""Troppi avvocati: quasi quasi mi cancello dall'Albo"" ... ma il processo non si interrompe.

La volontaria cancellazione dall’Albo professionale del procuratore costituito non determina l’interruzione del processo, trattandosi di vicenda volontaria assimilabile alla revoca della procura o alla rinuncia al mandato.

La Corte d’Appello di Firenze, Seconda sezione Civile, con la sentenza dell’11 gennaio scorso, affronta un aspetto processuale tutt’ora piuttosto incerto, in assenza di una esplicita previsione normativa. Il tema è quello della eventuale interruzione del processo nel caso in cui il procuratore di una delle parti decida di cancellarsi dall’Albo professionale. La sentenza qui in esame segue l’opzione interpretativa secondo la quale la cancellazione volontaria non darebbe luogo alla automatica interruzione del processo. Il caso. Nel corso di un giudizio di primo grado, il difensore di una delle parti si cancellava dall’Albo degli avvocati. Tuttavia, il processo proseguiva giungendo a sentenza. In appello, la parte soccombente faceva valere, tra l’altro, la nullità del processo di primo grado, perché, sopravvenuta la cancellazione dall’Albo ancorché non dichiarata in giudizio del procuratore della parte attrice. Il giudizio si sarebbe dovuto interrompere automaticamente, come previsto dall’art. 301 c.p.c., anziché proseguire sino alla decisione finale. Tuttavia, la Corte d’Appello di Firenze considera l’eccezione infondata. I casi di interruzione del processo per eventi che colpiscono il procuratore. Il codice di procedura civile, trattando dell’interruzione del processo per eventi che colpiscono il difensore, contempla anzitutto, ed in modo esplicito, la morte del procuratore, la sua radiazione ovvero la sospensione dell’Albo. La stessa disposizione di legge precisa, inoltre, che non sono cause di interruzione del processo la revoca della procura, oppure la rinuncia ad essa fatti volontari che peraltro non producono effetti sino a quando la parte non provveda a nominare un nuovo difensore. Al contrario, per le ipotesi involontarie” del primo gruppo morte, radiazione, sospensione dall’Albo , l’interruzione del processo si verifica ope legis , dal momento dell’evento. La cancellazione volontaria del procuratore dall’Albo ipotesi controversa. Se da un lato, come detto, la morte, la radiazione o la sospensione del procuratore implicano l’automatica sospensione del processo, trattandosi di ipotesi involontarie, e, dall’altro, la revoca della procura o la rinuncia ad essa, trattandosi di fatti volontari, non sono di per sé cause di interruzione, è da sempre piuttosto dibattuto il caso della cancellazione volontaria dall’Albo professionale ipotesi non espressamente prevista dalla legge. Una prima interpretazione si applica la sospensione automatica del processo. Secondo un primo filone interpretativo, fatto proprio anche da alcune pronunce della Suprema Corte, la cancellazione volontaria dall’Albo professionale sarebbe motivo di interruzione del processo. Del resto, a questo proposito, viene osservato che la volontarietà” della cancellazione non può porre questa ipotesi sullo stesso piano della revoca o della rinuncia al mandato, anche perché la cancellazione fa perdere lo ius postulandi , con ricadute ovvie anche in merito alla validità degli atti compiuti o ricevuti dal difensore cancellato. Una seconda interpretazione si tratta di evento volontario assimilabile alla revoca del andato o la rinuncia ad esso. Al contrario, secondo un altro filone interpretativo, pure avallato dalla Cassazione e seguito dalla Corte di Appello di Firenze nella sentenza qui annotata, la cancellazione del procurato dall’Albo professionale non implica di per sé l’automatica sospensione del processo. Infatti, pur non essendo detta ipotesi espressamente contemplata dall’art. 301 c.p.c., non di meno, in via interpretativa, emerge con chiarezza che essa sia semmai assimilabile alla revoca della procura o alla rinuncia ad essa tutte ipotesi caratterizzate dalla volontarietà. Per questo non sarebbe applicabile il regime riconosciuto operativo