Responsabilità dell'avvocato e irrisarcibilità del danno

La responsabilità dell'avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo inadempimento danno-evento , occorrendo allegare e provare che, se questi avesse assunto la condotta doverosa nel caso di specie comunicazione dell'interruzione del processo e tempestiva riassunzione del giudizio , il proprio assistito avrebbe conseguito, secondo criteri probabilistici, il riconoscimento delle proprie ragioni difettando la prova del nesso eziologico tra condotta omissiva dell'avvocato e il risultato da questa derivatane, il danno, pur sussistente nell'an, è carente sul diverso piano del danno-conseguenza e dunque irrisarcibile.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 8494/2020 della Corte di Cassazione, depositata il 6 maggio. La vicenda processuale. Il fatto da cui trae origine la sentenza in commento può essere così sintetizzato. Un avvocato avvisava solo una delle parti patrocinate dell'interruzione del giudizio in corso la causa si estingueva perché non riassunta entro i termini imposti dal codice di rito. L'avvocato veniva evocato in giudizio per il ristoro risarcitorio. Il Tribunale rigettava la domanda attorea giacché, pur in presenza di una responsabilità del professionista, erano rimasti indimostrati, sia il nesso di causalità che il danno lamentato dai clienti pretermessi. Anche l'interposto gravame sortiva gli stessi esiti di rigetto. Non domi i soccomebenti ricorrevano per cassazione. Il ricorso è affidato a due motivi. Le doglianze si fondano, sostanzialmente, sul presupposto che, se l'avvocato fosse stato diligente nel comunicare l'intervenuta riassunzione, i ricorrenti avrebbero sicuramente vinto la causa nono sarebbero certamente incorsi nell'estinzione del giudizio e nella prescrizione del diritto azionato. Detto altrimenti, l'illogicità della motivazione del giudice del gravame, risiedeva nel non aver colto la prova incontrovertibile del nesso di causalità e dei danni conseguenza dai ricorrenti offerta nel corso dell'istruttoria. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso ritenendo i motivi connessi tra loro sia inammissibili che infondati. La digressione ermeneutica è chiara e pone in luce un portato ormai granitico nell'alveo della responsabilità civile. Portato che occorre sempre tenere bene a mente quando si intraprendono causa di matrice risarcitoria. Può sussistere una responsabilità, ma senza che ciò comporti ex se un danno risarcibile. È noto, perché di esperienza comune, che l'avvocato essendo un professionista nell'esecuzione del proprio contratto d'opera deve attenersi a stringenti parametri di diligenza qualificata artt. 1176, comma 2 e 2236 c.c. . Non solo la sua prestazione si colora anche, per esserne intrisa, dei canoni di buona fede oggettiva. Non v'è dubbio, quindi, che egli debba tenere verso il proprio cliente/assistito un comportamento irreprensibile per non incorrere nella violazione degli obblighi contrattuali assunti con l'incarico professionale. Nel fascio di obblighi v'è sicuramente quello di informazione e di avviso. Come anticipato, nel caso di specie il vulnus risiede proprio nel non aver comunicato a tutti i patrocinati che il giudizio era stato interrotto, con ciò impedendo loro di riassumere la causa nei termini. Attività informativa non gravosa né particolarmente eccezionale, dunque esigibile in quadro sinergico di tutela recte di protezione dell'altrui sfera giuridica. Assodato l' an debetur , parrebbe scontata la risarcibilità del danno. Ma così non è. Il solco è dato dalla nota distinzione tra danno-evento e danno-conseguenza. Provato il danno-evento responsabilità da inadempimento , occorre allegare e dimostrare anche il danno-conseguenza, ossia quell'insieme di conseguenze pregiudizievole che sono state patite a causa della lesione arrecata alla situazione giuridica di cui è titolare l'istante la pretesa risarcitoria. Nella vicenda in esame, i ricorrenti hanno affermato che, se tempestivamente riassunta, la causa sarebbe stata certamente loro favorevole. Il sicuro accoglimento risiedeva, a loro dire, su criteri matematici” controvertendosi su un giudizio di riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima . Per gli Ermellini però questo incontrovertibile assioma si infrange proprio nella natura della controversia inerente il giudizio di accertamento e quantificazione dell'asse ereditario tale giudizio, infatti, se da una parte è fondato su quote e