Perseguitato politico in patria, ma il gruppo che lo ha sequestrato ha perso potere

Pronuncia in controtendenza rispetto alla doppia negazione arrivata in primo e in secondo grado. La richiesta dovrà essere nuovamente valutata. E la situazione nel Paese d’origine deve essere certificata in maniera certa, prima di ipotizzare una ‘normalizzazione’.

Vittima di persecuzioni politiche – come capita spesso, purtroppo, in diversi Paesi del mondo –, e costretto a scappare per salvaguardare la propria vita. Meta finale è l’Italia, con richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. Questione, come sempre, da approfondire. Tuttavia, la semplice affermazione che il gruppo politico violento, operativo nel Paese d’origine, abbia perso il proprio peso, e, quindi, la propria pericolosità, non può essere considerato elemento bastevole per il rigetto della domanda. Equilibri precari. Un continente, quello africano, contrassegnato da conflitti, politici ed etnici assieme. E da questo territorio moltissime persone scappano Obiettivo è fuggire dalle violenze dei gruppi politici prevalenti, e trovare accoglienza, tranquillità e protezione in Paesi molto più equilibrati, come l’Italia. Esattamente il caso dell’uomo protagonista della vicenda sottoposta alla valutazione della Cassazione con ordinanza n. 994, sezione Sesta Civile, depositata oggi , il quale, però, vede respinta la sua richiesta, prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello. Pericolo calante? A dar corpo alla negazione dello status di rifugiato ci sono alcuni elementi chiari, almeno secondo i giudici di secondo grado. Entrando nei dettagli, è stato affermato che la semplice iscrizione al partito di opposizione non costituisse una possibile fonte di persecuzioni politiche e che, comunque, la recessività del pericolo derivante dal gruppo insurrezionale – che aveva anche sequestrato l’uomo – rendeva possibile il ritorno in patria. A questo quadro, poi, veniva aggiunto un punto di domanda era davvero provato il sequestro, con tanto di maltrattamenti, ad opera del gruppo insurrezionale operante nel Paese d’origine? Fumus persecutionis. Per i giudici della Cassazione, però, la situazione di pericolo, vissuta dall’uomo nella propria terra, non è smentibile in maniera così semplicistica, come fatto in Appello. Perché, a parte i dubbi sul sequestro subito – che non possono costituire sic et simpliciter argomento per l’esclusione di tale circostanza –, l’affermazione relativa alla recessività della pericolosità del movimento insurrezionale è generica, priva di qualsiasi riferimento alle fonti, non dimostrata e inidonea . Ciò significa che l’ipotesi del rischio di nuovi attentati alla persona del ricorrente , nel proprio Paese, non è assolutamente privata di fondamento. Di conseguenza, il ricorso dell’uomo deve essere accolto e la pronuncia di secondo grado annullata toccherà nuovamente alla Corte d’Appello valutare, meglio, la richiesta dello status di rifugiato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 27 ottobre 2011 – 24 gennaio 2012, n. 994 Presidente Salmè – Relatore Bisogni Rilevato che 1. La Corte di appello Milano ha confermato il rigetto pronunciato in primo grado dal Tribunale delle richieste di riconoscimento dello status rifugiato, dell'asilo costituzionale o della protezione umanitaria. La Corte non ha ritenuto attendibile le dichiarazioni del teste e del C. e ha ritenuto che la semplice iscrizione al A.F.P., partito di opposizione, non costituisse una possibile fonte di persecuzioni politiche. Ha inoltre, ritenuto non provato il riferito sequestro e maltrattamento ad opera del gruppo insurrezionale M.F.D.C., operante per l'indipendenza della Regione Casamance da Dakar, e comunque ha rilevato la recessività del pericolo derivante da questa organizzazione negli anni successivi all'allontanamento del C. dal Senegal 2. Ricorre per cassazione C0 con due motivi - Violazione e mancata o falsa applicazione art. 3, commi 1-5 d.lgs. n. 251/2007, 8 comma 3 e 11 d.lgs. n. 158/2009 nonché difetto di motivazione quanto alla ritenuta insussistenza della persecuzione politica - Violazione e mancata o falsa applicazione art. 3, commi 1-5 e articoli 5 e 7 del d.lgs. n. 251/2007, art. 8 e 25 d.lgs. n. 25/2008 nonchè difetto di motivazione sulla mancata attivazione dei poteri istruttori dei giudici del merito. Ritenuto che Il ricorso appare fondato per i seguenti motivi a la mancata conferma della circostanza del sequestro del C. ad opera dei ribelli del MFDC non può costituire un argomento per la sua esclusione in assenza di un circostanziato giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni del ricorrente che manca nella sentenza impugnata b la affermazione della recessività dopo il 2004 della pericolosità del MFDC è sfornita di qualsiasi riferimento alle fonti dalle quali la Corte ha attinto tale informazione e si presenta pertanto come una asserzione non dimostrata e inidonea a destituire di fondamento la prospettazione del rischio di nuovi attentati alla persona del ricorrente la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Milano che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza. impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.