Anche se la coppia scoppia, il rilascio dell'immobile resta valido

di Donato Palombella

di Donato Palombella * Nessuna responsabilità in capo al locatore se vi è divergenza tra i motivi indicati per ottenere il rilascio dell'immobile e la sua reale utilizzazione quando il diverso utilizzo non è determinato da un comportamento doloso o colposo. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11014, depositata il 19 maggio 2011. Il fatto. Il locatore chiede il rilascio dei locali concessi in locazione ad uno studio medico adducendo che l'immobile dovrà essere destinato a soddisfare le esigenze abitative del figlio, ormai prossimo alle nozze. Il conduttore rilascia l'immobile a malincuore, tiene sotto controllo la situazione e si accorge che l'immobile, in effetti, non viene adibito all'uso indicato dal locatore per ottenerne il rilascio. A questo punto scatta la richiesta di risarcimento danni il locatore avrebbe ottenuto la riconsegna dell'immobile in forza di una disdetta non veritiera. Il conduttore si costituisce in giudizio sottolineando l'assoluta linearità del proprio comportamento. Ottenuto il possesso dell'immobile, questo era stato ristrutturato ed era stato adibito ad abitazione del figlio. Purtroppo, il progettato matrimonio era sfumato per cui non era stato possibile destinare l'immobile al soddisfacimento delle esigenze originariamente previste. Al tempo della disdetta, comunque, il figlio era realmente prossimo alle nozze queste non sarebbero state celebrate solo perché la coppia era scoppiata. Il Tribunale accoglie la domanda risarcitoria ma la sentenza viene ribaltata in appello. A questo punto il conduttore ricorre in Cassazione. Se il matrimonio salta, la disdetta resta valida. Gli Ermellini si schierano a favore del locatore. Ogni valutazione sulla legittimità del comportamento del locatore deve essere ricondotta al momento in cui è stata proposta la disdetta e non nel momento - ovviamente successivo - in cui l'immobile viene utilizzato. Il fatto che il matrimonio sia andato a rotoli e che non sia stato possibile utilizzare l'immobile come casa coniugale ovvero per il fine prestabilito e posto a base della disdetta , è un elemento successivo ed imprevedibile che non può ricadere sul capo del locatore. È riconosciuta al locatore la possibilità di rifiutare il rinnovo della locazione. In pratica, il locatore può ottenere il possesso dell'immobile nell'ipotesi in cui esso debba essere adibito ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta art. 29 lett. a L. n. 392/1978 . Il locatore, infatti, aveva dichiarato di voler adibire l'immobile al soddisfacimento delle esigenze abitative del figlio, ormai prossimo alle nozze. Il locatore è responsabile se ottiene la disponibilità dell'immobile attraverso dichiarazioni mendaci. Nello specifico, il locatore che, nei successivi sei mesi dall'avvenuta consegna, non abbia rispettato le condizioni poste a base della disdetta, è tenuto al risarcimento dei danni nei confronti del conduttore art. 31 L. n. 392/1978 . Nel caso in esame, il locatore aveva chiesto ed ottenuto la consegna dell'immobile perché necessario a soddisfare le esigenze abitative del figlio, prossimo al matrimonio. In effetti, il matrimonio era sfumato, di conseguenza si era verificata una ipotesi di oggettiva impossibilità di utilizzo dell'immobile secondo quanto originariamente previsto. A rigore, quindi, l'immobile sarebbe stato adibito ad un uso diverso da quello posto a base della disdetta che, a questo punto, risulterebbe non veritiera. Stando così le cose la valutazione si sposta dal dato di fatto il diverso utilizzo dell'immobile all'elemento psicologico la buona fede del locatore . Deve essere valutata anche la buona fede. La Cassazione, nel valutare la divergenza tra i motivi indicati nella disdetta e l'effettiva utilizzazione del bene, hanno posto l'accento sulla valutazione della buona fede del locatore. L'impedimento non sarebbe imputabile a colpa o dolo del locatore per cui, sotto questo profilo, non sarebbe configurabile alcuna responsabilità a suo carico. I fatti sopravvenuti che abbiano reso impossibile l'esatto adempimento dei propri obblighi sarebbe valutabile come esimente delle sanzioni civili ed amministrative previste dalla legge a carico del locatore. Si tratta di una conferma del precedente orientamento. Già con la sentenza n. 23296/2004 era stato applicato l'identico principio. La Terza sezione della Cassazione, infatti, ha ritenuto che, nell'ipotesi in cui non fosse stato possibile eseguire gli indispensabili lavori di adattamento dell'immobile alla nuova destinazione, non fosse configurabile alcuna responsabilità in capo al locatore. Anche in questo caso il locatore rimarrebbe indenne da ogni responsabilità in quanto non sarebbe configurabile alcun comportamento doloso o colposo. * Giurista d'impresa