per le altre e diverse situazioni connotate dalla involontarietà. Una valutazione aggiuntiva della Corte d’Appello invero poco convincente la cancellazione a raffica dei difensori e la durata infinita del processo. La sentenza, tuttavia, anziché limitarsi alle considerazioni tecniche appena descritte, si avventura in un’argomentazione, a sostegno della tesi abbracciata, che francamente non convince appieno. Viene infatti detto che l’opposta interpretazione cozza contro la considerazione insuperabile della necessità di evitare che l’interruzione del processo possa dipendere da una scelta volontaria della parte o del suo difensore. Se così non fosse ma questo è il passaggio della sentenza che lascia perplessi , si darebbe la possibilità alla parte di far durare all’infinito il processo, facendosi rappresentare, ad ogni riassunzione del processo interrotto, da un avvocato pronto a cancellarsi volontariamente dall’Albo. Ebbene, il pericolo che la Corte d’Appello intende scongiurare avvallando l’interpretazione giurisprudenziale di cui si è poco fa dato conto, appare invero piuttosto remoto ed astratto. Certo, sarebbe un ottimo sistema per ridurre il numero degli avvocati. Ma, forse in considerazione di un certo spirito di conservazione della specie, la prospettazione di una cancellazione collettiva e a raffica dall’Albo da parte dei vari difensori che via via si susseguono nella assistenza della parte in causa, appare piuttosto remota. In ogni caso, questo ragionamento non convince perché, per tal modo, si finisce per interpretare una disposizione di legge non in base ai consueti canoni ermeneutici, bensì sulla scorta di valutazione pragmatiche che, sebbene importanti e non da sottovalutare, rischiano - soprattutto se eccessivamente enfatizzate - di condurre fuori strada. Le cause di interruzione del processo sono tassativamente elencate. Più persuasiva l’annotazione finale della sentenza in merito alla questione processuale qui analizzata, che fa leva sulla tassatività delle cause di interruzione del processo, individuate dal codice in eventi di natura oggettiva, che si impongono alle parti o ai loro procuratori, in assenza di qualsiasi possibilità di scelta. Se così è, la cancellazione volontaria del procuratore dall’Albo degli avvocati non rientra tra i motivi di interruzione del processo.

Corte d’Appello di Firenze, sez. II Civile, sentenza 11 – 31 gennaio 2012, n. 114 Presidente Relatore Occhipinti Svolgimento del processo Il Credito Cooperativo Fiorentino Campi Bisenzio s.c.r.l. conveniva avanti al Tribunale di Firenze la Tiscali s.p.a. per chiederne la condanna al pagamento della somma di euro 309.874, in dipendenza di un credito, basato su fattura, originariamente insorto fra la suddetta convenuta e la Mediaclick s.p.a. e da quest’ultima ceduto alla Banca attrice. Si opponeva alla domanda la Tiscali s.p.a., disconoscendo l’esistenza del credito e osservando che alla fattura in questione, emessa dalla Mediaclick s.p.a., aveva fatto seguito nota di credito per lo stesso importo da parte della stessa emittente, in quanto la fattura sarebbe stata emessa per errore. Veniva chiamato in causa il curatore del fallimento della Mediaclick, nel frattempo fallita, ma con decisione parziale veniva dichiarata improponibile la domanda di manleva. Con sentenza del 10.12.2004, infine, il Tribunale rigettava la domanda attrice. Avverso la sentenza ha proposto appello il Credito Cooperativo Fiorentino Campi Bisenzio resiste al gravame la Tiscali. La Corte ha posto in decisione la causa sulle conclusioni sopra trascritte. Motivi della decisione Preliminarmente eccepisce l’appellante la nullità del giudizio di primo grado in quanto, sopravvenuta la cancellazione – ancorché non dichiarata in giudizio – del procuratore dell’attrice dall’albo degli avvocati, il giudizio si sarebbe automaticamente interrotto, a norma dell’art. 301 c.p.c. L’eccezione è infondata, essendo giurisprudenza prevalente il principio secondo cui la volontaria cancellazione dall’albo professionale del procuratore costituito non dà luogo all’applicazione dell’art. 