Intrattiene relazioni continuative con un pregiudicato senza informare il procuratore nazionale: trasferimento cautelare per il sostituto procuratore antimafia

In tema di investigazioni antimafia, e quindi di rapporti tra sostituto procuratore e procuratore nazionale, l’omissione del dovere di tempestiva informazione alla direzione nazionale antimafia costituisce violazione delle regole di organizzazione e di riparto delle competenze nell’ufficio di appartenenza e dei doveri generali sostanziali e processuali di correttezza e diligenza, con compromissione del prestigio e della credibilità dell’ordine giudiziario.

E’, così, legittima l’ordinanza del Consiglio Superiore della Magistratura con cui, accertata la plurima e reiterata condotta illegittima del sostituto procuratore sulla base di tabulati telefonici rielaborati, ne venga disposto, a titolo di misura cautelare, il trasferimento ed indicata la sede di nuova assegnazione. Il principio si argomenta dalla sentenza n. 21913/12, depositata il 6 dicembre. Il caso. Un sostituto procuratore nazionale antimafia, incaricato delle funzioni di collegamento investigativo con gli uffici del distretto della corte d’appello territoriale, veniva sottoposto, con ordinanza del CSM sulla base di tabulati telefonici acquisiti, su disposizione del PM presso un ex consulente che li aveva rielaborati senza averne avuto apposito incarico giudiziario in atti venivano allegate le rielaborazioni e non i tabulati originali , ed in accoglimento della proposta allegata della prima commissione, alla misura cautelare del trasferimento presso altro tribunale con funzione di giudice per avere intrattenuto, di persona ed anche quando l’incarico venne affidato ad altro procuratore sostituto, senza darne notizia al procuratore nazionale antimafia e senza acquisire ed attivare i colloqui investigativi, continuativi contatti anche con soggetti interposti ed anche con schede sim intestate a terzi nonché a mezzo lettere con il figlio di un capo della ndrangheta, già condannato per associazione di stampo mafioso e sottoposto alla custodia cautelare per intestazione fittizia, usura ed estorsione per avere mediato un incontro con il capo della struttura criminalità organizzata presso il SISMI e l’AISI, per avere informazioni su un latitante per essere intervenuto telefonicamente, su richiesta del medesimo pregiudicato e detenuto, nel corso di un controllo di polizia stradale. Il caso verte, sotto il profilo sostanziale, in tema di deontologia dei magistrati e misure cautelari. Per cui, è necessario valutare, in termini di ratio , natura, funzioni e competenze, i rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale, tra prova ed indizio e tra procuratore nazionale antimafia e sostituto procuratore e, segnatamente, le condotte del sostituto procuratore, del CSM, dell’ex consulente, del PM, stabilendo se e quale di tali soggetti abbia sopravvalutato e/o sottovalutato le proprie attribuzioni. Le investigazioni antimafia e l’illecito disciplinare tra obblighi e prove. Va subito detto che la direzione nazionale antimafia è rivolta al coordinamento investigativo e non alla conduzione diretta di indagini. E’ da notare, quale premessa implicita, che l’essenza del coordinamento investigativo è costituito dal dovere di diffondere e scambiare, reciprocamente tra i vari uffici interessati alle indagini collegate, le conoscenze acquisite da ciascun ufficio e di cooperare con lealtà ed efficacia anche in riferimento alle iniziative da intraprendere. L’omissione di tali obblighi, in quanto si traduce in una condotta idonea ad incidere significativamente, ed in modo negativo, sui poteri di indirizzo e coordinamento riservati al procuratore e costituisce pertanto elemento oggettivo ex art. 18, rd.lgs n. 511/1946 Cass. sez. un. n. 11190/2003 , rileva sul piano disciplinare. Ne deriva, quale sanzione anche in via cautelare, il trasferimento d’ufficio, motivato quando appaia un’incompatibilità o un contrasto tra la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio ed il buon andamento dell’amministrazione della giustizia artt. 97 e 101 Cost. il relativo procedimento è disciplinato da norma speciale prevalente sull’art. 127 c.p.p. Cass. sez. un. n. 15976/2009 . All’uopo, spetta alla sezione disciplinare del CSM l’indicazione della sede di destinazione Cass. sez. un. n. 19566/2011 peraltro, è sufficiente che il magistrato sia sottoposto a procedimento penale per essere trasferito, a prescindere dall’iniziativa del procedimento disciplinare Cass. sez. un. n. 15597/2009 . Non è necessaria l’indicazione della