Il sequestro dei beni del genitore tenuto al mantenimento: uno strumento da maneggiare con ... cautela

Si tratta di un provvedimento riconducibile alla categoria cautelare, di conseguenza non è ammesso il ricorso straordinario per Cassazione, proponibile nei confronti dei provvedimenti decisori e definitivi.

Il sequestro ex art. 156 c.c. dei beni del genitore tenuto al mantenimento della prole, utilizzabile anche a tutela dei figli naturali riconosciuti, ha natura di provvedimento cautelare, con conseguente inammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione, proponibile solo contro i provvedimenti definitivi e decisori. Lo afferma la Prima sezione Civile della Suprema Corte con la sentenza n. 1518/12, depositata il 2 febbraio scorso, ribadendo un proprio precedente orientamento sulla natura e la portata del provvedimento. Il caso. La mamma di un figlio naturale riconosciuto, conveniva in giudizio il padre, per ottenere il sequestro della sua quota di comproprietà di un immobile. L’uomo si era impegnato, con una scrittura privata, a versare un contributo mensile di euro 500, rendendosi però presto inadempiente. La donna agiva dunque in via monitoria, iscrivendo altresì ipoteca giudiziale, poi cancellata consensualmente, sulla base di rinnovate promesse di puntuale adempimento, non rispettate. Il padre si costituiva eccependo l’inammissibilità della domanda, in considerazione della natura negoziale del titolo relativo al mantenimento. Il Tribunale non solo stabiliva in 500 euro l’importo mensilmente dovuto a favore del figlio, ma concedeva altresì il sequestro della quota di comproprietà dell’immobile. L’uomo reagiva proponendo reclamo alla Corte d’Appello, che però lo dichiarava inammissibile, ritenendo quel provvedimento semmai reclamabile al Collegio nelle forme del procedimento cautelare uniforme. Ed ecco che proprio contro quest’ultima decisione il padre proponeva ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost Il ricorrente conosce l’orientamento contrario all’ammissibilità del ricorso straordinario. Il padre nel rivolgersi alla Suprema Corte ammette anzitutto di essere a conoscenza dell’orientamento secondo cui, in questi casi, il ricorso straordinario contro il sequestro ex art. 156 c.c. non sarebbe ammissibile. Questo perché, trattandosi di provvedimento di natura cautelare, troverebbe applicazione la regola generale che esclude, appunto, il ricorso straordinario, ammissibile solo contro i provvedimenti definitivi e decisori. Viene proposta la tesi secondo la quale il sequestro avrebbe natura decisoria. Il ricorrente cerca di colmare lo svantaggio iniziale facendo valere quel diverso orientamento giurisprudenziale secondo cui il sequestro sui beni del coniuge non avrebbe natura cautelare. Si aprirebbe quindi la strada al ricorso straordinario. La Suprema Corte non muta opinione. La Suprema Corte fa leva anzitutto sul nomen iuris . Infatti, il nome sequestro” evoca di per sé un provvedimento provvisorio e strumentale, oggettivamente incompatibile con il predicato di definitività decisoria cui è condizionato il ricorso per Cassazione. Inoltre, il sequestro appartiene al genere delle cautele. Anzi, il sequestro può essere considerato la misura cautelare e conservativa per antonomasia ed il sequestro previsto dall’art. 156 c.c. appartiene a quelle cd. extravaganti. Le peculiarità del sequestro sono ininfluenti. Peraltro, la Cassazione ammette che questo tipo di sequestro è atipico, perché da un lato presuppone un credito già accertato e portato da un titolo, dall’altro non viene neppure richiesto il requisito del pericolo nel ritardo. Tuttavia, queste argomentazioni vengono considerate non decisive. Infatti, il fumus è semmai il limite minimo richiesto per la tutela, non certo il limite massimo. Ne consegue che la sussistenza di un accertamento a cognizione piena, anche se non irrevocabile, è tutt’altro che un elemento impeditivo, valendo semmai ad esimere il giudice da una disamina ad hoc di tipo sommario. Anche il concorso del sequestro con un titolo esecutivo giudiziale non è impeditivo perché, a ben guardare, l’accertamento giudiziario di una obbligazione di mantenimento, quale presupposto per il sequestro, riguarda solo la genesi del credito, dovendosi poi tradurre, di volta in volta, in un titolo