Decreto ingiuntivo e sequestro conservativo: interferenze e sovrapposizioni

In caso di mancata concessione della provvisoria esecuzione ad un decreto ingiuntivo, è possibile successivamente emanare un sequestro conservativo solo in caso di sopravvenute circostanze di fatto il cui onere di allegazione grava sull’istante tali da giustificare una nuova valutazione del presupposto del periculum in mora.

Il Tribunale civile di Prato con l’ordinanza del 4 gennaio 2012 affronta un tema curioso i rapporti tra procedimento monitorio e sequestro conservativo. L’occasione è data dall’intraprendenza di un creditore che, poco soddisfatto dall’aver ottenuto un decreto ingiuntivo sprovvisto della invocata clausola di provvisoria esecuzione, chiedeva prima ancora di aver notificato il menzionato decreto ingiuntivo un sequestro conservativo. Il caso. Una società vantava ingenti crediti fatture per forniture nei confronti di un’altra società. Veniva tentata anzitutto la strada del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ma il Tribunale lo emette ordinario”. Senza darsi per vinto, il creditore, prima ancora di aver notificato il decreto ingiuntivo, chiedeva un sequestro conservativo, affermando che le condizioni economiche del debitore erano nel mentre decisamente peggiorate. La competenza si tratta di un sequestro ante causam. Un primo tema è quello della competenza. Il giudice risolve la questione considerando che il ricorso per sequestro conservativo è stato depositato prima della notifica del decreto ingiuntivo. Di conseguenza, in base alla regola espressamente stabilita in tema di procedimento monitorio secondo cui è la notificazione che determina la pendenza della lite , il sequestro deve essere considerato ante causam , dunque di spettanza del giudice competente a conoscere il merito. I rapporti tra valutazione del giudice del decreto ingiuntivo e giudice del sequestro si apre uno spiraglio. In sede monitoria, in assenza di una prova particolarmente forte del fatto costitutivo del diritto azionato tale da consentire la formazione del titolo esecutivo documento scritto del debitore comprovante il diritto fatto valere” , l’esecuzione provvisoria può essere concessa solo in presenza di un pericolo di realizzazione del credito, in conseguenza di iniziative di terzi creditori o di atti di disposizione da parte del debitore. Da un punto di vista sistematico emerge quindi che, tra la valutazione operata dal giudice che emette il decreto ingiuntivo ex art. 642, comma 2, c.p.c. e quella fatta dal giudice dell’opposizione ex art. 648 c.p.c., il possibile spazio che si apre alla misura cautelare sequestro conservativo è costituito dai fatti nuovi e sopravvenuti che, nel lasso di tempo tra l’emissione del decreto ingiuntivo e l’instaurazione del giudizio di opposizione, possano consentire una valutazione differente in punto di periculum . Va però evitata la surrettizia riforma della valutazione espressa dal giudice del decreto ingiuntivo. Lo spiraglio cui si è accennato va quindi interpretato con rigore e con stretta attinenza ai fatti nuovi sopravvenuti, perché diversamente l’emissione della misura cautelare si tradurrebbe in una surrettizia riforma della valutazione emessa dal giudice del decreto ingiuntivo, ancorché la concessione della provvisoria esecuzione comporti la formazione immediata di un titolo esecutivo, mentre la pronuncia cautelare dia luogo ad un vincolo di indisponibilità relativa sui beni che sono oggetto di sequestro conservativo. La necessaria presenza di sopravvenienze in fatto inerenti il periculum. In conclusione, l’elemento dei fatti nuovi” è il vero leitmotiv della decisione. Infatti, in caso di mancata concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo, è possibile emanare un provvedimento di natura cautelare, volto alla conservazione della garanzia patrimoniale del credito azionato, ma solo in caso di sopravvenienze in punto di periculum , tali da imporre una nuova valutazione delle circostanze di fatto valutazione diversa rispetto a quella del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo.