normativa regolamentare e delle disposizione di servizio ritenuta violata è sufficiente che i fatti risultino specificamente ed analiticamente descritti nelle rispettive contestazioni trascritte nelle premesse sullo svolgimento del processo così da non creare o lasciare dubbi sull’esatta consistenza e configurazione dei fatti e delle violazioni addebitate Cass. sez. un. n. 9615/1997 e che l’interessato ne abbia immediata e compiuta conoscenza Cass. sez. un. n. 16/1999 . E’, inoltre, legittima e valida la contestazione se manca un rapporto eziologico tra eventuale insufficiente specificazione delle condotte addebitate e compromissione del diritto di difesa. Quanto ai tabulati telefonici, è da sottolineare che essi possono essere considerati non illegittimamente acquisiti ma, eventualmente, illegittimamente conservati ed archiviati dal consulente ciò nonostante, i risultati dell’autonoma rielaborazione dell’ex consulente costituiscono documentazione attendibile e, pertanto, rilevante ai fini della prova la cui legittimità sussiste se i medesimi tabulati siano considerati soltanto come alcuni degli elementi di un quadro indiziario già aliunde sufficientemente chiaro. Non vale, infine, quale scusante la distinzione tra attività presumibilmente svolta dal sostituto nell’esercizio delle funzioni istituzionali ed attività extra . Le omesse informazioni del Sostituto al procuratore configurano illecito disciplinare. In ambito di investigazioni antimafia, le relazioni intrattenute dal sostituto procuratore antimafia con un pregiudicato e detenuto, per natura e durata, possono essere intese come mantenute a livello esclusivamente personale non avere, all’uopo, informato il procuratore nazionale antimafia costituisce omissione, punibile in via disciplinare con il trasferimento, in forza di un quadro indiziario grave e conosciuto dall’incolpato. Sotto il profilo formale, è ammissibile il rinvio alla proposta di commissione, a titolo di motivazione per relationem , se trattasi di rinvio interno ad atti del procedimento, allegati e conosciuti dall’incolpato, e se non costituisca l’unica e fondante ragione-motivazione delle conclusioni del giudicante e del giudizio. E’, poi, inammissibile la censura che, proponendo una revisione delle valutazioni dei fatti favorevoli all’incolpato, si traduca nella richiesta di riesame nel merito, se le deduzioni difensive risultino valutate e qualificate inidonee. Ergo , il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 20 novembre - 6 dicembre 2012, n. 21913 Presdiente Preden – Relatore Botta Svolgimento del processo Oggetto del ricorso è l'ordinanza con la quale la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha disposto nei confronti del magistrato A.M C. la misura cautelare del trasferimento presso il Tribunale di Tivoli con funzioni di giudice, L'ordinanza impugnata ha pronunciato sui capi d'imputazione contestati al Dott. C. con i capi A e B dell'atto di incolpazione per aver A in violazione dei doveri generali di correttezza e di diligenza, e con compromissione del prestigio e della credibilità dell'ordine giudiziario, nell'esercizio delle proprie funzioni di sostituto Procuratore Nazionale Antimafia, incaricato dal 1 novembre 2004 al 16 settembre 2009 delle funzioni di collegamento investigativo di cui all'articolo 371-bis c.p.p. con gli uffici del Distretto della Corte d'Appello di Reggio Calabria, intrattenuto senza darne notizia al Procuratore Nazionale Antimafia e senza farne comunque oggetto di segnalazione o di altra iniziativa formale nell'ambito delle attribuzioni di coordinamento investigativo assegnate all'ufficio, continuativi contatti - anche tramite soggetti interposti - di persona ovvero a mezzo di corrispondenza telefonica telefonate, sms o epistolare, con L L.G. figlio di un capo della 'ndrangheta che, già condannato con sentenza in data 21 aprile 1992 dal Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria poi riformata in appello per il reato di associazione di stampo mafioso ex articolo 416-bis c.p., è stato sottoposto a custodia cautelare in carcere con ordinanza del GIP di Reggio Calabria del 19 ottobre 2009 per reati di intestazione fittizia di beni ed ulteriormente in data 14 gennaio 2010 per reati di usura ed estorsione per i quali è stato condannato dal Tribunale di Reggio Calabria con sentenza del 4 aprile 2011 ^. In particolare il Dott. C. A1 avrebbe intrattenuto, tra il febbraio 2005 e il novembre 2007, numerosi contatti telefonici con il L.G. , utilizzando anche schede SIM intestate a soggetti terzi, spesso cittadini extracomunitari, o un telefono