L’attuazione spontanea del provvedimento cautelare non significa acquiescenza

E' possibile, infatti, che la parte soccombente dia spontanea esecuzione al provvedimento solo per evitare le spese che le potrebbero essere imputate in caso di mancata esecuzione del provvedimento.

Il Tribunale di Lucca, in composizione collegale ed in funzione di giudice del reclamo, con l’ordinanza del 17 dicembre 2011 ha risolto, in modo corretto e superando un proprio precedente, un’importante questione in tema di acquiescenza all’impugnazione in materia di provvedimenti cautelari. La tesi della reclamata attuazione vale acquiescenza? La decisione cautelare interviene nell’ambito di quella che potremmo definire la guerra dell’acqua e, cioè, il contenzioso che oppone utenti alla società che gestisce la fornitura dell’acqua. Contenzioso fondato sulla contestazione mossa dall’utente alla società in ordine al sistema tariffario utilizzato ed infatti, il sistema tariffario risulta attualmente fondato sul sistema a lente tarata e che prescinde dalla quantità di acqua consumata mentre gli utenti, invece, pretendono un sistema basato sui consumi effettivi registrabili. Una contestazione che ha portato molti utenti, prima, ad autoridursi la fattura emessa dal gestore del servizio idrico e, poi, a ricorrere al giudice della cautela al fine di ottenere un provvedimento cautelare di riattivazione della fornitura sospesa per morosità. Questo il contesto che aveva portato il Tribunale di Lucca, in primo grado, ad emettere il provvedimento cautelare richiesto dall’utente. Provvedimento che la società aveva spontaneamente eseguito per poi proporre reclamo davanti al Collegio. Il precedente favorevole. Reclamo, però, che l’utente – reclamata ritiene inammissibile in quanto la società, dando spontanea attuazione al provvedimento, aveva fatto acquiescenza all’ordinanza che non poteva, quindi, impugnare ai sensi dell’articolo 669 terdecies c.p.c La tesi della reclamata, peraltro, era fondata anche su una precedente ordinanza dello stesso Tribunale in diversa composizione che, in una fattispecie identica a quella oggi decisa, aveva sostenuto e deciso l’inammissibilità del reclamo dopo l’attuazione spontanea dell’ordinanza emessa in prime cure. L’attuazione spontanea serve solo ad evitare aggravi di spese. Senonché – e in maniera del tutto condivisibile – il Tribunale di Lucca con l’ordinanza in esame respinge l’eccezione processuale di inammissibilità. Ed infatti, non v’è dubbio che l’acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni esclude, ai sensi del primo comma dell’articolo 329 c.p.c., la proponibilità dell’impugnazione che nel caso di specie era il reclamo previsto dall’articolo 669 terdecies c.p.c. al quale – secondo l’opinione largamente maggioritaria tendenzialmente si applicano le norme generali in tema di impugnazione . Quella volontà di non contestare gli effetti della pronuncia in ciò consiste l’acquiescenza è vero che può essere ravvisata anche nella esecuzione spontanea della sentenza, ma la giurisprudenza ha sempre precisato che l’esecuzione di una sentenza dotata di efficacia esecutiva provvisoria quali sono oggi tutte le sentenze di condanna di primo grado e le ordinanze cautelari non può rappresentare un dato inequivocabile essendo, viceversa, una condotta equivoca e non concludente . Ed infatti, ben può essere – osserva il Tribunale che la parte soccombente dia spontanea esecuzione/attuazione al provvedimento per evitare le spese stragiudiziali e giudiziali e i pregiudizi ulteriori che le potrebbero essere imputati in caso di mancata esecuzione del provvedimento, alla cui osservanza è in ogni caso tenuto sino all’esito dell’esperimento vittorioso dei mezzi di impugnazione . L’allarme suscitato dal precedente. Né la conclusione può cambiare in considerazione del fatto che la società avesse, in un altro caso del tutto identico, eseguito il provvedimento cautelare soltanto dopo la richiesta di attuazione da parte dell’utente colà vittorioso. Ed infatti, la spiegazione di quel comportamento è apparsa al Tribunale del tutto ragionevole l’allarme suscitato dal precedente [contrario] l’ha indotta prudenzialmente a non eseguire l’ordinanza di riattivazione del servizio idrico prima di un atto d’impulso del beneficiario del provvedimento . Ond’è che il Tribunale ha correttamente rigettato l’eccezione processuale avanzata dall’utente reclamata di inammissibilità per acquiescenza tacita.