Tribunale di Prato, ordinanza 4 gennaio 2012 Giudice dott. Raffaella Brogi Fatto e diritto Premesso che con ricorso Imasaf ha chiesto di sottoporre a sequestro conservativo tutti i beni della Nuova Saf Grand Prix s.r.l. fino alla concorrenza della somma di € 655.727,43, pari all’importo delle fatture relative alle forniture effettuate dalla ricorrente in favore della resistente. La Imasaf ha esposto di aver instaurato una procedura monitoria per le stesse causali di cui al ricorso per sequestro conservativo in esito alla quale il Tribunale di Prato ha emesso il decreto n. 1590/2011 - privo della clausola di provvisoria esecutorietà richiesta - con il quale ha ingiunto alla Nuova Saf il pagamento di € 597.224,14. Nel frattempo, sono maturati ulteriori insoluti da parte della Nuova Saf. La parte ricorrente ha pertanto evidenziato che, nelle more della procedura monitoria, vi è fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, in quanto la resistente versa in grave condizioni di difficoltà economica, al punto da aver chiesto più dilazioni di pagamento e da aver proposto alcune soluzioni transattive delle proprie esposizioni debitorie. La Imasaf rileva poi che, nonostante l’assenza di iscrizioni e/o trascrizioni pregiudizievoli, la Nuova Saf ha dichiarato la loro sussistenza in favore di svariati istituti bancari. La Nuova Saf ha inoltre proposto recentemente la vendita dei propri beni a svariate agenzie immobiliari. Si è costituita la resistente, che, a mezzo di due diversi difensori, ha sollevato le seguenti eccezioni nullità del ricorso per mancata indicazione del procedimento di merito che dovrebbe essere introdotto all’esito del giudizio cautelare improponibilità del ricorso per non essere stato proposto al Giudice competente se lo stesso è da considerare in corso di causa, a seguito della proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo, sarebbe stato competente il Presidente del Tribunale o, al limite, la ricorrente avrebbe dovuto attendere la proposizione dell’opposizione per proporlo davanti al giudice di quest’ultima assenza di periculum in mora non vi è alcun tentativo della resistente di sottrarre il proprio patrimonio mobiliare e immobiliare alla garanzia dei creditori tanto più che, a fronte di un credito di € 650.000,00 la Nuova Saf ha un complesso di beni immobili per un valore di oltre € 2.000.000,00 così come risulta dall’ultimo bilancio la stessa Imasaf ha continuato a vendere la merce alla Nuova Saf, sino alla metà di novembre 2011, due mesi dopo il deposito del ricorso mancanza del fumus boni iuris , in quanto non solo il credito è contestato, ma la Nuova Saf vanta un controcredito di natura risarcitoria nei confronti della ricorrente, che, in presenza di una situazione di dipendenza economica della resistente nei suoi confronti, ha tenuto comportamenti non conformi ai principi di correttezza e buona fede. Il ricorso avente per oggetto il sequestro conservativo dei beni della Nuova Saf, a garanzia del pagamento delle forniture eseguite dalla Imasaf in suo favore, è infondato e deve essere rigettato. In primo luogo, ai fini della competenza, occorre rilevare come il presente ricorso sia stato depositato prima della notifica del decreto opposto e deve pertanto considerarsi proposto ante causam . Difatti ai sensi dell’art. 643, III comma, c.p.c. La notificazione determina la pendenza della lite. ” Ne consegue che si applica al caso in esame il disposto dell’art. 669 ter, I comma, c.p.c., in base al quale Prima dell’inizio della causa di merito la domanda si propone al giudice competente a conoscere del merito. ” Non può quindi essere considerato competente per il giudizio cautelare il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, né quello competente a decidere la causa di opposizione. Nella specie la Imasaf ha dapprima ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti della resistente per una somma di € 597.224,14. A tal fine la ricorrente, contesta, seppure blandamente, la mancata concessione della provvisoria esecuzione da parte del Presidente del Tribunale, posto che sarebbe presente agli atti una scrittura di riconoscimento del debito sottoscritta dal rappresentante della Nuova Saf. La fattispecie evidenzia della complesse problematiche ermeneutiche relative a possibili profili di interferenza tra l’art. 642, II comma, c.p.comma e l’art. 671 c.p.comma In base all’art. 642, II comma, c.p.c. L’esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ovvero se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere il giudice può imporre una cauzione. ” Dal tenore letterale della norma in esame emergono due ipotesi di concessione della provvisoria esecuzione. La prima implica una valutazione discrezionale del giudice di carattere essenzialmente cautelare, in quanto legata al pericolo di un grave pregiudizio nel ritardo. Tale grave pregiudizio non può che essere connesso alla probabile infruttuosità dell'azione esecutiva, riconducibile ad iniziative di altri creditori che aggrediscano il patrimonio del debitore o al compimento di atti di disposizione del patrimonio da parte di quest’ultimo. La seconda ipotesi riguarda invece la possibilità di ottenere la provvisoria esecuzione ab origine del decreto ingiuntivo sulla base di un semplice chirografo, prima ancora che esso sia stato oggetto di riconoscimento anche tacito di colui contro cui è prodotto. Secondo la condivisibile giurisprudenza di merito, T Milano 12.12.06 la documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto di credito fatto valere deve avere una valenza probatoria che dia maggior certezza della esistenza del credito stesso e renda probabile l'assenza di contestazioni. Mentre tale seconda ipotesi non involge profili di natura cautelare, ma solo di