Quando il godimento di un bene non è cosa semplice

L’usufruttuario cita gli occupanti dell’immobile oggetto del diritto chiedendo l’indennizzo nel corso del giudizio vengono in rilievo, da un lato, l’inventario dei beni compresi nel compendio ereditario, l’effettivo possesso del bene e l’avverarsi di una condizione sospensiva, dall’altro l’acquisto per usucapione del bene conteso.

Queste le questioni giuridiche affrontate dalla Cassazione, Seconda sezione civile, nella sentenza n. 17027/12. Il caso. N., usufruttuaria di un immobile, conveniva in giudizio A. e M. che occupavano l’immobile chiedendo l’indennizzo per occupazione senza titolo. Le convenute eccepivano però che N., non avendo redatto ex artt. 1002 e 1003 c.c. l’inventario dei beni rientranti nel compendio ereditario, non aveva conseguito il possesso dell’immobile conteso. In primo grado la domanda viene accolta, con conseguente condanna al pagamento dell’indennizzo. Stesso esito ha il giudizio d’appello, che vede respinto il gravame proposto. A. e M. propongono infine ricorso per cassazione. Intricati rapporti giuridici. Per meglio comprendere lo svolgimento e l’esito del giudizio di merito, occorre riferire che le parti avevano stipulato una scrittura privata con la quale stabilivano che, in caso di vendita, le convenute avrebbero abbandonato la causa dopo aver versato una somma all’attrice a tacitazione di ogni pretesa. Le prime ritenevano che simile condizione sospensiva fosse posta nel loro interesse e si erano dichiarate disponibili a rinunciarvi versando al somma pattuita. Di diverso avviso la Corte territoriale, che giudica la clausola in parola non autonoma ma accessoria all’accordo, con la conseguenza che l’offerta della somma stabilita non ha rilievo in più, la condizione non si è avverata non per causa imputabile all’attrice. Infine, le appellanti avevano sostenuto, con domanda riconvenzionale, di aver acquisito per usucapione in via ereditaria il diritto reale di godimento dell’immobile. Condizione sospensiva, possesso del bene Tra i quesiti di diritto sottoposti al vaglio della Suprema Corte occorre prendere in considerazione i primi due con il primo le ricorrenti - facendo riferimento ad una scrittura privata transattiva stipulata tra le parti avente ad oggetto il medesimo immobile – domandano se nel caso in esame possa applicarsi l’art. 1359 c.c. con il secondo chiedono se, in assenza del citato inventario, N. abbia effettivamente acquisito il possesso del bene. La Cassazione li risolve entrambi in modo negativo, stabilendo che il giudice d’appello ha correttamente escluso l’applicazione del’art. 1359 c.c. poiché la proposta di acquisto poi accettata può collocarsi al di fuor dell’accordo di vendita intercorso tra le parti, ormai venuto meno. Inoltre, prosegue il Collegio, sin dal primo grado di giudizio risulta accertato che la N. era già nel possesso dei beni tra cui si può collocare l’immobile oggetto del giudizio, esercitato tra l’altro attraverso locazione a terzi. usucapione Ancora, le ricorrenti sostengono di aver acquistato a titolo originario ex art. 1158 c.c. il diritto reale di godimento degli immobili oggetto di lite. Il giudice di legittimità respinge anche tale argomentazione, sottolineando come la Corte territoriale abbia già adeguatamente accertato l’avvenuta interruzione della detenzione dell’immobile per un periodo di sette anni, il che esclude anche l’operatività nel caso concreto della presunzione di possesso intermedio ai sensi dell’art. 1142 c.c L’applicazione dell’art. 1158 c.c. viene invocata anche in riferimento al diritto reale di godimento del cortile attiguo all’immobile. La porzione di giardino sarebbe stata usucapita in seguito all’occupazione ventennale da parte delle ricorrenti, che avrebbe così maturato un diritto reale di godimento quantomeno su una quota dell’immobile. Nemmeno questo motivo viene accolto, sulla scorta di una già logica e motivata decisione sul punto da parte del giudice di merito. ed eredità. Infine, con l’ultimo motivo viene lamentata la violazione degli artt. 1803 e 1811 c.c., in quanto le ricorrenti avrebbero acquisito iure successionis il rapporto di comodato intercorso tra la resistente – che non avrebbe chiesto la restituzione o il rilascio dell’immobile – e il de cuius – dante causa delle stesse. Anche questo motivo, nel giudizio della Cassazione, non merita accoglimento perché il tema del comodato è un tema nuovo, non sollevato nei precedenti gradi di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 dicembre 2011 – 5 ottobre 2012, n. 17027 Presidente Schettino – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con atto di citazione notificato il 3 e il 4 febbraio 1995, Na Cr. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Torino le signore A.P C. e M G. e, premesso di essere usufruttuaria dell'immobile sito in OMISSIS , costituito da un alloggio al primo piano e di un locale al piano sottostrada ad uso magazzino, da esse occupato, chiese la condanna delle stesse al pagamento di un indennizzo per l'occupazione senza titolo di detto immobile, nonché al rilascio dell'area cortilizia circostante l'immobile. Le convenute si costituirono in giudizio eccependo che l'attrice non aveva ottemperato all'obbligo di redigere l'inventario, a norma degli artt. 1002 e 1003 cod.civ., e pertanto non aveva conseguito il possesso dei beni ricadenti nel compendio ereditario del defunto Gu Gi. . Eccepirono altresì l'intervenuta usucapione della proprietà dell'immobile do quo a favore del proprio dante causa, G G. , già nudo proprietario, per effetto della riespansione del suo diritto. Ordinata la integrazione del contraddittorio nei confronti di G.M.R. , P. e G. , e costituitasi in giudizio solo la prima, espletata l'istruttoria, le domande attoree furono accolte e le convenute condannate a pagare, per l'occupazione senza titolo dell'immobile, la somma di Euro 32.162,29, oltre a rivalutazione ed interessi, per il periodo dall'1.1.1995 al 31.7.2003, nonché alla somma di Euro 493,27, per il periodo successivo sino al saldo, ed all'immediato rilascio dell'area circostante il fabbricato. Avverso tale sentenza proposero appello le convenute. 2. - Ordinata la integrazione del contraddittorio nei confronti di G.G. e P. , che non si costituirono in giudizio, ed espletata la istruttoria, la Corte d'appello di Torino, con sentenza depositata il 16 maggio 2008, rigettò il gravame. La prima delle censure in cui lo stesso si articolava riguardava la mancata dichiarazione della cessazione della materia del contendere per effetto della transazione intervenuta tra le parti con scrittura privata intervenuta in data 24 maggio 2000, e in particolare della clausola n. 5, in forza della quale le parti, che si erano impegnate ad abbandonare la causa previa vendita dell'immobile, avevano pattuito che, al momento della vendita effettiva, le convenute avrebbero versato la somma di lire 5.000.000 all'attrice a tacitazione di ogni sua pretesa. La condizione sospensiva della vendita dell'immobile doveva, pertanto, ritenersi, secondo le appellanti, posta esclusivamente nel loro interesse, e ad essa le stesse avevano rinunciato essendosi dichiarate disponibili a versare la somma promessa. Pertanto, benché l'immobile non fosse stato venduto, la transazione si sarebbe dovuta ritenere perfezionata. Al riguardo la Corte di merito osservò che detta clausola non era autonoma, ma accessoria all'accordo, il quale prevedeva, come elemento essenziale, proprio la vendita dell'immobile, non essendosi perfezionata la quale, anche detta clausola aveva perso efficacia. Nessun rilievo, dunque, poteva attribuirsi all'offerta reale della somma di lire 5.000.000 effettuata dalle appellanti. La Corte escluse anche che fosse stata raggiunta la prova che la condizione sospensiva non si era avverata per causa imputabile a G.R.M. , che avrebbe respinto una vantaggiosa proposta di acquisto secondo le appellanti che perciò avevano invocato l'applicazione della norma di cui all'art. 1359 cod.civ. Ed infatti, dall'istruttoria era emerso che il geom. E P. , incaricato dalle parti, con mandato conferito il 30 agosto 2000, di vendere l'immobile, aveva reperito un possibile acquirente disposto ad acquistarlo per la somma di lire 700.000.000, e nell'occasione le signore C.A.P. e M G. si erano dichiarate non disponibili a vendere, sicché egli, preso atto della impossibilità di reperire acquirenti disposti a corrispondere il prezzo di stima, pari a lire 870.000.0000 circa, con lettera del 22 gennaio 2001 aveva comunicato la propria rinuncia