La strada dissestata non basta per bloccare il passaggio

La servitù pedonale e di passaggio - gravante in maniera reciproca su alcuni lotti confinanti - non si estingue per il solo stato di dissesto della strada se in giudizio non emerge la prova, anche attraverso testimonianza, del mancato utilizzo ventennale del passaggio da parte degli aventi diritto.

Lo ha stabilito la sezione II civile della Cassazione, con la sentenza n. 14761/12. Il caso. I proprietari di un lotto di terreno chiamavano in giudizio quelli del lotto confinante al fine di veder ricostituito il libero esercizio di una servitù pedonale e carrabile, impedito dalle opere poste in essere dai convenuti. In primo grado la domanda veniva rigettata, ma l’impugnazione proposta in seguito veniva accolta dalla Corte d’appello di Roma. Viene perciò proposto ricorso per cassazione, fondato essenzialmente sull’erronea valutazione, da parte della Corte territoriale, delle risultanza testimoniali e sulla contraddittoria motivazione riguardo alla stima dell’estinzione della servitù per non uso ventennale. Testimonianze contraddittorie. La Suprema Corte - premesso che l’atto notarile prodotto in giudizio evidenzia come ognuno dei lotti di terreno è gravato da servitù, reciproca, nei confronti degli altri - rigetta il ricorso. Le deposizioni testimoniali, argomenta la Cassazione, risultano essere contrastanti tra loro e non offrono un quadro preciso ed inequivoco della situazione , dato che dalle dichiarazioni dei testi non è possibile evincere se la strada fosse rimasta inutilizzata o meno. Alcuni di questi, interrogati sul punto, avevano in effetti dichiarato che la strada si trovava in pessimo stato di manutenzione ed era inutilizzata, mentre altri avevano affermato di averla utilizzata loro stessi, nonostante la difficoltà di utilizzo per il passaggio carrabile Senza prova la servitù rimane. Allo stesso modo, secondo la S.C., la servitù in parola non può considerarsi estinta ex art. 1073 c.c., come invece avrebbe voluto l’eccezione proposta dai ricorrenti in sede d’appello. Invero, il non uso ventennale che avrebbe condotto all’estinzione non risulta provato nel giudizio di merito, dove anzi è emersa – attraverso le citata deposizioni testimoniali - la prova dell’utilizzo seppur saltuario della strada.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 dicembre 2011 – 3 settembre 2012, n. 14761 Presidente Oddo – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - P.G. , c.d. , R.M. , R.N. , Ro.La. , r.t. , P.F.C. , Pu.En. ed P.A. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Roma Cu.Fi. , C.A. , Ci.La. e Ru.Ri. per sentir dichiarare il loro diritto di vedere ricostituito il libero esercizio della servitù pedonale e carrabile su di una strada privata, impedito da opere poste in essere dai convenuti. Il giudice adito rigettò la domanda attrice. Avverso tale sentenza proposero appello c.d. , A. , F. , Lu. , P.L. , M. e R.N. , Ro.La. , r.t. , P.F.C. ed Pu.En. , anche quali eredi di Pi.Gi. . 2. - Con sentenza depositata il 30 dicembre 2004, la Corte d'appello di Roma, in accoglimento del gravame, dichiarò l'esistenza della servitù di passaggio pedonale e carrabile in questione, ordinando a Cu.Fi. , Ru.Ri. , C.A. e Ci.La. di rimuovere ogni ostacolo impeditivo dell'esercizio della stessa. Con riguardo al primo motivo di appello, con il quale si censurava la sentenza del Tribunale per errata valutazione dell'atto costitutivo di servitù, sostenendosi che erroneamente il giudice di primo grado avrebbe ritenuto che la strada in questione non risultava tra quelle gravate dalla servitù di passaggio, come emergeva, invece, dal complesso delle clausole contenute nel titolo e calle piantine ad esso allegate, la Corte rilevò che nell'atto notarile pi edotto in fotocopia nel giudizio di primo grado era indicato che nella superficie di ciascun lotto venduto era compresa le metà delle strade risultanti dalla lottizzazione e che ogni lotto era gravato di reciproca servitù attiva e passiva di passaggio a favore degli altri lotti sulle strade della lottizzazione. Inoltre, la pianta allegata all'atto, pure prodotta in fotocopia, la piantina topografica prodotta in originale nell'atto di appello indicavano con chiarezza dette strade. L'ultimo documento, la cui produzione era stata contestata dalle parti appellate in quanto tardiva, non era, secondo la Corte di merito, un documento nuovo, ma l'originale di quello prodotto in fotocopia in primo grado comunque la produzione doveva ritenersi ammissibile trovando, nella specie, applicazione l'art. 345 cod.proc.civ. nella formulazione anteriore alla legge n. 353 del 1990. Quanto alla eccezione di estinzione della servitù per non uso ventennale, sollevate dagli appellati, osservo La Corte di merito che le deposizioni testimoniali, tra loro contrastanti, non offrivano un quadro preciso ed inequivoco della situazione, in quante, mentre tutti erano concordi nei definire la strada dissestata e disagevole per mancata effettuazione delle opere di manutenzione previste nell'atto pubblico, alcuni testi avevano dichiarato di non aver mai visto transitare nessuno, mentre altri avevano riferito di essere transitati e di aver visto altri transitare sulla strada anche con veicoli sicché doveva escludersi che fosse stata raggiunta la prova del non esercizio della servitù per un periodo di vent'anni, necessario per determinare la estinzione della stessa. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Cu.Fi. , C.A. e Ci.La. sulla base di due motivi. Resistono con controricorso c.d. e P.A. , in proprio e nella qualità di eredi di Pi.Gi. , L. , F. e Pi.Lu. in qualità di eredi di Pi.Gi. , M. e R.N. , Ro.La. , r.t. , F.P.C. ed Pu.En. . Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della, controversia. La valutazione da parie della Corte di merito delle risultanze istruttorie sarebbe stata estremamente generica, sia sotto il profilo dei fatti riferiti, sia quanto all'attendibilità dei testi e alla corrispondenza tra le varie deposizioni. In particolare, i ricorrenti lamentale la mancata considerazione del contenuto di tutte le dichiarazioni testimoniali, che concordemente - eccezion fatta per una di esse - avevano escluso che la strada in questione fosse compatibile con un passaggio carrabile, e la avevano descritta come una strada incolta e sostanzialmente adibita a discarica di rifiuti, oltre a sottolineare l'esistenza di un gradino alto da venti - trenta centimetri a due metri nel passaggio in questione elementi tutti, codesti, che, ad avviso dei ricorrenti, ove adeguatamente considerati, avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione in ordine alle, compatibilità dello stato dei luoghi con il preteso esercizio della servitù di cui si tratta. 2.1. - La censura non può trovare ingresso nella presente sede. 2.2. - Nonostante gli sforzi dei ricorrenti tesi a dimostrare che essa non impinge nelle valutazioni di merito riservate ai giudici di primo e secondo grado, non può non rilevarsi, che sostanzialmente la richiesta che con il motivo in esame si rivolge a questa Corte è quella di svolgere un riesame delle risultanze istruttorie sotto il profilo della valutazione di determinati elementi al fine di apprezzare, alla stregua di questi, l'attendibilità di talune deposizioni testimoniali. Ma una siffatta operazione è inibita a questa Corte ove le ragioni del convincimento maturate dal giudice di merito trovino esplicitazione in un percorso motivazionale non illogico e non affetto da errori giuridici. Nella specie, la Corte capitolina si è fatta pienamente carico del dato, emerso concordemente dalle deposizioni testimoniali, che la strada in questione fosse dissestata e disagevole, essendo mancate le previste opere di manutenzione. E tuttavia, essa ha doverosamente rilevato le discordanze emerse tra le dichiarazioni dei testi che avevano escluso di avervi mai visto transitare alcuno, e quelle di coloro i quali avevano riferito di esservi transitati essi stessi o comunque di avervi visto altri transitare, perfino con veicoli. In una tale situazione, risulta del tutto corretta la conclusione cui è pervenuto il giudice di secondo grado circa il mancato raggiungimento della prova del non uso della servitù in questione per un periodo di tempo idoneo a determinare l'estinzione del diritto. 3. - Con la seconda doglianza, i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 1073 cod.civ. ed ancora la omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia. Avrebbe errato la Corte di merito nel valutare, ai fini della formazione del proprio convincimento in ordine alla inesistenza della prova del non uso ventennale della servitù, la circostanza che, come si è chiarito dianzi, mentre alcuni testi avevano dichiarato di non aver mai visto nessuno transitare lungo la strada di cui si tratta, altri avevano, al contrario, affermato di esservi transitaci essi stessi ovvero di avervi visto altri transitare anche con veicoli. Al riguardo, il giudice di secondo grado non avrebbe considerato che era irrilevante la circostanza del passaggio di persone in alcun modo identificate, mentre nessuno dei testi aveva affermato che alcuno degli aventi diritto fosse mai transitato lungo la strada. Concludono i ricorrenti che nessuna prova sarebbe stata fornita da controparte in ordine all'effettivo uso della servitù. 4.1. - La censura è in parte inammissibile, in parte infondata. 4.2. - È inammissibile nella parte in cui ancora una volta richiede un riesame celle risultanze istruttorie, inibito a questa Corte per le ragioni già evidenziate sub 2.2. 4.3. - È infondata nella parte in cui addebita alla Corte di merito la omessa considerazione del mancato assolvimento dell'onere probatorio, da parte di chi sosteneva di averne diritto, dell'effettivo uso delle servitù. Tale articolazione della doglianza non tiene conto che i fatti sui quali si sarebbe fondata la eccezione di estinzione per non uso della servitù avrebbero dovuto essere provati dagli appellati, attuali ricorrenti, che tale eccezione avevano sollevato. 5. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio - che vengono liquidate come da dispositivo - devono, alla stregua del criterio della soccombenza, essere poste a carico dei ricorrenti in solido. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1700,00, di cui Euro 1503,00 per onorari.