frazioni” oggettive, d'altra parte non è scevro di incertezze. Le incertezze risiedono proprio nella attività di valutazione e determinazione dei valori ai fini della ricostruzione dell'asse ereditario che sfugge ai predetti parametri oggettivi . Dunque, anche se provato l' an del danno, non lo stesso può dirsi del danno conseguenza. Danno dunque che resta fagocitato nell'alveo dell'irrisarcibile. In conclusione. L’insegnamento operativo che può trarsi dalla sentenza in commento è che, innanzitutto, non esistono processi dall'esito favorevole scontato, ossia dove la causa si possa vincere in ragione di parametri matematici” scevri dall’alea del giudizio e da profili di applicazione valutativa della norma. Inoltre, che il pregiudizio per essere risarcito deve essere allegato e provato in modo rigoroso, anche con criteri probabilistici id quod plerumque accidit . È possibile qui richiamare a chiosa finale l'insegnamento di Francesco Carnelutti Non vi è risarcimento senza danno, ma vi può essere danno senza risarcimento . Il danno conseguenza non è mai in re ipsa .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 ottobre 2019 – 6 maggio 2020, n. 8494 Presidente Travaglino – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 14/11/2017 la Corte d’Appello di Bologna ha respinto i gravami interposti dai sigg. A.B.R. ed altri - in via principale - e dal sig. M.G. - in via incidentale - in relazione alla pronunzia - su riuniti giudizi - Trib. Ravenna n. 73 del 2012, di per quanto ancora d’interesse in questa sede - rigetto della domanda nei confronti di quest’ultimo proposta dai primi di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza della mancata comunicazione da parte del medesimo, nella sua qualità di avvocato, dell’interruzione del giudizio per la morte del loro mandatario sig. A.B. e della conseguente mancata relativa riassunzione. Pur ravvisata la responsabilità del M. , i giudici di merito hanno peraltro rigettato la domanda dei sigg. A.B.R. ed altri in ragione del difetto di prova di danni-conseguenza dai medesimi sofferti scaturenti dalla mancata comunicazione dell’interruzione del giudizio e dalla mancanza di relativa tempestiva riassunzione. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. A. ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi. Resistono con separati controricorsi il M. e la chiamata in garanzia Allianz s.p.a Motivi della decisione Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 342, 305, 307 c.p.c., artt. 1218, 1223, 1225, 2697, 2953, 2944, 2945, 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5. Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che la negligenza di controparte per mancata informazione al cliente dell’avvenuta dichiarazione di interruzione del giudizio avendone in particolare dato informazione a uno solo di essi, l’Al.Ma. , il quale riferiva al professionista la propria volontà e non quella degli altri eredi di Ga.Ma. , rappresentati in giudizio dal loro procuratore A.B. aveva determinato lo spirare del termine per la riassunzione cui conseguiva, a sua volta, l’estinzione del giudizio e la conseguente prescrizione del diritto azionato . Lamentano l’erronea interpretazione da parte della corte di merito dei propri atti difensivi, e in particolare delle argomentazioni difensive il Tribunale non avrebbe potuto non tenere conto, in sede di decisione sulla domanda di riduzione promossa da Ga.Ma. , della non contestazione del diritto dell’erede legittimario pretermesso leggasi Ga.Ma. contenuta nell’atto di citazione per convalida di sequestro e divisione immobiliare notificato ad istanza di F.O. formulate con riferimento al giudizio instaurato nell’anno 1989 da Ga.Ma. qualora fosse stato riassunto , e non già relativamente ad un ipotetico nuovo giudizio che si è sempre prospettato come non praticabile . Si dolgono del malgoverno delle norme dettate in punto di estinzione del processo e di prescrizione del diritto nonché dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in sede di loro interpretazione . Lamentano che l’omessa informazione dell’interruzione del processo per morte della parte aveva determinato lo spirare del termine per la riassunzione, l’estinzione del giudizio e la conseguente prescrizione del diritto azionato . Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato come apparisse ragionevolmente probabile che se il procedimento fosse stato tempestivamente riassunto avanti il Tribunale, gli attori si sarebbero potuti giovare della domanda originariamente proposta dal loro dante causa Ga.Ma. senza incorrere nella estinzione del giudizio e nella prescrizione del diritto azionato e che la valorizzazione di eventuali atti interruttivi della prescrizione non attiene all’accertamento del nesso causale tra omissione ed evento di danno e tanto meno all’accertamento del nesso causale tra quest’ultimo e conseguenze dannose . Lamentano l’ illogicità con cui il giudice del merito da una parte decide, in negativo, sulla eventuale efficacia interruttiva di un atto processuale degli eredi della Ga. comparsa di costituzione e dall’altra rileva che l’eventuale efficacia interruttiva di altro transazione debba essere esaminata dal Giudice avanti il quale viene proposta l’eccezione di prescrizione . Con il 2 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c., artt. 1218, 1223, 1225, 1226, 1236, 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Si dolgono non essersi considerato che la prova del nesso di causalità relativamente ai danni conseguenza è stata offerta. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito in particolare, alla successione dei sigg. Al.Ma. , A.B. , A.B.R. e A.O. e . C.R. e C.G. alla defunta sig. Ga.Ma. , alla nomina del sig. A.B. quale procuratore generale dei medesimi, alla costituzione del A.B. , in proprio e quale procuratore generale dei mandanti, sempre a mezzo dello stesso difensore avvocato M.G. , in entrambe le cause n. 2013/89 e n. 3106/88 R.G. Tribunale Ravenna comparsa di costituzione per gli eredi di Ga.Ma. , vedova A. , depositata in Cancelleria il 10.07.2002 - docomma 3 di parte convenuta M. prodotta con memoria art. 183 c.p.c., n. 2, depositata il 05.12.2007 fascicolo delle cause riunite RG n. 3106/88 e 2013/89 acquisiti d’ufficio in primo grado , alla scrittura definita transazione ricevuta ed autenticata nelle firme dal notaio D.P.G. in data 22 dicembre 1995 rep. 108847 docomma 3 fascicolo di primo grado , all’ ordinanza 13.11.1996 docomma 19 fascicolo di primo grado , all’interruzione del processo all’esito della dichiarazione del suo difensore avv. M.G. della morte del A.B. , alla pag. 2 comparsa di costituzione giudizio di primo grado depositata il 06.04.2007 e all’ interrogatorio formale reso all’udienza del 24.06.2009 ove l’avv. M.G. ha ammesso di aver informato dell’interruzione unicamente Al.Ma. senza riassumere il processo per cui ne conseguiva l’estinzione ai sensi dell’art. 305 c.p.c.”, alla lettera raccomandata datata 22.04.2002 docomma 20 fascicolo di primo grado prodotto con memoria 183 n. 2 c.p.comma depositata il 07.12.2007 alla F.M.O. , alla lettera raccomandata r.r. 03.05.04 docomma 5 fascicolo di primo grado , alla cessione di credito 30.04.2004 docomma 9 fascicolo di primo grado , alle prove orali ammesse con ordinanza 28.04.2009 , alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, all’ interrogatorio formale reso all’udienza del 24.06.2009 , al ricorso per sequestro giudiziario proposto da F.M.O. contro A.B. e Al.Ma. , all’ atto di citazione per convalida di sequestro e divisione immobiliare notificato ad istanza di F.O. , alla domanda di riduzione promossa da Ga.Ma. , alle pagine 5 e 8 memoria di replica in appello depositata il 10.04.2017 , all’ appello incidentale della terza chiamata , all’ atto di citazione notificato il 26.06.1989 docomma 1 fascicolo di primo grado , all’ ultimo atto interruttivo della prescrizione del 26.06.1989 , alle prestazioni eseguite prima della interruzione del processo , all’espletata CTU , limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente - per la parte d’interesse in questa sede-riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti in particolare, il quesito 2 sottoposto al CTU . CTU rag. L.M. depositata il 11.12.1997 - docomma 4 fascicolo di primo grado prodotto con atto di citazione , le pagine 2 e 3 dell’atto di transazione , il § 4 della comparsa conclusionale in appello depositata in data 10.03.2017 , la pag. 10 atto di citazione in appello , senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008, n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469 Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 . Non sono infatti sufficienti affermazioni - come nel caso - apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione. A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dai giudici di merito adottata rimangono invero dall’odierno ricorrente non idoneamente censurati. È al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo. Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827 Cass., 18/3/2015, n. 5424 Cass., 12/11/2014, n. 24135 Cass., 18/10/2014, n. 21519 Cass., 30/9/2014, n. 20594 Cass., 5 19/6/2014, n. 13984 Cass., 20/1/2014, n. 987 Cass., 28/5/2013, n. 13190 Cass., 20/3/2013, n. 6990 Cass., 20/7/2012, n. 12664 Cass., 23/7/2009, n. 17253 Cass., 19/4/2006, n. 9076 Cass., 23/1/2006, n. 1221 . Con particolare riferimento al 1 motivo, va ulteriormente sottolineato come al di là della formale intestazione dei motivi i ricorrenti deducano in realtà doglianze anche di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche all’inadeguatezza o all’illogicità della motivazione v. in particolare pag. 22 del ricorso nonché all’asseritamente omessa e a fortiori erronea valutazione di determinate emergenze probatorie che assumono se del caso rilievo solamente sotto il profilo dell’eventuale violazione ex art. 132 c.p.c. , cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 . Va per altro verso posto in rilievo che l’avvocato è professionista tenuto all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui al combinato disposto dell’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2236 c.comma cfr. Cass., 20/8/2015, n. 1699 Cass., 28/2/2014, n. 4790 Cass., 12/4/2011, n. 8312 e, con riferimento ad altri professionisti, Cass., 6/5/2015, n. 8989 Cass., 20/10/2014, n. 22222 Cass., 9/10/2012, n. 17143 e della buona fede oggettiva o correttezza. Come osservato anche in dottrina, oltre che regola artt. 1337, 1358, 1375 e 1460 c.c. di comportamento quale dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 Cost. v. Cass., 10/11/2010, n. 22819 Cass., 22/1/2009, n. 1618 Cass., Sez. Un., 25/11/2008,n. 28056 che trova applicazione a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità v. Cass., 27/4/2011, n. 9404 Cass., Sez Un., 25/11/2008, n. 28056 Cass., 24/7/2007, n. 16315 Cass., 13/4/2007, n. 8826 Cass., 27/10/2006, n. 23273 Cass., 20/2/2006, n. 3651. V. altresì Cass., 24/9/1999, n. 10511 Cass., 20/4/1994, n. 3775 , e regola art. 1366 c.c. di interpretazione del contratto v. Cass., 23/5/2011, n. 11295 , la buona fede oggettiva o correttezza è infatti anche criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo invero fonte - altra e diversa sia da quella eteronoma suppletiva ex art. 1374 c.comma in ordine alla quale v. la citata Cass., 27/11/2012, n. 20991 che da quella cogente ex art. 1339 c.comma in relazione alla quale cfr. Cass., 10/7/2008, n. 18868 Cass., 26/1/2006, n. 1689 Cass., 22/5/2001, n. 6956. V. altresì Cass., 9/11/1998, n. 11264 - di integrazione del comportamento dovuto v. Cass., 30/10/2007, n. 22860 , là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici v. Cass., 30/3/2005, n. 6735 Cass., 9/2/2004, n. 2422 , come ad esempio in caso di specifica tutela giuridica, contrattuale o extracontrattuale, non potendo considerarsi implicare financo l’intrapresa di un’azione giudiziaria v. Cass., 21/8/2004, n. 16530 , anche a prescindere dal rischio della soccombenza v. Cass., 15/1/1970, n. 81 . L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti v. Cass., 30/10/2007, n. 22860 . L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dal committente cfr. Cass., 29/1/2013, n. 2071 . Il difensore è a tale stregua tenuto pertanto a fornire le necessarie informazioni al cliente, anche per consentirgli di valutare i rischi insiti nell’iniziativa giudiziale cfr. Cass., 12/4/2011, n. 8312 Cass., 20/11/2009, n. 24544 Cass., 30/7/2004, n. 14597 . L’omessa comunicazione al cliente in particolare della interruzione del processo e della possibilità di relativa riassunzione, fino a far decorrere il relativo termine massimo con conseguente estinzione del giudizio, costituisce allora senz’altro fonte di responsabilità professionale dell’avvocato difensore cfr., con riferimento a differenti ipotesi, Cass., 12/4/2011, n. 8312 Cass., 12/10/2009, n. 21589 . Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha sostanzialmente fatto corretta applicazione. Atteso che nella specie il M. ha informato dell’interruzione del giudizio solamente una delle parti patrocinate il sig. Al.Ma. e non anche gli originari attori ed odierno ricorrenti, e che la causa non è stata riassunta con conseguente relativa estinzione, dopo aver dato atto che con sentenza n. 73/2012 il Tribunale di Ravenna riteneva sussistere la responsabilità del convenuto ma rigettava la domanda ritenendo non provato il nesso causale ed il danno lamentato in giudizio , la corte di merito ha rigettato tutti i gravami interposti avverso la sentenza del giudice di prime cure. Ha in particolare posto in rilievo non essere in realtà in discussione l’avvenuta interruzione del processo a seguito di dichiarazione del decesso di A.B. in quanto effettuata in udienza dal difensore di questi , sottolineando essere senz’altro accertata la responsabilità dell’Avv. M. nell’an ma d’altro canto corretta la decisione del giudice di 1 grado là dove ha ritenuto non provato il danno cagionato dall’omissione del professionista . Ha in particolare escluso la fondatezza della tesi degli allora appellanti ed odierni ricorrenti fondata sul dedotto rapporto di causa/effetto tra la negligente condotta del professionista ed il mancato accoglimento della domanda per intervenuta prescrizione , osservando come la stessa parte appellante riferisca che la convenuta non avrebbe mai negato la sussistenza del diritto azionato dalla predetta , nonché sottolineando come consegua da tale affermazione che l’avvenuto rigetto della domanda per prescrizione, laddove proposta nuovamente a seguito dell’estinzione del primo giudizio per la mancata riassunzione conseguente alla mancata comunicazione dell’avvenuta interruzione, non può essere apprezzato neanche in termini probabilistici , non potendo ritenersi sufficientemente provato l’elemento consistente nell’ipotetico rigetto della domanda in quanto la formulazione della predetta eccezione si presenta come un elemento incerto affidato ad una tardiva riassunzione del giudizio che non è stata proposta . Ha d’altra parte escluso la presenza di possibili atti interruttivi della prescrizione , negando potersi nella specie riconoscere tale dignità alla comparsa di costituzione degli eredi di Ga.Ma. in quanto detto atto è anteriore al verificarsi del decesso di A.B. che ha comportato l’interruzione del giudizio dichiaratamente non comunicata ai soggetti che avevano conferito la procura al predetto . Ha ulteriormente sottolineato che analoghe considerazioni devono essere espresse in relazione all’estinzione del giudizio quale conseguenza della mancata, ovvero della tardiva, riassunzione , ritenendo non condivisibile quanto affermato da parte appellante circa il sicuro accoglimento della domanda per l’ipotesi di tempestiva riassunzione in quanto la stessa sarebbe fondata su criteri matematici , in quanto non . raggiunta alcuna prova circa l’effettivo esito favorevole del giudizio di riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima a seguito della puntuale comunicazione del difensore e dell’altrettanto puntuale deposito del ricorso per la riassunzione . Ha ritenuto al riguardo inaccoglibile la tesi secondo cui la domanda sarebbe stata certamente accolta in quanto fondata su parametri matematici e dunque incontrovertibili , in quanto il giudizio di accertamento e quantificazione dell’asse ereditario è certamente fondato su quote e frazioni, che hanno incontrovertibilmente fondamento oggettivo, ma presuppone un’attività di valutazione e determinazione dei valori ai fini della ricostruzione dell’asse ereditario che sfugge ai predetti parametri oggettivi , nonché in ragione della circostanza che l’ avvenuta transazione delle parti circa il compendio immobiliare ricompreso nell’asse ereditario , seppur riferita ai soli beni immobili , rappresenta un ulteriore elemento di incertezza circa il presunto buon esito del giudizio in quanto l’accrescimento patrimoniale derivante dallo stesso è astrattamente idoneo a modificare il valore della quota di eredità e dunque anche a rimuovere in ipotesi la lamentata lesione . Emerge evidente, a tale stregua, come pur nell’accertata sussistenza dell’an del danno, la corte di merito ha in realtà sostanzialmente escluso la ricorrenza nella specie del danno conseguenza, che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità della composita nozione di danno costituisce invero l’unico aspetto risarcibile, se e in quanto provato da chi lamenti di averlo subito e ne domandi il ristoro v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972 e, da ultimo, Cass., 28/3/2018, n. 7594, Cass., 5/3/2020, n. 6167 . Si evince del pari evidente come per converso nella specie l’ricorrenti prospettino in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge in favore di ciascuno dei controricorrenti. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.