Niente affitto per il separato di fatto: paga i canoni solo chi abita la casa

di Ivan Meo

di Ivan Meo * Le problematiche connesse alla casa familiare hanno formato oggetto di un vivace e fervente dibattito giurisprudenziale, sollecitato da numerosi interventi normativi, concentrati soprattutto sulla sorte dell'immobile adibito a residenza della famiglia a seguito della crisi della convivenza coniugale, rappresentando questo uno degli argomenti più interessanti della regolamentazione delle conseguenze della fine del matrimonio. Il caso analizzato. La Corte di Appello di Potenza, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale, condannava in solido i coniugi, nella qualità di conduttori, a pagare al locatore, i canoni di locazione relativi all'appartamento. I giudici di secondo grado osservavano che l'appartamento, dopo la separazione di fatto dei coniugi, era rimasto in godimento della moglie, fino al momento della separazione legale in occasione del quale lo stesso era stato assegnato formalmente alla moglie, con provvedimento presidenziale. Ciò che rilevava, tuttavia, nel caso di specie era la persistente volontà del conduttore di mantenere l'intestazione del contratto, a prescindere dal fatto di continuare ad abitare nell'immobile locatogli. Da tali premesse, la Corte territoriale traeva la conseguenza che il coniuge separato era da considerarsi ancora parte del contratto di locazione e perciò legittimato passivo in entrambi i giudizi riuniti quello di sfratto per morosità e quello di rilascio dell'immobile . Pertanto, la Corte d'appello di Potenza condannava anche il marito al pagamento di tutti canoni maturati, fino alla data dell'effettivo rilascio, in solido con la moglie. L'evoluzione del quadro normativo breve excursus storico. Nel sistema previgente, art. 1, ult. comma legge 253/1950 , il legislatore aveva contemplato soltanto la possibilità di una proroga legale del contratto di locazione in favore di soggetti ben determinati, nel caso di morte del conduttore originario inoltre non era prevista la possibilità di far subentrare un terzo in un rapporto obbligatorio concluso inter alios. La proroga legale del contratto avrebbe operato soltanto in favore del coniuge, degli eredi, dei parenti e degli affini con lui abitualmente conviventi. Con l'entrata in vigore della legge n. 351 del 1974, l'art. 2-bis si introdusse un sensibile ridimensionamento del numero dei soggetti in favore dei quali la proroga legale avrebbe potuto operare coniuge figli genitori o parenti entro il secondo grado del conduttore defunto, con lui anagraficamente conviventi e si considerò, per la prima volta, la posizione del coniuge separato o divorziato, in favore del quale venne riconosciuto il diritto alla proroga legale del contratto. Il legislatore, con questa modifica, cominciava a garantire una più penetrante tutela al coniuge separato o divorziato. La nuova tendenza legislativa, venne subito confermata dalla legge di riforma del diritto di famiglia che introdusse, al comma 4 dell'art. 155 c.c., dedicato ai provvedimenti relativi ai figli, la disposizione secondo cui l'abitazione della casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli. Dopo la Novella del 1975, l'art. 6, commi 2 e 3, della l. 27 luglio 1978 n. 392 stabilì che succede al conduttore il coniuge cui è attribuito dal giudice il diritto di abitare nella casa familiare in caso di separazione giudiziale, o scioglimento del matrimonio, o di cessazione degli effetti civili dello stesso , ovvero che acquista tale diritto in forza di apposita convenzione con il coniuge originario titolare del rapporto di locazione nel caso di separazione consensuale, di nullità del matrimonio, ovvero, a seguito della entrata in vigore dell'art. 11 della l. 6 marzo 1987 n. 74, di divorzio a domanda congiunta . DE SIMONE T., Sull'opponibilità al locatore della successione del coniuge separato o divorziato nel contratto di locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, in Dir. famiglia 2001, p.782 . Dal combinato disposto degli artt. 155, comma 4 c.c. e 6, commi 2 e 3 della l. 392 del 1978 emerge, dunque, la nuova disciplina dell'abitazione in ipotesi di