Ingegneri e architetti: se il committente è pubblico, i minimi tariffari sono liberamente derogabili

L'inderogabilità dei limiti tariffari stabiliti per gli ingegneri e gli architetti è circoscritta dall'art. 6, legge 1° luglio 1977 n. 404 ai soli incarichi professionali privati e non vale, pertanto, per gli incarichi conferiti da enti pubblici.

La Seconda sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 6627 del 30 aprile 2012, affronta il tema della inderogabilità dei minimi di tariffa a favore degli ingegneri e degli architetti, svolgendo un importante distinguo a seconda della natura, pubblica o privata, del soggetto committente. Il caso. Nel 1996 un architetto convocava in giudizio avanti al Tribunale di Roma la RAI, asserendo di aver ricevuto numerosi incarichi di progettazione per la realizzazione di un nuovo centro tecnico per le telecomunicazioni , a fronte dei quali la RAI aveva versato solo acconti, peraltro ben al di sotto di quanto dovuto in base ai minimi di tariffa. La committente RAI si costituiva in giudizio passando all’attacco, chiedendo quindi in via riconvenzionale una ingente somma di denaro a titolo di risarcimento dei danni per un asserito inadempimento del progettista. Il Tribunale di Roma rigettava tutte le domande delle parti. Le questioni venivano riproposte nella loro interezza avanti alla Corte d’Appello di Roma, che a sua volta le rigettava integralmente, affermando che, da un lato, l’inderogabilità dei minimi di tariffa non comportava la nullità delle convenzioni intercorse quanto al compenso lettere di incarico dall’altro, le somme percepite dal professionista andavano considerate congrue rispetto all’attività effettivamente svolta, quindi non eccessive, valutato altresì che i compensi erano stati calcolati in base alle menzionate lettere di incarico. La parola finale alla Cassazione. Possibile la deroga ai minimi tariffari se il rapporto professionale si è svolto con un ente pubblico. Il primo motivo di ricorso per cassazione, proposto dall’architetto incaricato della progettazione, era teso a far valere la nullità delle pattuizioni sui compensi, considerate intercorse in violazione dei minimi tariffari. Tuttavia, secondo i Giudici di Piazza Cavour, la Corte di Appello si era pronunciata in conformità alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la deroga ai minimi tariffari è consentita quando il rapporto professionale si è svolto con un ente pubblico come la RAI peraltro, nel caso della RAI, sarebbe ora più corretto parlare di organismo di diritto pubblico . Infatti, viene ribadito il principio di diritto per cui l'inderogabilità dei limiti tariffari di categoria stabiliti per i professionisti è circoscritta dall'art. 6, legge 1° luglio 1977 n. 404 ai soli incarichi professionali privati, e non vale, pertanto, per gli incarichi conferiti da enti pubblici. Detta norma, interpretando autenticamente l'articolo unico della legge 5 maggio 1976 n. 340 - che sancisce l'inderogabilità dei minimi delle tariffe professionali degli ingegneri e degli architetti -, ne ha limitato l'applicazione ai rapporti intercorrenti tra privati. Questa previsione, peraltro, non viola l'art. 3 Cost., poiché la derogabilità dei minimi tariffari prevista dall'art. 6 della legge menzionata riguarda anche i professionisti privati. La richiesta di restituzione delle somme versate al professionista per presunti vizi. La committente RAI, come accennato, si era costituita in giudizio chiedendo in via riconvenzionale il risarcimento del danno a causa di presunti vizi o difetti inerenti la progettazione effettuata dal professionista. Tuttavia, la Cassazione ritiene che anche questo punto della controversia sia stato deciso correttamente dai giudici di appello, in quanto l’esperita CTU non aveva posto in evidenza vizi o difetti nel lavoro di progettazione così vistosi da comportare un ridimensionamento dei compensi direttamente pattuiti tra le parti. In definitiva, il ricorso per cassazione si risolve in un nulla di fatto, mantenendo in sostanza inalterato l’equilibrio contrattuale che bene o male si era determinato tra le parti stesse prima del contenzioso, tuttavia durato quasi 16 anni la citazione in primo grado era dell’8 maggio 1996 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 – 30 aprile 2012, n. 6627 Presidente Goldoni – Relatore Bursese Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 8.5.1996 l'arch. P.R. evocava in giudizio avanti al Tribunale di Roma, la R.A.I. Radio Televisione Italiana deducendo di avere ricevuto da quest'ultima numerosi incarichi di progettazione relativi all'erigendo Centro Tecnico per le Telecomunicazioni di OMISSIS - che, in un primo momento era localizzato nella vicina zona di OMISSIS di avere portato