Revocata l’ammissione al gratuito patrocinio, inammissibile l’istanza di liquidazione: il rimedio è l’opposizione, non il reclamo

La norma che regola l’opposizione ai decreti di pagamento in favore dell’ausiliario, del custode e delle imprese incaricate, deve ritenersi estensibile alle opposizioni ai provvedimenti di revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio deliberati dal giudice civile.

Con la sentenza n. 23442, depositata il 19 dicembre 2012, la Corte di Cassazione ha così deciso una questione giuridica peculiare, compensando quindi tra le parti le spese del giudizio. Revoche, reclami e ricorsi. Un caso di separazione consensuale. Lei viene ammessa al gratuito patrocinio. Concluso il giudizio, il suo difensore propone al Tribunale l’istanza di liquidazione del compenso. Respinta, con contestuale revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio. Lei ripropone personalmente la medesima istanza. Inammissibile perché meramente ripetitiva di quella proposta direttamente dal difensore, che già era stata respinta. Va in Corte d’Appello, che però rigetta il suo reclamo, per carenza di legittimazione. Sarebbe dovuto essere il difensore a proporre reclamo. In difetto di ciò il provvedimento del Tribunale è divenuto definitivo. La soccombente ricorre allora per cassazione. E’ una questione di legittimazione? Erroneamente la corte territoriale avrebbe scisso i casi di reclamo avverso il diniego di ammissione al gratuito patrocinio o di reclamo avverso revoca di un’ammissione in precedenza disposta, perché in questo secondo caso si deve considerare già sorto il diritto del difensore a percepire l’onorario, e quindi solo lui sarebbe legittimato. Chiede, dunque, se non debba essere ritenuta legittimata a proporre impugnazioni solo la parte personalmente. E’ una questione di mezzo d’impugnazione. La S.C. chiarisce che non si tratta di una questione di legittimazione ad agire, ma di strumento impugnatorio utilizzato. Infatti, il provvedimento in questione non era assoggettabile a reclamo dinanzi alla Corte d’Appello . Invece, si sarebbe dovuta proporre opposizione ai sensi dell’art. 84, d.p.r. n. 115/2002, nelle forme e dinanzi all’autorità giudiziaria risultanti dall’art. 170 . Solo l’ordinanza adottata all’esito di questo procedimento sarebbe stata ricorribile per cassazione, in considerazione della sua natura decisoria e della capacità d’incidere in via definitiva su diritti soggettivi . Si applica il rimedio generale contro i decreti di liquidazione. A tal proposito la Corte richiama la propria giurisprudenza, secondo cui, in tema di gratuito patrocinio in sede civile, il mezzo impugnatorio contro il provvedimento di revoca deve dedursi, in mancanza di un’espressa previsione normativa, non nella disciplina penalistica – ex artt. 99, 112 e 113, d.p.r. n. 115/2002 – ma nell’art. 170 del decreto medesimo, che pur rivolto a regolare l’opposizione ai decreti di pagamento in favore dell’ausiliario, del custode e delle imprese private incaricate della demolizione e riduzione in pristino, deve ritenersi estensibile alle opposizioni ai provvedimenti di revoca dell’ammissione al detto patrocinio deliberati dal giudice civile . Infatti, tale norma fornisce un rimedio generale contro tutti i decreti in materia di liquidazione, che non sono provvedimenti definitivi e decisori, ma mere liquidazioni o rifiuti di liquidazione, e, quindi, esperibile contro un decreto del magistrato che la rifiuti. Correzione della motivazione e compensazione delle spese. Quindi, la Corte d’Appello avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del reclamo proprio perché improponibile. Confermando l’ordinanza di inammissibilità, la S.C. ne corregge la motivazione e, per la peculiarità della questione trattata, compensa le spese tra le parti.