Tribunale di Lucca, sez. Civile, ordinanza 14 – 17 dicembre 2011 Presidente Mormino – Relatore Capozzi Fatto e diritto 1 La reclamata ha eccepito l’inammissibilità del reclamo sull’assunto che la reclamante avrebbe prestato acquiescenza al provvedimento gravato, avendolo spontaneamente eseguito. La reclamata ha richiamata a sostegno dell’eccezione un precedente di questo tribunale in diversa composizione , reso in fattispecie identica, producendo la copia del provvedimento. La fotocopia del provvedimento è purtroppo sbiadita e ne consente una lettura soltanto parziale. Per la parte leggibile, il precedente invocato sembra porsi in contrasto con l’articolo 329 c.p.c. e la pacifica interpretazione che della disposizione è data dalla corte di cassazione. L’articolo 329 c.c. stabilisce che l’acquiescenza ad un provvedimento, oltre a poter essere espressa, può risultare da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge e ne determina l’improponibilità. Costituisce dato acquisito nell’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che la mera esecuzione di un provvedimento, ancorché non sollecitata dalla parte vittoriosa, costituisce una condotta equivoca e non concludente, non idonea ad esprimere incompatibilità con la volontà di avvalersi di tipo impugnatorio, atteso che la parte può avere interesse all’esecuzione spontanea” per evitare le spese stragiudiziali e giudiziali e i pregiudizi ulteriori che le potrebbero essere imputati in caso di mancata esecuzione del provvedimento, alla cui osservanza è in ogni caso tenuta sino all’esito dell’esperimento vittorioso dei mezzi d’impugnazione Cfr., fra tante, Cass. civ. 11/06/2009, n. 13630 Cass. civ. 28/08/2007, n. 18187 Cass. civ. S U. 01/12/2000, n. 1242 nonché, per affermazioni di principio, Cass. civ. 20/05/2010, n. 12339 . Nel caso di specie, il provvedimento gravato è stato emesso all’udienza del 13/06/2011 è stato eseguito dalla reclamante due giorni dopo, nel rispetto, peraltro, dei tempi previsti dal regolamento di servizio è stato impugnato in data 27/06/2001. Nessuna acquiescenza tacita è pertanto argomentabile in base al riferito comportamento esecutivo della reclamante. L’acquiescenza non può essere poi argomentata dalla clausola di stile tale dovendosi veramente considerare nel caso di specie , contenuta nella fattura inviata dalla reclamante in data 15/07/2011 – cioè successivamente alla proposizione del reclamo – in ordine al regolare pagamento delle fatture precedenti. Infine, la diversità di comportamento tenuta dalla reclamante nei confronti di un altro provvedimento, emanato successivamente a quello de quo”, su cui pure argomenta la reclamata, è stata spiegata in maniera plausibile dalla stessa reclamante l’allarme suscitato dal precedente di questo tribunale, sopra criticato, l’ha indotta prudenzialmente a non eseguire l’ordinanza di riattivazione del servizio idrico prima di un atto d’impulso del beneficiario del provvedimento. 2 Ciò detto, i primi due motivi del reclamo, con cui sono riproposte delle pregiudiziali di rito, sono chiaramente destituiti di fondamento. 2.1 L’eccezione di difetto di giurisdizione è infondata perché la reclamata ha posto una questione relativa alla violazione delle norme contrattuali che regolano il rapporto di utenza idrica. Secondo la tesi della reclamata, che è stata accolta dal giudice di prime cure, la reclamante non poteva sospendere il servizio idrico perché sussisteva, tra le parti, una controversia in sede di ricalcolo dei consumi. In tal caso, l’articolo 49 del regolamento vieta la sospensione del servizio. La reclamante ha censurato il provvedimento gravato, facendo una lunga disquisizione che non è assolutamente pertinente ai fatti di causa. Continua a non rendersi conto, nonostante il chiaro, sia pure sintetico, passaggio contenuto nella motivazione