi la natura di pena accessoria sulla sola base del fatto che la confisca deriverebbe non dalla pericolosità del condannato ma esclusivamente dalla sua condanna, mentre i beni da confiscare non hanno alcun rapporto con il reato accertato in giudizio, ma di essi semmai si sospetta la provenienza illecita infatti, osta a quella ricostruzione il non automatismo della sua irrogazione e l'ancoraggio a presupposti di fatto anche indipendenti dal reato al cui accertamento la confisca comunque consegue. Deve qui tralasciarsi ogni ulteriore approfondimento dell'istituto e, in particolare, delle tematiche dell'onere della prova della legittimità della provenienza, in quanto non funzionale alla soluzione delle questioni oggi portate all'esame di questa Corte. 8. Dall'analisi della funzione dell'istituto confisca quale misura di sicurezza patrimoniale deriva la possibilità di estendervi i principi elaborati e poi legislativamente codificati in tema di confisca quale misura di prevenzione. 8.1. Se la funzione della confisca quale misura di sicurezza patrimoniale è quella di mezzo di contrasto repressivo della condotta criminosa in reati particolarmente gravi, una tale esigenza può dirsi prevalente, per il carattere pubblico dell'interesse tutelato e la sua viepiù maggiore rilevanza, resa manifesta dall'ampiezza progressiva degli interventi manipolatori della norma che aveva originariamente previsto l'istituto, su quella civilistica dei terzi erogatori di credito, fondata sul principio generale della garanzia patrimoniale del debitore ai sensi dell'art. 2740 cod. civ. e sulle normative in tema di garanzia specifica - anche reale - del credito. L'esigenza di tutela del creditore, chirografario o meno, va configurata come recessiva, per la scelta di campo, tutt'altro che irrazionale se non altro nell'attuale contesto storico, del legislatore di rendere sempre più incisiva possibile l'azione di contrasto della criminalità in relazione almeno a particolari categorie di reati, intervenendo sul sostrato economico che la alimenta e ne costituisce, anzi, il principale obiettivo concreto. Solo, l'ulteriore elemento della buona fede rispetto all'attività criminosa della controparte debitrice ed al potenziale vincolo pertinenziale tra essa ed i beni in garanzia sia quest'ultima reale oppure no caratterizza - non potendo la poziore esigenza pubblicistica comunque comportare il sacrificio sic et simpliciter delle ragioni di chi sia rimasto totalmente estraneo ai fatti delittuosi il potenziale sviluppo di una fase processuale a salvaguardia del diritto di credito. E si ammette allora, ove quella buona fede sussista, il titolare del diritto di credito ad una tutela per equivalente, oppure negandogli qualunque forma di ulteriore tutela, quale conseguenza - se non vera e propria sanzione - della sua mala fede al momento della concessione del credito o dell'acquisizione della garanzia. In tale ultimo caso, è la condotta negligente del creditore a determinare l'invalidità del suo affidamento e la sostanziale perdita della garanzia patrimoniale di quei cespiti colpiti se del caso, dal sequestro prima e, poi dalla confisca allargata . 8.2. Una simile scelta di campo è testuale nella legislazione in tema di confisca - misura di prevenzione. La normativa che regola quest'ultima prevede ormai in via generalizzata l'estinzione di pesi ed oneri sui beni oggetto di garanzia reale o di procedura esecutiva, individuale o concorsuale - per il futuro, ai sensi dell'art. 45 del testo unico di cui al d.lgs. 159 del 2011 che non si applica però ai procedimenti in cui la proposta di applicazione della misura di prevenzione sia stata formulata prima della data di entrata in vigore di quel testo unico 13.10.11 al contrario, per i procedimenti precedentemente instaurati e purché non si siano già avuti il trasferimento o l'aggiudicazione anche solo provvisoria, ai sensi del comma 197 dell'art. 1 della L. 24 dicembre 2012, n. 228. In vista di tale risultato, i procedimenti esecutivi su beni sequestrati non possono essere iniziati o proseguiti, a pena di nullità de futuro, ai sensi del co. 1 dell'art. 55 del d.lgs. 159 del 2011 de praeteritu , ovverosia quando la proposta di misura si sia avuta prima del 13.10.11, ai sensi del co. 194 dell'art. 1 della detta L. 228 del 2012. 