Il decreto ingiuntivo opposto non vale come titolo esecutivo europeo

Chi contesta l’esistenza del fatto costitutivo posto a fondamento della domanda di pagamento fatta valere in sede monitoria assume una condotta processuale inidonea ad integrare i requisiti necessari al rilascio del titolo esecutivo europeo.

Ai sensi dell’art. 6 del Reg. CE n. 804/2005, una decisione giudiziaria per essere certificata come titolo esecutivo europeo deve avere ad oggetto un credito non contestato ed essere esecutiva nello stato di origine. In particolare, secondo il sistema processuale italiano, la notifica dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, a prescindere dalla fondatezza dell’opposizione, preclude in radice la possibilità di certificare come titolo esecutivo europeo il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. In tal senso si esprime Il Tribunale di Prato con la pronuncia del 30 novembre scorso, nella quale ripercorre la disciplina del titolo esecutivo europeo, oggetto di limitate e sporadiche pronunce giurisprudenziali. Il campo di applicazione del titolo esecutivo europeo. L'obiettivo del Reg. CE 804/2005, nell’ambito delle procedure di armonizzazione dei sistemi giuridici dei paesi membri dell’Unione Europea, è quello di istituire un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati. Detto regolamento riguarda l’efficacia che, a determinate condizioni, può essere riconosciuta alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici relativi a crediti non contestati, in modo tale che possano circolare liberamente all’interno dell’Unione Europea senza che sia necessario l’avvio di un procedimento per l’emissione di un provvedimento di riconoscimento da parte di uno stato membro delle decisioni pronunciate in un altro stato membro. Il regolamento si applica in materia civile e commerciale e non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa. Gli effetti. La decisione relativa a un credito non contestato, se ricorrono precise condizioni, è certificata come titolo esecutivo europeo dallo stato membro d'origine, ossia dallo stato membro nel quale la decisione è stata emessa. La certificazione può avere ad oggetto l’intero credito o solo una parte. In tal caso si parla di titolo esecutivo parziale. Il certificato con il quale il credito vantato è riconosciuto come titolo esecutivo europeo può essere rettificato se vi è divergenza tra la decisione giudiziaria e il certificato, ovvero revocato se risulta manifestamente concesso per errore. Inoltre, non è ammesso alcun mezzo di impugnazione avverso la decisione relativa alla certificazione, posto che il certificato di titolo esecutivo europeo ha effetto soltanto nei limiti dell'esecutività della decisione giudiziaria e non va ad incidere sull’ an della rivendicazione sottoposta a giudizio. La disciplina. La decisione giudiziaria relativa ad un credito non contestato può essere certificata come titolo esecutivo europeo solo se il procedimento giudiziario nello Stato membro d'origine è conforme a certi requisiti. Il regolamento stabilisce norme minime relativamente a forme specifiche di notificazione dei documenti documento introduttivo del giudizio e, eventualmente, citazione a comparire in udienza intese a garantire il rispetto dei diritti della difesa. Affinché una decisione giudiziaria possa essere certificata come titolo esecutivo europeo sono ammessi soltanto i metodi di notificazione previsti dal regolamento. La mancata contestazione. Il requisito della non contestazione è disciplinato dall’art. 3 del Regolamento in questione che disciplina 4 casi di sostanziale acquiescenza alla rivendicazione del credito avanzato. A differenza di quanto previsto dall’art. 115 c.p.c., il legislatore europeo tipizza i casi di non contestazione, disciplinando espressamente le ipotesi di riconoscimento espresso e tacito del credito vantato. Secondo l’interpretazione fornita dal Tribunale di Prato, per mancata contestazione deve intendersi la condotta del debitore, processuale o extraprocessuale, tale da poter ricavare l’espresso riconoscimento del credito oggetto del titolo esecutivo. E ciò si desume sia dall’art. 3, lett. b – che prevede un comportamento meramente negativo da parte del debitore, che non solleva eccezione di alcun tipo avverso la pretesa creditoria avversaria – sia dal medesimo articolo, lett. a, c, d nelle quali si fa riferimento alla ammissione, anche tacita, o riconoscimento del credito o dei fatti allegati dal creditore. La non contestazione – nei termini richiamati dall’art. 3 del Reg. Ce e sopra richiamati deve naturalmente coordinarsi con la disciplina di non contestazione disciplinato dall’art. 115 