del provvedimento gravato, che, nella fattispecie concreta , il giudice ordinario non è investito – nemmeno ai fini della disapplicazione dell’atto – della cognizione del provvedimento amministrativo generale che ha fissato la tariffa del servizio idrico, ma soltanto dell’ambito d’applicazione del mentovato articolo 49. Si tratta di verificare se questa disposizione si applica ai casi in cui la controversia sulla ricostruzione dei consumi deriva da una contestazione, a monte, della tariffa stessa o meno. In questi limiti, la cognizione è del giudice ordinario questi conosce del singolo rapporto di utenza e quindi, della liceità o meno alla luce del regolamento di servizio e, quindi, dell’articolo 49 del comportamento di sospensione del servizio idrico. Se l’articolo 49 va interpretato come proposta dalla reclamata, e condiviso dal giudice di prime cure, il fumus boni iuris ” sussiste se invece l’articolo 49 non può essere interpretato come proposto dalla reclamata, allora il fumus ” non sussiste. In ogni caso, la questione attiene all’interpretazione di una norma che regola il singolo rapporto d’utenza. 2.2 Anche il secondo motivo, relativo alla mancata indicazione nel ricorso della proponendo azione di merito, è infondato. Ora, tale indicazione non richiede formule sacramentali. Nel caso di specie, la formula usata dalla reclamata, che la reclamante censura, manifesta – con tutta evidenza – la sua intenzione di proporre un’azione d’adempimento dal contratto d’utenza illecitamente sospeso . 3 Fondato, invece, è il motivo di merito. L’articolo 49, penultimo comma, lett. d , del regolamento di servizio idrico, nella parte in cui si stabilisce quale eccezione alla regola generale della sospendibilità del servizio idrico in caso di morosità dell’utente che la fornitura non è sospesa in presenza di controversie relative alla ricostruzione dei consumi”, non può essere interpretato così come proposto dalla reclamata e fatto proprio dal giudice di prime cure. In aderenza alla formulazione letterale della disposizione in esame e alla collocazione della stessa nel titolo del regolamento relativo all’ accertamento dei consumi e fatturazione” non altro significato può avere quello di rideterminazione delle quantità d’acqua effettivamente consumate. E, pertanto, controversia relativa alla ricostruzione dei consumi è soltanto la controversia in cui si discuta di rideterminare, ristabilire e fissare le quantità consumate. Tanto non avviene evidentemente nel caso in esame in cui il contatto preveda una tariffa a forfait e si fa questione della stessa legittimità di tale sistema di tariffazione sia pure al solo fine d’affermare l’esistenza di una controversia sul ricalcolo dei consumi e, quindi, l’applicazione dell’articolo 49 del regolamento . Siamo fuori – con ogni evidenza – dall’ambito d’applicazione dell’articolo 49, penult. co. lett. d sopra mentovato. Sul punto, quindi, il reclamo è fondato. 3 La reclamata ha riproposto, tuttavia, le altre ragioni poste, in via gradata, a fondamento del ricorso, che erano da ritenersi assorbite alla luce della motivazione del provvedimento impugnato , che aveva accolto l’argomento principale. La reclamante – già in sede di reclamo – ha censurato anche tali ragioni ulteriori , ancorché non esaminate dal giudice di prima istanza. Il ricorso non è fondato nemmeno alla luce delle altre ragioni invocate dalla reclamata. 