esecutivo per i singoli contributi storicamente inadempiuti, all’esito di un nuovo giudizio di cognizione successivo al sequestro. La tesi della prevalenza della sostanza sulla forma non convince la Cassazione. L’approfondita indagine della Suprema Corte affronta a viso aperto altri profili problematici, che potrebbero far propendere per la natura decisoria del sequestro. Ad esempio, il ricorrente tenta di far valere il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, nel senso che a volte sotto le mentite spoglie di un provvedimento cautelare, si cela invero un provvedimento esecutivo, ed in quanto tale suscettibile in prima battuta di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, con successiva possibilità di proporre ricorso per Cassazione. Anche questo tentativo di assalto viene respinto, escludendo che sia configurabile nel caso dell’art. 156 c.c.,che parla letteralmente di sequestro, una inesattezza lessicale, oltretutto in ordine ad un provvedimento strutturalmente inidoneo a realizzare la soddisfazione del credito del coniuge. Va esclusa pertanto la natura esecutiva. Il sequestro ha natura cautelare ed è applicabile anche a favore del figlio naturale riconosciuto. La Cassazione, per tutte le ragioni esposte, ritiene quindi di confermare l’inammissibilità del ricorso straordinario avverso l’ordinanza della Corte d’appello che ha rigettato il gravame avverso il decreto di sequestro, in conformità con la costante giurisprudenza di legittimità. Non vi sono neppure ragioni derogative in ordine alla fattispecie concreta inerente il tema dell’assegno di mantenimento attribuito al figlio naturale riconosciuto, al di fuori di un rapporto processuale tra coniugi , alla luce della stessa ratio , consacrata dalla Corte Costituzionale nelle sue sentenze additive che hanno reso applicabile il sequestro in esame oltre i limiti del giudizio di separazione personale, cui era confinato nel testo originario dell’art. 156 c.c

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 novembre 2011 – 2 febbraio 2012, numero 1518 Presidente Felicetti – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Con ricorso ex articolo 156, sesto comma, cod. civile, la signora L.R. conveniva dinanzi al Tribunale di Milano il sig. G.R. per ottenere il sequestro della sua quota di comproprietà dell'immobile sito in omissis , fino alla concorrenza della somma di Euro 100.000,00 o in subordine, in ipotesi di vendita dell'immobile, il sequestro del relativo prezzo. Esponeva che il G. , riconosciutosi padre della minore L.E. , si era impegnato con scrittura privata a corrisponderle, dal mese di maggio 2004, un contributo mensile di mantenimento di Euro 500,00 restando poi largamente inadempiente, così da costringerla ad agire in via monitoria e ad iscrivere ipoteca giudiziale sull'immobile in questione di cui aveva consentito, poi, la cancellazione a fronte della promessa, non onorata, di versarle il saldo dovuto. Costituitosi ritualmente, il G. eccepiva, in via pregiudiziale, l'inammissibilità della domanda - stante la natura negoziale del titolo come tale, non tutelabile con la misura di cui all'articolo 156 cod. civile - e, nel merito, la sua infondatezza. Con ordinanza 7 gennaio 2008 il presidente del Tribunale di Milano poneva carico del G. un assegno di mantenimento in favore della minore di Euro 500,00 mensili ed ordinava il sequestro della quota di proprietà del G. sull'immobile, fino alla concorrenza di Euro 100.000,00. Il successivo reclamo del G. era dichiarato inammissibile dalla Corte d'appello di Milano con decreto 14 ottobre 2008, trattandosi di provvedimento impugnabile dinanzi al tribunale, in composizione collegiale, nelle forme proprie del procedimento cautelare uniforme articolo 669 terdecies, secondo comma, cod. proc. civ. e non di ordinanza contenente misure temporanee ed urgenti, assunta dal presidente nel giudizio di separazione o divorzio nella specie, neppure in astratto configurabile, in assenza di un vincolo di coniugio , suscettibile di reclamo dinanzi alla Corte di appello articolo 708, terzo e quarto comma, cod. proc. civ. . Avverso il decreto, non notificato, il G. proponeva ricorso per cassazione, notificato il 9 dicembre 2008, deducendo l'abnormità del provvedimento e l'errore di diritto nell'interpretazione