8.3. Sempre in materia di misure di prevenzione, la tutela dei terzi è poi contenuta entro forme rigorose per tutti i creditori, con una sorta di verifica dello stato passivo assai simile a quella delle procedure concorsuali, ai sensi degli artt. 57 e seguenti del d.lgs. 159 del 2011, ma solo quando la proposta di applicazione della misura di prevenzione si sia avuta entro il 13.10.11 negli altri casi, secondo termini perentori e modalità stringenti, per soltanto alcune categorie di creditori quelli assistiti da ipoteca iscritta in tempo anteriore alla trascrizione del sequestro quelli che, in tempo anteriore, hanno trascritto sul bene un pignoramento quelli che sono intervenuti nelle esecuzioni iniziate con pignoramento trascritto prima della trascrizione del sequestro , ai sensi dei commi da 198 a 206 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. E tale tutela dei terzi è affidata ora al giudice della misura di prevenzione, ora al giudice dell'esecuzione penale. 9. Una tale scelta di campo può dirsi, sulla base di un'interpretazione sistematica e del riscontro delle finalità dell'istituto della confisca quale misura di sicurezza e della sua finalizzazione a particolari destinazione dei patrimoni collegati all'attività criminosa, operata al precedente punto 7, espressione oramai di un principio generale, così in pieno recepito l' obiter dictum di Cass. Sez. Un. 10532 del 2013. 9.1. Il regime dei beni confiscati va desunto dai vincoli di destinazione imposti dalla normativa in base, oggi, all'art. 48 del d.lgs. 159 del 2011 e, in precedenza, all'art. 2, co. 2-undecies della l. 575 del 1965, essi sono di norma a mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi, siccome finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso b mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro dell'interno, utilizzati dall'Agenzia per finalità economiche c trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione d trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, se confiscati per il reato di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Tali peculiari vincoli di amministrazione, gestione e destinazione, impedendone la libera trasferibilità, configurano la confisca, sia essa misura di sicurezza, sia essa misura di prevenzione, quale atto di acquisizione del bene che ne è oggetto al patrimonio indisponibile dello Stato e tale attrazione a quest'ultimo comporta, a sua volta, la non pignorabilità del bene stesso, in quanto insuscettibile di essere validamente venduto o trasferito in sede giudiziale, anche se gravato di un diritto reale che tale diritto in astratto conferisce. 9.2. Del resto, in casi analoghi questa Corte ha già ricondotto l'inespropriabilità alla riconduzione del bene staggito al patrimonio indisponibile. Ad esempio, è stata riconosciuta in termini, con riferimento all'acquisto, da parte di un Comune, di un bene immobile gravato da ipoteca e poi destinato ad alloggi temporanei da concedere in locazione agli sfrattati, ai sensi dell'art. 7 del d.l. 15 dicembre 1979, n. 629, conv. con modif. dalla l. 15 febbraio 1980, n. 25 Cass. 21 giugno 2011, n. 13585 come inevitabile conseguenza dell'inserzione del bene nel patrimonio indisponibile di un Ente pubblico territoriale la sopravvenuta sua impignorabilità, anche in presenza di un diritto reale a garanzia di un credito verso terzi infatti, l’inespropriabilità di beni appartenenti al patrimonio indisponibile degli enti territoriali è stata affermata nel senso che gli immobili appartenenti al patrimonio degli enti pubblici debbono ritenersi impignorabili quando esista, in relazione ad essi, un vincolo legale di destinazione a servizio pubblico direttamente costitutivo della loro indisponibilità con ulteriore richiamo a Cass. 6 agosto 1987, n. 6755, relativa ad un