cellulare del personale addetto al servizio di autista o di scorta e tutela del magistrato A2 avrebbe mediato nel 2004 l'incontro tra il L.G. e l'ufficiale dei R.M.F. all'epoca in servizio presso il SISMI quale capo della struttura Criminalità Organizzata e successivamente presso l'AISI in vista di eventuali informazioni da parte del primo utili all'individuazione e cattura del latitante P C. A3 sarebbe intervenuto telefonicamente su richiesta del L.G. in occasione e nel corso di un controllo di polizia stradale nei confronti di quest'ultimo il 3 aprile 2005, contattando prima un capitano della Compagnia Carabinieri di Reggio Calabria e poi un capitano della Compagnia dei Carabinieri di Melito Porto Salvo RC e suggerendo particolare riguardo e cautela nell'esecuzione del controllo, in relazione all'asserita qualità di confidente del soggetto controllato” A4 avrebbe intrattenuto con il L.G. numerosi contatti anche dopo la sottoposizione di quest'ultimo a custodia cautelare in data 19 ottobre 2009 tramite la moglie dello stesso L.G. , F.G. . Con tale complessiva condotta, di gestione personale di pluriennali e continuativi contatti con un soggetto legato da rapporti di parentela con esponenti di spicco della 'ndrangheta, a sua volta risultato coinvolto nell'azione della criminalità organizzata calabrese, il Dott. C. sarebbe incorso nella ripetuta violazione delle regole di organizzazione e di riparto delle competenze nell'ufficio di appartenenza, sia per l'omissione del dovere di tempestiva informazione su dati di possibile interesse per la funzione propria della Direzione Nazionale Antimafia, rivolta al coordinamento investigativo articolo 371 bis c.p.p. e non alla conduzione diretta di indagini, sia per avere coltivato contatti diretti con esponenti dei servizi di intelligence, senza dare seguito a tali acquisizioni sia alla Direzione Nazionale Antimafia sia alla Procura distrettuale competente per le indagini in corso e senza attivare i previsti colloqui investigativi, sia infine per aver proseguito nella condotta sopradescritta anche successivamente al 16 settembre 2009, data di attribuzione dell'incarico relativo al distretto di Reggio Calabria ad altro sostituto della Direzione Nazionale Antimafia e pertanto in difetto di competenza allo svolgimento di attività correlate a quel distretto” B in violazione dei doveri generali di correttezza e diligenza, e con compromissione del prestigio e della credibilità dell'ordine giudiziario, con la complessiva condotta sia commissiva che omissiva analiticamente descritta nel capo A , tenuto un comportamento, di carattere continuativo, tale da integrare una grave e reiterata violazione delle norme di legge, ordinamentale e processuale, che regolano l'attività della Direzione Nazionale Antimafia e che ne stabiliscono gli strumenti di esercizio e i relativi limiti, in particolare l'articolo 371-bis c.p.p. - per la parte in cui prevede che l'acquisizione di dati di interesse attinenti alla criminalità organizzata formi oggetto di elaborazione nell'ambito della Direzione stessa e attribuisce tale compito al Procuratore nazionale, viceversa non messo al corrente di tutti i contatti istituiti dal Dott. C. se non dopo la pubblica emersione dei fatti nonché per la parte in cui disciplina l'attività propria dell'ufficio, del coordinamento verso le Procure distrettuali competenti allo svolgimento dell'indagine penale, a mezzo del collegamento investigativo o se del caso con l'applicazione in sede locale di singoli magistrati della Direzione nazionale - e, a seguito della sottoposizione di L L.G. a custodia cautelare in carcere, l'articolo 18-bis, comma 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, che regola e delimita i modi della acquisizione da parte della Direzione Nazionale Antimafia di informazioni utili ai fini dell'attività di impulso e di coordinamento investigativo nei riguardi di soggetti detenuti”. L'ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente 1 la gravità indiziaria in relazione alle evidenze emergenti dalle prove dichiarative, dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, dalla documentazione relativa al traffico telefonico e dai riscontri documentali, probanti i contatti e gli incontri del magistrato con ambienti pericolosi e con soggetti pregiudicati , in un contesto estraneo ad ogni profilo istituzionale e contrario alle pubbliche funzioni esercitate 2 la chiarezza e precisione delle contestazioni, sufficientemente dettagliate e circostanziate, anche con riferimento alle disposizioni di legge e di servizio violate dal Dott. C. in relazione sia alla omissione del dovere di tempestiva informazione su dati di possibile interesse per la funzione propria della Direzione Nazionale Antimafia, rivolta al coordinamento investigativo articolo 371-bis c.p.p. e non alla conduzione diretta di indagini” sia all'aver coltivato contatti diretti con esponenti dei servizi di intelligence, senza dare seguito a tali acquisizioni sia alla Direzione Nazionale Antimafia sia alla Procura distrettuale competente per le indagini in corso e senza attivare i previsti colloqui investigativi” sia, infine, all'aver proseguito nella condotta sopradescritta anche successivamente al 16 settembre 2009, data di attribuzione dell'incarico relativo al distretto di Reggio Calabria ad altro sostituto della Direzione Nazionale Antimafia e pertanto in difetto di competenza allo svolgimento di attività correlate a quel distretto”. La predetta ordinanza ha ritenuto altresì 3 l'applicabilità alla Direzione Nazionale Antimafia della disciplina di cui al D.Lgs. n. 106 del 2006, nonché della normativa secondaria del Consiglio Superiore della Magistratura, come riconosciuto nella delibera adottata dall'organo di autogoverno l'11 febbraio 2009, ricognitiva dei principi regolatori nella nomina dei Procuratori nazionali antimafia aggiunti 4 la legittima utilizzazione dei tabulati telefonici e dei risultati delle relative autonome rielaborazioni , confermativi della responsabilità disciplinare addebitata al magistrato, acquisiti presso l'Avv. Gioacchino Genchi che aveva svolto in precedenza funzioni di consulente , su disposizione del pubblico ministero nel procedimento penale a carico dello stesso Dott. C. , con la conseguente inapplicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 240, comma 2, c.p.p., dovendo considerare i documenti de quibus non illegittimamente acquisiti , ma semmai solo illegittimamente conservati e archiviati dall'Avv. Gioacchino Genchi, che aveva omesso di restituirli all'autorità giudiziaria dalla quale li aveva legittimamente ricevuti . Peraltro, secondo l'ordinanza impugnata, non rilevava la circostanza che l'Avv. Genchi avesse rielaborato i tabulati autonomamente e senza incarico giudiziario, perché i risultati di tale rielaborazione costituivano pur sempre documentazione rilevante ai fini della prova, salva ogni valutazione della loro persistente attendibilità. Avverso la predetta ordinanza il Dott. C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette articolati motivi. Motivazione 1. Preliminarmente deve tenersi conto del fatto che ci trova nell'ambito di un procedimento cautelare nel quale, ai fini dell'adozione delle misure previste, è sufficiente la sussistenza di gravi elementi . 2. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 13, comma 2, D.Lgs. n. 109 del 2006, per difetto dei presupposti di legge, in quanto gli addebiti per i quali è stata riconosciuta la sussistenza di gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare sono punibili anche con la sanzione del semplice ammonimento, laddove la norma prevede che la misura cautelare adottata sia adottabile per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento . Né può avere alcuna rilevanza il richiamo contenuto nell'ordinanza impugnata all'articolo 22, D.Lgs. n. 196 del 2006, sia perché il Tribunale di Tivoli ove il magistrato è stato trasferito non è un ufficio giudiziario limitrofo al distretto di Roma, sia perché in tal caso la pronuncia sarebbe esorbitante rispetto alla richiesta del Procuratore generale, ponendosi al di fuori dell'iniziativa di quest'ultimo, sia perché sarebbe stato violato il diritto di difesa dell'incolpato. 2.1. Il motivo non è fondato. Queste Sezioni Unite hanno già affermato che la misura cautelare del trasferimento d'ufficio, che può comportare, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 109 del 2006, sia l'allontanamento del magistrato dalla sua sede, sia la destinazione ad altre funzioni, e, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, dello stesso d.lgs., il trasferimento provvisorio ad altro ufficio di un distretto limitrofo, nei casi di minore gravità, è unica, trovando un unitario presupposto nella situazione in cui la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appaia in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia ne consegue che unico è anche il procedimento per la sua applicazione, previsto dal comma 2, del medesimo articolo 22, comma secondo, che prevale, in quanto norma speciale, sull'articolo 127 c.p.p.” Cass. SU, 8 luglio 2009, n. 15976 . 