degli articoli 156 codice civile e 708 cod. proc. civile. In subordine, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'articolo 156 cod. civ. nella parte in cui, secondo il diritto vivente, la decisione del giudice di merito era sottratta al ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111 della Costituzione. La signora L. non svolgeva attività difensiva. All'udienza del 28 novembre 2011 il Procuratore generale ed il difensore precisavano le rispettive conclusioni, come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Nell'esporre le ragioni argomentative a sostegno della sua impugnazione il ricorrente premette di conoscere e di non contestare la giurisprudenza di legittimità negatrice della ricorribilità per cassazione del provvedimento di sequestro assunto ai sensi dell'articolo 156 cod. civile Cass., sez. 1, 19 febbraio 2003, numero 2479 solo, prospettando un'interpretazione adeguatrice di segno opposto nel caso in esame, in cui non si verte in tema di provvedimento temporaneo ed urgente assunto nell'ambito di un giudizio di separazione tra coniugi, bensì in favore di figlio minore naturale riconosciuto. Storicamente, la norma era stata formulata ad esclusivo beneficio del coniuge separato in via giudiziale. La progressiva estensione a tutela dei figli di coniugi consensualmente separati, poi del coniuge in caso di pregressa separazione consensuale, successivamente altresì in corso di causa e infine anche dei figli naturali riconosciuti è il portato di sentenze additive del giudice delle leggi Corte cost. 31 maggio 1983, numero 144 Corte cost. 14 gennaio 1987 numero 5, Corte cost. 19 luglio 1996 numero 258 , o interpretative di rigetto Corte cost. 7 aprile 1997 numero 99 . Dal punto di vista sistematico, tale sequestro risulta affine, per materia e funzione, a quello prefigurato dall'articolo 146, terzo comma, cod. civ., che garantisce l'adempimento degli obblighi di contribuzione a carico di uno dei due coniugi che si sia allontanato senza giusta causa dalla residenza familiare differendone solo nel presupposto temporale, posteriore al provvedimento che legittimi la cessazione della convivenza. Sul formante giurisprudenziale, questa Corte, nel precedente citato dallo stesso ricorrente, ha espressamente statuito l'inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, ex articolo 111 della Costituzione, avverso il provvedimento della corte d'appello di rigetto del reclamo contro il decreto del tribunale concessivo del sequestro previsto dall'articolo 156, sesto comma, cod. civ. come pure dall'articolo 8, ultimo comma, legge numero 898/1970 nell'ambito del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio . A tale arresto si può aggiungere, per analogia di ratio, anche la declaratoria di inammissibilità dei medesimo mezzo di impugnazione avverso il rigetto del reclamo contro il decreto del tribunale riguardante l'ordine di distrazione di somme dovute da terzi all'obbligato al contributo di mantenimento, pure contemplato dall'articolo 156 sesto comma cod. civile statuizione, motivata anch'essa con il regime di revocabilità e modificabilità, senza preclusioni, del provvedimento conclusivo, incompatibile con l'attitudine al giudicato connaturale alla definizione di una controversia su diritti soggettivi o status personali Cass., sez. 1, 21 dicembre 2004, numero 23.713 . A fronte di tali precedenti sta però un indirizzo giurisprudenziale che, seppur non in stretta aderenza alla fattispecie in esame, postula espressamente la natura non cautelare del sequestro sui beni del coniuge premessa dogmatica idonea, in nuce, ad indurre un ripensamento sul regime delle impugnazioni, legato al possibile polimorfismo della figura Cass., sez. 1, 28 maggio 2004, numero 10.273 Cass., sez. 1, 28 gennaio 2000, numero 944 Cass., sez. 1, 12 maggio 1998, numero 4776 . Le questioni da esaminare, in sede concettuale, sono quindi, in via gradata, la qualificazione giuridica del sequestro in questione, ai fini della verifica officiosa del suo regime di impugnazione e, all'esito eventualmente conforme alla giurisprudenza negatrice della sua natura definitiva e decisoria, l'esistenza, o no, di ragioni discretive ove si verta in fattispecie diversa da quella tipizzata dalla norma, di separazione tra coniugi. Così delineato il thema