c.p.c, nel testo attualmente vigente così come riformato dalla legge n. 69/2009, in base al quale salvo i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita . Secondo il Tribunale di Prato, il destinatario del decreto ingiuntivo per cui è causa ha ritualmente promosso opposizione assumendo, in sostanza, una condotta processuale inidonea a configurare una delle fattispecie descritte dall’art. 3 e sopra menzionate. Questo a prescindere, peraltro, dall’effettiva fondatezza delle eccezioni proposte e dal merito dell’opposizione, ritenendosi incontestabile che la proposizione dell’opposizione determina la contestazione del diritto di credito vantato in sede monitoria. In presenza di un tale contegno dell’asserito debitore, non può certamente ritenersi integrato il requisito della mancata contestazione e, di conseguenza, non può essere certificato il decreto ingiuntivo opposto come titolo esecutivo europeo. Questo a prescindere dal fatto che venga rigettata, prima facie , la richiesta di sospensione dell’esecutività del decreto e che lo stesso, all’interno dell’ordinamento italiano, continui a costituire effettivamente un titolo esecutivo secondo quanto previsto dall’art. 474 c.p.c. . La revoca. E’ altresì possibile che il Giudice dell’opposizione – come nel caso in questione – possa procedere alla revoca del provvedimento con il quale è stata riconosciuta l’efficacia di titolo esecutivo europeo, posto che, in presenza di un’opposizione, viene a cadere il requisito della non contestazione che rappresenta uno degli elementi essenziali per il riconoscimento del titolo esecutivo europeo. Ciò, oltre che in forza dell’art. 6 del Reg. Ce, anche in forza del principio espresso dall’art. 177 c.p.c., il quale stabilisce come regola generale la revocabilità e la modificabilità dell’ordinanza pronunciata dal Giudice e, quindi, anche dell’ordinanza con la quale un titolo esecutivo è stato certificato come titolo esecutivo europeo.

Tribunale Civile di Prato, ordinanza 30 novembre 2011 Presidente Brogi Premesso che in base all’art. 6 Reg. n. 804/2005, costituiscono requisiti necessari affinché una decisione giudiziaria possa essere certificata come titolo esecutivo europeo sia l’avere ad oggetto un credito non contestato che l’essere esecutiva nello Stato membro di origine. Il fulcro attorno al quale ruota la certificazione di una decisione giudiziaria come titolo esecutivo europeo è quindi costituito dalla mancata contestazione del credito. Tale requisito è disciplinato dall’art. 3 Reg. CE n. 804/2005. In base a tale norma Il presente regolamento si applica alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici relativi a crediti non contestati. Un credito si considera non contestato se a il debitore l'ha espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o mediante una transazione approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario o b il debitore non l'ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in conformità delle relative procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine o c il debitore non è comparso o non si è fatto rappresentare in un'udienza relativa a un determinato credito pur avendo contestato inizialmente il credito stesso nel corso del procedimento, sempre che tale comportamento equivalga a un'ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato membro d'origine, o d il debitore l'ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico. ” La possibilità di emanare il titolo esecutivo europeo dipende pertanto dalla mancata contestazione del credito che ne è oggetto. Il legislatore europeo a differenza di quanto avviene nel diritto interno con l’art. 115 c.p.c. tipizza i casi di non contestazione nell’art. 3 Reg. 805/2004 disciplinando le ipotesi di riconoscimento espresso e tacito del credito. In particolare, sia l’interpretazione letterale della lettera b dell’art. 3 - che prevede un comportamento meramente negativo da parte del debitore, che non solleva eccezione di alcun tipo avverso la pretesa creditoria avversa - sia l’interpretazione sistematica interna alla stessa norma - che nelle altre lettere a, c, d parla di ammissione anche tacita o riconoscimento del credito o dei fatti allegati dal creditore - conducono alla soluzione ermeneutica per cui, per avere mancata contestazione, la condotta processuale o extraprocessuale del debitore deve essere tale da poter ricavare l’espresso riconoscimento del credito oggetto del titolo esecutivo. Tanto più che sia la lettera b che la lettera c - la prima con riferimento alla mancata contestazione del credito e la seconda con riferimento alla mancata comparizione o alla mancata rappresentanza del debitore in