separazione. La norma di cui all'art. 155 c.c. risulta applicabile sia alla casa di proprietà comune, o di proprietà esclusiva di uno dei due coniugi, sia all'ipotesi in cui i coniugi dispongano dell'alloggio familiare in forza di un contratto di locazione. DE SIMONE T., Sull'opponibilità al locatore della successione del coniuge separato o divorziato nel contratto di locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, op.cit. p.782 . Il soggetto che continua ad abitare assume tutti i diritti e gli oneri derivanti dal contratto di locazione. La Cassazione con questa decisione si allinea sostanzialmente ai precedenti emessi in materia, stabilendo che, a seguito della assegnazione dell'appartamento coniugale ad uno dei coniugi, cessa il rapporto di locazione in capo all'altro coniuge. In buona sostanza, il provvedimento del giudice della separazione determina una cessione ex lege del contratto a favore del coniuge assegnatario che succede, pertanto, nella posizione di conduttore della casa coniugale, con la conseguenza che il rapporto in capo al coniuge originario conduttore si estingue e non é più suscettibile di reviviscenza, neppure nell'ipotesi in cui la cosa locata venga abbandonata dal coniuge separato, nuovo conduttore. Peraltro, nel momento in cui si realizza detta successione, si verifica, altresì, in senso del tutto figurativo e virtuale, una sorta di riconsegna dell'immobile al locatore da parte del vecchio conduttore, con contestuale consegna, sempre in senso figurativo, della cosa locata al nuovo conduttore Cass. 17 luglio 2008 n. 19691 . Nello stesso senso in tema di separazione personale dei coniugi, il provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione ex lege del relativo contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario e l'estinzione del rapporto in capo al coniuge che ne fosse originariamente conduttore tale estinzione si verifica anche nell'ipotesi in cui entrambi i coniugi abbiano sottoscritto il contratto di locazione, succedendo in tal caso l'assegnatario nella quota ideale dell'altro coniuge Cass. 30 aprile 2009 n. 10104 . Da questi principi emergono alcuni importanti corollari - l'utilizzo dell'immobile locato è espressione del diritto personale di godimento del bene altrui di cui diviene titolare il conduttore cui compete, ovviamente, l'obbligo di pagare il corrispettivo al locatore - non è necessario che il contratto di locazione sia intestato ad entrambi i coniugi proprio perché è nel diritto del conduttore di servirsi del bene per un uso abitativo che implica anche il vivere con la propria famiglia - la separazione comporta innanzitutto che la coppia cessi di convivere e pertanto che venga meno l'unica abitazione comune, così da porsi la necessità di stabilire chi debba continuare ad usufruire della casa familiare - la cessazione dell'unione coniugale, può essere regolata da un accordo tra i partner nell'ambito del quale gli stessi dispongano anche per l'assegnazione in godimento dell'alloggio condotto in locazione destinato a casa familiare. La fattispecie analizzata dalla Corte di Cassazione è attualmente regolata dall'art. 6 della legge n. 392/78 che espressamente prevede il diritto di succedere nel contratto di locazione in favore del coniuge al quale venga assegnata la casa coniugale con provvedimento giudiziale nell'ambito di un procedimento di separazione o divorzio. Il coniuge, al quale è attribuito il diritto di abitare nella casa coniugale, succede all'altro nel rapporto di locazione in qualità di conduttore, diventando così titolare dei diritti e delle obbligazioni che strutturano il rapporto , ivi compresa quella di pagare i canoni Cass., 31 gennaio 1986, n. 624 . Di fatto, tale disposizione non modifica la natura del rapporto e la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata, ma consente al soggetto diverso dall'originario conduttore di sostituirsi nella titolarità del contratto, con attribuzione dei relativi diritti ed assunzione delle obbligazioni che ne derivano. Si ritiene, dunque, che il provvedimento del giudice possa costituire il presupposto affinché il coniuge assegnatario della casa familiare possa subentrare, a tutti gli effetti, in un contratto rispetto al quale è rimasto terzo. Quindi, anche la separazione di fatto comporta la successione nel contratto di locazione nel caso in cui siano i coniugi a decidere di vivere separati con un accordo privato senza cioè rilevanza giuridica ai fini del rapporto di coniugo , conduttore sarà colui che permane nell'abitazione con il consenso dell'altro. Va precisato, da ultimo, che la successione del contratto di locazione del coniuge, al quale sia stato attribuito dal giudice il diritto di abitare nella casa familiare in caso di separazione giudiziale ex art. 6, comma 2, l. n. 392 del 1978, opera naturalmente sempre che il contratto di locazione non sia stato dichiarato risolto in sede giudiziale antecedentemente al provvedimento di assegnazione della casa familiare Trib. Napoli, 21 giugno 1996 vale invero sempre il principio della disponibilità del bene presupposto di qualsiasi provvedimento di assegnazione. Il locatore potrà agire in giudizio solo nei confronti di chi continua ad abitare la casa. Dopo aver analizzato gli effetti nei confronti dei coniugi separati, dobbiamo chiederci quali effetti si verificano nei confronti dei terzi e, più precisamente, del locatore. E' evidente, come già visto, che l'assegnazione della casa familiare condotta in locazione, comportando una mera successione nel contratto da parte del coniuge assegnatario all'originario conduttore, non modifica la natura del rapporto e conseguentemente la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata, ma come è stato rilevato in giurisprudenza, solo consente ad un soggetto diverso dall'originario conduttore di sostituirsi nella titolarità del contratto, con l'attribuzione dei relativi diritti ed assunzione delle obbligazioni che ne derivano Cass., 18 giugno 1993, n. 6804 ne consegue che il locatore avrà diritto alla scadenza di riottenere la disponibilità dell'immobile, senza che tale suo diritto possa trovare un limite nel provvedimento di assegnazione da parte del giudice. Estensibilità delle norma il caso dell'edilizia residenziale pubblica. La norma richiamata è applicabile anche nel caso in cui venga locato un appartamento rientrante nell'edilizia pubblica? A questo quesito ha risposto la giurisprudenza di legittimità Cass. 26 giugno 2007 n. 14741 stabilendo che per la fattispecie regolata dall'art. 14, n. 3, l. rg. Lomb. n. 91 del 1983, che riproduce il contenuto dell'art. 6 l. n. 392, statuendo che correttamente il giudice del merito esclude la nullità del contratto con cui è stato acquistato l'usufrutto di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, sul rilievo che detto acquirente fosse già assegnatario di altro alloggio, qualora risulti che per effetto di separazione consensuale omologata detto acquirente non era più assegnatario dell'alloggio in precedenza in godimento, senza che rilevi che sia mancato un provvedimento formale dell'ente proprietario che disponga l'assegnazione dell'alloggio stesso all'altro coniuge . * Consulente giuridico

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 dicembre 2010 - 21 gennaio 2011, n. 1423 Presidente Relatore Filadoro Svolgimento del processo Con sentenza 20 ottobre 2005 la Corte di Appello di Potenza in parziale riforma della decisione del locale Tribunale del 19 novembre 2003, depositata il 19 maggio 2004, condannava G. M. in solido con R. I. già condannata dal primo giudice a pagare a A. N. i canoni di locazione relativi all'appartamento sito in fino alla data dell'effettivo rilascio da parte della I L'appellante N. aveva censurato la decisione di primo grado nella parte in cui il Tribunale - sul presupposto della carenza di legittimazione passiva del M. - aveva condannato la conduttrice I. coniuge del M., separata di fatto a pagare le spese dei due giudizi riuniti e non aveva condannato il M. al pagamento dei canoni, scaduti, in solido con la I., dichiarando cessata la materia del contendere in ordine allo sfratto per finita locazione. Osservavano i giudici di appello che, in effetti, l'appartamento di proprietà della N., dopo la separazione di fatto dei coniugi I. - M., era rimasto in godimento della moglie, fino al momento della separazione legale in cui lo stesso era stato assegnato formalmente alla moglie, con provvedimento presidenziale del 15 maggio 2001. Ciò che rilevava, tuttavia, nel caso di specie era che la condotta del M. era tale da ingenerare il più che giustificato affidamento, da parte della N., sulla persistente volontà del conduttore M. di mantenere l'intestazione del contratto, a prescindere dal fatto di continuare ad abitare nell'immobile locatogli . Da tali premesse, la Corte territoriale traeva la conseguenza che il M. era da considerarsi ancora parte del contratto di locazione e perciò legittimato passivo in entrambi i giudizi riuniti quello di sfratto per morosità e quello di rilascio dell'immobile . In parziale riforma della decisione di primo grado, pertanto, la Corte d'appello di Potenza condannava anche il M. al pagamento di tutti canoni maturati fino alla data dell'effettivo rilascio, in solido con la I Avverso tale decisione il M. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi, illustrato da memoria. Resiste la N. con controricorso. Motivi della decisione Deve innanzi tutto essere esaminata la eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla N. sotto diversi aspetti 1 - per essere stato il ricorso per cassazione notificato oltre l'anno dalla pubblicazione della sentenza non essendo applicabile alla materia degli sfratti per morosità e per finita locazione la sospensione dei termini feriali di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742 art. 92 ordinamento giudiziario L. 30 gennaio 1941 n. 12 . L'eccezione è infondata. Nel procedimento di convalida di licenza per finita locazione o di sfratto, la sospensione dei termini durante il periodo feriale resta esclusa, in forza della deroga contenuta nella L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3 in relazione all'art. 92 o.g. R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 solo per la fase sommaria di esso, la quale si conclude, nel caso di opposizione dell'intimato, con la pronuncia o il diniego dell'ordinanza di rilascio e che presenta per sua natura carattere di urgenza, mentre trova applicazione, ai sensi del principio generale stabilito dalla L. n. 742 del 1969, art. 1 per la successiva fase a rito ordinario salvo che l'urgenza sia dichiarata con apposito provvedimento. Cass. 21 gennaio 2000 n. 677, 29 maggio 2003 n. 8644, 7 luglio 2005 n. 14304, 4 giugno 2009 n. 12880 . 2 - per non essere stato il ricorso per cassazione notificato anche alla I., pure indicata come litisconsorte processuale necessaria dall'attuale ricorrente. Anche questo rilievo è infondato. A prescindere da quanto osservato in ordine al primo motivo di ricorso, va rilevato come, a seguito della ordinanza di questa Corte dell'8 aprile 2010, il ricorrente M. abbia tempestivamente provveduto alla notifica del ricorso, depositando in cancelleria originale della ricevuta di ritorno del 24 maggio 2010. 3 - infine, la controricorrente deduce la inammissibilità del ricorso per la mancanza di esplicito quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. . Sul punto, è appena il caso di rilevare che la sentenza è stata pubblicata prima del 2 marzo 2006. Donde la inapplicabilità delle nuove norme introdotte con D.Lgs. n. 40 del 2006. Deve escludersi, pertanto, la fondatezza della eccezione sollevata dalla controricorrente in ordine alla inammissibilità del ricorso per cassazione in quanto sprovvisto di specifico quesito di diritto. Peraltro, deve rilevarsi la assoluta infondatezza della tesi - sostenuta nella memoria ex art. 378 c.p.c. prodotta dal M. - secondo la quale la disposizione dell'art. 366 bis c.p.c. erroneamente ritenuta applicabile in questo caso, nonostante la data di deposito della pronuncia impugnata sia anteriore al 2 marzo 2006 20 ottobre 2005 dovrebbe, comunque, ritenersi abrogata in conseguenza della nuova formulazione dell'art. 360 bis c.p.c. contenuta dalla L. n. 69 del 2009, art. 47. Si richiama la giurisprudenza di questa Corte Cass. n. 26364 del 16 dicembre 2009 per cui In tema di quesito di diritto la L. n. 69 del 2009, art. 47 con il quale è stato abrogato l'art. 366 bis cod. proc. civ., si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell'art. 58, comma 5, della medesima legge, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della legge, dovendosi ritenere manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale di tale disposizione per contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo l'applicabilità delle disposizioni processuali e non appare irragionevole il mantenimento della pregressa disciplina per i ricorsi per cassazione promossi avverso provvedimenti pubblicati prima dell'entrata in vigore della novella . 4. Il ricorso per cassazione è dunque ammissibile. 5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza impugnata, non essendo indicata - quale parte appellata - I. R., litisconsorte necessaria, alla quale peraltro era stato notificato l'atto di appello presso lo studio del difensore. La censura è infondata. Si richiama sul punto la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in base alla quale Cass. 24 agosto 2007 n. 17957 Poiché l'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2 non prevede il requisito della indicazione delle parti, a pena di nullità, la mancanza della indicazione espressa di una delle parti o di tutte nella sentenza e precisamente tanto nella sua intestazione, quanto nella parte descrittiva dello svolgimento processuale, quanto nella parte motivazionale puo' determinare una nullità solo ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ., comma 2 cioè se l'atto - sentenza è inidoneo al raggiungimento dello scopo . v. anche Cass. 21 febbraio 2006 n. 3737 Ed ancora Cass. 25 agosto 2006 n. 18513 La mancata indicazione della parte contumace nell'epigrafe della sentenza, e la mancata dichiarazione di contumacia della stessa, non incidono sulla regolarità del contraddittorio ove risulti che la parte sia stata regolarmente citata in giudizio, configurandosi come una fattispecie di mero errore materiale, emendabile con la apposita procedura . Nel caso di specie, nel giudizio di appello, nessuna domanda era stata proposta nei confronti della I. da parte della appellante N., con l'atto di impugnazione a pagina 6 della sentenza impugnata si da atto che l'appello era stato notificato anche alla I., ma che la condanna della I. non era stata oggetto di gravame da parte della stessa - unica interessata a proporre impugnazione in relazione alla sua condanna - con la conseguenza che sul punto la sentenza di primo grado doveva considerarsi passata in giudicato . Nessuna pronuncia in ordine alle spese è stata adottata nei confronti della I. per quanto riguarda il giudizio di appello ed essendosi la Corte territoriale limitata a condannare in solido il M. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado in favore della N., poste ad esclusivo carico della I. dal Tribunale potentino . 6. Fondato è invece il secondo motivo di ricorso. Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Le disposizioni applicabili al caso di specie non erano quelle introdotte con la L. n. 431 del 1998, entrate in vigore il 30 dicembre 1998, ma quelle di cui alla L. n. 392 del 1978 che continuano ad applicarsi ai contratti in essere per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della L. del 1998. Ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 6, comma 3, nella formulazione risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 404 del 1988, il coniuge separato di fatto succede nel contratto di locazione al coniuge che ne sia conduttore se tra i due sia stato così convenuto. Pertanto, ogni pretesa della locatrice avrebbe dovuto rivolgersi unicamente nei confronti della I., e non del M., estraneo al rapporto di locazione. Le censure formulate con questo mezzo di impugnazione sono fondate. I principi esposti dal ricorrente sono in linea coni la consolidata giurisprudenza di questa Corte, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sopra richiamata. La L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 6 nel disporre che in caso di separazione personale nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo non modifica la natura del rapporto e la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata, ma solo consente a soggetto diverso dall'originario conduttore di sostituirsi nella titolarità del contratto, con attribuzione dei relativi diritti ed assunzione delle obbligazioni che ne derivano. Va rilevato che, senza contestare specificamente i principi giurisprudenziali ora esposti, la Corte territoriale ha accolto la pretesa della N. sulla base di un ordine di considerazioni del tutto diverso. Hanno sottolineato i giudici di appello che il M., anche dopo la separazione legale e la assegnazione dell'alloggio alla I., aveva continuato a pagare direttamente i canoni di locazione alla proprietaria. Questo comportamento, ad avviso della Corte territoriale, avrebbe determinato nella N. il giustificato affidamento sulla persistente volontà del conduttore di mantenere la intestazione del contratto, a prescindere dal fatto di continuare ad abitare nell'immobile locatogli. E poichè la locazione di un appartamento ben può persistere immutata ex parte conductoris anche quando l'affittuario materialmente non vi abiti, non deve sorprendere che il prolungato pagamento dei canoni da parte del M. lasciasse incolpevolmente intendere alla N. che costui voleva mantenere la titolarità del rapporto . La decisione adottata dai giudici di appello deve essere cassata sul punto, in accoglimento del ricorso proposto. Infatti, la sostituzione della persona del conduttore, in caso di separazione legale tra coniugi avviene ex lege e dunque alla persona del conduttore si sostituisce quella del coniuge assegnatario dell'appartamento. Non ritiene, pertanto, il Collegio che nel caso di specie possano trovare applicazione i principi dell'apparenza del diritto, che sono stati elaborati dalla giurisprudenza soprattutto nella materia della rappresentanza negoziale. Come riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, a seguito della assegnazione dell'appartamento coniugale ad uno dei coniugi, cessa il rapporto di locazione in capo all'altro coniuge. Il provvedimento del giudice della separazione determina una cessione ex lege del contratto a favore del coniuge assegnatario che succede, pertanto, nella posizione di conduttore della casa coniugale con la conseguenza che il rapporto in capo al coniuge originario conduttore si estingue Cass. 17 luglio 2008 n. 19691 . Nello stesso senso In tema di separazione personale dei coniugi, il provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione ex lege del relativo contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario e l'estinzione del rapporto in capo al coniuge che ne fosse originariamente conduttore tale estinzione si verifica anche nell'ipotesi in cui entrambi i coniugi abbiano sottoscritto il contratto di locazione, succedendo in tal caso l'assegnatario nella quota ideale dell'altro coniuge . Cass. 30 aprile 2009 n. 10104 . Tra l'altro, il ricorrente contesta recisamente la affermazione - pure contenuta nella sentenza di appello secondo la quale egli non avrebbe inviato una formale dichiarazione, diretta alla N., in ordine al subentro della I. nel rapporto locativo per effetto, prima, della separazione di fatto e, successivamente, della separazione giudiziale richiamando le lettere raccomandate del 25 febbraio 2000 e 15 novembre 2001, dirette alla N. . Evidentemente la comunicazione del subingresso della I. nel contratto di locazione si pone in netto contrasto con l'accoglimento della tesi della apparenza dei diritto e dunque della conservazione della posizione di parte del rapporto di locazione in capo al M. anche dopo la separazione dei coniugi . Il ricorso deve pertanto essere accolto, nei limiti sopra indicati. La sentenza deve essere cassata senza rinvio, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto. La domanda della N. nei confronti del M. deve pertanto essere rigettata, con la compensazione delle spese dell'intero giudizio tra la N. ed il M Devono mantenersi ferme le statuizioni relative alle spese tra la I. e la N. già adottate con le sentenza di primo grado. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di N. A. nei confronti di M. G Compensa le spese dell'intero giudizio tra queste parti mantenendo ferma la statuizione sulle spese tra I. e N. adottata dal giudice di primo grado .