In mancanza di legittimazione processuale ogni discussione sul merito é inutile

Il difetto di legittimazione processuale, attenendo alla legittimità del contraddittorio, può essere eccepito e rilevato d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio con l’unico limite della formazione della cosa giudicata, presupponendo questa che il giudice si sia su di essa pronunciato. Pertanto il difetto di legittimazione processuale, determina la nullità degli atti di giudizio, travolgendo necessariamente le domande delle parti.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 22642 della Corte di Cassazione, depositata il 3 ottobre 2013. Il caso. La vicenda riguarda una complicata controversia in tema di servitù di transito e relativi oneri su un vasto comprensorio territoriale ceduto dalla società proprietaria del medesimo al consorzio acquirente dell’immobile. In realtà parte acquirente era divisa in due enti, uno a nord e l’altro a sud di una strada privata che attraversava l’intera area. Il consorzio sud agiva in giudizio per far accertare il diritto di transito dei propri consorziati sull’anzidetta strada privata chiedendo altresì la condanna del consorzio nord a concorrere nelle spese di manutenzione dell’intero viale e a rimuovere tutte le opere abusivamente realizzate in pregiudizio della servitù invocata. Il convenuto si costituiva in giudizio eccependo in primo luogo la carenza di legittimazione attiva dell’attore e contestando nel merito il diritto di servitù e i relativi obblighi. Sia il Tribunale, sia la Corte d’Appello di Roma rigettavano l’eccezione del convenuto e accoglievano seppur in modalità differenti le richieste dell’attore. La questione giungeva così all’attenzione della Suprema Corte stante il ricorso proposto dalla parte soccombente nei due gradi di merito. Legittimazione ad agire? Come spesso accade, le parti si danno battaglia per anni dinanzi ai Giudici di merito elaborando le proprie tesi difensive e sviluppando le proprie richieste probatorie, la lunga istruttoria dei gradi di merito consente di sviscerare ogni singolo dettaglio in fatto della vicenda, le memorie dei legali conducono un duello serrato in punta di diritto , ma poi tutto il castello cade in Cassazione per questioni meramente formali . Nel caso di specie infatti l’unico motivo assorbente che ha consentito agli Ermellini di cassare radicalmente le sentenze di primo e secondo grado attiene alla legittimazione processuale attiva dell’originario attore. La questione non è di poco momento, giacché, come insegnano tutti i manuali di procedura civile, presupposto essenziale dell’azione e del processo intero è la legittimazione ad agire. Essa consiste nell’affermazione della titolarità attiva in capo a chi propone la domanda giudiziaria del diritto di cui si chiede la tutela. In pratica è un presupposto per ottenere dal giudice un provvedimento sul merito della controversia. Di contro, la posizione di colui che subisce la domanda avversaria è quella di chi è ritenuto, dall’attore, legittimato passivo e quindi suo naturale contraddittore nel processo instaurato. Stretta correlazione tra situazione legittimante e situazione legittimata . La legittimazione dunque si basa su una stretta correlazione tra situazione legittimante , cioè la situazione in base alla quale si determina il soggetto che deve compiere un atto e situazione legittimata , cioè la situazione giuridica oggettiva che spetta al suddetto soggetto. Ciò significa che nel nostro ordinamento - salvi casi particolari di sostituzione processuale o di legittimazione straordinaria ex art. 81 c.p.c. - nessuno può agire in giudizio per affermare e difendere diritti altrui, ma solo per diritti quanto meno asseritamente nella tesi dell’attore propri. Tale assetto discende direttamente dall’art. 24 Cost. che, conferendo a ciascuno il diritto alla tutela giudiziaria, ha come evidente corollario che si possano far valere solo i diritti che si prospettano come propri e la cui titolarità passiva si afferma in capo a colui contro il quale la domanda in giudizio è proposta. Questi principi sono condizioni essenziali dell’azione e sono le fondamenta su cui l’intero processo civile si regge. Ulteriore conseguenza è che se manca la coincidenza tra il soggetto attore in giudizio e la titolarità del diritto reclamato, il giudice può rilevare immediatamente tale mancanza e, precluso ogni ulteriore accertamento nel merito, rigetta in rito le pretesa per difetto di legittimazione. Così è avvenuto nel caso di specie il consorzio attore non aveva alcuna legittimazione ad intraprendere il giudizio perché il suo presidente non aveva ottenuto l’autorizzazione da parte del consiglio di amministrazione, come invece era stato stabilito espressamente nello statuto dell’ente. Peraltro, stante l’importanza sopra brevemente descritta del requisito della legittimazione, la relativa mancanza può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio, salvo il limite del giudicato. Bene hanno fatto quindi gli Ermellini a rilevare simile grave difetto con conseguente nullità