caso di sopravvenienza di una specifica destinazione a servizi pubblici rispetto al tempo del pignoramento, non essendo applicabile il principio della priorità della costituzione del vincolo, ma dovendosi privilegiare sull'interesse privatistico del creditore procedente di ottenere il soddisfacimento del suo credito, quello pubblicistico di soddisfare le esigenze della generalità dei cittadini, conservando al bene la destinazione impressagli ad ufficio o servizio di pubblica utilità nello stesso senso anche Cass. 20 novembre 1997, n. 11564 per l’inespropriabilità ab origine di beni caratterizzati da particolari vincoli di indisponibilità, come quelli gravati da usi civici, v. Cass. 28 settembre 2011, n. 19792 . Analogamente, l'ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del Comune della costruzione eseguita in totale difformità o assenza della concessione, emessa dal Sindaco ai sensi dell'art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47, che si connota per la duplice funzione di sanzionare comportamenti illeciti e di prevenire perduranti effetti dannosi di essi, da luogo ad acquisto a titolo originario, con la conseguenza che l'ipoteca e gli altri eventuali pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l'eventuale anteriorità della relativa iscrizione la fattispecie è infatti assimilabile al perimento del bene, ipotesi nella quale si estingue l'ipoteca, giacché l'immobile abusivo è destinato, ove sfugga al perimento giuridico normalmente conseguente alla demolizione, almeno all'eccezionale acquisizione al patrimonio comunale, che lo trasforma però irreversibilmente in res extra commercium , sotto il profilo dei diritti del debitore e dei terzi che vantino diritti reali limitati sul bene Cass. 26 gennaio 2006, n. 1693 . Né, d'altra parte, l'atto di imposizione della destinazione pubblicistica o quest'ultima in sé considerata divengono illegittimi per il solo fatto che sul bene insistano diritti reali altrui, o, nella specie, di garanzia Cass. n. 13585 del 2011, cit. in primo luogo, ben potrebbe affermarsi invece il contrario, cioè che l'estinzione dell'ipoteca, di cui al n. 4 dell'art. 2878 cod. civ., si ha anche in caso di imposizione sul bene ipotecato di vincoli pubblicistici che lo pongano fuori commercio Cass. 29 maggio 1976, n. 1946, che in motivazione osserva che in tal caso si avrebbe la sopravvenuta inefficacia dell'ipoteca , che implica che essa non possa essere fatta valere con effetti reali nei confronti del terzo - ente pubblico - acquirente, ma non esclude che il patto di costituzione dell'ipoteca continui ad avere giuridica rilevanza cfr., anche, per un'ipotesi sia pur soltanto analoga, Cass. 26 gennaio 2006, n. 1693 e fatto salvo l'eventuale trasferimento dell'ipoteca sull'indennità che possa essere dovuta, ove espressamente previsto dalla norma, come nel caso di cui all'art. 26 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, in materia di espropriazione per pubblica utilità in secondo luogo, è vero invece che occorre ribaltare l'approccio e valutare, per la riconosciuta preminenza dell'interesse pubblico, la sorte di tali diritti di garanzia, una volta venutone meno l'oggetto, oppure comunque definitivamente compresso e reso inoperativo per la prevalenza della disciplina pubblicistica sulla destinazione del bene il diritto di sequela in favore del creditore ipotecario e tanto al fine di garantire una qualche tutela a quest'ultimo, ma necessariamente in sede diversa dal processo esecutivo al quale egli abbia dato corso, se del caso fidando proprio nel diritto reale di garanzia sul bene già o poi confiscato. 10. Ma la tendenza dell'ordinamento a generalizzare i principi codificati in tema di confisca quale misura di prevenzione, siccome informatori delle relazioni tra diritti di credito e connessi diritti di azione anche esecutiva e procedimenti penali, è confermata in relazione alla confisca quale misura di sicurezza pure in base ad elementi normativi testuali, sia pure indiretti e solo in apparenza non espliciti. 