No alle contestazioni della parcella usata per contributi pubblici

Usa la consulenza di un professionista per ottenere un contributo pubblico, ma poi ne contesta la parcella. La Cassazione rigetta il ricorso.

Chiede al professionista di svolgere un'attività di collaudo. Si serve della parcella relativa per una pratica di finanziamento pubblico legata alla legge n. 219/1981 per la ricostruzione in Irpinia dopo il terremoto del 1980. Assolutamente non può poi contestare l'entità del compenso chiesto dal consulente. Il caso. Lo ha chiarito la seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 7622 del 4 aprile che ha respinto il ricorso di una donna che, al fine di conseguire un contributo pubblico, aveva incaricato un ingegnere di effettuare il collaudo statico concernente la ristrutturazione di un fabbricato di proprietà. La ricorrente, dopo aver presentato la domanda e riscosso il contributo servendosi del lavoro del professionista, si è però rifiutata di pagare la parcella contestandone l'importo troppo elevato. Ma la Cassazione non l'asseconda. L'uso della fattura per il contributo equivale a tacita accettazione dell'importo. L'uso della fattura ai fini della pratica di finanziamento va interpretato come tacita accettazione sia della bontà della prestazione professionale sia dell'entità dell'importo del compenso. Il certificato di collaudo e la documentazione contabile relativa all'attività del tecnico sono state finalizzate all'erogazione dei contributo pubblico per cui la donna comunque sarebbe stata obbligata a corrispondere al professionista il compenso una volta riscosso il finanziamento stesso che comprendeva anche la parcella del professionista. Proprio per questo il tribunale ha ritenuto che la fattura dovesse ritenersi tacitamente riconosciuta dalla ricorrente, che l'aveva tranquillamente utilizzata nell'ambito della pratica ex lege 219/81, senza avanzare alcuna riserva sul contenuto della stessa. Escluse doglianze di merito in Cassazione. Né ci si può lamentare, in sede di legittimità, della presunta inadempienza del professionista nell'esecuzione della sua attività di controllo doglianze peraltro mai espresse prima del provvedimento monitorio , oggetto semmai di un eventuale giudizio ad hoc di risarcimento del danno.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 gennaio - 4 aprile 2011, n. 7622 Presidente Schettino - Relatore Burgese Svolgimento del processo L C. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Pretore di Salerno le ingiungeva il pagamento della somma di L. 3.523.013 in favore del ricorrente ing. L G. a titolo di pagamento di prestazioni professionali relative al collaudo statico concernente la ristrutturazione ex L. 219/81 di un fabbricato sito in Comune di ., di proprietà della medesima. Quest'ultima, a sostegno dell'opposizione, contestava il corretto ed esatto svolgimento da parte dell'ingegnere, dell'attività di controllo, tant'è che erano ad essa derivati danni, per il cui risarcimento proponeva domanda riconvenzionale. Si costituiva l'opposto eccependo l'incompetenza per valore del giudice adito con riguardo alla riconvenzionale. il pretore con sentenza n. 557/1995 decideva la causa, rigettando l'opposizione e separando il giudizio relativo alla domanda risarcitoria in quanto non competente ratione valoris. Avverso detta sentenza proponeva appello la C. chiedendone la riforma. L'adito Tribunale di Salerno, con la pronuncia n. 331/05 depos. in data 10 marzo 2005, rigettava l'impugnazione, condannando l'appellante ai pagamento della metà delle spese del grado, compensando tra te parti la restante metà. Sottolineava in modo particolare la corte territoriale, che la C. , non aveva formulato alcuna contestazione avverso l'attività di collaudo espletata dall'ing. G. e che solo in sede di opposizione al provvedimento monitorio e nel relativo giudizio di primo grado, aveva dedotto una serie di doglianze attinenti all'esecuzione dei lavori, su cui aveva fondato la propria domanda riconvenzionale di risarcimento danni, in ordine alla quale però, il giudice di prima istanza aveva dichiarata la propria incompetenza per valore e che dunque non potevano costituire oggetto di specifico esame nel giudizio d'appello. Avverso la predetta sentenza C.L. propone ricorso per cassazione, sulla base di 4 censure. Resiste con controricorso l'intimato. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo del ricorso l'esponente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 L. 10/1977, art. 4 e 17 L. 64/1974, nonché la carenza di motivazione. Sostiene che l'ing. G. non ha svolto la dovuta attività di vigilanza, tant'è che vi sono state irregolarità e sono stati realizzati anche dei vani abusivi. Tra le inadempienze del professionista l'esponente indica anche lo stesso certificato di collaudo che qualifica fasullo in quanto contrasterebbe con gli atti del Comune . Nei certificato vi sarebbero alcune attestazioni false e comunque il professionista aveva omesso di controllare i calcoli e vigilare sui lavori. Il giudice avrebbe in altre parole omesso di controllare il comportamento dell'ingegnere denunciato dall'esponente. Con il 2^ motivo quest'ultimo denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 2233 art. 116 c.p.c. la violazione del principio dell'onere della prova il vizio di motivazione. Deduce che è erroneo ritenere che il certificato di collaudo si possa presumere veritiero per quanto riguarda l'attività di collaudo effettuata, in quanto ciò sovvertirebbe il principio dell'onere della prova circa lo svolgimento delle prestazioni professionali contestate, onere probatorio che deve ritenersi a carico del professionista. Con il 3^ motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. dell'art. 6 e 13 legge 143/1949 e dell'art. 5 DM 21.8.58. Si sostiene che in ordine alla c.d. forfetizzazione delle spese accessorie , non c'èra stato alcun accordo con il tecnico sui i compensi accessori, per cui la parcella era stata liquidata dall'ordine professionale peraltro gravava sui professionista l'onere della prova circa la qualità e quantità delle proprie prestazioni tali da giustificare la misura percentuale richiesta per i compensi accessori. Si sottolinea in proposito che la parcella professionale debitamente vistata dall'Ordine non avrebbe alcun valore probatorio. Con il 4^ motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione artt. 8, 9 e 15 L. 219/81, nonché il difetto assoluto di motivazione in relazione alla presunta accettazione della fattura allegata alla contabilità alla pratica dalla stessa ricorrente. Le predette censure - congiuntamente esaminante stante la loro stretta connessione - non sono fondate, essendo evidente che le denunciate violazioni di legge ed i dedotti vizi di motivazione si risolvono in questioni di fatto, dirette a sollecitare un nuovo inammissibile giudizio di merito in sede di legittimità. Ha più volte precisato questa S.C., quanto al vizio di carenza motivazione, che lo stesso è configurabile soltanto quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l'obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poiché, in quest'ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all'ottenimento di una nuova pronuncia sui fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione . Cass. n. 2272 del 02/02/2007 . Peraltro va ribadito anche questa sede che le doglianze circa le presunte inadempienze del professionista nell'esecuzione della sua attività di controllo doglianze peraltro mai espresse dall'esponente prima del provvedimento monitorio non potevano essere oggetto del giudizio di opposizione, ma semmai del distinto giudizio per il risarcimento dei pretesi danni. Invero, come ha sottolineato il primo giudice, il certificato di collaudo e la documentazione contabile relativa all'attività del tecnico erano finalizzate all'erogazione dei contributo ex lege 219/81, per cui la C. era comunque obbligata a corrispondere al professionista il compenso una volta che aveva riscosso il contributo stesso che comprendeva anche la parcella del professionista. Proprio per questo il tribunale ha ritenuto che la fattura doveva ritenersi tacitamente riconosciuta dall'odierna ricorrente, che l'aveva tranquillamente utilizzata nell'ambito della pratica ex lege 219/81, senza avanzare alcuna riserva sul contenuto della stessa. Analogo discorso può essere fatto anche per la questione della c.d. forfetizzazione delle spese, comprese nella menzionata fattura che la ricorrente assume genericamente non dovute in quanto non concordate con il professionista. Conclusivamente il ricorso dev'essere rigettato le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ai pagamento delle spese processuali che liquida in Euro. 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.