4 Questa sostiene che il servizio idrico non poteva essere sospesa in applicazione dell’articolo 49, penultimo comma lett. a , relativo ai casi in cui il servizio è necessario per primarie necessità sanitarie o di sicurezza, a seguito di intervento dell’autorità competente”, da interpretarsi anche in relazione alle esigenze proprie di ogni fabbricato per civile abitazione. A corredo di tale tesi, ha prodotto un documento sub 15 , proveniente da un dirigente dell’Azienda USL n. 12 Versilia, nel quale si segnala come notorio che la dotazione di acqua corrente costituisce requisito di abitabilità di un fabbricato per civile abitazione. Ora, tale tesi non è condivisibile. Il documento prodotto esprime un parere. Non è il provvedimento dell’autorità competente, cui fa riferimento l’articolo 49 del regolamento. Ad accedere alla tesi della reclamante, inoltre, la conseguenza sarebbe che il servizio idrico a favore di civili abitazioni non potrebbe essere sospeso in caso di morosità, perché sempre si porrebbe un problema di abitabilità. Il che non è conforme alle disposizioni primarie e secondarie che regolano la materia, che sono state correttamente richiamate dalla reclamante nel corpo del reclamo. 4.2 La reclamata argomenta poi il fumus boni iuris ” dalla previsione dell’articolo 119 del regolamento del servizio idrico, che prevede che Tutte le controversie che dovessero sorgere in relazione al contratto d’utenza saranno sottoposte al tentativo di conciliazione presso lo Sportello di Conciliazione della Camera di Commercio o in alternativa della Provincia interessata ”, assumendo che la reclamante non poteva sospendere il servizio idrico perché era già insorta controversia tra le parti e, quindi, avrebbe dovuto attivare la procedura di conciliazione. La disposizione è interpretata male. Essa ha un ambito d’applicazione diverso da quello previsto dall’articolo 49. Questo disciplina un mezzo di autotutela un’eccezione d’inadempimento ex articolo 1460 c.c. , dando la facoltà al distributore del servizio, in caso di morosità dell’utente, di sospendere il servizio. Quella, invece, attiene ad un interesso diverso le parti, prima di intraprendere la via giudiziaria, devono coltivare la sede stragiudiziale camera di conciliazione . 4.3 La reclamata, infine, censura la modalità con cui si è pervenuti alla sospensione del servizio idrico, sull’assunto che non sarebbe stato rispettato lo scadenziario previsto dall’articolo 49 del regolamento del servizio idrico messa in mora, protrazione della mora per trenta giorni, preavviso di sospensione non inferiore a 25 giorni . Anche tale motivo è destituito di fondamento. La reclamante del prodotto n. 13 lettere di messa in mora e n. 9 avvisi di distacco. La stessa reclamata produce sia pure assumendo di averla ricevuta il giorno 21/03/2011 la lettera datata 21/02/2011 con cui veniva preavvertita che si sarebbe proceduto al successivo distacco, poi avvenuto in data 21/03/2011, nel rispetto del termine dilatorio di 25 giorni previsto dall’articolo 49 del regolamento. Peraltro, in termini generali, deve ritenersi che la violazione del termine di preavviso assuma rilevanza su un piano prettamente risarcitorio e non di validità dell’eccezione d’inadempimento. In altre parole, mentre la fase di messa in mora e di protrazione della stessa per trenta giorni, afferisce alla fattispecie costitutiva dell’eccezione d’inadempimento in mancanza di detti passaggi, non sorge cioè lo stesso potere d’eccepire l’inadempimento , la successiva fase esecutiva, attuata mediante il distacco effettivo dell’utenza idrica cui afferisce la procedura di preavviso , attiene non all’ an ” dell’eccezione ma al quomodo ”, sicché l’eventuale violazione del termine di preavviso assume rilevanza soltanto ai fini risarcitori ad esempio, per non aver consentito all’utente di adottare per tempo le soluzioni volte a limitare gli effetti del distacco dell’utenza . 5 La complessità delle questioni trattate e l’esistenza di orientamenti diversi nell’ambito di questo stesso ufficio giudiziario giustificano la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. accoglie il reclamo e, per l’effetto, revoca l’ordinanza gravata e respinge il ricorso cautelare, compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.