di tutti gli atti di causa e travolgimento di tutte le domande svolte dalle parti nei vari gradi di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 luglio – 3 ottobre 2013, numero 22642 Presidente Triola – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- Il Consorzio Marina Tor San Lorenzo Sud esponeva che la spa Marina Tor San Lorenzo negli anni 60 e 70 aveva effettuato la lottizzazione di un vasto comprensorio di terreno in località Tor San Lorenzo, allora facente parte del territorio del Comune di Pomezia, ora di Ardea negli atti di compravendita dei lotti la società aveva imposto agli acquirenti l'adesione al costituendo Consorzio per la manutenzione delle strade consortili i proprietari dei lotti posti a nord della strada privata denominata viale si erano da tempo associati nel Consorzio Marina Tor San Lorenzo, quelli posti a sud di viale , nel Consorzio Marina Tor San Lorenzo Sud negli atti di vendita era prevista la servitù di transito sull'intero viale , composto di due carreggiate separate da spartitraffico, sulle quali si era sempre transitato a senso unico, una per accedere dalla litoranea ai lotti e l'altra dai lotti alla strada litoranea nell'estate 1992 e 1993 erano state apposte all'ingresso del viale, parte nord, due sbarre mobili, rimosse a fine stagione, mentre all'inizio dell'estate 1994 il Consorzio Marina Tor San Lorenzo aveva ripristinato la sbarra pretendendo di impedire l'accesso alla carreggiata nord di viale ai partecipanti al Consorzio Marina Tor San Lorenzo Sud ciò premesso, l'istante conveniva in giudizio il Consorzio Marina Tor San Lorenzo, chiedendo accertarsi il diritto dei consorziati a transitare liberamente sull'intero viale , quello dell'attore di concorrere alla gestione e l'obbligo del convenuto di concorrere nelle spese di manutenzione dell'intero viale, infine chiedendo la condanna del convenuto a rimuovere tutte le opere abusivamente realizzate in pregiudizio dei diritti indicati. Costituitosi in giudizio, il Consorzio convenuto eccepiva il difetto di legittimazione attiva del Consorzio attore, contestava la pretesa alla gestione dell'intero viale , nonché il diritto di servitù di transito richiesto per i consorziati sull'intero viale, anche se acquisito per usucapione contestava l'obbligo del convenuto di concorrere alle spese di manutenzione dell'intero viale nonché la domanda di rimozione delle opere realizzate su detto viale. Intervenivano in giudizio diversi proprietari dei lotti ricompresi nel Consorzio Marina Tor San Lorenzo Sud, i quali chiedevano accertarsi il loro diritto di transito pedonale e veicolare su entrambe le carreggiate di viale ed ordinarsi al convenuto la rimozione delle opere che impedivano l'accesso. Il Tribunale, ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i proprietari dei lotti ricompresi nella zona a nord di viale , con notifica ai sensi dell'art. 150 cod. proc. civ., con sentenza numero 32413/2001, rigettava l'eccezione di carenza di legittimazione attiva del Consorzio attore, affermava che i lottisti anche dopo la costituzione di due Consorzi erano rimasti comproprietari pro-indiviso di tutta la rete viaria e che era illegittima l'apposizione di barriere per limitare il traffico condannava il Consorzio convenuto a rimuovere le opere illegittimamente realizzate. Con sentenza dep. il 18 giugno 2008 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, impugnata con appello principale dal Consorzio Marina Tor S.Lorenzo e da alcuni proprietari dei lotti della zona nord e incidentale da Consorzio Marina Tor S.Lorenzo Sud e da alcuni proprietari dei lotti a sud, dichiarava questi ultimi contitolari di servitù di transito pedonale e carraio su entrambe le carreggiate di viale , condannando il Consorzio Marina Tor S.Lorenzo e alcuni proprietari dei lotti della zona nord a rimuovere gli ostacoli frapposti e a consegnare gli strumenti idonei al superamento delle barriere dichiarava i Consorzi tenuti a concorrere nelle spese di manutenzione rigettando la domanda volta a ottenere il concorso degli appellati principali negli oneri relativi alla manutenzione della carreggiata sud di viale . Per quel che ancora interessa, era disattesa l'eccezione di carenza di legittimazione attiva del Consorzio Marina Tor San Lorenzo Sud sul rilievo che il medesimo aveva il compito di assicurare il miglior godimento delle cose comuni e disciplinarne l'uso in virtù dell'art. 4 dello statuto. Il diritto del Consorzio istante e dei proprietari consorziati trovava fonte nei singoli atti di vendita costitutivi della servitù di transito sia sui lotti posti a nord sia su quelli ubicati a sud, atteso che in essi si faceva riferimento alle strade comprese nell'intero comprensorio della società Marina Tor S.Lorenzo, non assumendo rilievo sotto il profilo in esame la esistenza di due Consorzi. 