a termine gli incarichi ricevuti fino alla predisposizione e presentazione della c.d. variante postuma di avere ricevuto unicamente parziali pagamenti da parte della RAI con corresponsione, comunque di spettanze inferiori ai minimi inderogabili della tariffa professionale e, in ogni caso, con rifiuto di versamento del saldo residuo precisava che il compenso a lui spettante, applicando i minimi tariffari per l'intera attività svolta, sarebbe ammontato a non meno di L. 8.564.171.505 tanto premesso chiedeva la condanna della RAI al pagamento delle spettanze a lui dovute per un importo da stabilirsi all'esito dell'istruttoria e comunque in ogni caso non inferiore a L. 5.716.603.505, oltre rivalutazione monetaria, con gli interessi legali ex art. 9 Tariffa Professionale. Si costituiva in giudizio la RAI contestando la pretesa attorea e formulando in riconvenzionale la condanna del professionista al pagamento di L. 1,000.000.000 in relazione gg1| asseriti inadempimenti alle proprie obbligazioni professionali da parte dell'arch. P. . L'adito tribunale, all'esito dell'attività istruttoria espletata, con sentenza n. 29737/2003 depos. in data 19.9.2003 rigettava sia la domanda attrice che la riconvenzionale della convenuta. La sentenza era appellata dall'arch. P. che riproponeva le precedenti domande ed in via incidentale anche dall'appellata RAI con riferimento al mancato accoglimento della propria riconvenzionale. L'adita Corte d'Appello di Roma con sentenza n. 5040/05 depositata in data depositata il 22.11.2005 rigettava l'appello principale e quello incidentale, compensando le spese del grado. La corte capitolina riteneva che l'inderogabilità di minimi tariffari non comportava la nullità, ex art. 1418 c.c. delle convenzioni del compenso dell'architetto P. calcolato in misura inferiore ai minimi, mancando un'esplicita previsione normativa, che invece stabiliva la predetta inderogabilità ai soli rapporti con i privati. Rilevava che l'attività svolta era solo quella prevista nelle varie lettere d'incarico come stabilito dal CTU per cui doveva ritenersi congruo l'importo ricevuto dal P. , considerato che il compenso poteva scendere al di sotto dei minimi tariffari era altresì congrua la somma corrisposta a titolo di variante postuma al professionista, il cui l'apporto era consistito non in attività progettuale, ma nella mera sottoscrizione degli elaborati grafici a lui sottoposti dalla società appellata quanto all'edificio I di OMISSIS riferito a Mense Centrali, lo stesso non rientrava in nessuna delle lettere d'incarico sottoscritte dal P. , che non aveva adeguatamente provato di avere effettuato l'attività progettuale anche per tale edificio che era inammissibile in quanto nuova la domanda relativa al pagamento dell'ulteriore somma di L. 25.500.000 in relazione al minor compenso calcolato sulla sola base delle lettere d'incarico succedutosi nel tempo. La Corte rigettava anche l'appello incidentale atteso che i compensi erano stati calcolati sulla base delle menzionate lettere d'incarico e non vi era motivo per ritenerli eccessivi rispetto al lavoro effettivamente svolto. Avverso la predetta sentenza l'arch. P. ricorre per cassazione sulla base di n. 2 articolate censure resiste la RAI con controricorso proponendo ricorso incidentale, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c. il ricorrente ha replicato a sua volta con controricorso. Motivi della decisione Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi. Passando all'esame del ricorso principale, con il 1 motivo l'esponente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla violazione dei minimi tariffari ed ai compensi comunque dovuti. La Corte romana a suo avviso non ha motivato in ordine alla richiesta di estensione analogica della sanzione prevista dall'art. 24 della legge 794/42 con cui si stabilisce al nullità ex art. 1418 c.c. dei patti in violazione dei minimi tariffari. La censura non ha fondamento. La corte d'appello si è pronunciata in conformità con la giurisprudenza di questa Corte, nel senso che la deroga ai minimi tariffari è consentita nella fattispecie come quella in esame in cui il rapporto professionale si è svolto con un ente pubblico come la RAI. Invero, secondo la S.C. l'inderogabilità dei limiti tariffari di categoria stabiliti per i professionisti è circoscritta dall'art. 6 della legge 1 luglio 1977, n. 404, ai soli incarichi professionali privati e non vale, pertanto, per gli incarichi conferiti da enti pubblici, in quanto detta norma, interpretando autenticamente l'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340, - che sancisce l'inderogabilità dei minimi delle tariffe professionali degli ingegneri e degli architetti - ne ha limitato l'applicazione ai rapporti