Il porticato diventa una stalla? Rimozione e ripristino dell'originaria destinazione d'uso

di Ivan Meo

di Ivan Meo * La decisione della Corte di Cassazione, sentenza n. 16316 del 26 luglio, prende le mosse da un caso che si presenta abbastanza frequentemente la richiesta di una demolizione di manufatti abusivi, per violazione delle distanze prescritte dal regolamento di igiene, con la contestuale richiesta della riduzione in pristino e risarcimento del danno. In questi casi l'ordinamento giuridico assicura, al soggetto leso, una tutela ampia ed incisiva, mettendo a disposizione una serie di mezzi di reazione esperibili in sede giudiziaria. I fatti. In primo grado la domanda avanzata dagli attori viene rigettata questi decidono di ricorrere in appello e in secondo grado il giudice riforma la pronuncia del Tribunale, in quanto ritiene che si sia concretizzato una violazione delle norme sulle distanze delle costruzioni, e condanna il convenuto alla demolizione dei manufatti abusivi adibiti a stalla e concimaia, ed alla riduzione in pristino del rustico, mediante l'eliminazione delle opere eseguite ed il ripristino dell'originario manufatto. Il rispetto delle distanze. Chi costruisce o modifica costruzioni già pressistenti, deve sempre rispettare le prescrizioni e le regole stabilite negli strumenti urbanistici a tutela degli interessi della collettività e le specifiche norme sulle distanze stabilite dal codice civile per regolare i rapporti tra proprietà vicine artt. 873-899 c.c. , nonché le norme dei regolamenti comunali richiamate dal codice stesso. In buona sostanza, le regole locali sulle costruzioni devono essere accomunate, come norme sostanzialmente edilizie, qualunque sia la loro collocazione formale, in un regolamento edilizio o di igiene. Conseguentemente, la violazione delle norme locali sulle costruzioni si pone in termini identici con riguardo alle norme sia dei regolamenti edilizi, sia dei regolamenti di igiene. Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, anche chi ha subìto un danno dalla violazione di norme regolamentari sull'edilizia, ha diritto al risarcimento del danno e/o alla riduzione in pristino ai sensi degli artt. 871 e 872 c.c. Sotto questo profilo, occorrerà di volta in volta accertare se le norme edilizie locali, in materia d'igiene delle costruzioni, debbano considerarsi integrative delle disposizioni del codice civile sui rapporti di vicinato. Le conseguenze risarcimento danni e riduzione in pristino. Il nostro ordinamento giuridico prevede che in caso di inosservanza delle disposizioni delle norme in materia di distanze contenute sia nel Codice civile che nelle norme regolamentari locali venga richiesto sia il risarcimento dei danni che la riduzione in pristino. La Cassazione ha stabilito che in caso di inosservanza delle distanze legali fra le costruzioni comporta oltre la tutela risarcitoria anche la demolizione di quanto costruito in difformità, onde perseguire l'eliminazione dello stato di cose creato dalla violazione, atteso l'imminente pericolo attuale di una lesione all'integrità materiale del bene oggetto di proprietà, in attuazione del principio generale di cui all'art. 872 c.c. Cass. civ. Sez. II, 18 aprile 2000, n. 4980 . Inoltre, in tema di distanze tra costruzioni, le norme regolamentari locali hanno carattere integrativo di quelle contenute nel Codice civile, sì che la loro violazione è sanzionata non soltanto con il risarcimento dei danni, ma anche con la riduzione i pristino. Il danno conseguente alla violazione delle norme del Codice civile ed integrative di queste, relative alle distanze nelle costruzioni si identifica nella violazione stessa, costituendo un asservimento de facto del fondo del vicino al quale, pertanto, compete il risarcimento senza necessità di una specifica attività probatoria. Prova del danno che invece deve essere fornita nel caso di violazione di norme speciali di edilizia non integrative della disciplina del codice Cass. civ. Sez. II, 15 dicembre 1994, n. 10775 . Cosa si cela dietro il rifacimento della copertura? Nel caso di specie il Regolamento di Igiene del Comune di Tradate vigente all'epoca, prescriveva per le stalle una distanza di 50 metri dalle abitazioni. Invece l'originario porticato, trasformato successivamente dal convenuto in stalla e concimaia, era ad una distanza di m. 14,35 dall'abitazione degli attori. Tale porticato, come accertato dal giudice del gravame, è stato infatti successivamente trasformato dal convenuto in stalla a seguito della concessione edilizia ottenuta per il rifacimento della copertura, con la esplicita condizione del mantenimento della destinazione d'uso indicata in progetto , e cioè portico rustico, locali rustici e rustico . Ma ciò non è avvenuto in quanto il convenuto non ha tenuto fede alla originaria destinazione d'uso trasformando il porticato in manufatto di tutt'altro genere. Per tali ragioni in base al Regolamento di Igiene pacificamente vigente all'epoca di tale trasformazione, per le stalle era prescritta la distanza di 50 metri dalle abitazioni, legittimamente, secondo la S.C., la Corte territoriale aveva condannato il convenuto a rimuovere la stalla e le opere che l'hanno resa possibile ed a ripristinare l'originaria destinazione del portico, ferma restando la possibilità di ogni altra opera che non comporti la destinazione a stalla. * Consulente giuridico