10.1. Al riguardo, il comma 190 dell'art. 1 della L. 228 del 2012 sostituisce il comma 4-bis dell'art. 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, nei termini testuali seguenti 4-bis. Le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previste dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, si applicano ai casi di sequestro e confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. In tali casi l'Agenzia coadiuva l'autorità giudiziaria nell'amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati, sino al provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi secondo le modalità previste dal citato decreto legislativo n. 159 del 2011. Restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno . Significativamente, in tale disciplina su amministrazione e destinazione dei beni - dettata dagli articoli da 35 al 51 del ripetuto d.lgs. 159 del 2011 - è compresa anche, all'art. 45, co. 1, la specifica norma per la quale la tutela dei diritti dei terzi è garantita entro i limiti e nelle forme di cui al titolo IV . Pertanto, può dirsi che il titolo IV del d.lgs. 159 del 2011 si applica anche alle confische quali misura di sicurezza patrimoniali ex art. 12-sexies L. 359/92 e, sia pure in forza di tale rinvio in duplice grado, è allora testuale la scelta legislativa per la prevalenza della normativa pubblicistica anche nei rapporti coi terzi e, così, in tema di sorte dei diritti reali di garanzia e risarcimento del creditore in buona fede. 10.2. Ora, è ben vero che la normativa sulla confisca quale misura di prevenzione, dettata dal d.lgs. 159 del 2011, è chiaramente irretroattiva, prevedendosi applicabile soltanto a far tempo da una certa data, tanto da rendere necessaria una successiva disciplina transitoria d'altra parte, in mancanza di quella espressa autolimitazione, sarebbe stata dubbia l'estensione alle fattispecie preesistenti militando, in senso contrario all'estensione, la considerazione generale dell'irretroattività della legge e, in senso favorevole, la natura eminentemente processuale della disciplina. Il rinvio operato, per la confisca misura di sicurezza, alla normativa in tema di confisca misura di prevenzione è invece privo di qualsiasi normativa transitoria, sicché va accordata prevalenza alla normale immediata applicabilità della normativa processuale ed al principio di evidente generalizzazione degli istituti in materia, di cui si è fatto cenno. Pertanto, è quella definitiva o a regime in tema di misure di prevenzione che trova immediata e temporalmente illimitata applicazione alla confisca quale misura di sicurezza patrimoniale, col solo evidente limite della definitività delle situazioni pregresse e cioè dell'intangibilità dei decreti di trasferimento emanati in sede di procedura esecutiva individuale o concorsuale prima del provvedimento di confisca. 11. Tali principi giustificano la devoluzione di ogni questione al solo giudice del procedimento cui si ricollega il provvedimento ablatorio idoneo ad incidere sul diritto del terzo coinvolto. Non viene in applicazione il principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile su cui, da ultimo, v. Cass. 17 giugno 2013, n. 15112 , sancito con la riforma del codice di procedura penale del 1988 e con l'abbandono del principio dell'unità della giurisdizione e della prevalenza del primo sul secondo. Non si tratta qui, invero, di valutare autonomamente in sede civile le conseguenze di un reato sui diritti tutelati dalla norma incriminatrice primo fra tutti quello al risarcimento del danno, patrimoniale e non, determinato dalla condotta criminosa sanzionata , rispetto alla quale questione il giudicato penale farebbe stato solo nei ristretti limiti di cui agli artt. 652 e ss. cod. proc. pen. ed alle condizioni processuali di cui all'art. 75 del medesimo codice di rito. Piuttosto, l'ambito dei rapporti coi terzi impinge direttamente nell'individuazione del contenuto, dell'ambito di applicazione concreto e quindi dei limiti stessi della misura di sicurezza da irrogare o irrogata, quale immediata conseguenza della