decidendum, viene innanzitutto all'esame, ai fini di un corretto inquadramento ermeneutico, il criterio letterale articolo 12, primo comma, disp. sulla legge in generale . Il nomen juris di sequestro palesa, di per sé, un'immediata forza evocativa dei caratteri di provvisorietà e strumentalità oggettivamente incompatibili con il predicato di definitività decisoria cui è condizionato il ricorso per cassazione. La categoria tassonomica dei sequestri designa, infatti, una situazione interinale destinata a risolversi in un accertamento finale anche nel diritto penale, in quanto strumentale all'espropriazione o alla confisca articolo 189, terzo comma, cod. penale articolo 321 e 737 cod. proc. penumero . Appare quindi giustificata, prima facie, la sussunzione del sequestro ex articolo 156 codice civile nel novero delle cautele, proprio in virtù del richiamo letterale ad una tipologia di provvedimenti dai contorni concettuali consolidati che, seppur priva, nel corpo codicistico, di una formale definizione stipulativa come tale, appartenente al linguaggio in funzione precettiva e perciò ben più vincolativa per l'interprete di una definizione empirica, secondo i canoni propri dell'analisi del linguaggio giuridico , risulta consacrata, in sede sistematica, come la misura cautelare e conservativa per antonomasia neppure in astratto suscettibile di acquisire efficacia anticipatoria del provvedimento finale a differenza di altri provvedimenti cautelari , né tanto meno di riuscire immediatamente satisfattoria del diritto vantato dalla parte richiedente. Tale connotato generale e la correlativa assenza di una definizione alternativa, per genus et differentiam, dello specifico sequestro ex articolo 156 cod. civ. costituiscono solo il primo passaggio ermeneutico dovendo essere, naturalmente, inverati dalla disamina della disciplina positiva dell'istituto, significativa dell'intenzione del legislatore interpretazione teleologica . Al riguardo, la tesi negatrice dell'inclusione tra le misure cautelari cd. extravaganti in funzione della loro collocazione topografica sparsa di cui alla previsione di chiusura dell'articolo 669 quaterdecies cod. proc. civ. si fonda, precipuamente, su due ordini di ragioni. Da un lato, si sottolinea come, a differenza del sequestro conservativo, la misura in questione presupponga un credito già accertato, portato da un titolo esecutivo, ancorché in via provvisoria, in favore di uno dei coniugi in questo senso, anche Cass., sez. 1, 19 febbraio 2003 numero 2479 e quindi, non il mero fumus boni iuris richiesto, nella disciplina generale, per la concessione della cautela. Dall'altro, si rileva che la norma non esige neanche il presupposto del pericolo nel ritardo, bensì solo l'oggettivo inadempimento del coniuge obbligato Cass., sez. 1, 28 maggio 2004, numero 10273 Cass., sez. 1, 30 gennaio 1992 numero 961 . Da tali aspetti peculiari e dalla distinta finalità di coazione anche psicologica all'adempimento che si vuole immanente all'istituto spunti in tal senso anche in Corte cost. 19 luglio 1996, numero 258 discenderebbero, secondo la tesi in esame, molteplici deviazioni dalla normativa cautelare uniforme quali l'inapplicabilità del reclamo ex articolo 669 terdecies cod. proc. civ., l'inammissibilità del cumulo con il sequestro ordinario e l'inidoneità alla conversione in pignoramento articolo 157 disp. att. cod. proc. civile . Enunciazioni, tutte, che si leggono anche in Corte cost. 19 luglio 1996 numero 258, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'articolo 156, sesto comma, cod. civ. nella parte in cui non prevede la competenza del giudice istruttore ad emettere il sequestro in corso di causa di separazione. Tali obiezioni, per quanto sostenute con dovizia di argomenti e diffusa analisi, non sembrano dirimenti. Sotto il primo profilo, si osserva che il fumus è il limite minimo di sussistenza di una situazione soggettiva meritevole di tutela verificabile ex ante al di sotto del quale, cioè, non vi può essere adito alla protezione cautelare. Non certo il limite massimo con la conseguenza che il quid pluris rappresentato da un accertamento a cognizione piena, sia pure non irrevocabile, lungi dal costituire impedimento ostativo in limine, vale ad esimere il giudice da una disamina ad hoc di natura sommaria articolo 