prova del fatto costitutivo della domanda di pagamento che se particolarmente evidente al punto da fare presagire l’assenza di contestazioni da parte del debitore può dare luogo all’immediata formazione del titolo esecutivo , la prima ipotesi, relativa al pericolo di grave pregiudizio, presenta invece dei profili di possibile interferenza con le valutazioni effettuate ai sensi dell’art. 671 c.p.comma al fine della concessione del sequestro conservativo. In base a tale ultima norma infatti Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento. ” Difatti, in assenza di una prova particolarmente forte del fatto costitutivo del diritto azionato in sede monitoria, tale da consentire la formazione del titolo esecutivo ex art. 642 I e II comma nel secondo comma, limitatamente alla prova di documento scritto del debitore comprovante il diritto fatto valere” , l’esecuzione provvisoria può essere concessa solo in presenza di un pericolo di realizzazione del credito oggetto del decreto ingiuntivo, in conseguenza di iniziative del terzo creditore o di atti di disposizione da parte del debitore. Se ciò non avviene la provvisoria esecuzione può essere concessa solo in presenza dei requisiti di cui all’art. 648 c.p.c., che prevede un’ipotesi tipica di condanna con riserva delle eccezioni, che può essere emessa solo nel caso in cui la prova del fatto costitutivo del diritto fatto valere sia adeguata, tale cioè da valere anche nell’ambito di un processo a cognizione piena e non solo ai fini della cognizione sommaria richiesta per l’emissione del decreto ingiuntivo. Da un punto di vista sistematico emerge quindi che, tra la valutazione operata dal giudice che emette il decreto ingiuntivo ex art. 642, II comma, c.p.comma e quella fatta dal giudice dell’opposizione ex art. 648 c.p.c., il possibile spazio che si apre alla misura cautelare di cui all’art. 671 c.p.comma è costituito dai fatti nuovi e sopravvenuti che nello spazio di tempo tra l’emissione del decreto ingiuntivo ed l’instaurazione del giudizio di opposizione possano consentire una valutazione differente in punto di periculum . Altrimenti, l’emissione della misura cautelare si tradurrebbe in una surrettizia riforma della valutazione emessa dal giudice del decreto ingiuntivo ex art. 642, II comma, c.p.c., ancorché la concessione della provvisoria esecuzione ai sensi di tale ultima norma comporti la formazione immediata di un titolo esecutivo e la pronuncia cautelare dia luogo ad un vincolo di indisponibilità relativa sui beni che sono oggetto di sequestro conservativo. In conclusione, in caso di mancata concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, è possibile emanare un provvedimento di natura cautelare, volto alla conservazione della garanzia patrimoniale del credito azionato, solo in caso di sopravvenienze in punto di periculum , tali da imporre una nuova valutazione delle circostanze di fatto, diversa rispetto a quella del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo. È da rilevare, in ogni caso, che la valutazione fatta dal giudice ai sensi dell’art. 642, II comma, c.p.c., con riferimento al pericolo di grave pregiudizio, presenta dei tratti di c.d. atipicità rispetto al procedimento cautelare ordinario di cui agli artt. 669 bis c.p.comma anche in relazione allo stesso carattere sommario della cognizione come risulta dal confronto tra gli artt. 633 e 634 c.p.comma con l’art. 669 sexies c.p.c. , con la conseguente non applicabilità dell’art. 669 terdecies c.p.c., che, non a caso, parla di reclamo con riferimento all’ordinanza e non al decreto. Ciò non implica, tuttavia, alcuna censura, in relazione al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., posto che è il creditore a scegliere il procedimento monitorio in luogo di quello ordinario, per far valere il proprio diritto. Del resto, la necessità di una tutela cautelare costituzionalmente necessaria ex art. 24 Cost. è già assicurata e comunque garantita dal legislatore con l’art. 642, II comma, c.p.comma Nella specie non emergono ulteriori profili di periculum diversi rispetto a quelli oggetto di valutazione da parte del giudice che ha emanato il decreto ingiuntivo. La parte ricorrente, in particolare, non ha dato la prova del periculum in mora neppure ai fini dell’emissione di un provvedimento strumentale ad una domanda di condanna da far valere in via ordinaria , dal momento che il docomma 14 depositato all’udienza del 13 dicembre 2011 è un mero calcolo di parte, inidoneo ex se a provare la presenza di ulteriori crediti tali da compromettere la realizzazione del credito azionato in via monitoria, anche alla luce del valore cospicuo delle immobilizzazioni materiali della resistente risultanti dagli ultimi bilanci prodotti agli atti. L’atto di compravendita di un bene immobile non è poi idoneo a dimostrare il compimento da parte della resistente di atti pregiudizievoli alla garanzia del credito, considerato il valore dell’immobile venduto, pari ad € 150.000,00, rispetto all’ammontare del patrimonio immobiliare della Nuova Saf, nel quale rientra anche un immobile del valore di € 900.000,00, oggetto di trattativa inter partes , dal momento che è stata programmata una sua cessione alla Imasaf, con la compensazione del pagamento del prezzo con i debiti della Nuova Saf. Infine, la ricorrente non ha prodotto visure tali da evidenziare iscrizioni e/o trascrizioni pregiudizievoli sui beni immobili della resistente, tali da pregiudicare la realizzazione del credito fatto valere in via monitoria. Tale considerazione assume particolare rilievo alla luce del regime di pubblicità che caratterizza i beni immobili. Il ricorso, stante la mancanza della prova del periculum in mora deve essere pertanto rigettato. P.Q.M. rigetta il ricorso spese al merito.