intercorrenti tra privati, con previsione che non viola l'art. 3 Cost., poiché la derogabilità dei minimi tariffari prevista dall'art. 6 legge cit. riguarda anche i professionisti privati Cass. n. 14187 del 27/06/2011 Cass. n. 21235 del 05/10/2009 Cass. n. 18223 del 11/08/2009 . L'ulteriore doglianza contenuta nel motivo in esame, riguarda il rigetto della richiesta del pagamento del saldo di lire 25.000.000 oltre interessi, importo derivante dalla somma dei singoli compensi indicati in ciascuna lettera d'incarico tale domanda è stata ritenuta dalla Corte distrettuale inammissibile ex art. 345 c.p.c., in quanto nuova siccome formulata solo in sede d'appello invece secondo il ricorrente la domanda in questione era stata già proposta nel giudizio di primo grado ed era contenuta sin dalle conclusioni dell'atto di citazione laddove è stata formulata la richiesta di condanna della convenuta alla corresponsione di tutto quanto residualmente dovuto all'arch. P. ovvero che sarà ritenuto di giustizia ed in ogni caso non minore di L. 5.716.603.505 tale richiesta -sempre secondo il ricorrente - è stata poi ribadita in sede di precisazione delle conclusioni di cui al trascritto verbale d'udienza del 12.12.2002. Anche tale censura è infondata. Invero dall'esame degli scritti conclusionali sopra indicati non è possibile ravvisare una specifica domanda come quella in esame, né essa può ricavarsi implicitamente dal tenore delle stesse richieste conclusionali, di talché la vantazione al riguardo formulata dal giudice di merito sembra logica e condivisibile per es. nella comparsa conclusionale citata al n. 3 lett. b la somma richiesta fa riferimento solo alle varianti essenziali successivamente commissionate e puntualmente svolte dall'attore . Né è possibile stabilire con certezza che si tratti comunque di una diversa quantificazione delle stesse pretese, come sostiene il ricorrente, di talché appare legittima la scelta interpretativa del giudice di merito che ha ritenuto mai proposta detta domanda come tale incensurabile in questa sede di legittimità. Passando all'esame del 2 motivo, il ricorrente denuncia l'omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione su più punti di fatto decisivi in relazione all'effettiva individuazione dell'attività resa dall'arch. P. in favore della RAI. Egli osserva che l'edificio I pur non essendo richiamato nelle lettere d'incarico era stato comunque progettato da esso P. , come riconosciuto dallo stesso CTU. La doglianza non ha pregio. La corte capitolina, valutando adeguatamente le emergenze istruttorie, ha al riguardo stabilito con motivazione logica, che l'appellante non avesse adeguatamente provato di avere effettuato l'attività progettuali anche per tale edificio. Quanto alle c.d. le varianti sostanziali non comprese nelle lettere d'incarico le stesse, ad avviso dell'esponente, dovevano essere compensate autonomamente e non escluse come erroneamente ritenuto dal giudice di merito. Anche in questo caso la corte territoriale ha puntualmente precisato che il compenso pattuito era in sostanza onnicomprensivo per cui doveva ritenersi comprendere anche le varianti in questione. Lo stesso discorso va fatto circa la c.d. variante postuma. Lamenta il ricorrente che in realtà non gli era stato corrisposto alcun compenso neanche con l'aliquota dello 0,10%, neppure per la redazione e sottoscrizione dell'elaborato in questione. Invero anche nella fattispecie la corte di merito ha deciso sulla scorta della CTU espletata ed in relazione all'attività non progettuale realmente svolta costituita dalla mera sottoscrizione degli elaborati grafici e quindi sulla base di una valutazione di merito non censurabile. Passando all'esame del ricorso incidentale, con l'unico motivo la RAI denuncia l'omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione su più punti di fatto decisivi in relazione alla richiesta di restituzione della somme per presunti vizi, per asserite inadempienze professionali dell'architetto. In realtà tali difetti risulterebbero dalla CTU mentre nulla sarebbe dovuto per la direzione artistica pertanto la somma pretesa dal professionista, sia pure in via equitativa andava decurtata di almeno 1 miliardo. La doglianza non ha fondamento. Invero la motivazione della corte romana su tale punto è puntuale e logica, rilevando che dall'esame della relazione peritale non erano emersi vizi o difetti nel lavoro di progettazione così vistosi e rilevanti da comportare un ridimensionamento dei compensi pattuiti tra le parti”. Conclusivamente devono essere rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale spese processuali compensate, in ragione della soccombenza reciproca. P.Q.M. la Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese processuali.