un'udienza relativa a un determinato credito nonostante l’iniziale contestazione del credito stesso nel corso del procedimento , tale da integrare un comportamento che equivalga a un'ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore - fanno un espresso richiamo alla legislazione dello Stato membro di origine, che, ai sensi dell’art. 4, par. 4, Reg. 804/2005, è quello in cui è stata resa la decisione giudiziaria e cioè, nel caso in esame, quello dove è stato emesso il decreto ingiuntivo successivamente opposto, cioè l’Italia. Nell’ambito del nostro sistema di diritto processuale civile il principio di non contestazione è disciplinato dall’art. 115 c.p.c., così come riformato dalla legge n. 69/2009, in base al quale salvo i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. ” Affinché la non contestazione assuma rilievo occorre pertanto che la stessa manchi o sia comunque generica e provenga dalla parte costituita. Nel caso di specie la proposizione dell’opposizione, è avvenuta in epoca antecedente alla riformulazione dell’art. 115 c.p.c., quando da più parti, in dottrina e in giurisprudenza, si dubitava che la mancata contestazione di un determinato fatto potesse consentirne al di fuori di ipotesi espressamente indicate dalla legge l’estromissione dal thema probandum , ritenendolo pacificamente ammesso dalle parti, salva la valutazione del giudice in ordine alla sua portata probatoria. Diversamente, un orientamento nato con le riforme del 1973 e del 1990, aveva portato, in sede dottrinale e giurisprudenziale v. Cass. S.U. n. 961/2002 , alla conclusione che il principio di non contestazione fosse radicato in seno al nostro sistema di diritto processuale, anche prima della riforma del 2009, con le conseguenti novità apportate in seno all’art. 115 c.p.c. Nella specie il destinatario passivo del decreto ingiuntivo ha proposto opposizione assumendo in tal modo una condotta processuale inidonea ad integrare i requisiti di cui all’art. 3 Reg. n. 804/2005. La parte opponente ha infatti contestato in primo luogo di essere l’effettivo destinatario della pretesa di pagamento fatta valere in sede monitoria. In tal modo sebbene abbia erroneamente invocato un difetto di legittimazione passiva che non ricorre, trattandosi di un presupposto processuale la cui esistenza deve essere ricavata dal contenuto della domanda ha contestato l’esistenza del fatto costitutivo posto a fondamento della domanda di pagamento fatta valere in sede monitoria. Tanto più che il decreto ingiuntivo viene emanato inaudita altera parte, e, come autorevolmente osservato, si fonda sulla scommessa” dalla mancata contestazione del credito da parte del debitore ingiunto. È pertanto incontestabile che la proposizione dell’opposizione determini la contestazione del diritto di credito fatto valere in sede monitoria, con la conseguenza che, in simili ipotesi, non può essere integrato il requisito della mancata contestazione richiesto dal Reg. CE n. 804/2005 ai fini della certificazione della decisione interna come titolo esecutivo europeo. Tale conclusione è supportata dal testo di tale normativa e non può essere superata in base alla considerazione per cui la proposizione dell’opposizione preclude in radice la possibilità di certificare come titolo esecutivo europeo il decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo. La voluntas legis del legislatore europeo sul punto è chiara, ancorché la conseguenze che se ne traggono sul piano ermeneutico implicano, di fatto, la restrizione dell’ambito di applicazione del regolamento europeo. Non ha poi pregio l’eccezione della parte opposta, in base alla quale, in applicazione analogica del combinato disposto dell’art. 648 c.p.c. e 177, comma 3 n. 2 , c.p.c., non sarebbe revocabile il provvedimento con il quale è stata riconosciuta l’efficacia di titolo esecutivo europeo. In primo luogo la declaratoria di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. e la certificazione come titolo esecutivo europeo del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo sono due piani formalmente distinti, ancorché il secondo presupponga la presenza di una decisione giudiziaria che costituisca titolo esecutivo. In secondo luogo l’art. 177 c.p.c. stabilisce come regola generale la revocabilità e la modificabilità dell’ordinanza e come eccezione quella della non modificabilità. Ne consegue che non può essere ricavata in via analogica, stante il principio di cui all’art. 14 prel., la non revocabilità della certificazione di titolo esecutivo europeo. Visto il Regolamento C.E. n. 805/2004 P.Q.M. Revoca il certificato di titolo esecutivo europeo emesso dal Tribunale di Prato il 15 febbraio 2010.