301 comma 1 c.pc. e non determina, pertanto l’interruzione del processo, in quanto, mentre le ipotesi ivi previste la morte, la sospensione o la radiazione dall’albo sono accomunate dal fatto di non dipendere, almeno in via diretta, dalla volontà del professionista o del cliente, la volontaria cancellazione è assimilabile alle ipotesi indicate nel comma 3 del medesimo articolo la revoca della procura o la rinuncia ad essa ” Cass. 27.5.2009 n. 12261 Cass. sez. lav. 27.4.2004 n. 8054 . L’indirizzo opposto, seguito anche da pronunce della Corte Suprema, urta contro la considerazione insuperabile della necessità di evitare che l’interruzione del processo possa dipendere da una scelta volontaria della parte o del suo difensore. Se così non fosse, si darebbe la possibilità alla parte di fare durare all’infinito il processo, facendosi rappresentare, ad ogni riassunzione del processo interrotto, da avvocato pronto a cancellarsi volontariamente dall’albo. Il che sarebbe, del resto, contrario al principio costituzionale del giusto processo. Per questa ragione le cause interruttive vengono tassativamente Cassazione, 27.11.1999 n. 13282 individuate dal codice in eventi di natura oggettiva, che s’impongono alle parti o ai loro procuratori, in assenza di qualsiasi possibilità di scelta. Venendo al merito della controversia, il credito di cui la Banca appellante si rese cessionaria scaturiva semplicemente da una fattura, la fattura 398/2001, dell’importo di lire 500 milioni, oltre IVA, a suo tempo emessa dalla cedente Mediaclick s.p.a. a carico della Tiscali s.p.a. Tale fattura, a sua volta, recava la seguente causale Acconto contratto di bartering on line offline come da contratto del 23.3.2001 ”. E’ ovvio che la fattura, una volta contestata l’esistenza del credito – come la Tiscali l’ha contestata – non costituisce, da sola, prova del credito stesso. Consapevole di ciò, la Banca cessionaria aveva articolato prova per testi, non ammessa né in primo grado, né in questo, tendente a dimostrare che tale fattura era da riferire al contratto di bartering del 23.3.2001, intercorso fra la cedente e la Tiscali, ma non in esecuzione di esso, bensì in prosecuzione ”, e questo in quanto il corrispettivo complessivo previsto nel contratto in lire 1.203.500.000, era già stato interamente regolato fra le parti, come dalle fatture n. 167, 168 e 169 del 2001, emesse dalla stessa Mediaclick. In effetti, la fattura n. 398, emessa addirittura per pagamento in acconto ” del corrispettivo in realtà già saldato con le precedenti tre fatture del contratto del 23.3.2001, era un erroneo duplicato, tanto è vero che successivamente a cessione di credito ormai avvenuta , la stessa Mediaclick emise nota di credito per errata intestazione fattura ”. Conseguentemente, la prova testimoniale diretta a fare risultare che la fattura 398 riguardava una prestazione resa in prosecuzione ” del contratto già interamente eseguito, sia che tendesse a dimostrare un ampliamento dell’oggetto del contratto stesso stipulato in forma scritta , sia che tendesse a dimostrare l’esistenza di un successivo e non meglio precisato contratto, era effettivamente inammissibile. Di nessun rilievo probatorio è la circostanza che, avuta notificazione della cessione, la Tiscali non si fosse ribellata nei confronti del cessionario, protestando che il debito era inesistente. Verosimilmente lo avrà fatto nei confronti della cedente, tanto è vero che ne ottenne la nota di credito che annullava la fattura. Non rimane che dare atto alla Banca appellante di essere stata indotta in errore verosimilmente con mala fede dalla Mediaclick, che le cedette un credito inesistente. L’impugnata sentenza deve essere, dunque, confermata. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello e conferma la sentenza impugnata. Condanna il Credito Cooperativo Fiorentino Campi Bisenzio s.c.r.l. al pagamento delle ulteriori spese processuali, che liquida come segue euro 1.600,0 per diritti ed euro 4.400,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CAP secondo legge. Così deciso in Firenze, l’11 gennaio 2012.