I cugini d'America prendono tutto, a bocca asciutta l'erede italiana

Dopo la morte di un lontano parente una donna entra in possesso di tutto il patrimonio, ma intervengono dei cugini americani che fanno valere il proprio diritto lei rimane a bocca asciutta.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14462/2011 del 30 giugno, conferma l'assegnazione dei beni successori ai parenti americani del de cuius a discapito della parente che aveva già in suo possesso il patrimonio ereditato. La fattispecie. Alla morte di un uomo, in assenza di parenti prossimi, l'intero asse ereditario finisce all'unica parente, di quinto grado. Ma la donna viene convenuta in giudizio da altri pretesi parenti del de cuius, che essendo più prossimi, di quarto grado, rivendicano i beni. Il Tribunale accoglie la loro domanda e la decisione viene confermata in appello. La donna, dunque, propone ricorso per cassazione. Per la ricorrente si tratta di un caso di omonimia I rilievi della donna, già proposti in sede di appello, insistono sulla qualità di eredi degli attori si lamenta in particolare la scarsa considerazione attribuita alla diversità del cognome della madre dei genitori degli attori rispetto a quello della madre del de cuius. La parentela dei cugini è stata dimostrata con atti dello stato civile. La S.C., premesso che in sede di legittimità non si può procedere a una rivalutazione del materiale probatorio e avallando quanto già deciso dalla Corte etnea, ritiene che tale doglianza non possa trovare ingresso in tale giudizio. ha proposto nuove prove, ma solo in appello. Le parti possono proporre nuovi mezzi di prova in caso in cui non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione art. 345, comma 3, c.p.c. . In tutti gli altri casi, ricordano i giudici con l'ermellino, non sono ammessi nuovi mezzi probatori nel giudizio di secondo grado. Nel caso di specie, i requisiti per l'ammissione di nuove prove non sussistono, pertanto, anche questo motivo di ricorso non merita accoglimento in conclusione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso compensando le spese tra le parti.