L’aumento del compenso dell’avvocato non sempre è possibile

Ai sensi dell’art. 12, n. 2, d.m. n. 55/2014, il compenso dell’avvocato può essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20% e ciò anche quando l’aumento del numero delle parti assistite dipenda dalla riunione di diversi procedimenti.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6005/20, depositata il 4 marzo. Il caso. Un avvocato proponeva opposizione avverso il decreto con cui il GUP aveva liquidato il compenso a lui spettante per l’assistenza legale svolta in favore del proprio cliente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, in alcuni processi penali riuniti. In particolare, questi lamentava il mancato riconoscimento della maggiorazione del 20% di cui all’art. 12, n. 2, d.m. n. 55/2014 e delle spese generali. IL GUP così modificava il decreto, integrando il riconoscimento delle spese generali. Il Tribunale rigettava comunque l’opposizione. L’avvocato così ricorre in Cassazione lamentando violazione di legge per aver il Tribunale, in particolar modo, ritenuto erroneamente che detta maggiorazione potesse essere applicata discrezionalmente dal giudice del processo penale. Il riconoscimento della maggiorazione. Con riferimento al mancato riconoscimento della maggiorazione, l’art. 12, n. 2, d.m. n. 55/2014 prevede che il compenso può essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20% e ciò anche quando l’aumento del numero delle parti assistite dipenda dalla riunione di diversi procedimenti. Da ciò deriva che il giudice del merito ha la facoltà, e non l’obbligo, di riconoscere la maggiorazione. Ed inoltre, essa non dipende dalla riunione di più processi, come sostenuto dal ricorrente, ma dal fatto che, anche per effetto della riunione, l’avvocato si trovi a difendere più soggetti nello stesso procedimento. E questo, nel caso in esame, non è avvenuto, dato che il difensore ha dichiarato di aver assistito solo un soggetto, ammesso al gratuito patrocinio. Per tali ragioni, il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 4 dicembre 2019 – 4 marzo 2020, n. 6005 Presidente Lombardo – Relatore Oliva Fatti di causa Con ricorso ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c., depositato l’1.6.2016 Z.S. proponeva opposizione avverso il decreto del 23.1.2016, con il quale il G.U.P. presso il Tribunale di Patti aveva liquidato il compenso spettante al predetto Z. in relazione all’assistenza svolta in favore di C.S. , ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in alcuni processi penali, riuniti, già pendenti innanzi al citato ufficio. L’opponente lamentava in particolare il mancato riconoscimento della maggiorazione del 20% di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 12, n. 2, e delle spese generali. A seguito di autonoma istanza di correzione presentata dallo Z. in data 16.5.2016, il G.U.P. presso il Tribunale di Patti modificava il decreto di liquidazione, emettendo nuovo provvedimento in data 12.8.2016, integrativo del precedente, in virtù del quale venivano riconosciute le spese generali. Si costituiva nel giudizio di opposizione il Ministero della Giustizia resistendo alla domanda ed eccependone l’inammissibilità, poiché il primo decreto di liquidazione era stato sostituito dal secondo, non impugnato dallo Z. . Con il provvedimento oggi impugnato il Tribunale di Patti rigettava l’opposizione condannando l’opponente alle spese. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Z.S. affidandosi a due motivi. Il Ministero della Giustizia, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, perché il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto che il secondo decreto avesse sostituito il primo. Ad avviso del ricorrente, invece, il provvedimento di correzione aveva effetto meramente integrativo della prima liquidazione, con la quale era stata respinta la domanda dello Z. volta ad ottenere la maggiorazione di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 12. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 12, n. 2, art. 112 c.p.c., e art. 36 Cost., perché il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che la maggiorazione di cui anzidetto potesse essere applicata discrezionalmente dal giudice del processo penale. Ad avviso del ricorrente, invece, la norma non contemplerebbe alcun margine di discrezionalità per il giudice, che sarebbe tenuto a riconoscere la maggiorazione in presenza di più processi riuniti. Le due censure, che meritano una trattazione unitaria, sono in parte inammissibili ed in parte infondate. Va in particolare dichiarata inammissibile la parte della prima censura relativa al mancato riconoscimento, in favore del ricorrente, delle spese generali. Posto che queste ultime sono state infatti liquidate con il provvedimento integrativo del 12.8.2016, non si ravvisa alcun interesse concreto all’impugnazione, in capo allo Z. , limitatamente a questo aspetto. Per quel che invece attiene il mancato riconoscimento della maggiorazione di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 12, n. 2, le due censure sono infondate, in quanto la norma prevede che il compenso può, di regola, essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento , e ciò anche quando l’aumento del numero delle parti assistite dipenda dalla riunione di diversi procedimenti. Ne discende da un lato che il giudice di merito ha la facoltà, e non l’obbligo, di riconoscere la maggiorazione di cui si discute e, dall’altro lato, che detta maggiorazione non dipende dalla riunione di più processi, come sembra ritenere il ricorrente, ma piuttosto dal fatto che, anche per effetto della riunione, l’avvocato si trovi a difendere più soggetti nello stesso procedimento. Ciò, nel caso di specie, non è avvenuto, posto che lo Z. ha dichiarato di aver assistito soltanto C.S. , ammesso al patrocinio a spese dello Stato, e non anche altri soggetti, nel giudizio presupposto. In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.