669 sexies, primo comma, cod. proc. civ. . Un problema di compatibilità si pone, semmai, in ordine all'eventuale concorso con un titolo esecutivo giudiziale già idoneo, di per sé, alla soddisfazione del diritto mediante esecuzione coattiva. Ma, a prescindere dalle voci dottrinarie favorevoli, in linea di principio, all'ammissibilità della tutela cautelare anche in presenza di un titolo esecutivo, si osserva che l'accertamento giudiziario di un'obbligazione di mantenimento, quale presupposto del sequestro - ma non indefettibile, dopo la sentenza additiva che ne ha esteso l'adottabilità anche in corso di causa di separazione Corte cost. 19 luglio 1996, numero 258 - riguarda solo la genesi del credito dovendo poi tradursi, volta per volta, in un titolo esecutivo per i singoli contributi storicamente inadempiuti che potrebbero involgere anche spese straordinarie imprevedibili ab origine nell'an e nel quantum , all'esito di un nuovo giudizio di cognizione, successivo al sequestro. I rilievi suesposti introducono il secondo profilo critico della qualificazione cautelare, identificato, da parte della dottrina, nell'insussistenza del concorrente requisito del periculum in mora, sostituito dal fatto storico dell'inadempimento. Al riguardo, si è già anticipato che il credito di mantenimento storicamente insoddisfatto, all'esito della plena cognitio con pronuncia di condanna darà luogo ad un pignoramento. Laddove, lo spazio di applicazione del sequestro ex articolo 156 cod. civ. - di strutturale incapacità satisfattoria - ricomprenderà crediti futuri non ancora assistiti, allo stato, da titolo esecutivo non diversamente dall'ordinario sequestro conservativo. L'obbligazione di mantenimento è destinata, infatti, ad avere durata indefinita. Esclusa l'ammissibilità della decadenza dal termine ex articolo 1186 cod. civile, l'inadempimento non inimputabile articolo 1218 cod. civile , né eccettuato da eventuali cause esimenti - come ad es., la compensazione, laddove non inammissibile articolo 447 cod. civ. -assurge quindi, esso stesso, a sintomo, tipizzato ex lege, del pericolo di ulteriori inadempienze di prestazioni periodiche di primaria rilevanza in materia familiare pur senza il concorso necessario di indizi di dispersione della garanzia patrimoniale. Nel che non sembra ravvisabile alcuna peculiarità eccentrica alle categorie ordinanti della materia cautelare, in cui l'inadempimento è addotto, d'ordinario, dalla parte istante come spia sintomatica del pericolo nel ritardo. Oltre a ciò, l'inadempimento che giustifica il sequestro può consistere anche nella mancata prestazione della garanzia imposta dal giudice ex articolo 156, quarto comma, cod. civile - di incontestabile carattere cautelare ed espressamente contraddistinta dal requisito del periculum in mora articolo 156, quarto comma, cod.proc.civile il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo - per la quale non appare invece richiesto il previo inadempimento dell'obbligazione contributiva, bastando a giustificarla il disordine economico del coniuge o il ritardo nei pagamenti. Nel contesto della medesima norma è quindi ravvisabile una progressione cautelare, legata alla valutazione del comportamento del debitore, che può anche tradursi nella consecuzione di misure diverse, senz'alcuno iato logico-giuridico idoneo a giustificarne, poi, un regime eterogeneo di impugnazioni. In questo senso, nell'assenza dell'ulteriore pericolo di perdere la garanzia patrimoniale, richiesto, invece, dall'articolo 671 cod. proc. civile, può essere riconosciuta la specialità del sequestro in questione che, altrimenti, non avrebbe avuto ragione di autonoma previsione , connotata da parte della dottrina in termini di atipicità anche se definire atipico un provvedimento compiutamente regolato in una fattispecie legale sembra una contradictio in adiecto. Resta comunque che il rapporto di specie a genere, giustificato da taluni profili differenziali di disciplina, non altera l'intrinseca natura cautelare del sequestro in esame, che lo rende insuscettibile, perciò stesso, di concorso col sequestro conservativo ordinario, ex articolo 671 cod. proc. civile, nell'ambito del medesimo giudizio. In realtà, venuto meno, nel tempo, il più fondato argomento per il diniego della natura cautelare, consistente