2.2. Questo è il senso del richiamo, da parte dell'ordinanza impugnata, all'articolo 22, D.Lgs. n. 109 del 2006, nella prospettiva della unitarietà del procedimento teso all'adozione della misura cautelare dell'allontanamento del magistrato dalla sua sede, giustificata dalla ritenuta sussistenza nel caso di specie di gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare in relazione a fatti che evidenziano come la permanenza del magistrato nella stessa sede sia in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia e ne rendono, pertanto, improcrastinabile l'allontanamento. Sotto il profilo procedurale, quindi, l'ordinanza impugnata appare esente dai denunciati vizi, spettando, peraltro, alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura l'indicazione della sede di destinazione v. Cass. SU 26 settembre 2011, n. 19566 , e prescindendo l'applicazione della misura del trasferimento cautelare ad altra sede dal promovimento dell'azione disciplinare, essendo sufficiente che il magistrato sia sottoposto come nel caso è a procedimento penale v. Cass. SU, 3 luglio 2009, n. 15597 . 2.3. Una diversa interpretazione - che non considerasse l'unitarietà del sistema emergente dalle disposizioni di cui agli artt. 13 e 22, D.Lgs. n. n. 109 del 2006 - si porrebbe immediatamente in palese contraddizione con la razionalità del sistema stesso, introducendo una irragionevole discriminazione tra le due ipotesi considerate dalle citate norme, che vedrebbe affidato alla Sezione Disciplinare del CSM il potere di indicare la sede del trasferimento cautelare per i casi di minore gravità quelli considerati dall'articolo 22 , mentre verrebbe sottratto alla stessa Sezione il predetto potere per i casi più gravi cui si riferisce l'articolo 13 . 2.4. Quanto poi alla circostanza che il trasferimento sia stato disposto per una sede diversa dall'”ufficio limitrofo”, secondo le indicazioni emergenti dall'articolo 22, D.Lgs. n. 109 del 2006, si tratta di una censura non sorretta da interesse, in quanto l'eventuale accoglimento della medesima comporterebbe una evidente reformatio in pejus della misura cautelare adottata. 3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 2, lettera n , D.Lgs. n. 109 del 2006 per l'omessa indicazione della normativa regolamentare e della disposizione sul servizio giudiziario ritenuta violata ad avviso del ricorrente la contestazione giustificata dall'invocata norma non può essere formulata genericamente, ma deve essere riferita ad una condotta che concerna l'inosservanza di specifiche norme regolamentari o disposizioni sul servizio giudiziario, delle quali deve essere espressamente contestata la violazione nel capo di incolpazione. 3.1. Il motivo non è fondato, in quanto deve essere esclusa la nullità della contestazione e delle accuse mosse all'incolpato per incertezza assoluta sul fatto e per la conseguente violazione del contraddittorio e del diritto di difesa quando i fatti per i quali è stata ritenuta la responsabilità risultano tutti specificamente e analiticamente descritti nelle rispettive contestazioni trascritte nelle premesse sullo svolgimento del processo in guisa da non lasciare adito a dubbi sull'esatta consistenza e configurazione dei fatti e delle violazioni addebitate” Cass. SU 1 ottobre 1997, n. 9615 è sufficiente che nel capo di incolpazione i fatti addebitati siano indicati in modo tale che l'interessato ne abbia immediata e compiuta conoscenza, a nulla rilevando che risultino richiamati esclusivamente gli articoli di legge relativi all'oggetto della contestazione” Cass. SU 14 luglio 1999, n. 16 . Quel che importa è, in buona sostanza se vi sia stata una compressione del diritto di difesa dell'incolpato che sia diretta conseguenza di una insufficiente specificazione delle condotte addebitate ma nel caso di specie, il ricorrente non puntualizza e non dimostra in cosa sia consistita la supposta violazione del suo diritto di difesa che gli sarebbe derivata dall'omessa indicazione della normativa regolamentare e della disposizione sul servizio giudiziario , cui egli non avrebbe prestato osservanza. 4. Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell'articolo 2, lettera n , D.Lgs. n. 109 del 2006, in quanto, ad avviso del ricorrente, la norma in questione non sarebbe applicabile, non essendo tipiche le condotte contestate con il capo A dell'incolpazione e non corrispondendo esse allo schema normativo di riferimento in particolare sarebbe erronea l'affermata applicabilità delle regole di cui al D.Lgs. n. 106 del 2006 alla Direzione Nazionale Antimafia. 