Rinnovo del COA di Bari: per le Sezioni Unite l’azione popolare è ammissibile

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno escluso il conflitto di interessi con riferimento all’azione proposta con un unico atto da più avvocati appartenenti allo stesso COA in seguito alle elezioni di rinnovo, dichiarandola così ammissibile.

Con sentenza n. 29106/20, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse sul caso di ineleggibilità/incandidabilità che coinvolgeva un eletto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari in seguito alle elezioni indette per il rinnovo. Il candidato aveva infatti ricoperto la carica di consigliere dell’Ordine ininterrottamente per più di due mandati consecutivi nel periodo 2008-2014. Per tale motivo, diversi avvocati dell’Ordine avevano proposto reclamo al fine di ottenere la dichiarazione di nullità ovvero l’annullamento dei risultati dell’elezioni , dando vita ad un’ azione collettiva . Ebbene, la Cassazione si è pronunciata proprio sull’ammissibilità del ricorso collettivo ed ha anzitutto ricordato che il disposto dell’ art. 28, comma 12, l. n. 247/2012 stabilisce che contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione . Tale norma, secondo le Sezioni Unite, è inequivoca nell’escludere che l’esperimento dell’azione debba comportare il conseguimento di uno specifico beneficio in favore di colui o di coloro che la propone o la propongono e, quindi, implica l’ammissibilità di un rimedio impugnatorio con lo strumento del reclamo sotto forma di azione collettiva , che si inquadra nel più ampio genus dell’azione popolare . L’azione popolare , prosegue la Corte, rappresenta un’ipotesi di azione eccezionalmente concessa dal legislatore, allo scopo di tutelare un interesse pubblico, attraverso l’attribuzione di una legittimazione diffusa, che, perciò, prescinde dalla specifica titolarità di una situazione giuridica soggettiva qualificata in capo all’attore o agli attori . La rilevanza di tale interesse, e quindi la sua tutelabilità in funzione del soddisfacimento di un fine dotato di una connotazione pubblicistica di ripristino della legalità , è riconosciuta ex ante dal legislatore e non richiede, pertanto, un accertamento da parte del giudice, nel senso che l’interesse ad agire deve presumersi sussistente, una volta verificata la pertinenza al soggetto dell’interesse di cui si lamenta la lesione . L’art. 28, comma 12, l. n. 247/2012 , dunque, rende evidente che tutto ciò che attiene alla regolarità dei risultati elettorali sotto il profilo dell’eleggibilità e/o incandidabilità dei candidati poi eletti e della legittimità delle correlate operazioni non investe la posizione del singolo elettore, bensì il corpo elettorale nel suo complesso per la tutela di un interesse pubblico nei sensi poc’anzi specificati . Pertanto, risultando irrilevanti le ragioni soggettive dell’azione ed essendo, invece, essenziale l’emergenza della finalità del ripristino della legalità delle operazioni elettorali del COA, secondo la Suprema Corte deve negarsi - contrariamente a quanto ritenuto dal CNF con la sentenza impugnata in questa sede - la stessa configurabilità di un conflitto di interessi nel caso di specie, per le ragioni prima precisate, con riferimento all’azione proposta con un unico atto da più avvocati appartenenti allo stesso COA delle cui elezioni si controverte . In definitiva , conclude la Cassazione, rispetto allo specifico complessivo petitum dedotto con il reclamo proposto dinanzi al CNF consistente nella richiesta di accertamento dell’esistenza in capo all’avvocato di una causa di incandidabilità e/o ineleggibilità e nella conseguente dichiarazione della nullità od illegittimità di tutti gli atti elettorali successivi, ivi compresa la proclamazione degli eletti, con la ricomprensione nel relativo risultato anche del citato avvocato ed in dipendenza della finalità con esso perseguito tramite la proposizione di un’ammissibile domanda in forma collettiva, deve essere escluso il conflitto di interessi .

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 17 novembre – 18 dicembre 2020, n. 29106 Presidente Di Iasi – Relatore Carrato Fatti di causa 1. Con ricorso ritualmente depositato presso la cancelleria del Consiglio Nazionale Forense e regolarmente notificato ai controinteressati , gli Avv.ti A.F. , +Altri , proponevano reclamo elettorale nei confronti del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari, della Commissione elettorale nominata per il rinnovo di detto COA relativamente al quadriennio 2019-2022 nonché nei riguardi degli Avv.ti S.G. , Serena Triggiani, Antonio Bellomo, Clemi Tinto, Antonio Benegiamo, Nicola Gargano, Gabriella Panaro, Mariella Leone, Giuseppe Dalfino, Carlo De Liddo, Ebe Antonia Anna Maria Guerra, Katia Di Cagno, Pietro Carrozzini, Roberta Valente, Nicola Selvaggi, Alfredo Mele, Girolamo Giancaspro, Nicola Zanni, Pietro Nicola Antonio Lovero, Gaetano Fioretti, Francesco Amodio, Antonella Pezzuto e Valeria Ariodante +Altri Mariangela Bux, Francesco Cappellutti, Leonardo Ciciolla, Francesca Roberta D’Attolico, Guido Flavia, Gregorio Giuliese, Luigi Marino, Giuseppe Marseglia, Lucilla Pavone, Antonella Pezzuto, Giuseppina Rosalia Tagliarini, Carmine Volpetti e Luigi Pansini. Hanno resistito congiuntamente, con un unico controricorso, gli Avv.ti S.G. , Serena Triggiani, Antonio Bellomo, Clemi Tinto, Antonio Benegiamo, Nicola Gargano, Gabriella Panaro, Mariella Leone, Giuseppe Dalfino, Carlo De Liddo, Ebe Antonia Anna Maria Guerra, Katia Di Cagno, Pietro Carrozzini, Nicola Selvaggi, Alfredo Mele e Girolamo Giancaspro. Si sono costituiti, con un unico controricorso, anche la Commissione elettorale per le elezioni del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari nominata con deliberazione del 15 gennaio 2019 , in persona del suo Presidente, nonché gli avvocati Z.P. , Michele Amato, Marilena Rita Fabrizio, Angelo Lorusso, Lorenzo Melchiorre e Flavio Luigi Romito, nella qualità di componenti effettivi della predetta Commissione, oltre agli avvocati C.P. , Giancarlo Garofalo, Angela Pellicciari e Marisa Savino, quali componenti supplenti della stessa Commissione. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari, indicato come intimato in ricorso, non ha svolto attività difensiva in questa sede. I difensori di entrambi i gruppi delle parti controricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Rileva il collegio che, in via preliminare, bisogna dare atto che il difensore della Commissione elettorale per le elezioni del COA di Bari nonché dei suoi componenti effettivi e supplenti, avv. Fulvio Mastroviti, con istanza dell’11 novembre 2020, ha dichiarato che, per un disguido della Cancelleria centrale, il controricorso mediante il quale si era costituito nell’interesse dei suoi assistiti non era stato tempestivamente registrato e che solo successivamente era stato trasmesso alla Cancelleria delle Sezioni unite, la quale ha, poi, comunicato a detto difensore la fissazione dell’udienza pubblica per il giorno 17 novembre 2020 solo il precedente 11 novembre e, quindi, in violazione dell’art. 377 c.p.c., comma 2. Nella stessa istanza il citato difensore, oltre ad invocare un rinvio della predetta udienza pubblica per la ragione anzidetta, ha, comunque, insistito, in via principale, per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate, così da poter consentire di ritenere la medesima istanza anche come memoria ex art. 378 c.p.c. essendone stato rispettato il termine . Peraltro, all’udienza pubblica del 17 novembre 2020 è comparso l’avv. Andrea Botti, quale legale delegato dal menzionato avv. Mastroviti Fulvio, il quale, pur ricordando che quest’ultimo aveva presentato la suddetta richiesta di rinvio, ha comunque concluso, in sede di discussione, per il rigetto del ricorso. In tal modo, sia attraverso il deposito dell’indicata istanza equipollente alla memoria di parte prevista dal citato art. 378 c.p.c., che mediante la partecipazione alla pubblica udienza del delegato del difensore della Commissione elettorale per le elezioni del COA di Bari, che ha rassegnato - in sede di discussione pubblica - anche le conclusioni sul merito del ricorso, si ritiene che si è venuto a verificare un effetto sanante della pregressa tardiva registrazione del suo atto di costituzione, non risultando essere stati lesi nè il diritto di difesa nè quello al contraddittorio. 2. Ciò chiarito, con l’unico motivo proposto i ricorrenti hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 100 c.p.c., della L. n. 247 del 2012, art. 28, comma 12 e art. 36, nonché la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 37 del 1934, artt. da 59 a 65. A sostegno della formulata censura i ricorrenti hanno dedotto che, nel caso specifico, avrebbe dovuto essere ritenuto ammissibile il proposto ricorso collettivo dal momento che, poiché oggetto di contestazione dello stesso era il risultato quantomeno parziale delle elezioni sotto il profilo della proclamazione ad eletto di un avvocato da reputarsi ineleggibile e/o incandidabile nel caso di specie, l’avv. S.G. , non assumeva rilievo nè il predicato della personalità dell’interesse, nè la omogeneità di un tale interesse tra i reclamanti in forma collettiva, nè, ancora, la insussistenza di un conflitto potenziale di interessi fra gli stessi reclamanti, e ciò perché, per valutazione legislativa, l’interesse a ricorrere era insito nella qualità di avvocato-iscritto di ognuno dei reclamanti. L’ammissibilità delle azioni popolari - nel cui novero andrebbe considerato rientrante il reclamo previsto dalla L. n. 247 del 2012, art. 28, comma 12 - si riconnette, ad avviso dei ricorrenti, ad una residuale forma di giurisdizione oggettiva caratterizzata dalla c.d. legittimazione per categoria indipendente dalla qualificazione particolare che possa avere il singolo attore. Osservano ancora i ricorrenti che ugualmente erroneo deve ritenersi il collegamento che la sentenza impugnata ha operato tra la declaratoria di inammissibilità del reclamo ed il petitum immediato articolato da essi reclamanti, poiché, oltre a richiedere, in via principale, la dichiarazione di nullità delle elezioni, essi avevano invocato anche la declaratoria parziale di annullamento del verbale di proclamazione degli eletti nella parte in cui era stata ritenuta valida l’elezione dell’Avv. S. , da considerarsi ineleggibile o incandidabile, domanda, quest’ultima, sulla quale, pertanto, il Consiglio Nazionale Forense avrebbe dovuto decidere nel merito. 2. Ritengono queste Sezioni unite che il ricorso - da qualificarsi previamente ammissibile con riferimento alla prospettazione di uno dei vizi riconducibili nell’ambito di quelli enucleati nella L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 6 specificamente la violazione di legge - è fondato per le ragioni che seguono. Come si è evidenziato nella rappresentazione dello svolgimento del procedimento tenutosi dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, quest’ultimo, con la sentenza qui impugnata, ha ritenuto inammissibile il reclamo collettivo avverso - il verbale del 18 gennaio 2019, con il quale la Commissione elettorale aveva ammesso l’Avv. S.G. , che, secondo la prospettazione degli attuali ricorrenti, avrebbe dovuto essere considerato incandidabile ed ineleggibile - il verbale di proclamazione degli eletti del 25 gennaio 2019 nella parte in cui era stato ricompreso anche il citato Avv. S.G. ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente che fosse risultato lesivo della posizione dei reclamanti. La pronuncia adottata dal CNF è stata adottata sul presupposto che il reclamo era stato proposto, con un unico atto impugnatorio, da più avvocati in cui si ricomprendevano alcuni candidati eletti, altri non eletti ed anche uno che non si era neppure candidato che si trovavano in potenziale conflitto di interessi tra di loro. Per pervenire a tale soluzione il CNF ha applicato la pacifica giurisprudenza di questa Corte cfr. Cass. n. 8842/2004, Cass. n. 13218/2005, Cass. n. 15183/2015 e, più recentemente, Cass. n. 22772/2018 e Cass. n. 20991/2020 secondo cui la costituzione in giudizio di più parti, per mezzo di uno stesso procuratore cui sia stato conferito il mandato con unico atto da tutte sottoscritto, è valida solo quando fra le medesime parti non vi sia conflitto di interessi - che può essere non solo attuale, ma anche virtuale, nel senso non della sua mera eventualità, bensì del suo connaturale collegamento al particolare rapporto esistente fra le parti, i cui interessi risultino, in astratto suscettibili di contrapposizione - e non è di per sé preclusa dal disposto dell’art. 103 c.p.c., sul simultaneus processus . Pertanto, riguardo a una siffatta attività difensiva congiunta, costituisce limite intrinseco al conferimento della procura, da parte di più soggetti a favore del medesimo avvocato, l’impossibilità per quest’ultimo di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti fra detti soggetti, a favore di taluno e contro altri la violazione di tale limite intrinseco è rilevabile d’ufficio dal giudice, atteso che essa investe il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente tutelati, e nei giudizi di impugnazione comporta l’invalidità degli atti ad essa relativi. Il richiamato principio è stato applicato, con riferimento ai requisiti di ammissibilità del ricorso collettivo, anche dalla giurisprudenza amministrativa cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 3990/2017 e Cons. Stato, sez. IV, n. 2910/2018 . Con il formulato ricorso si contesta, però, il decisum del CNF, denunciando che le parti rappresentate con la presentazione del reclamo mediante un unico atto non avrebbero potuto ritenersi nemmeno in linea potenziale incompatibili tra loro, vertendosi in una ipotesi di proposizione di un’azione collettiva sotto forma di azione popolare nella quale non rileverebbe la specifica posizione delle parti appartenenti ad una stessa categoria nella fattispecie, al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bari o ad un numero eterogeneo di soggetti portatori di uno stesso comune interesse generale. Ad avviso di queste Sezioni Unite la prospettazione dei ricorrenti è meritevole di adesione dal momento che ricorrono, nel caso in questione, i presupposti per la configurabilità di un ricorso collettivo ammissibile. A tal proposito, bisogna partire dalla valorizzazione del disposto della L. n. 247 del 2012, art. 28, comma 12, il quale stabilisce che Contro i risultati delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell’ordine ciascun avvocato iscritto nell’albo può proporre reclamo al CNF entro dieci giorni dalla proclamazione . La portata letterale della riportata disposizione normativa è inequivoca nell’escludere che l’esperimento dell’azione debba comportare il conseguimento di uno specifico beneficio in favore di colui o di coloro che la propone o la propongono e, quindi, implica l’ammissibilità di un rimedio impugnatorio con lo strumento del reclamo sotto forma di azione collettiva, che si inquadra nel più ampio genus dell’azione popolare peraltro già ritenuta proponibile dallo stesso CNF in precedenti sentenze, come la n. 40/2011 e la n. 84/2018 tale ammissibilità è stata ammessa, in materia di contenzioso elettorale, anche dalla sentenza di questa Corte n. 11893/2006 . L’azione popolare, secondo l’inquadramento teorico assolutamente predominante, rappresenta una ipotesi di azione eccezionalmente concessa dal legislatore, allo scopo di tutelare un interesse pubblico, attraverso l’attribuzione di una legittimazione diffusa, che, perciò, prescinde dalla specifica titolarità di una situazione giuridica soggettiva qualificata in capo all’attore o agli attori . La rilevanza di tale interesse, e quindi la sua tutelabilità in funzione del soddisfacimento di un fine dotato di una connotazione pubblicistica di ripristino della legalità , è riconosciuta ex ante dal legislatore e non richiede, pertanto, un accertamento da parte del giudice, nel senso che l’interesse ad agire deve presumersi sussistente, una volta verificata la pertinenza al soggetto dell’interesse di cui si lamenta la lesione. La caratterizzazione appena illustrata si adatta all’azione riconducibile della citata L. n. 247 del 2012, richiamato art. 28, comma 12, che, con indubbia formulazione, legittima ogni soggetto dallo stesso contemplato ciascun avvocato ad approntare il necessario rimedio giurisdizionale per veder riconosciuta la legittimità dell’elezione dei componenti del COA, e ciò a prescindere dal conseguimento di uno specifico effetto positivo in favore dell’attore, pur non escludendosi che esso possa affiancarsi a quello primario riconducibile al perseguimento della legalità, avente carattere generale. La norma in questione prevede, quindi, una legittimazione diffusa in senso relativo, siccome riferita agli iscritti ad un determinato albo e a carattere neutro, concessa dal legislatore indipendentemente dalla configurazione di una ulteriore, specifica, situazione sostanziale qualificata, per la tutela dell’interesse pubblico al corretto funzionamento del sistema democratico-rappresentativo dei Consigli degli Ordini degli avvocati, che presuppone, ineludibilmente, il legittimo svolgimento delle relative consultazioni elettorali. In altri termini, la formulazione del più volte richiamato della L. n. 247 del 2012, art. 28, comma 12, rende evidente che tutto ciò che attiene alla regolarità dei risultati elettorali sotto il profilo dell’eleggibilità e/o incandidabilità dei candidati poi eletti e della legittimità delle correlate operazioni non investe la posizione del singolo elettore, bensì il corpo elettorale nel suo complesso per la tutela di un interesse pubblico nei sensi poc’anzi specificati. Di conseguenza, risultando irrilevanti le ragioni soggettive dell’azione pur potendo, comunque, eventualmente derivare dal suo esperimento il conseguimento di un’utilità succedanea per uno o più candidati, che, però, non incide sull’ammissibilità della domanda di annullamento in forma collettiva ed essendo, invece, essenziale l’emergenza della finalità del ripristino della legalità delle operazioni elettorali del COA, deve negarsi - contrariamente a quanto ritenuto dal CNF con la sentenza impugnata in questa sede - la stessa configurabilità di un conflitto di interessi nel caso di specie, per le ragioni prima precisate, con riferimento all’azione proposta con un unico atto da più avvocati appartenenti allo stesso COA delle cui elezioni si controverte. 3. In definitiva, rispetto allo specifico complessivo petitum dedotto con il reclamo proposto dinanzi al CNF consistente nella richiesta di accertamento dell’esistenza in capo all’avv. S. di una causa di incandidabilità e/o ineleggibilità e nella conseguente dichiarazione della nullità od illegittimità di tutti gli atti elettorali successivi, ivi compresa la proclamazione degli eletti, con la ricomprensione nel relativo risultato anche del citato avv. S. ed in dipendenza della finalità con esso perseguito tramite - per le ragioni complessivamente esposte - la proposizione di un’ammissibile domanda in forma collettiva, deve essere escluso il conflitto di interessi ritenuto invece configuratosi, nella fattispecie, con l’impugnata sentenza del CNF, da ritenersi, perciò, errata in diritto sulla base della fondatezza dei motivi avanzati dai ricorrenti in questa sede. Dall’accoglimento del ricorso consegue la cassazione con rinvio della sentenza stessa, poiché la - erronea - declaratoria di inammissibilità del reclamo è stata pronunciata prima dell’esame e, quindi, della decisione di tutte le ulteriori questioni di rito e di merito, ritenute assorbite, che dovranno, perciò, essere definite nel giudizio di rinvio da celebrarsi dinanzi allo stesso CNF. In dipendenza dell’assoluta novità della questione le spese di questo giudizio vanno interamente compensate tra le parti costituite. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Consiglio Nazionale Forense. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.