nell'incompatibilità della revoca o modifica per giustificati motivi prevista dall'articolo 156, ultimo comma, cod. civ. con l'allora vigente giudizio di convalida, non sembrano residuare nella disciplina positiva impedimenti all'applicazione della disciplina propria del sequestro conservativo, anche in tema di mezzi di impugnazione. Così, proprio alla luce della ritenuta finalità strumentale, appare ammissibile la conversione in pignoramento, all'esito dell'eventuale sentenza di condanna per singoli assegni di mantenimento insoluti articolo 156 disp. att. cod. proc. civ. a pena di obbligare, in caso contrario, il creditore alla reiterazione di un atto esecutivo iniziale sostanzialmente superfluo. Neppure vi è ragione di escludere la revoca del sequestro ex articolo 684 cod. proc. civile che in realtà è una forma di conversione, analoga a quella del pignoramento, prevista dall'articolo 495 cod. proc civ. , laddove il debitore presti idonea cauzione per il credito futuro fattispecie, che verrebbe ad integrare, appunto, i giustificati motivi per la revoca previsti dall'ultimo comma dell'articolo 156 cod. proc. civile, pur non esaurendone la gamma di ipotesi. Incontroversa appare, del resto, l'identità delle forme esecutive del sequestro con quelle tipiche della disciplina comune articolo 677-679 cod. proc. civ. . Né si palesa, infine, in contrasto con la natura cautelare, sia pur atipica, la sussistenza di un ulteriore connotato di coercizione indiretta - che secondo parte della dottrina prenderebbe il posto della garanzia conservativa - tenuto conto che esso è larvatamente immanente ad ogni misura cautelare in quanto potenzialmente in grado di indurre il debitore ad adempiere spontaneamente . In quest'ottica, sembra, semmai, decisiva l'incapacità assoluta del sequestro a tradursi in una situazione finale di perdita economica del coniuge debitore a differenza, ad es., dell'astreinte articolo 614 bis cod. proc. civ. articolo 18, ultimo comma, dello Statuto dei lavoratori , vero mezzo di pressione indiretta sul debitore, affinché voglia adempiere un'obbligazione infungibile di fare, insuscettibile di esecuzione forzata quale evidentemente non è il contributo di mantenimento . Se dunque dall'analisi testé condotta su natura giuridica, struttura e funzione riesce confermata la riconducibilità del sequestro ex articolo 156 cod. civ. al novero delle cautele, restano da esaminare due residue argomentazioni a sostegno della tesi negativa, in ipotesi idonee a consentire la ricorribilità per cassazione del provvedimento, positivo o negativo, assunto in sede di reclamo. L'una adombra un'improprietà nel nomen juris riferito ad un provvedimento sostanzialmente esecutivo. Esclusa la polisemia della denominazione, esempi di imprecisioni terminologiche, in subiecta materia, per quanto rari, non mancherebbero del tutto nel panorama normativo. Tale sarebbe, ad esempio, il sequestro previsto dall'articolo 7, regio decreto-legge 15 marzo 1927, numero 436, conv. in legge 19 febbraio 1928, numero 510 Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia in favore del venditore dell'autoveicolo sottoposto a privilegio sequestro, che ad onta della denominazione, avrebbe in realtà natura esecutiva, e non cautelare Cass., sez.3, 16 marzo 1990, numero 2208 . Così come il sequestro dei beni offerti dal debitore a garanzia del mutuante, in tema di credito agrario, contemplato dall'articolo 11 della previgente legge 5 luglio 1928, numero 1760 Cass., sez. 1, 6 marzo 1998 numero 2516, numero 2516, che sottolinea espressamente l'improprietà del termine sequestro per un provvedimento assimilabile ad un vero e proprio pignoramento . Alla ritenuta natura esecutiva corrisponderebbe, allora, il regime delle impugnazioni dettato, alternativamente, dagli articolo 615 e 617 cod. proc. civile inclusivo, in entrambi i casi, del ricorso per cassazione. Ma, a prescindere dai dubbi sollevati dalla torsione funzionale dell'istituto, per effetto dell'equiparazione di un provvedimento del giudice qual è sempre un sequestro ad un atto di parte, come il pignoramento, che non richiede il previo filtro giudiziale di ammissibilità , in contrasto con il carattere tendenzialmente stringente delle denominazioni adottate dal legislatore, resta che nel contesto dell'articolo 156 