Inadempimento del preliminare: risoluzione o recesso sono domande alternative

Venuto meno il negozio, a seguito del passaggio in giudicato della risoluzione per inadempimento, le parti non possono più chiedere il recesso.

In caso di inadempimento del contratto preliminare, la parte adempiente può scegliere tra la risoluzione o il recesso, ma una volta fatta la scelta non può più cambiare idea. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18264 del 6 settembre scorso. La fattispecie. Un contratto preliminare di vendita viene risolto, con sentenza passata in giudicato, per l'inadempimento del promissario acquirente, il quale si rivolge al Tribunale per ottenere la restituzione di un importo che comprende la caparra e gli acconti versati in precedenza. I convenuti si costituiscono chiedendo il risarcimento dei danni. Dopo un'interruzione, dovuta al decesso del convenuto, il procedimento viene riassunto dagli eredi, i quali dichiarano di voler esercitare il diritto di recesso, con incameramento della caparra, in virtù dell'originario inadempimento del preliminare. La richiesta viene accolta dal Tribunale e confermata in appello. Il promissario acquirente inadempiente propone, infine, ricorso per cassazione. La decisione in Appello l'inadempimento giustificherebbe il recesso. A fondamento della propria decisione, i giudici di merito hanno affermato che il riconoscimento del diritto della parte non inadempiente a trattenere la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria avrebbe avuto il medesimo presupposto della risoluzione del contratto , cioè l'inadempimento dell'altra parte, idoneo in quanto tale a legittimare la richiesta. Secondo i giudici di merito, insomma, la parte rimasta adempiente avrebbe una perdurante facoltà di scegliere il recesso pur dopo aver proposto l'azione di risoluzione. Il giudicato preclude la nuova domanda di recesso. Si tratta, secondo la S.C., di una pronuncia viziata da errore di analisi della logica sottesa all'appello dell'attore avverso la sentenza di primo grado questi, infatti, aveva giustamente lamentato la violazione di una preclusione pro judicato, sostenendo che il passaggio in giudicato della precedente sentenza con la quale era stata dichiarata la risoluzione del contratto avrebbe fatto venir meno il diritto di recedere dal contratto. Inadempimento del contratto risoluzione o recesso sono alternative. La Corte richiama, in primo luogo, un principio che deve ritenersi consolidato, dopo una pronuncia a Sezioni Unite della Cassazione n. 553/2009 a seguito dell'inadempimento contrattuale, la parte non adempiente ha facoltà di domandare la risoluzione dal contratto oppure il recesso, ma non entrambe si tratta di due opzioni alternative. Ma se il contratto è già stato risolto non c'è più possibilità di scegliere escluso il recesso. Nel caso di specie, la Corte d'Appello avrebbe dovuto valutare se le due opzioni fossero ancora disponibili per la parte adempiente, e concludere che tale scelta non era più possibile, in virtù della precedente risoluzione la scelta processuale, tra risoluzione e recesso, doveva dirsi preclusa proprio per il venir meno del negozio rispetto al qual doveva venir esercitata . Essendo già venuto meno il negozio dal quale recedere, la domanda dei promittenti venditori era ab origine inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 luglio 6 settembre 2011, n. 18264 Presidente Schettino Relatore Bianchini Svolgimento del processo S G. citò innanzi al Tribunale di Firenze Pa.Pi. e P P. per sentirli condannare alla restituzione di L. 70 milioni di cui 30 a titolo di caparra ed il resto per acconti versati a seguito della risoluzione del contratto preliminare di vendita stipulato con i convenuti nel dicembre 1981, dichiarata per inadempimento di esso promissario acquirente con sentenza 1274/1984 dello stesso Tribunale, confermata in appello e passata in giudicato. L'adito giudice, pronunziando sentenza non definitiva 2269/1992, condannò i P. a restituire l'acconto di L. 40 milioni, disponendo la prosecuzione della causa per la determinazione del danno oggetto di domanda risarcitoria dei P. espletata CTU in detto giudizio, lo stesso venne interrotto per il decesso di P.P. e fu riassunto dagli eredi del medesimo, R.M.M. e M P. i quali, nel costituirsi, dichiararono di voler esercitare il diritto di recesso, con incameramento della caparra tale richiesta, estesa anche all'originario promittente venditore Pi Pa., fu accolta dal Tribunale con sentenza definitiva 2773 del 2001 la Corte di Appello di Firenze con decisione n. 1416/2004, respinse sia il gravame del G. che aveva lamentato la violazione della preclusione pro judicato in merito alla qualificazione della domanda risarcitoria proposta dalle parti convenute e comunque l'infondatezza della domanda di risarcimento del danno come pure gli appelli incidentali delle R. P. e di Pi Pa., diretti, il primo, ad una diversa regolamentazione del carico delle spese di lite e il secondo, ad ottenere la condanna al risarcimento del maggior danno. A sostegno della decisione la Corte fiorentina negò che la sentenza 1274/1984 che risolvendo il contratto preliminare, aveva condannato il promissario acquirente G. al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede potesse vincolare il giudice del successivo giudizio a procedere secondo i principi generali in materia di prova del danno conseguente alla risoluzione, atteso che il riconoscimento del diritto della parte non inadempiente a trattenere la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria avrebbe avuto il medesimo presupposto della risoluzione del contratto e quindi un inadempimento non di scarsa importanza, così che bene avrebbero potuto le parti adempienti ridurre la domanda iniziale di condanna al risarcimento dei danni al riconoscimento del diritto di ritenere la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria. Per tali ragioni la Corte distrettuale respinse l'appello incidentale diretto ad ottenere il riconoscimento del maggior danno stante la funzione di liquidazione legale del pregiudizio da inadempimento che doveva attribuirsi alla caparra confirmatoria sia il gravame incidentale sulle spese ritenendo giustificata la compensazione operata in prime cure, avendo il giudizio come esclusivo oggetto il risarcimento del danno ed avendo le parti promittenti venditrici atteso sino al deposito della consulenza estimativa, alle stesse non favorevole, per mutare il titolo della domanda. Contro tale decisione ha proposto ricorso principale il G. sulla base di due motivi le R. P. hanno resistito, proponendo a loro volta ricorso incidentale Pi Pa. non ha svolto difese. Motivi della decisione I ricorsi principale del G. ed incidentale dei R. P. ma non già quello di Pi Pa. che, pur se esaminato nelle memorie ex art. 378 cpc dallo stesso G., non risulta esser stato depositato né notificato e quindi manca addirittura la materia per dichiararne la inammissibilità devono essere riuniti, essendo stati proposti contro la medesima sentenza. 1 Va esaminata l'eccezione pregiudiziale delle parti contro ricorrenti, con la quale viene dedotta l'inammissibilità del ricorso per mancanza di una valida procura speciale, atteso che il contenuto del mandato scritto in calce al ricorso del G. non solo non avrebbe fatto riferimento al giudizio di legittimità ed alla sentenza della quale si sarebbe chiesta la cassazione ma anzi avrebbe attribuito al difensore facoltà esercitabili solo nel giudizio di merito Delego a rappresentarmi e difendermi nella presente procedura in ogni sua fase e grado . ad essi conferendo anche disgiuntamente ogni e più ampia facoltà, ivi compresa quella di farsi sostituire, rinunciare agli atti, riscuotere e rilasciare quietanza, chiamare in causa tersi e quant'altro occorrer possa con espressa preventiva ratifica di ogni loro atto ed operato. Conferisco altresì mandato di rappresentarmi in udienza, ai fini della comparizione e dell'interrogatorio, attribuendogli il potere di conciliare e transigere la controversia . . 1/a L'eccezione non è fondata in quanto, se si riconosce come ritiene la Corte si debba fare valore determinante all'incorporazione della procura nel ricorso così che la procura rilasciata a margine o in calce al ricorso per cassazione, formando un corpo unico con questo, esprime di per sé il necessario riferimento all'atto impugnatorio, assumendo così il carattere di specialità nel senso richiesto dagli artt. 365 e 371, comma 3, cod. proc. civ. anche se formulata genericamente e senza uno specifico riferimento al giudizio di legittimità nella fattispecie in esame peraltro vi era una specifica nomina e domiciliazione presso un difensore del Foro di Roma, che avrebbe affiancato l'originario patrono del Foro di Firenze , allora deve anche affermarsi che va esclusa l'idoneità della manifestazione di volontà negoziale a legittimare un procuratore a espletare il proprio mandato difensivo in sede di legittimità solo nel caso in cui siano presenti nella procura medesima espressioni tali da far univocamente e positivamente escludere che la stessa sia stata conferita per proporre ricorso per cassazione. come nel caso esaminato da Cass. 15.605/2006 in cui la procura a margine del ricorso faceva inequivocabilmente menzione del giudizio per l'equa riparazione da incardinare davanti alla Corte di appello di Roma, competente territorialmente, come dell'atto e grado del processo in vista del quale era stata conferita, specificandosi altresì, da parte del conferente, che la procura veniva rilasciata anche per la eventuale successiva rappresentanza dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione , in caso di impugnazione del decreto della corte d'appello che avrebbe definito il presente procedimento . 2 Con il primo motivo viene dedotta la insufficiente ed erronea motivazione in punto di esercizio del diritto di recesso ex art. 1385 c.c. da contratto dichiarato risolto con sentenza passata in giudicato sostenendosi che, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza sulla risoluzione del contratto, si sarebbe determinata una preclusione, per le parti adempienti, dal far valere, nel separato giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da risoluzione , il recesso dal contratto, al fine di poter fruire dei commoda della liquidazione forfettaria del danno, garantita dal diritto di incamerare la caparra. 3 Con il secondo ma logicamente collegato motivo è censurata la sentenza assumendo che la Corte territoriale sarebbe incorsa in una falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'art. 1385 c.c., II comma atteso che, una volta scelto di far valere la risoluzione del contratto, sarebbe stato precluso il diritto di recedere dal contratto. 4 Il primo motivo e fondato e l'esame del secondo ne risulta assorbito. 4/a Va innanzi tutto rilevato che la Corte distrettuale, argomentando sulla perdurante facoltà di scelta del diritto di recedere dal contratto pur dopo aver proposto l'azione di risoluzione, è incorsa in un errore di analisi della logica sottesa all'appello del G. in quanto ha privilegiato quello che era un posterius rispetto all'eccezione contenuta nel primo motivo di appello vale a dire l'ammissibilità della scelta del recesso dopo aver chiesto ed ottenuto la risoluzione con sentenza passata in giudicato non considerando che l'esame in merito all'alternatività di tale scelta peraltro esclusa in maniera autorevole dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 553/2009 avrebbe dovuto esser preceduto dalla valutazione se fossero ancora sussistenti le due opzioni per la parte adempiente tale scelta processuale, nella fattispecie, doveva dirsi preclusa proprio per il venir meno del negozio rispetto al quale doveva venir esercitata. 4/b Ne consegue che, essendo venuto meno il negozio dal quale recedere e restringendosi pertanto la richiesta risarcitoria ai soli danni che positivamente si fosse dimostrato essere collegati causalmente alla risoluzione, la domanda riconvenzionale dei promittenti venditori di incamerare la caparra è divenuta inammissibile. 5 Risulta assorbito anche il motivo di ricorso incidentale con il quale veniva censurata, come violativa degli artt. 91 e 92 cpc, la disposta compensazione delle spese di lite. 6 Non essendosi attenuta la gravata sentenza ai principi sopraestesi, va cassato il capo di decisione con cui si riconosceva ai P. il diritto di trattenere la caparra e va rinviata la causa a diversa sezione della Corte di Appello di Firenze che, alla luce di quanto esposto, delibererà sulla domanda di restituzione originariamente proposta dal G. e regolerà le spese dei pregressi gradi di merito e del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi accoglie il ricorso principale nei termini esposti in motivazione dichiara assorbito quello incidentale cassa la sentenza in relazione al motivo accolti e rinvia a diversa sezione della Corte di Appello di Firenze anche per la decisione in merito alle spese dei precedenti gradi e del presente giudizio di legittimità.