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 ottobre – 19 dicembre 2012, n. 23442 Presidente Goldoni – Relatore Carrato Svolgimento del processo La signora M C. impugnava, dinanzi alla Corte di appello di Messina, il provvedimento emesso il 12 marzo 2004 dal Tribunale di Barcellona pozzo di Gotto, con il quale era stata dichiarata inammissibile l'istanza dalla stessa presentata al fine di conseguire la liquidazione del compenso da corrispondere al proprio difensore nel giudizio di separazione consensuale svoltosi davanti al medesimo Tribunale, in virtù del provvedimento di sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato assunto dal competente Consiglio dell'Ordine. La dichiarazione di inammissibilità era stata fondata sulla ragione che l'istanza era meramente ripetitiva di altra precedente, proposta direttamente dal difensore e respinta, con contestuale revoca dell'ammissione, in seguito a provvedimento del 26 febbraio 2004. L'adita Corte messinese, con provvedimento depositato il 17 maggio 2006, rigettava il reclamo sul presupposto che, sebbene la legge non avesse introdotto alcuna preclusione alla reiterazione dell'istanza di liquidazione dell'onorario ai sensi dell'art. 82 del d.P.R. n. 115 del 2002, si sarebbe dovuta ritenere l'inammissibilità dello stesso provvedimento impugnato siccome conseguente alla carenza di legittimazione della reclamante C. , specificandosi che l'unico rimedio esperibile avverso il primo provvedimento del Tribunale era costituito dal reclamo del difensore, in difetto del quale esso era divenuto definitivo. Avverso il suddetto provvedimento della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione notificato alla sola Agenzia delle Entrate di Barcellona Pozzo di Gotto il 6 settembre 2006 la C.M. basato su un unico motivo. Si è costituita in questa fase l'Agenzia delle Entrate, con controricorso, nel quale si fa riferimento nell'intestazione anche ad un ricorso incidentale, del quale, però, non risultano esposti i motivi. Motivi della decisione 1. Ai sensi dell'art. 335 c.p.c. deve essere, in via preliminare, disposta la riunione dei ricorsi. 2. Con l'unico motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la C.M. , quale ricorrente principale, ha dedotto la violazione degli artt. 82 e 100 c.p.c., sul presupposto che la stessa ricorrente - avuto riguardo allo svolgimento del procedimento come riportato in narrativa - si sarebbe dovuta ritenere munita di legittimazione a proporre reclamo, con ciò contestando l'ordinanza impugnata della Corte peloritana che aveva fatto ricorso alla distinzione tra reclamo avverso il diniego di ammissione al gratuito patrocinio e reclamo avverso la revoca di un'ammissione precedentemente disposta e con la quale si era sostenuto che, in questo secondo caso, si sarebbe dovuto già considerare sorto il diritto all'onorario da parte del difensore, ragion per cui solo quest'ultimo sarebbe stato legittimato ad avanzare la richiesta di liquidazione degli onorari ed a proporre l'eventuale reclamo e non la parte personalmente. A corredo della formulata doglianza risulta indicato il seguente quesito di diritto dica la S.C. se è la parte personalmente, per il tramite del difensore munito di procura speciale, ad avere la legittimazione a proporre reclamo avverso il provvedimento di rigetto e di revoca dell'ammissione già disposta dal Consiglio dell'Ordine e giammai il difensore direttamente . 1.1. Il motivo è privo di pregio giuridico ancorché per una motivazione parzialmente diversa da quella adottata dalla Corte messinese con sua conseguente correzione ai sensi del'art. 384, comma 4, c.p.c. , che è ugualmente pervenuta alla definizione del reclamo proposto nell'interesse della C.M. , respingendolo. In effetti, l'odierna ricorrente aveva proposto reclamo dinanzi alla predetta Corte avverso il decreto del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 13 maggio 2004, con il quale era stata rigettata la richiesta avanzata dalla stessa C.M. , ai sensi dell'art. 82 del d.P.R. n. 115 del 2002, intesa all'ottenimento del pagamento delle spese legali relative all'attività svolta dall'Avv. Danilo Salvato nel procedimento di separazione consensuale tra la medesima reclamante ed il proprio coniuge, conclusosi con decreto di omologazione del 22 maggio 2003. Orbene, sulla scorta di tale presupposto, si deve ritenere che, nel caso di specie, trattandosi della proposizione di un rimedio impugnatorio avverso un provvedimento di diniego del compenso del difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio, la parte legittimata avrebbe come, peraltro, rilevato dalla stessa Corte di appello messinese v. pag. 2 dell'ordinanza impugnata in questa sede dovuto proporre l'opposizione, ai sensi dell'art. 84 del d.P.R. n. 115 del 2002, nelle forme e dinanzi all'autorità giudiziaria risultanti dall'art. 170 del citato d.P.R. a cui rimanda lo stesso art. 84, in correlazione con il precedente art. 82 , nella sua versione ratione temporis applicabile ovvero in quella antecedente alle modifiche apportate dall'art. 34, comma 17, del d. lgs. n. 150 del 2011 . Pertanto, il provvedimento in questione non era assoggettabile a reclamo dinanzi alla Corte di appello, ma ad opposizione alla stregua della disciplina di cui al richiamato art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 e soltanto l'ordinanza adottata all'esito di questo procedimento sarebbe stata ricorribile per cassazione, in considerazione della sua natura decisoria e della capacità d'incidere in via definitiva su diritti soggettivi cfr., ad es., Cass. n. 4020 del 2011 . Oltretutto la giurisprudenza di questa Corte v. Cass. n. 13807 del 2011 ha, altresì, statuito che, in tema di gratuito patrocinio, anche il mezzo impugnatorio avverso il provvedimento di revoca della ammissione al patrocinio a spese dello Stato in sede civile, ai sensi dell'art. 136 del d.P.R. 3 maggio 2002, n. 115, deve individuarsi, in mancanza di espressa previsione normativa, non nella disciplina penalistica dettata dagli artt. 99, 112 e 113 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ma nell'art. 170 del medesimo decreto che, pur rivolto a regolare l'opposizione ai decreti di pagamento in favore dell'ausiliario, del custode e delle imprese private incaricate della demolizione e riduzione in pristino, deve ritenersi estensibile alle opposizioni ai provvedimenti di revoca dell'ammissione al detto patrocinio deliberati dal giudice civile, configurando tale disposizione un rimedio generale contro tutti i decreti in materia di liquidazione, che non sono provvedimenti definitivi e decisori, ma mere liquidazioni o rifiuti di liquidazione, e, quindi, esperibile necessariamente contro un decreto del magistrato del processo che la rifiuti. Pertanto, avendo riguardo al caso di specie, indipendentemente dalla individuazione del soggetto effettivamente munito della legittimazione ad agire, la parte investita di quest'ultima avrebbe dovuto attivarsi, al fine di contestare il decreto di reiezione della liquidazione dei compensi, esercitando il rimedio oppositivo di cui al citato art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 nel quale, peraltro, il contraddittore legittimato passivo si sarebbe dovuto identificare con il Ministero della Giustizia, secondo il recente arresto delle Sezioni unite di cui alla sentenza n. 8516 del 2012 , ragion per cui la Corte di appello di Messina che pure aveva ricostruito il sistema normativo nei termini sopra indicati avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità del reclamo proposto davanti alla stessa, proprio perché improponibile. E, del resto, la stessa Corte peloritana, alla fine dello svolgimento della motivazione del provvedimento impugnato in questa sede v. pag. 3 , precisa, per completezza, che l'unico rimedio avverso il primo provvedimento del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto era costituito dal reclamo del difensore da ricondursi al citato art. 170deld.P.R. n. 115 del 2002 , in difetto del quale esso era divenuto definitivo. 2. Quanto al supposto ricorso incidentale formulato dall'Avvocatura erariale deve rilevarsi che, in effetti, con l'atto difensivo mediante il quale l'Agenzia delle Entrate si è costituita in questa sede non risulta proposta alcuna istanza riconducibile ad un ricorso ex art. 371 c.p.c., avendo la difesa erariale invocato il solo rigetto del ricorso principale, ragion per cui non può ritenersi che, nella fattispecie, sia stato formulato propriamente un ricorso incidentale, con relativo obbligo di questa Corte di adottare i conseguenti provvedimenti in merito. 3. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni e provvedendosi alla correzione della motivazione dell'ordinanza impugnata nel richiamati termini , deve pervenirsi al rigetto del ricorso della C. . Sussistono idonei e giusti motivi, in dipendenza della peculiarità della questione giuridica esaminata e del particolare sviluppo del procedimento, per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.