determinazione, istituzionalmente riservata al giudice penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'applicazione di quella. La confisca allargata colpisce, infatti, il patrimonio del debitore con l'individuazione, all'interno di quello, di quei beni di cui non sia possibile provare la provenienza e l'adeguatezza al reddito od all'attività economica del condannato ed i terzi sono assoggettati in via diretta ed immediata dalla detta pronuncia, restando tutelati sono se provano la propria buona fede sulla riconducibilità dei beni, su cui pretendono di avere garanzia reale o generica, all'attività o al reddito del loro debitore. L’identificazione tra tali accertamenti e la sussistenza stessa del reato in presenza del quale è irrogata la misura di sicurezza - o comunque l'inestricabile correlazione tra gli uni e l'altra - esclude in radice che quelli possano essere operati - non solo in via principale, ma nemmeno in via sussidiaria o ai limitati fini civilistici - dal giudice civile, non potendo a questo riconoscersi il potere di incidere sull'essenza e sull'esecuzione della misura stessa o sullo sviluppo della necessaria amministrazione e destinazione dei beni, orientata a preminenti esigenze pubblicistiche, che ne sono oggetto. In altri termini, solo il giudice chiamato in via istituzionale a valutare i presupposti per l'imposizione del vincolo di indisponibilità del bene e della successiva sua ablazione dal patrimonio del singolo, consistenti rispettivamente nel sequestro prima e nella confisca poi, può conoscere dei limiti oggettivi e soggettivi delle corrispondenti misure di prevenzione, nel t.u. antimafia, di sicurezza, ex art. 240 cod. pen. o 12-sexies legge 356/92 e, entro tali limiti, dell'opponibilità delle ragioni di terzi agli organi investiti della cura del bene che ne è oggetto. 12. Prima di trarre le conclusioni, è utile precisare ancora che, in difetto di normativa speciale, principio generale non ancora inciso neppure dai più recenti sviluppi della legislazione penale è che presupposto indispensabile per la stessa operatività della confisca in danno del proposto, nelle misure di prevenzione, ovvero, nei procedimenti penali del condannato sia la titolarità, in capo a lui e quand'anche per il tramite dell'interposizione personale espressamente previsto dalla norma penalistica, del diritto reale colpito dalla confisca stessa al momento in cui questa è pronunciata. In tal senso, almeno per il passato e prima che potessero operare le normative del d.lgs. 159 del 2011 o dei commi 190 e seguenti della L. 228 del 2012, criterio dirimente sicuro in caso di conflitti tra trasferimento in sede di esecuzione civile e confisca era la priorità temporale se, nel corso della procedura esecutiva, si era già avuto il decreto di trasferimento, il bene non apparteneva più al debitore e nei suoi confronti non poteva essere più legittimamente adottato alcun provvedimento di confisca analogamente, se, nonostante la pendenza di una procedura esecutiva, il bene fosse stato oggetto di confisca definitiva , era venuta meno irrimediabilmente la titolarità, in capo al debitore, del bene stesso, il quale non avrebbe potuto più formare oggetto di alcuna vendita giudiziale e, tanto meno, di un decreto di trasferimento. Infine, con le richiamate normative del 2011 e del 2012 si è ormai, per il futuro, avuto il coordinamento tra le due procedure per il caso di sequestro finalizzato alla confisca, visto che, in precedenza, nessuna espressa disposizione pareva imporre la sospensione della procedura esecutiva e, tanto meno, del procedimento di prevenzione o di quello penale e tale sospensione può ritenersi finalizzata all'operatività anche della confisca, quale misura di sicurezza, con prevalenza della medesima sulla procedura esecutiva civile, con la conseguente necessità -in estensione di tale ultimo principio - di sospendere la seconda, se del caso applicando - se non la normativa in tema di misure di prevenzione, di cui all'art. 55 del d.lgs. n. 159 del 2011 - l'art. 623 cod. proc. civ., norma