La parcella dell'avvocato non mette in mora il cliente inadempiente

Il credito del professionista deve essere certo nel suo ammontare e se la determinazione è rimessa al giudice, solo dalla successiva domanda giudiziale possono decorrere gli interessi.

Ai fini della mora del debitore, il credito per prestazione d'opera del professionista deve essere certo nel suo ammontare, e se la determinazione dell'esatto valore è rimessa al giudice, la costituzione in mora può aversi solo con la domanda giudiziale solo da quel momento può decorrere il calcolo degli interessi legali, non essendo sufficiente la notifica della parcella da parte dell'avvocato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20806 del 10 ottobre. Il caso. Tutto nasce da una controversia tra un avvocato e un'impresa per il pagamento del corrispettivo dell'opera professionale. Il legale aveva assistito la società in un giudizio amministrativo relativo ad una gara di appalto i problemi, però, nascono quando si tratta di farsi pagare. Viene, infatti, contestato sia l'ammontare della parcella che, soprattutto, il momento dal quale far partire il calcolo degli interessi legali. Messa in mora del cliente basta la parcella? Per quel che rileva in questa sede, è proprio quest'ultimo aspetto che viene sottoposto all'attenzione della S.C. La società, infatti, censura la sentenza impugnata per aver considerato liquido ed esigibile il credito per prestazioni d'opera in forza della semplice redazione della parcella, poi spedita al cliente e per aver, quindi, considerato quel momento quale rituale atto di messa in mora, ignorando totalmente l'incertezza del quantum debeatur della parcella, redatta sulla base di tariffe. Il credito deve essere certo nel suo ammontare. Le argomentazioni colgono nel segno, la S.C., infatti, riconosce che per quanto non sia richiesta espressamente la liquidità del credito per aversi la messa in mora, è pur sempre necessario, affinché sia configurabile un colpevole ritardo nel pagamento del debito, che sussista una sufficiente certezza del suo ammontare . Se la determinazione del credito è demandata al giudice, solo dalla liquidazione giudiziale può aversi costituzione in mora. Di conseguenza quando, come nel caso di specie, la determinazione dell'esatto ammontare di un'obbligazione sia rimessa al giudice, per la costituzione in mora del debitore è necessaria la domanda giudiziale, ad esempio con la notifica del decreto ingiuntivo emesso dal giudice su impulso del professionista. In altri termini, in presenza di una contestazione, che non sia meramente pretestuosa da parte del cliente, della determinazione del credito, di modo che sia richiesto l'intervento del giudice, chiamato a stabilire non soltanto se la pretesa del difensore si sia mantenuta entro i limiti della tariffa, ma anche se la medesima sia congrua, appare confermata l'essenzialità di tale liquidazione giudiziale . Il giudice, insomma, deve pronunciarsi su elementi non obiettivamente ponderabili al momento della spedizione della parcella, quali l'importanza dei risultati conseguiti, il pregio dell'opera professionale e le difficoltà incontrate nell'espletamento dell'opera. Il potere discrezionale del giudice e l'essenzialità della sua pronuncia. Pertanto, nel caso il legale ricorra al decreto ingiuntivo per ottenere quanto dovuto, quest'ultimo contiene già una liquidazione del credito, dopo una delibazione provvisoria, ma idonea a divenire definitiva in mancanza di opposizione, della documentazione offerta dal ricorrente. La notifica del decreto, in questo senso, riveste la funzione di domanda giudiziale e costituisce, come anticipato, idoneo atto di costituzione in mora.