Il cliente scontento deve fornire il materiale probatorio nel giudizio di merito

L’inadempimento contestato ai fini della responsabilità contrattuale e della risoluzione ex art. 1455 c.c. è oggetto di una questione di fatto. È inutile per il cliente insoddisfatto produrre ulteriore materiale probatorio più favorevole in sede di Cassazione.

Lo ricorda la Terza sezione Civile con la sentenza n. 7630/12, depositata il 16 maggio. Questione di compensi. Un professionista conveniva un uomo chiedendo la condanna al pagamento di un’ingente cifra di denaro. Quest’ultimo, costituitosi, eccepiva la prescrizione del diritto azionato e rincarava la dose proponendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni conseguiti al grave e colpevole inadempimento del mandato professionale. La Corte d’Appello rigettava l’istanza del cliente malcontento, il quale adiva infine per cassazione. I pagamenti sono doverosi, è già stata appurato. Il ricorrente avanza cinque motivi di gravame, ritenuti dal Giudice non sufficientemente motivati e indirizzati a una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio. Con riferimento all’inadempimento contestato, va rilevato che, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della sua gravità, ai fini della risoluzione ex art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito. Motivazioni a riguardo, nei gradi precedenti, sono state puntualmente fornite, al pari di quelle enunciate circa la congruità del compenso dovuto al professionista per l’attività svolta. Per quanto concerne, infine, le censure in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali, si sottolinea come i rilievi mossi alla sentenza impugnata si concentrino piuttosto sulle conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito. Il ricorrente, in sostanza, non indica quali siano i vizi che avrebbero condotto a un erroneo decisum , ma convoglia l’analisi dei motivi di ricorso alla ricerca di un’ennesima, non consentita rivalutazione delle carte probatorie.

Corte di Cassazione, Sez. III Civile, sentenza 20 marzo – 16 maggio 2012, n. 7630 Presidente Trifone – Relatore Vivaldi Svolgimento del processo G C. convenne, davanti al tribunale di Rimini, A V. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 204.000.000 a titolo di compensi professionali. Il convenuto, costituitosi, eccepì, in via preliminare, la prescrizione del diritto azionato nel merito contestò la domanda proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni conseguenti al grave e colpevole inadempimento del mandato professionale. Il tribunale, con sentenza del 10.4.2006, accolse parzialmente la domanda principale, rigettando quella riconvenzionale. Proposero appello, principale il V. ed incidentale il C. . La Corte d'Appello, con sentenza del 9.3.2010, rigettò quello principale, accogliendo, in parte, quello incidentale. Ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi V.A. . Resiste con controricorso G C. . MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente denuncia in via principale, l'illegittimità del capo della sentenza di rigetto dell'eccezione di grave inadempimento del Dott. C. all'incarico professionale conferitogli per l'affare OMISSIS e, correlativamente, di condanna del convenuto al pagamento della somma di Euro 36.875,02 a titolo di compenso e di rigetto della domanda riconvenzionale di condanna dell'attore al risarcimento dell'ingente danno cagionato per violazione o falsa applicazione delle norma di cui agli artt. 1414 ss., 2230 ss. e 2697 c.c. ovvero per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con il secondo motivo si chiede l'adozione dei provvedimenti consequenziali all'accertamento del grave inadempimento del Dott. C. all'incarico professionale conferitogli dal signor V. per l'affare omissis . Con il terzo motivo si denuncia la illegittimità del capo della sentenza che ha condannato il signor V. a pagare al Dott. C. il compenso per l'affare Beton Granulati s.p.a. per violazione o falsa applicazione degli artt. 184 c.p.c. nel testo previgente e 2697 c.c. ovvero per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con il quarto motivo si denuncia la illegittimità del capo della sentenza che ha condannato il signor V. a pagare al Dott. C. il compenso per l'affare La Fenice s.r.l. per violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. ovvero per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con il quinto motivo si denuncia la illegittimità del capo della sentenza che ha rigettato la eccezione riconvenzionale opposta dal signor V. in relazione al negozio solutorio a suo tempo concluso con il Dott. C. perché ritenuta non provata e per la affermata inammissibilità dei mezzi di prova per interrogatorio formale e per testi correlativamente dedotti per violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. oppure per omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. I motivi, intimamente connessi, possono essere trattati congiuntamente. Essi non sono fondati. Tutti i motivi, al di là delle violazioni e dei vizi motivazionali, contestati, in realtà aspirano ad una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, in senso più favorevole al ricorrente ciò che - a fronte di una corretta e congrua motivazione come nella specie - non è consentito in sede di legittimità. In particolare, con riferimento all'inadempimento contestato al resistente con il primo motivo, va rilevato che, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della sua gravità, ai fini della risoluzione del contratto, ai sensi dell'art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici v. per tutte Cass. 28.6.2006 n. 14974 . Nella specie, la Corte di merito ha fornito congrua motivazione della insussistenza delle condizioni per risolvere il contratto richiamando anche, in aggiunta alle emergenze probatorie indicate in sentenza pag. 8, con il richiamo anche quelle di primo grado , l'ulteriore elemento rappresentato dalle risultanze del lodo arbitrale. Il che conduce a ritenere infondata anche la censura in base alla quale la Corte di merito avrebbe fondato il suo convincimento esclusivamente su tale lodo ancora oggetto di esame ai fini della sua definitività. L'esame del secondo motivo - neppure formulato secondo le previsioni codicistiche - è assorbito dalle conclusioni di insussistenza delle lamentate violazioni, censurate con il primo motivo. Quanto alle censure relative agli affari Beton Granulati spa e La Fenice srl , oggetto del terzo e quarto motivo, valgono le precedenti considerazioni. In particolare, le violazioni dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 184 c.p.c. non sussistono. La Corte di merito, infatti, ha fornito, anche con riferimento al compenso spettante all'odierno resistente per l'attività professionale svolta in relazione agli affari sopra indicati una puntuale e corretta motivazione del convincimento raggiunto, convalidato dalle risultanze probatorie acquisite e puntualmente indicate alle pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata. Ad eguale conclusione deve pervenirsi in ordine al rilievo, oggetto del quinto motivo, relativo al rigetto dell'eccezione di compensazione avanzata dall'odierno ricorrente con riferimento al negozio solutorio che si afferma concluso con l'odierno resistente. Il difetto di prova e di decisività del capitolo in contestazione n. 20 come indicato a pag. 10 della sentenza impugnata sorreggono le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito. Inammissibili appaiono i rilievi svolti con la denuncia di vizi motivazionali, i quali contestano piuttosto le valutazioni operate dalla Corte di merito, proponendo una versione delle risultanze probatorie più favorevole al ricorrente il che non è consentito nel giudizio di legittimità a fronte di una corretta motivazione, come nella specie. Per quel che, poi, concerne le censure in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali richieste, deve rilevarsi che i rilievi mossi alla sentenza impugnata si concentrano piuttosto sulle conclusioni cui sono pervenuti i giudici del merito con un esito della vicenda processuale diverso da quello voluto dall'attuale ricorrente, ma non dimostrano la loro decisività ai fini di un diverso esito del giudizio. Il ricorrente, in sostanza, non indica quali siano i vizi in cui sarebbe incorso il giudice del merito, ma convoglia l'analisi dei motivi di ricorso, sotto il profilo motivazionale, alla ricerca di una ennesima, non consentita rivalutazione del materiale probatorio. Conclusivamente, il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento della spese che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.