di chiusura in tema di poteri sospensivi innominati del giudice dell'esecuzione civile, dettata a fini di coerenza dell'ordinamento processuale. Esula poi dal contesto della presente controversia l'ulteriore problematica della sorte e della tutela dei diritti di credito e delle relative garanzie reali per confische basti qui rilevare che la questione è tra le parti stata affrontata e risolta - con efficacia di giudicato anche formale - dalla richiamata Cass. pen. 29378/10, che ha riservato al giudice penale in sede di incidente di esecuzione ogni tutela, per poi escluderla in concreto in ragione dell'acclarata mala fede della creditrice ipotecaria - quando, ovviamente, era ancora in bonis - al momento dell'accensione dell'ipoteca. Del resto, le sezioni penali di questa Corte pacificamente accordano la tutela risarcitoria al terzo creditore appunto in sede di incidente di esecuzione penale da ultimo, v. Cass., sez. 1 pen., 17 luglio 2013, Costa ed in quella sede andranno affrontate le problematiche dell'effettività di una tale tutela, al fine di evitare che la pure riconosciuta sempre maggiore preponderanza delle esigenze pubblicistiche non trasmodi in un immotivato definitivo sacrificio dei diritti di matrice civilistica pur sempre riconosciuti nel patrimonio di ogni consociato. Né, infine, osta alle conclusioni sopra raggiunte in tema di generalizzabilità dei principi posti dalla legislazione antimafia la recentissima Cass. 8 agosto 2013, n. 18909 la quale qualifica si legittima un'autonoma azione di cognizione da parte del creditore in sede civile, volta a fare accertare crediti anteriori al sequestro da far valere - conseguendo condanna nei confronti degli organi del procedimento - anche sui beni del debitore condannato poi assoggettati a confisca, ma pur sempre quando si tratti di confisca di prevenzione e, per di più, in una fattispecie riferita a tempo talmente remoto da sfuggire sia alla normativa a regime di cui al d.lgs. 159 del 2011 che alla disciplina transitoria di cui ai commi 192 e seguenti dell'art. 1 della L. 228 del 2012. 13. Deve pertanto, ribadita la declaratoria di inammissibilità del ricorso, concludersi affermando il seguente principio di diritto, ai sensi dell'art. 363, comma terzo, cod. proc. civ. alla cui stregua la ricorrente avrebbe dovuto fin dall'inizio vedersi rigettato il ricorso, essendo stata legittimamente pronunciata l'improcedibilità della procedura esecutiva immobiliare per l'intervenuta confisca ex art. 12-sexies L. 356/92 e negata in sede civile ogni ulteriore tutela al creditore ipotecario la prevalenza delle esigenze pubblicistiche penali sulle ragioni del creditore del soggetto colpito dalle misure di sicurezza patrimoniali, anche se il primo sia assistito da garanzia reale sul bene, costituisce principio generale dell'ordinamento con la conseguenza che, in tema di confisca prevista dall'art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 e successive modifiche , il diritto del creditore, quand'anche assistito da garanzia reale sul bene confiscato iscritta in tempo anteriore ed eccettuato il solo caso in cui il trasferimento del bene pignorato sia intervenuto prima della confisca penale, non può più essere tutelato davanti al giudice civile. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità ai sensi dell'art. 363 cod. proc. civ., enuncia il seguente principio di diritto la prevalenza delle esigenze pubblicistiche penali sulle ragioni del creditore del soggetto colpito dalle misure di sicurezza patrimoniali, anche se il primo sia assistito da garanzia reale sul bene, costituisce principio generale dell'ordinamento con la conseguenza che, in tema di confisca prevista dall'art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 e successive modifiche , il diritto del creditore, quand'anche assistito da garanzia reale sul bene confiscato iscritta in tempo anteriore ed eccettuato il solo caso in cui il trasferimento del bene pignorato sia intervenuto prima della confisca penale, non può più essere tutelato davanti al giudice civile.