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Consorzio Marina Tor San Lorenzo sulla base di sei motivi. Resistono con controricorso il Consorzio Marina Tor San Lorenzo Sud nonché alcuni dei proprietari consorziati, proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo illustrato da memoria. Motivi della decisione Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 100 cod. proc. civ., denuncia che non risultava alcun provvedimento in base al quale i consorziati, unici soggetti legittimati ad agire, avessero nominato il Consorzio Sud quale loro sostituto processuale per agire a tutela di un diritto reale, non essendo il Consorzio titolare di alcun diritto. Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 75 cod. proc. civ. nonché 1130 e 1131 cod. civ., denuncia la carenza assoluta del potere di rappresentanza del Consorzio attore in capo al Presidente Amministratore, non essendo stata mai rilasciata l’autorizzazione a stare in giudizio da parte dell'assemblea dei lottisti. Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., censura la sentenza che aveva pronunciato nei confronti di soggetti rimasti estranei al presente giudizio al quale non avevano partecipato, tenuto conto che si erano costituiti soltanto sette su 450 membri. Il quarto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 105 e 272 cod. proc. civ., deduce che i vari consorziati, intervenendo in giudizio prescindendo dal diritto di proprietà di un area del comprensorio che li avrebbe legittimati ad agire, avevano spiegato un intervento adesivo dipendente a sostegno della pretesa azionata dal Consorzio attore che era privo di legittimazione ad agire. Pertanto, la loro domanda non avrebbe potuto trovare ingresso. Il quinto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e 251 cod. proc. civ., denuncia che la sentenza impugnata aveva posto a base della decisione le dichiarazioni rese dagli informatori nel processo possessorio che era stato poi abbandonato senza che fossero state dedotti i capitoli di prova secondo le modalità stabilite dall'art. 244 citato e senza che le dichiarazioni fossero state rese sotto il vincolo del giuramento, mentre non era stato dato ingresso alle prove articolate ritualmente da esso ricorrente con conseguente lesione del diritto di difesa derivante da tali violazioni. Il sesto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 1159 cod. civ., deduce che le servitù di passaggio pretese dall'attore non potevano ritenersi costituite in base a un valido titolo negoziale a stregua dei pochi atti di compravendita depositati. Evidenzia che i due Consorzi litiganti erano stati oggetto di due diverse lottizzazioni, avvenute in tempi diversi e fra soggetti diversi. Va esaminato il secondo motivo che ha priorità logico-giuridica rispetto agli altri. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità della relativa questione, sollevata dai resistenti, sul rilievo che sarebbe nuova. Il difetto di legittimazione processuale, attenendo alla legittimità del contraddittorio, può essere eccepito e rilevato di ufficio in ogni stato e grado del giudizio con l'unico limite della formazione della cosa giudicata, presupponendo questa che il giudice si sia su di essa pronunciato il che deve escludersi nella presente sede in cui i Giudici si sono pronunciati sulla eccepita legittimazione ad causam del Consorzio attore. Dall'esame dello statuto del Consorzio attore - consentito dalla natura processuale del vizio denunciato - è risultato che secondo l'art. 19 al Presidente del Consorzio spetta la rappresentanza nei confronti dei terzi e in giudizio lett. a , mentre al Consiglio di amministrazione sono attribuiti i compiti di natura amministrativa aventi a oggetto, fra gli altri, la cura e la gestione delle questioni e controversie legali interessanti il Consorzio numero 3 . Ne consegue che la rappresentanza processuale del Consorzio da parte del Presidente è subordinata all'autorizzazione da parte dell'organo - il Consiglio di amministrazione - al quale era in via esclusiva attribuito il potere di decidere in ordine alle liti da iniziare. Pertanto, il giudizio non poteva essere iniziato dal Presidente del Consorzio in assenza della citata autorizzazione, di cui non è stata offerta prova da parte dell'attore per quel che si è detto, il difetto di legittimazione processuale, attenendo alla valida costituzione del rapporto processuale, determina la nullità degli atti del giudizio, travolgendo necessariamente anche le domanda formulate dagli interventori vanno cassate senza rinvio le sentenza di primo e di secondo grado, ai sensi dell'art. 382 ultimo comma cod. proc. civ Gli altri motivi del ricorso principale sono evidentemente assorbiti. In considerazione caducazione della sentenza di appello, il ricorso incidentale è assorbito. Le spese del giudizio di merito e della presente fase vanno compensate, tenuto conto che la questione relativa alla legittimazione processuale è stata sollevata per la prima volta nella presente sede con il ricorso principale e, come si è detto sopra, i Giudici del merito non l'avevano rilevata. P.Q.M. Accoglie il secondo motivo del ricorso principale assorbiti gli altri, assorbito l'incidentale cassa senza rinvio le sentenza di primo e di secondo grado. Compensa spese del giudizio di merito e di legittimità.