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 aprile - 19 maggio 2011, numero 11014 Presidente Trifone - Relatore Petti Svolgimento del processo 1. Con citazione del 2 dicembre 1993 il dr. A.G. conveniva dinanzi al Tribunale di Roma i coniugi S.D. e R.M.P. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, per avere richiesto e ottenuto il rilascio dei locali adibiti a studio medico, sulla base di una disdetta non veritiera, che deduceva necessità familiari - prossime nozze - non verificate. Resistevano i convenuti sostenendo che al tempo della disdetta le nozze erano imminenti ma che in seguito, pur avendo il figlio occupato e riattato lo studio, era intervenuta una rottura dei progetti coniugali. La causa era istruita con prove orali. 2. Il Tribunale di Roma con sentenza del 30 giugno 2001 accoglieva la domanda e condannava la risarcimento. La sentenza era appellata dai coniugi S. , resisteva la controparte e chiedeva la conferma della decisione. 3. La Corte di appello di Roma con sentenza del 11 ottobre 2005, in riforma rigettava la domanda del conduttore e condannava lo appellato alla rifusione delle spese dei due gradi del giudizio. 4. Contro la decisione ricorre A. deducendo tre motivi di censura, non resistono le controparti. Motivi della decisione 5. Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai motivi dedotti. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi descrittiva ed a seguire la confutazione in diritto. 5.A.SINTESI DEI MOTIVI. Nel primo motivo si deduce error in iudicando per violazione artt. 29, 30, 31 della legge 1978 numero 392 e vizio della motivazione sul rilievo che gli stessi locatori avrebbero ammesso che i locali per i quali era stata data la disdetta sono stati occupati transitoriamente dal figlio ormai scapolo, e non per la ragioni giustificative della disdetta. Nel secondo motivo si deduce ancora error in iudicando e vizio della motivazione in relazione allo onere della prova della ed causa impeditiva della utilizzazione richiesta nella disdetta, che deve essere rigorosa. Nel terzo motivo si deduce ancora il vizio della motivazione nel punto in cui la Corte di appello non esamina il certificato della residenza anagrafica del S. , che non viene riprodotto nel corpo del motivo. 5.B.CONFUTAZIONE IN DIRITTO. I primi due motivi vengono in esame congiunto attenendo al medesimo fatto, costituito dalla divergenza tra le necessità familiari indicate nella disdetta, ai sensi dello articolo 31 della legge 1978 numero 392, e la utilizzazione del bene rilasciato da parte del figlio subendo, dopo il fallimento delle nozze. Sul punto la Corte di appello, a ff. 4 della motivazione, ha dato conto della utilizzazione effettiva e stabile dei locali per le necessità abitative del figliolo, considerando la mancanza delle nozze, indicate nella disdetta, come veritiera al tempo della sua proposizione ma poi elisa dal dissenso sopravvenuto, quando già ì locali erano stati occupati. Si tratta dunque di un prudente apprezzamento delle prove e della esistenza. di un impedimento non imputabile a colpa o dolo dei locatori. Sul punto la decisione è in linea con la costante giurisprudenza dì questa Corte da Cass.1991 numero 2684 sino alla recenti del 2004 numero 23296 e successive, che escludono che la norma dell'articolo 31 preveda un caso di responsabilità oggettiva con presunzione assoluta di colpa, considerandosi invece le cause di giustificazione per esigenze egualmente meritevoli di tutela, come è nella fattispecie concreta, del figlio nubendo ma rimasto celibe che tuttavia occupa i locali per esigenze abitative. Inammissibile è il terzo motivo in quanto privo di autosufficienza. Al rigetto del ricorso non segue condanna a spese non essendosi costituite le controparti. P.Q.M. Rigetta il ricorso, nulla per le spese.