cod. civ. l'ipotesi di un'inesattezza lessicale sembra decisamente da escludere in ordine ad un provvedimento strutturalmente inidoneo, come detto, a realizzare la soddisfazione del credito del coniuge a differenza degli esempi sopra riportati, in cui il sequestro è in stretto collegamento funzionale con la vendita coattiva dei beni sottoposti a privilegio. Una seconda configurazione alternativa della fattispecie prospetta la decisione assunta in sede di reclamo come atta al giudicato rebus sic stantibus, al pari delle sentenze e dei provvedimenti in tema di rapporti patrimoniali tra coniugi. Ma, ancora una volta, è il contenuto intrinsecamente provvisorio e strumentale alla conservazione della garanzia patrimoniale che porta ad escludere, anche sotto questo profilo, il polimorfismo della figura, segnato da un preteso ed eccezionale carattere definitivo e decisorio. Contro tale configurazione ancipite del sequestro cospira altresì la stessa competenza concorrente del giudice istruttore riconosciuta a seguito della pronunzia additiva 258/1996 della Corte costituzionale e cioè, di un organo istituzionalmente privo di potere decisorio, al di fuori dell'unicum rappresentato dalla conversione postuma di una sua ordinanza in sentenza articolo 186 quater cod. proc civile . Il giudice istruttore emette, infatti, il sequestro con ordinanza, soggetta, nella stessa forma, a revoca o modifica secondo la regola generale dell'articolo 177 cod. proc. civile oltre che della disciplina uniforme propria del sottosistema cautelare articolo 669 decies cod. proc. civ. . E dunque, senza attitudine al giudicato o stabilità da preclusioni interne, pregiudicanti la decisione di merito articolo 178 cod. proc. civ. . A ben vedere, anzi, la revoca del sequestro di cui all'articolo 156, ultimo comma, cod. civile, è ben diversa, nonostante l'omonimia, dalla revoca dei provvedimenti decisori rebus sic stantibus, dovendo essere richiesta allo stesso giudice anche istruttore eventualmente, pure al giudice d'appello che l'ha emesso laddove la domanda di revoca, o di modificazione, di una decisione allo stato riveste la forma di un'ordinaria edictio actionis, soggetta al rispetto degli ordinari gradi di cognizione. Un'indiretta conferma della sostanziale identità di natura cautelare emerge, in ultima analisi, dall'analogo sequestro dei beni del coniuge previsto dall'articolo 8, settimo comma, legge 1 dicembre 1970, numero 898 Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio , nel testo emendato dalla legge 6 marzo 1987, numero 74 caratterizzato da una significativa divergenza in ordine al presupposto oggettivo, privo del riferimento all'inadempimento dell'obbligato all'assegno divorzile o al contributo di mantenimento per i figli articolo 5 e 6 . Il che accentua la natura squisitamente cautelare del provvedimento, in una materia perfettamente affine, eliminando proprio quel requisito oggettivo ritenuto discriminante da parte della dottrina. Sulla base della suesposta ricostruzione dogmatica merita dunque conferma l'inammissibilità del ricorso straordinario, ex articolo 111 Costituzione, avverso l'ordinanza della Corte di appello di Milano reiettiva del gravame del G. avverso il decreto di sequestro ex articolo 156 cod. civ., in conformità con la costante giurisprudenza di legittimità a partire da Cass., sez. unite, 24 gennaio 1995 numero 824 in tema di provvedimenti cautelari. Né sussistono ragioni derogative in ordine alla fattispecie in esame - in cui si verte in tema di assegno di mantenimento attribuito al figlio naturale riconosciuto, al di fuori di un rapporto processuale tra coniugi - alla luce dell’eadem ratio, consacrata dalla Corte costituzionale nelle sue pronuncie additive che hanno reso applicabile il sequestro in esame oltre i limiti dei giudizio di separazione personale, cui era confinato nel testo originario dell'articolo 156 cod. civile. La riconducibilità del provvedimento in esame alla categoria cautelare da altresì conto della manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 156 cod. civ. nella parte in cui non consente, in base al diritto vivente, il ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111 della Costituzione. Il ricorso dev'essere dunque dichiarato inammissibile. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso.