Spese vive: rimborso per il Comune rappresentato in giudizio dal funzionario

Ai fini della liquidazione, le spese vive devono essere indicate in un'apposita nota predisposta dall'ente che ne chiede il rimborso.

Il Comune, costituitosi in giudizio tramite il funzionario, ha diritto al rimborso delle spese vive, ma a patto che queste siano indicate in una nota ad hoc predisposta dall'ente territoriale che chiede la liquidazione. Ad affermarlo è la Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11389 depositata il 24 maggio. La fattispecie. Nel respingere l'opposizione a verbale di contestazione di violazione del codice della strada proposta da un automobilista, il Giudice di pace ha riconosciuto al Comune di Roma, rappresentato in giudizio da un proprio funzionario, la somma di 100,00 euro a titolo di spese. Nota spese 26,00 euro per la cancelleria e 86,50 euro per il deposito delle comparse. Totale 112,50 euro. Contro questa decisione il guidatore ricorre per cassazione, lamentando che il giudice del merito, a fronte di una nota spese articolata su due voci ha ridotto sì l'importo, quantificandolo appunto in 100 euro, ma questo risultava comunque eccessivo le spese vive, a detta del ricorrente, non potevano essere superiori a pochi euro, e cioè al costo della carta e dell'inchiostro e al costo del biglietto per il mezzo pubblico di trasporto utilizzato dal funzionario delegato per recarsi presso la cancelleria del giudice di pace. Massima discrezionalità del giudice nel liquidare piccole cifre. Tale linea difensiva però non viene condivisa dalla Suprema Corte, secondo cui l'unico requisito che si richiede per la liquidazione delle spese vive, che rappresentano qualcosa di diverso dalle spese generali di organizzazione del servizio per la difesa della singola P.A. nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, è che le stesse siano indicate in una nota ad hoc predisposta dall'ente che ne chiede la liquidazione. Precisa poi il Collegio rientra nella discrezionalità del giudice di merito determinare l'importo liquidabile a tale titolo, ma nell'ipotesi in cui la nota indichi, come nel caso in esame, degli importi esigui, tale discrezionale è massima, tanto da sottrarsi al sindacato di legittimità. Niente spese documentate se l'importo da liquidare è esiguo. Quindi, il giudice di merito può stabilire se l'importo indicato dal Comune nella nota spese sia congruo rispetto al tipo di attività svolta e degli oneri sostenuti, senza che vi sia uno specifico onere di documentazione della spesa di cui si chiede il rimborso e senza neanche uno specifico obbligo di motivazione da parte del giudice che procede alla liquidazione. Ma questo solo nell'ipotesi in cui l'importo da liquidare sia ragionevolmente contenuto. Spende 600 euro in causa solo per non pagare una multa. In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare ben 600,00 euro quali spese del giudizio di legittimità.