4.1. Il motivo non è fondato. Invero il ricorrente non adduce alcuna convincente argomentazione in ragione della quale dovrebbe ritenersi esclusa l'applicabilità alla Procura Nazionale Antimafia della normativa di cui al D.Lgs. n. 106 del 2006, che regola, quale norma di carattere generale, le attribuzioni e l'attività del procuratore della Repubblica e non si evidenziano, ad es. nel citato D.Lgs. n. 159 del 2011, significative deroghe dalle quali emergano una speciale disciplina della gestione dell'Ufficio da parte del Procuratore Nazionale Antimafia rispetto al procuratore della Repubblica in ordine alla titolarità esclusiva dell'azione penale, alla natura e ai limiti delle deleghe attribuibili ai sostituti, ai poteri di coordinamento, alla determinazione dei criteri di organizzazione dell'ufficio. 4.2. D'altro canto, l'articolo 371-bis c.p.p., al quale fa riferimento il D.Lgs. n. 159 del 2011, dispone in modo non dissimile dalle regole generali già fissate dal D.Lgs. n. 106 del 2006 e se del caso prevede un maggiore, e non minore, spessore dei poteri di indirizzo e di coordinamento del Procuratore, con un conseguente implicito aggravamento dell'onere di comunicazione e informazione da parte dei sostituti circa le attività svolte e le iniziative intraprese. 4.3. Ecco, quindi, emergere la tipicità della condotta addebitata enunciata nel capo di incolpazione oggetto della censura e consistita nell'aver l'incolpato intrattenuto . senza darne notizia al Procuratore Nazionale Antimafia e senza farne comunque oggetto di segnalazione o di altra iniziativa formale nell'ambito delle attribuzioni di coordinamento investigativo assegnate all'ufficio, continuativi contatti .” incorrendo, con tale complessiva condotta, nella ripetuta violazione delle regole di organizzazione e di riparto delle competenze nell'ufficio di appartenenza, sia per l'omissione del dovere di tempestiva informazione su dati di possibile interesse per la funzione propria della Direzione Nazionale Antimafia, rivolta al coordinamento investigativo articolo 371-bis c.p.p. e non alla conduzione diretta di indagini, sia per avere coltivato contatti diretti con esponenti dei servizi di intelligence, senza dare seguito a tali acquisizioni sia alla Direzione Nazionale Antimafia sia alla Procura distrettuale competente per le indagini in corso e senza attivare i previsti colloqui investigativi, sia infine per aver proseguito nella condotta sopradescritta anche successivamente al 16 settembre 2009, data di attribuzione dell'incarico relativo al distretto di Reggio Calabria ad altro sostituto della Direzione Nazionale Antimafia e pertanto in difetto di competenza allo svolgimento di attività correlate a quel distretto”. 4.4. Una condotta, quella descritta, che è in aperta contraddizione con la fondamentale regola di organizzazione dell'ufficio” che disciplina i rapporti tra Procuratore e sostituti, in quanto trattasi di una condotta idonea a frustrare significativamente i poteri di indirizzo e di coordinamento riservati al Procuratore. 5. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 2, lettera g , del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, per erronea applicazione del parametro di riferimento, in quanto, ad avviso del ricorrente, l'articolo 371-bis c.p.c. sarebbe una norma puramente ricognitiva della funzioni assegnate al Procuratore Nazionale Antimafia, ma non individua le modalità di svolgimento, né tantomeno le prerogative dei magistrati addetti all'ufficio. 5.1. Il motivo non è fondato. Invero, la regola la cui violazione è addebitata all'incolpato è connaturata all'attività che concerne le indagini, in particolare quelle relative all'associazione di stampo mafioso, per il successo delle quali il coordinamento, lo scambio tempestivo e continuo di informazioni è fondamentale per l'efficacia ed il successo delle indagini stesse. 5.2. Hanno, in proposito,osservato queste Sezioni Unite Posto che l'essenza del coordinamento in generale, e in particolare di quello concernente indagini in materia di associazione di stampo mafioso, è costituita dalla diffusione, tra i vari uffici interessati alle indagini collegate, delle conoscenze acquisite da ciascun ufficio, e che la diffusione circolare delle conoscenze e delle iniziative è assicurata dallo scambio di informazioni e notizie, tale attività deve ritenersi doverosa e, conseguentemente, al suo espletamento i magistrati coinvolti nel coordinamento devono ritenersi vincolati. Ne discende che, qualora un coordinamento investigativo, in relazione ad indagini tra loro collegate, sia stato effettivamente instaurato, sorge, nei confronti dei procuratori che a tale coordinata attività partecipano, il dovere di cooperare con lealtà ed efficacia al reciproco scambio di atti, informazioni e notizie circa le indagini svolte e da svolgere e le iniziative che intendono adottare, e la violazione del detto dovere di cooperare in funzione del coordinamento costituisce violazione di norma processuale, suscettiva di integrare l'elemento oggettivo dell'illecito disciplinare costituito dalla mancanza ai doveri, ai sensi dell'articolo 18 del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511” Cass. SU 17 luglio 2003, n. 11190 . 6. Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge processuale artt. 191 e 240 c.p.p. prescritta a pena di inutilizzabilità, in relazione alle risultanze dei tabulati telefonici provenienti dal c.d. archivio Genchi acquisiti e mai resi disponibili alle difesa del ricorrente, surrogati con file in formato word frutto di una personale rielaborazione dello stesso Genchi. La censura è formulata sotto un duplice profilo a mancanza in atti dei tabulati originali indebitamente surrogati dalla personale rielaborazione degli stessi da parte del Genchi in file formato Word b inutilizzabilità della documentazione Genchi perché prova documentale frutto di illecita formazione e conservazione di dati sensibili incidenti sul diritto costituzionale alla libertà ed alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di conversazione”. 6.1. Il motivo non è fondato. L'ordinanza impugnata, nel valutare le eccezioni relative all'utilizzabilità dei tabulati telefonici in questioni che il ricorrente ripropone in questa sede, distingue tra la legittima acquisizione dei tabulati, avvenuta nell'ambito dei procedimenti penali nei quali l'avv. Genchi aveva svolto funzioni di consulenza, della quale afferma di non dubitare, anche in quanto riconosciuta dallo stesso difensore dell'incolpato”, e legittima conservazione dei medesimi da parte dello stesso avv. Genchi che aveva omesso di restituirli all'autorità giudiziaria dalla quale li aveva legittimamente ricevuti”, osservando in proposito una maggiore perplessità, che conduce l'ordinanza a parlare di illecita conservazione e archiviazione e far salva, anche in relazione alla autonoma rielaborazione dei tabulati da parte dell'avv. Genchi in file formato word , ogni valutazione della loro persistente attendibilità”. 6.2. Ciò fa si che alla questione relativa all'acquisizione e, soprattutto, alla conservazione dei tabulati in questione non sia attribuito un valore decisivo nell'economia della decisione, ma tali documenti siano considerati solo uno, non il più rilevante, non quello decisivo, degli elementi di un quadro indiziario che già aliunde risulta sufficientemente chiaro per la valutazione disciplinare del comportamento dell'incolpato, che risulta incontestato anche in relazione a quella che è la violazione giustificativa della sanzione, e cioè la ripetuta violazione delle regole di organizzazione e di riparto delle competenze nell'ufficio di appartenenza, sia per l'omissione del dovere di tempestiva informazione”, secondo quanto prima ricordato. 6.3. Sicché rimane irrilevante valutare in questa sede la questione della utilizzabilità o inutilizzabilità dei tabulati o della loro rielaborazione, in quanto anche una eventuale diversa conclusione in merito cui dovesse pervenire la Corte, non determinerebbe l'illegittimità della misura cautelare adottata dal CSM. Tanto più se sì tenga nel dovuto conto che la questione della rielaborazione dei tabulati è problema che attiene non alla utilizzabilità , ma alla sola attendibilità dei dati. 7. Con il sesto motivo, il ricorrente denuncia un vizio di motivazione in relazione ad una supposta violazione delle regole di apprezzamento della prova indiziaria, emergente da una rilevata ambiguità tra alternative qualificazioni giuridiche dei comportamenti addebitati all'incolpato, in particolare con riferimento al capo B dell'atto di incolpazione circa la plausibile qualificabilità delle condotte ivi indicate quali illeciti estranei all'esercizio delle funzioni. 7.1. Il motivo non è fondato. La censura si sviluppa con le movenze tipiche di una richiesta di riesame del merito, proponendo una dettagliata analisi di fatti in relazione ai quali il ricorso prospetta la superiore valutazione di parte su quella del giudicante, nel quadro di una denunciata incoerenza della decisione. In realtà ciò non è. 7.2. L'ordinanza impugnata non fa altro, sul punto, che prendere correttamente in considerazione le eccezioni della difesa dell'incolpato in ordine alla denunciata esistenza nell'impostazione accusatoria di alcune irrisolte ambiguità dell'alternativa tra l'ipotesi di una condotta illecita, ma pur sempre orientata all'esercizio delle funzioni giudiziarie dell'incolpato, e una condotta estranea a tali funzioni e orientata all'esclusivo interesse personale del dr. C. ” la conclusione dell'ordinanza è nel senso che, se pur alcuni comportamenti, come descritti, potrebbero trovare altre qualificazioni giuridiche, ciò non ha alcuna valenza decisiva ai fini dell'adozione della misura cautelare richiesta, essendo gravemente fondata in fatto l'accusa”. 7.3. In buona sostanza, secondo la ragionevole ed argomentata prospettazione dell'ordinanza impugnata, è il complesso dei comportamenti addebitati all'incolpato a fondare efficacemente, per la incontestabilità dei fatti, un grave quadro indiziario di una condotta che ha comunque indubbi riflessi sulle funzioni esercitate dal Dott. C. nella delicatissima attività della Procura Nazionale Antimafia, che più di ogni altra attività di indagine esige il costante coordinamento di tutte le componenti dell'Ufficio. Sicché non rileva la pretesa distinzione tra quanto fatto nell'esercizio delle funzioni e quanto fatto al di fuori di dette funzioni, trattandosi in entrambi i casi di condotte illecite iscrivibili, e concretamente iscritte, nel grave quadro indiziante accertato a carico dell'incolpato. 8. Con il settimo motivo, il ricorrente denuncia un vizio di motivazione con riferimento alla mancata esposizione dei motivi per cui sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa”, all'adozione di una motivazione per relationem con rinvio alla proposta della Prima Commissione del 19 marzo 2012 e alla erronea valutazione di circostanze decisive. In particolare oggetto della censura è una supposta mancata valutazione di circostanze favorevoli all'incolpato in ragione di un rinvio operato dall'ordinanza impugnata alla proposta della Prima Commissione ove avrebbero trovato adeguata risposta tutte le deduzioni difensive in fatto prospettate dal Dott. C. . 8.1. Il motivo non è fondato. Anche in questo caso la censura si sviluppa con le movenze tipiche di una richiesta di riesame del merito, proponendo una revisione della valutazione dei c.d. fatti favorevoli all'incolpato in relazione ai quali si prospetta la sostituzione della interpretazione di parte su quella del giudicante. 8.2. Ma non è rilevabile una omissione da parte dell'ordinanza impugnata nell'esame delle deduzioni difensive dell'incolpato, che risultano, invece, valutate nella loro rilevanza funzionale a elidere la violazione giustificativa della misura cautelare richiesta, concludendone la inidoneità alla predetta funzione in ragione del fatto che irrilevanti sono i contenuti comunicativi sottesi ai contestati rapporti tenuti dall'incolpato con il L.G. e altre persone indicate nei capi di incolpazione, ma l'esistenza indiscussa di detti rapporti. 8.3. L'ordinanza mostra di compiere una ragionevole e coerente analisi del complesso quadro probatorio, traendone la giustificata convinzione che ne risulti un contesto di perduranti relazioni con un pregiudicato”, tali da integrare la violazione addebitata, posto che si trattò di relazioni mantenute a livello esclusivamente personale da parte del Dott. C. , le cui giustificazioni, intese a prospettarne una connotazione istituzionale, sono palesemente incompatibili con la natura e la durata dei rapporti”. 8.4. Legittimamente l'ordinanza impugnata rinvia, poi, a completamento e non in valenza sostitutiva del proprio ragionamento, alla proposta di trasferimento d'ufficio della Prima Commissione formulata all'unanimità, allegata agli atti e nota all'incolpato”, in coerenza con il consolidato orientamento di questa Corte in tema di motivazione per relationem delle decisioni, la quale è ammissibile, dovendosi giudicare la sua completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell'atto al quale si opera il rinvio e che, proprio in ragione del rinvio, diviene parte integrante dell'atto rinviante, purché il rinvio sia operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione per relationem . Condizione che nella fattispecie ricorre, trattandosi di un rinvio interno ad atti del procedimento, allegati e conosciuti dall'incolpato, rinvio che non costituisce, peraltro, l'esclusiva, e fondante, ragione delle conclusioni raggiunte dal giudicante, né delle stesse l'unica motivazione. 9. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese stante il mancato esercizio di attività difensive da parte degli intimati. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione Rigetta il ricorso.