Anche i documenti sono mezzi di prova ...

Costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui l'art. 345, comma 3, c.p.c. non prevede alcuna distinzione tra prove cd. costituende e prove cd. precostituite e conseguentemente non ha ragion d'essere la distinzione tra mezzi di prova”, identificati con le prove costituende, e documenti”, identificati con le prove precostituite.

Tale principio, codificato dalle Sezioni Unite con la nota pronuncia n. 8202/05, viene ribadito anche dalla Terza Sezione della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 18333, depositata il 31 luglio 2013, in merito ad una asserita responsabilità professionale di un avvocato. Il caso. La vicenda oggetto dei giudizi di merito sfociati poi nella sentenza in commento ha per oggetto la richiesta di risarcimento del danno asseritamente causato dall'avvocato che avrebbe dato parere negativo, e conseguentemente causato la prescrizione del relativo diritto risarcitorio, alla possibilità di una azione civile nei confronti di un medico dopo che la relativa azione penale si era conclusa con un nulla di fatto. Veniva quindi richiesto il risarcimento del danno, quantificato nella stessa indeterminata somma a cui il danneggiato avrebbe avuto diritto ovviamente secondo la prospettazione di costui se l'azione civile nei confronti del medico fosse stata svolta e fosse risultata vittoriosa. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno rigettato la richiesta e il danneggiato ha quindi proposto ricorso avanti al Suprema Corte sostenendo, in particolare, che il divieto di nuova produzione documentale previsto dall'art. 345 c.p.c. si riferirebbe alle sole prove costituende e non già a quelle precostituite tipicamente, i documenti . La conferma dell'orientamento più restrittivo inaugurato dalle Sezioni Unite nel 2005. La tesi del ricorrente si rifà alla teoria, poi risultata soccombente, che sino all'intervento delle Sezioni Unite con la sentenza 8202/05 si disputava la corretta interpretazione dell'art. 345 c.c.p, ovvero quale fosse la portata del divieto di nuove produzioni in appello fatto salvo, evidentemente, il caso che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli . Come anticipato, nel 2005 le Sezioni Unite facevano chiarezza sul punto, sgombrando il campo da possibili equivoci che per la verità la formulazione testuale della norma non avrebbe nemmeno dovuto consentire. La Terza Sezione non si discosta da questo orientamento, e in forza dello stesso rigetta il ricorso affermando come totale infondatezza” la doglianza di parte ricorrente. In particolare viene ricordato che la distinzione tra 'mezzi di prova' identificati con le prove costituende e 'documenti', da identificarsi invece con le prove precostituite non è corretta poiché anche i documenti si configurano comunque come una specie del genus mezzi di prova .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 maggio - 31 luglio 2013, numero 18333 Presidente Berruti – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 16 novembre 1999 T.E. conveniva in giudizio l'avv. F.S. esponendo che dal 1967 al 1969 era stato in cura presso il dott. L.M. per disturbi di natura psichica e che aveva subito gravi danni a seguito di terapie errate che, sporta denuncia-querela nei confronti del sanitario per truffa e circonvenzione, il L.M. era stato assolto per insussistenza del fatto sia in primo che in secondo grado che, rivoltosi all'avv. F. chiedendogli se fosse possibile agire in sede civile, ne aveva ricevuto una risposta negativa, essendo preclusiva la sentenza penale che, attivatosi presso l'Ordine dei medici di Trieste, non aveva ottenuto soddisfazione alcuna in quanto l'Ordine aveva mandato assolto il sanitario anche dalle accuse di scorrettezze deontologiche ed il TAR dapprima ed il Consiglio di Stato avevano respinto il ricorso che il Consiglio di Stato nella motivazione della sentenza del 21 ottobre 1993 aveva però affermato che l'azione civile era proponibile, essendo la sentenza penale solo istruttoria. Ciò premesso, considerato che ogni diritto risarcitorio era ormai prescritto a causa della negligenza dell'avv. F. , chiedeva che quest'ultimo fosse condannato al pagamento della somma di giustizia che avrebbe potuto ottenere dal dott. L.M. per il risarcimento dei danni. In esito al giudizio in cui si costituiva il legale deducendo l'infondatezza della domanda il Tribunale di Reggio Emilia respingeva la domanda condannando l'attore alla rifusione delle spese. Avverso tale decisione il soccombente proponeva appello ed in esito al giudizio la Corte di Appello di Bologna con sentenza depositata in data 29 luglio 2009 respingeva il gravame con condanna dell'appellante alle spese. Avverso la detta sentenza il T. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resistono con controricorso, illustrato da memoria, F.N. e P.M. . Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 345 cpc nel testo antecedente alla legge numero 69/2009 in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 3 cpc, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello non ha ammesso la produzione documentale depositata con l'atto di impugnazione, perché preclusa dal dettato dell'articolo 345 citato, trascurando che il divieto previsto dalla norma va riferito alle prove costituende e non anche a quelle precostituite. Con la seconda doglianza, svolta per motivazione insufficiente e contraddittoria, il ricorrente ha lamentato che la Corte di Appello sarebbe incorsa nel vizio motivazionale dedotto relativamente alla circostanza del mancato conferimento di uno specifico incarico per la proposizione dell'azione civile, circostanza contraddetta dalle prove documentali non prese in considerazione per la ritenuta preclusione di cui all'articolo 345 cpc. I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura connesse tra loro, sono infondati e non meritano di essere accolti. Al riguardo, deve premettersi che, nella nota sentenza numero 8202/05, le Sezioni Unite hanno sottoposto a revisione critica la distinzione tra prove precostituite e prove costituende sottolineando che la distinzione tra mezzi di prova identificati con le prove costituende e documenti , da identificarsi invece con le prove precostituite, non è corretta poiché anche i documenti si configurano comunque come una specie del genus mezzi di prova. Inoltre, anche la loro acquisizione può determinare un prolungamento delle attività processuale, come avviene per le prove costituende, ove si proceda ad una querela di falso o ad un'istanza di verificazione della scrittura. Le Sezioni Unite, quindi, nel contrasto sorto all'interno della sezione Lavoro tra l'orientamento tradizionale e quello più restrittivo, secondo cui l'omessa indicazione dei documenti nei primi atti difensivi e il loro mancato contestuale deposito comportano la decadenza dal diritto di produrli nelle successive fasi nonché in appello, ritenne di prestare adesione all'approccio interpretativo più rigido così, in motivazione . Con decisione immediatamente successiva le Sezioni Unite hanno quindi statuito che l'articolo 345, co. 3, deve essere interpretato nel senso che tale disposizione fissa sul piano generale il principio dell'inammissibilità dei nuovi mezzi di prova quelli cioè non richiesti in precedenza e quindi anche delle produzioni documentali, indicando i requisiti che detti nuovi mezzi di prova devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame. Il giudice, infatti, oltre a quelle prove che le parti dimostrino di non aver potuto proporre per causa a esse non imputabile, è abilitato ad ammettere, nonostante le verificatesi preclusioni, solo quelle prove che ritenga nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite indispensabili in quanto suscettibili di un'influenza causale più incisiva rispetto a quella che le prove, definite come rilevanti, hanno sulla decisione finale della controversia S.U. 8203/05 . Allo stato, può quindi ritenersi principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui l’articolo 345, terzo comma, cod. proc. civ., come modificato dalla legge 26 novembre 1990, numero 353, applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis, consentendo al giudice di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, anche quelle da lui ritenute, nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, indispensabili, ha completamente superato la distinzione tra prove costituende e prove precostituite onde la totale infondatezza della prima doglianza in esame su cui il ricorrente ha costruito ed esaurito il suo impianto critico della sentenza impugnata, senza muovere la minima censura alla Corte per non aver ammesso le produzioni sotto gli ulteriori profili della loro indispensabilità ai fini della decisione e della insussistenza di colpa nel ritardo della produzione. Ed invero, l'infondatezza del primo motivo di impugnazione travolge anche il secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta l'inidoneità della motivazione, resa senza tener conto dei documenti prodotti con l'appello, la cui produzione è stata ritenuta inammissibile in forza del dettato dell'articolo 345 cpc. Ciò, in quanto la l'infondatezza della prima censura è ed appare logicamente, oltre che giuridicamente, assorbente ove si consideri che ogni giudizio sulla adeguatezza e sulla esaustività della motivazione, con la quale la Corte di merito ha corredato la decisione, non può non essere rapportato che agli elementi di prova correttamente acquisiti agli atti di causa, costituenti il solo materiale probatorio suscettibile di valutazione. Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. numero 140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre accessori di legge, ed Euro 200,00 per esborsi.