all'incarico. Tale circostanza dava conto, secondo il giudice di secondo grado, in mancanza di conferimento dell'incarico ad altro professionista, della correttezza del rifiuto opposto alla proposta di acquisto dell'immobile avanzata oltre quattro anni dopo, nel settembre 2005 da tale ing. V. , dovendo lo stesso effettivamente ritenersi non più in vendita all'epoca. Infondato era, secondo la Corte di merito, anche il secondo motivo di appello, concernente la pretesa estinzione dell'usufrutto in capo alla Cr. per non uso ventennale, che, secondo le appellanti, sarebbe derivata indirettamente dalla mancata redazione da parte dell'usufruttuaria dell'inventario, previsto dall'art. 1002 cod.civ., dei beni oggetto del diritto reale di godimento riconosciutole dal de cuius, e dal mancato conseguimento del possesso dei beni. Osservò in proposito la Corte di merito che gli adempimenti previsti dal citato art. 1002 cod.civ. costituiscono un semplice onere, il cui mancato assolvimento comporta l'unica conseguenza di precludere all'usufruttuario la possibilità di conseguire il possesso del bene. Nella specie, peraltro, la Cr. era già nel possesso dei beni, sicché era da escludere che dalla mancata redazione dell'inventario potesse discendere l'effetto prospettato da]le appellanti. Le risultanze processuali giustificavano il rigetto altresì degli altri motivi di gravame, concernenti le domande riconvenzionali di acquisto per usucapione, a favore degli eredi di G.G. , del diritto reale di godimento dell'immobile e della proprietà dell'area cortilizia. Infatti, il primo giudice aveva escluso la sussistenza in capo alle convenute di un valido possesso ad usucapionem, e le risultanze dell'istruttoria svolta in sede di giudizio di appello confermavano la fondatezza di tale valutazione. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono C.A.P. e M G. sulla base di cinque motivi. Resistono con controricorso Na Cr. ved. G. e G.R.M. . Motivi della decisione 1.1. - Con il primo motivo di ricorso, si lamenta violazione o falsa applicazione dell'art. 1359 cod.civ. La sentenza impugnata non avrebbe tenuto nel debito conto il tenore della scrittura privata transattiva sottoscritta dalle parti in causa, tralasciando di considerare che il mancato avveramento della condizione sospensiva, in essa prevista, della vendita dell'immobile in questione era da attribuirsi alla mera volontà di G.R.M. , come risulterebbe dalla circostanza che, a soli tre mesi dalla sottoscrizione della scrittura, e nonostante l'avvenuta stima dell'immobile medesimo da parte di un tecnico incaricato dalla stessa G. e dalla signora Cr. , il quale ne aveva valutato in Euro 310.000,00 il valore, R.M G. aveva comunicato a persona interessata all'acquisto che il bene, per il quale era stata offerta la somma di Euro 320.000, non era in vendita e che nessuno aveva ricevuto l'incarico di venderlo. Quanto all'incarico in origine affidato al geom. P. , che aveva stimato il valore dell'immobile in lire 875.000.000 circa, si osserva nel ricorso che la rinuncia all'incarico fu determinata dal mancato reperimento di acquirenti, mentre il rifiuto a vendere da parte delle attuali ricorrenti sarebbe stato giustificato dalla differenza tra il prezzo stimato e quello offerto. Per converso, l'offerta dell'ing. V. , in epoca successiva, sarebbe stata rifiutata irragionevolmente, alla luce della nuova stima dell'immobile in questione. Si rileva, inoltre, nel ricorso la inesattezza della stessa qualificazione dell'alienazione dell'immobile come evento condizionante sospensivamente il pagamento della somma di lire 5.000.0000, in quanto dal testo della clausola n. 5 della scrittura in esame emergerebbe il solo riconoscimento della vendita quale termine finale previsto, peraltro in favore delle sole attuali ricorrenti. In ogni caso, il problema interpretativo sarebbe superato dalla circostanza del rifiuto ingiustificato dell'offerta reale effettuata da M G. e C.A.P. . Né sarebbe esatta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale la condizione era stata apposta nell'interesse comune delle parti, in quanto, a fronte dell'abbandono del giudizio, la sola prestazione da ridurre fino a lire 5.000.000 sarebbe stata quella avente ad oggetto il pagamento dell'indennità richiesta dalla Cr. e da G.M. , pari ad oltre Euro 30000,00 dunque, le sole attuali ricorrenti avrebbero beneficiato dell'avveramento della condizione, impedito da R.M G. . Le ricorrenti chiedono la conferma, ex art. 366 bis cod.proc.civ., del principio di diritto secondo il quale la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. 1.2. - La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Se nel caso in esame possa o meno ritenersi avverata ex art. 1359 cod.civ. la condizione sospensiva dedotta nella scrittura privata transattiva del 24 maggio 2000”. 2.1. - La censura è immeritevole di accoglimento. 2.2. - La Corte di merito ha fornito esaustiva e non illogica motivazione delle ragioni per le quali, sulla base del proprio incensurabile apprezzamento delle circostanze di fatto, ha escluso di poter fare applicazione della regola posta dall'art. 1359 cod.civ Al riguardo, essa ha ritenuto, in particolare, giustificato il rifiuto di R.M G. di accettare la proposta di acquisto avanzata dall'ing. V. , in considerazione del fatto che effettivamente all'epoca, di gran lunga successiva circa cinque anni al tempo in cui il geom. P. aveva ricevuto l'incarico - cui dopo alcuni mesi aveva rinunciato per mancanza di acquirenti al prezzo richiesto - di vendere l'immobile in questione, ed in mancanza del conferimento di un nuovo incarico ad altro professionista, lo stesso immobile era da ritenere non più in vendita. 3.1. - Con la seconda censura si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1002, 1003 e 1014 cod.civ., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione a punto decisivo della controversia. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere sufficiente, al fine di esonerare la Cr. dagli obblighi, incombenti sull'usufruttuario, della effettuazione dell'inventario e della prestazione di idonea garanzia, la sussistenza di una condizione di fatto quale la detenzione dell'immobile da parte della stessa usufruttuaria prima ancora che ella ne diventasse tale ciò per la mancanza di alcun atto di interversione del possesso ovvero alcuna condotta dimostrativa della intenzione della usufruttuaria di detenere i locali quale titolare di un diritto reale quale l'usufrutto e non quale mera detentrice in quanto moglie del proprietario, Gu Gi. . L'inadempimento della Cr. , perdurando da oltre venti anni, avrebbe determinato, ex art. 1014, n. 1, cod.civ., l’estinzione del suo diritto. 3.2. - La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Se, a seguito della mancata prestazione della garanzia e dell'omessa redazione dell'inventario dovuti ex art. 1002 cod.civ. da parte dell'usufruttuaria, quest'ultima abbia potuto o meno acquisire il possesso dei beni oggetto del detto diritto reale de quo ed, ancora, se questo possa essere ritenuto estinto per prescrizione ai sensi e per gli effetti dell'art. 1014, n. 1, cod.civ.”. 4.1. - La doglianza è destituita di fondamento. 4.2. - Con essa si ribadiscono opinioni già avanzate in primo grado e puntualmente smentite dal primo giudice. La Corte territoriale, attraverso l'esame, e l'apprezzamento - incensurabile nella presente sede in quanto motivato in modo articolato e non illogico - delle risultanze probatorie già valorizzate ai fini della decisione di primo grado, ha confermato le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale, che aveva sottolineato come la Cr. fosse già in possesso dei beni, possesso dalla stessa esercitato in parte attraverso locazione a terzi, in parte mediante concessione in comodato gratuito al figlio G G. . Sicché, dal mancato assolvimento degli oneri di cui all'art. 1002 cod.civ. non poteva derivare a carico della stessa Cr. l'unico effetto che da esso deriva, consistente nella impossibilità di conseguire il possesso del bene. 5.1. - Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1158 cod.civ. con riferimento al diritto reale di godimento della costruzione. Si sottolinea nel ricorso la circostanza di fatto, che non sarebbe smentita dall'istruttoria, che G G. , con il suo nucleo familiare, aveva fin dal 1969 iniziato a possedere uti dominus le porzioni di immobile in questione. Pertanto, le attuali ricorrenti avrebbero usucapito il diritto reale di godimento in virtù di possesso ultraventennale mai contrastato da potenziali aventi diritto quale l'usufruttuaria Cr. . L'onere probatorio gravante in modo esclusivo ai sensi dell'art. 1141 cod.civ. su chi voglia escludere l'intervenuta usucapione sul presupposto della qualificazione del potere di fatto esercitato quale semplice detenzione e non possesso non era stato, secondo le ricorrenti, assolto. 5.2. - La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Se nel caso de quo le esponenti abbiano o meno acquistato a titolo originario ex art. 1158 cod.civ. il diritto reale di godimento degli immobili oggetto di lite”. 6.1. Anche tale motivo si appalesa infondato. 6.2. - La Corte di merito, nell'apprezzamento, insindacabile nella presente sede di legittimità, per le medesime ragioni esposte sub A.2., delle acquisizioni processuali, ha confermato la esclusione, già affermata dal primo giudice, della sussistenza in capo alle appellanti, attuali ricorrenti, di un valido possesso ad usucapionem, valorizzando, in particolare, la circostanza che la detenzione dell'immobile da parte di G G. si era interrotta per un lasso di tempo di circa sette anni circostanza che escludeva la operatività nella specie della presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 cod.civ 7.1. - La quarta doglianza ha ad oggetto la violazione o falsa applicazione degli artt. 1803 e 1811 cod.civ., nonché la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione a punto decisivo della controversia. Avrebbe errato la Corte sabauda, dopo aver dato credito alla ipotesi di un presunto contratto di comodato gratuito stipulato tra l'usufruttuaria ed il figlio G.G. , inerente alla porzione di immobile occupato, nel non riconoscere che il medesimo rapporto contrattuale avrebbe dovuto, in assenza di idonea prova di una richiesta di restituzione ex art. 1811 cod.civ. da parte dell'usufruttuaria comodante, essersi trasferito iure successionis agli eredi del predetto G.G. , ossia alle odierne ricorrenti. 7.2. - La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente principio di diritto Se nel caso de quo le esponenti abbiano acquistato iure successionis ex art. 1811 cod.civ., in difetto dell'avversaria richiesta di restituzione/rilascio del bene, il diritto/rapporto di comodato - essenzialmente gratuito ex art. 1803 cod.civ. - intercorso tra la resistente sig.ra Cr.Na. ed il de cuius dante causa delle ricorrenti, sig. G.G. ”. 8. - La doglianza è inammissibile, risultando il tema del comodato nuovo, in quanto non sollevato nel corso del giudizio di merito. 9.1. - Con il quinto motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 1158 cod.civ. con riferimento al diritto reale di godimento del cortile giardino. Secondo le ricorrenti, l'istruttoria espletata avrebbe consentito di accertare l'avvenuta occupazione ultraventennale dello stesso da parte del nucleo familiare delle attuali ricorrenti e, conseguentemente, dell'intervenuta usucapione del relativo diritto reale di godimento e dell'estinzione del diritto di usufrutto in capo alla Cr. per mancato esercizio. Le deposizioni testimoniali acquisite avrebbero consentito inoltre di ritenere provato il possesso ultraventennale di una quota ideale dell'intero immobile da parte della famiglia delle attuali ricorrenti e la contemporanea estinzione del diritto reale limitato dalla Cr. per non uso. 9.2. - La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Se nel caso de quo le esponenti abbiano o meno acquistato a titolo originario ex art. 1158 cod.civ. il diritto reale di godimento del cortile giardino ed, in ogni caso, con riferimento all'intero complesso immobiliare oggetto di lite, il diritto reale di godimento su una quota ideale dello stesso”. 10.1. - Il motivo è immeritevole di accoglimento. 10.2. - Vale, anche con riferimento ad esso, ribadire la incensurabilità delle valutazioni di merito operate dal giudice di secondo grado in ordine alla invocata usucapione del diritto reale di godimento sul cortile giardino e su una quota ideale dell'immobile. 11. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In ossequio al principio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico delle ricorrenti in solido. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 4400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed accessori di legge.