Ex suocero chiede indietro i soldi versati per l’acquisto del “fu nido d’amore”, ma l’ex genero è debitore solo per metà

In caso di acquisto di un immobile in regime di comunione dei beni, se il prezzo è stato pagato dal genitore di uno dei coniugi a vantaggio del proprio figlio, non spetta all’altro coniuge provare se la somma sia stata versata a titolo oneroso o gratuito.

È quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 16115, depositata il 26 giugno 2013. Il caso. Un uomo ha convenuto in giudizio l’ex genero, chiedendone la condanna alla restituzione del denaro erogatogli per prestiti vari. Uno di questi era stato direttamente corrisposto dall’attore al venditore dell’immobile acquistato dai coniugi in regime di comunione dei beni e poi adibito a casa di abitazione. Il convenuto aveva resistito sostenendo che tale ultima somma era stata corrisposta a titolo di donazione. In sede di merito, la domanda della parte attrice è stata accolta, in particolare la Corte territoriale ha ritenuto che il convenuto non aveva dimostrato che l’erogazione della somma, finalizzata all’acquisto dell’immobile, costituiva una donazione alla figlia. Avverso tale decisione il soccombente ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte d’appello avrebbe erroneamente posto a suo carico l’onere della prova relativa al titolo liberale dell’erogazione inerente all’acquisto dell’immobile. Donazione alla figlia o mutuo ? Poco importa. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso. Infatti, per gli Ermellini, essendo incontroverso che l’immobile fu comprato in regime di comunione dei beni fra i coniugi, palesemente difetta, quanto alla quota di pertinenza della figlia ex moglie del convenuto/ricorrente , qualunque titolo invocabile nei confronti dell’altro coniuge da parte del padre-creditore che anche per lei pagò il prezzo al venditore. Piazza Cavour ha sostenuto che quand’anche si trattasse di mutuo, e non di adempimento dell’obbligo altrui, nessun onere probatorio si sarebbe potuto porre a carico del convenuto in ordine al titolo dell’erogazione del padre a vantaggio della figlia gratuito o oneroso che fosse quel titolo, tanto non riguardava l’altro coniuge. Ne consegue che il ricorrente è debitore solo della metà di quanto complessivamente versato per l’acquisto dell’immobile, pertanto al S.C. non resta che cassare la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 maggio - 26 giugno 2013, n. 16115 Presidente Berruti – Relatore Amatucci Svolgimento del processo 1.- Nell'aprile del 1997 A F. convenne in giudizio il genero F B. separatosi dalla moglie F.R. nel 1994 chiedendone la condanna alla restituzione della somma di L. 223.000.000 ancora dovutagli, essendogli state restituite nel 1991 solo L. 108.000.000 delle complessive L. 331.000.000 erogate al genero per prestiti vari. Uno di questi relativo a L. 250.000.000 corrisposte nel corso del 1991 direttamente a Ba.Gi. , venditore dell'immobile acquistato dai coniugi in regime di comunione dei beni e poi adibito a casa di abitazione. Il convenuto resistette, tra l'altro sostenendo, per quanto in questa sede ancora interessa, che la somma di L. 250.000.000 era stata corrisposta al venditore dell'immobile acquistato al prezzo complessivo di L. 400.000.000 a titolo di donazione. Il Tribunale accolse la domanda con sentenza del 28.6.2002, condannando il convenuto al pagamento di Euro 115.169,88, oltre agli interessi dalla data di costituzione in mora 9.1.1997 . 2.- La Corte d'appello di Napoli ha respinto il gravame del B. con sentenza n. 3983/2006, condannandolo alle spese del secondo grado. Ha in particolare ritenuto che il convenuto non aveva dimostrato che l'erogazione di L. 250.000.000 da parte del F. , finalizzata all'acquisto dell'immobile di p.zza OMISSIS , costituiva una donazione alla figlia F.R. , sicché tutti i rilievi contenuti nel gravame risultavano infondati all'inizio di pag. 4 della sentenza . 3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione il soccombente F B. , affidandosi a cinque motivi, cui resistono con controricorso F.R. e P. , quale eredi di F.A. . Motivi della decisione 1.- Col primo motivo la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 e 2697, primo comma, c.c Vi si sostiene a pag. 7 del ricorso che, a fronte dell'affermazione del B. che parte dell'importo direttamente versato dal F. al venditore aveva costituito una donazione indiretta a favore della figlia Rita quanto alla quota della metà dell'immobile, la Corte d'appello aveva erroneamente posto a suo carico l'onere della prova relativa al titolo liberale dell'erogazione. 1.1.- Il motivo è fondato per le ragioni che seguono. Incontroverso essendo che l'immobile fu acquistato in regime di comunione dei beni fra i coniugi, palesemente difetta, quanto alla quota di pertinenza della figlia F.R. , qualunque titolo invocabile nei confronti dell'altro coniuge il B. da parte di chi il F. anche per lei pagò il prezzo al venditore. Quand'anche si trattasse dunque di mutuo, e non piuttosto di adempimento dell'obbligo altrui art. 1180 c.c. , nessun onere probatorio si sarebbe potuto porre a carico del convenuto in ordine al titolo dell'erogazione del padre a vantaggio della figlia gratuito o oneroso che quel titolo fosse, tanto non riguardava l'altro coniuge. Questi, per la sua quota, non afferma peraltro in ricorso di aver mai sostenuto che il suocero F. intendesse effettuare una donazione indiretta anche, in ipotesi in suo favore, né pone alcuna questione in ordine alla parte residua del complessivo prezzo dell'immobile di L. 400.000.000, secondo quanto indicato in sentenza . Univocamente ne consegue che è debitore della metà di quanto complessivamente versato dal F. per l'acquisto dell'immobile L. 250.000.000 , detratto il già restituito importo di L. 27.000.000, come si evince dalla circostanza che il petitum ascendeva a L. 223.000.000 in relazione alle riconosciute restituzioni. Deve dunque L. 98.000.000 250.000.000 2 - 27.000.000 , equivalenti ad Euro 50.612,78, oltre agli interessi legali dal 9.1.1997, sicché la causa può essere in tal senso decisa nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. 2.- Gli altri motivi del ricorso restano assorbiti, giacché l'accoglimento di nessuna delle altre censure varrebbe ad escludere il debito del ricorrente o potrebbe comportare l'effetto di quantificarlo in misura minore. 3.- L'esito complessivo del giudizio, risoltosi a seguito della presente decisione nella determinazione del dovuto in misura largamente inferiore alla richiesta, e le peculiarità della vicenda giustificano la compensazione tra le parti delle spese dell'intero processo. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna F B. a pagare alle eredi di F.A. la minor somma di Euro 50.612,78, oltre agli interessi legali dal 9.1.1997 compensa tra le parti le spese dell'intero processo.