Attività stragiudiziale e liquidazione del compenso dell’avvocato, tra usi e tariffe

In tema di liquidazione del compenso professionale per attività stragiudiziale possono essere applicati vari criteri di determinazione, tra tutti ha carattere preferenziale la convenzione intervenuta tra le parti. Solo in mancanza di quest’ultima, e, in ordine successivo, il compenso va determinato in base alle tariffe e, poi, agli usi.

Lo ha ricordato la Cassazione con ordinanza n. 21482/18, depositata il 31 agosto. La vicenda. Il Tribunale di Venezia rigetta la domanda di un avvocato volta ad ottenere la condanna del convenuto al pagamento del compenso professionale per l’assistenza nella composizione stragiudiziale di una vertenza conseguente ad un sinistro stradale. La Corte d’Appello, adita dall’avvocato soccombente, rigetta l’impugnazione osservando che l’importo originariamente corrisposto doveva ritenersi congruo rispetto alle tariffe forensi. La Corte territoriale riteneva, altresì, che per alla liquidazione del compenso per attività di assistenza stragiudiziale non potesse applicarsi la possibile esistenza di un uso che avrebbe consentito la liquidazione di maggiori importi, salvo il caso di un accordo espresso con l’assistito, nel caso di specie pacificamente non avvenuto. Avverso la decisione di merito propone ricorso per cassazione l’avvocato soccombente. Criteri di determinazione del compenso. La Suprema Corte ha evidenziato che la motivazione della Corte di merito è priva di critiche. Infatti nella sentenza impugnata è stata fatta corretta applicazione del principio secondo cui se manca un previo accordo tra le parti il compenso professionale deve essere determinato in base alle tariffe. Da tale criterio emerge che gli usi costituiscono una mera alternativa nel caso in cui non siano previste tariffe per l’attività professionale posta in essere. Di conseguenza il compenso professionale va determinato in base alla tariffa e adeguato all’importanza dell’opera solo se esso non sia liberamente pattuito, in quanto l’art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest’ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine alla determinazione del giudice . Nella fattispecie in esame, osserva il Supremo Collegio, le attività che il ricorrente afferma di aver svolto risultano pacificamente comprese nella tabella D del d.m. n. 127/2004 Tariffe professione in materia stragiudiziale applicabili ratione temporis . Per questo motivo la Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 8 febbraio – 31 agosto 2018, n. 21482 Presidente Matera – Relatore Giannaccari Fatto L’avvocato B.F. convenne S.R. innanzi al Tribunale di Venezia esponendo di averlo assistito per la composizione stragiudiziale di una vertenza conseguente ad un sinistro stradale in cui questi era rimasto coinvolto, e chiedendone la condanna al pagamento del compenso, da determinarsi in base alla tariffa professionale e comunque secondo gli usi l’attore determinava il proprio compenso professionale nella misura del 10% dell’importo riscosso a seguito di definizione transattiva, pari ad Euro 650.000,00. Il S. si costituì contestando la congruità dell’importo richiesto, in relazione all’attività prestata dall’attore ed agli importi già versati nel corso del rapporto. Il Tribunale di Venezia rigettò la domanda. La sentenza fu appellata dall’avvocato B. ed il S. si costituì chiedendo il rigetto del gravame. Con sentenza depositata l’11 settembre 2013 la Corte d’Appello di Venezia rigettò l’impugnazione, osservando che l’importo corrisposto al B. doveva ritenersi congruo in applicazione delle tariffe forensi, nel senso stabilito dal tribunale con argomenti non attinti da critiche specifiche da parte dell’appellante inoltre, e quanto alla possibile esistenza di un uso che avrebbe consentito la liquidazione di maggiori importi, la corte lo ritenne inapplicabile ai fini della liquidazione del compenso per l’attività di assistenza stragiudiziale prestata dall’ avvocato, salva la possibilità di un espresso accordo in tal senso con l’assistito, nel caso di specie pacificamente non avvenuto. Avverso tale decisione propone ricorso l’avvocato B.F. sulla base di due motivi l’intimato non ha svolto attività difensiva. Diritto Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 2233 cod.civ., 112 cod. proc. civ., 10 d.m. 8 aprile 2004 n. 127 assume al riguardo che la corte d’appello avrebbe erroneamente liquidato il suo compenso in base alla tariffa professionale forense nonostante le attività svolte non rientrassero nel novero delle voci dalla stessa previste per gli onorari in materia stragiudiziale, ed avrebbe altresì omesso di considerare che la domanda era volta ad una liquidazione secondo gli usi, non consentendo il ricorso ad un diverso criterio quale quello adottato, peraltro senza acquisire il necessario parere del competente ordine professionale, atteso che la valutazione di congruità era stata compiuta dal tribunale mediante ricorso ad una consulenza tecnica Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 2233 cod. civ., osservando che, in ogni caso, la Corte d’Appello avrebbe liquidato il compenso senza tener conto del necessario criterio di adeguatezza dello stesso all’importanza dell’opera, riconoscendo così come adeguato un importo assai modesto a fronte dell’elevato ammontare del danno risarcibile al proprio assistito in conseguenza del sinistro. Entrambi i motivi sono infondati La sentenza impugnata muove, infatti, dal consolidato principio in base al quale, mancando un preventivo accordo fra le parti, il compenso del professionista va determinato in base alle tariffe, criterio cui gli usi costituiscono una mera alternativa ove non siano previste tariffe per l’attività professionale posta in essere. Come pacificamente stabilito da questa Corte,, Cassazione civile, sez. II, 24/06/2013, n. 15786 , il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa e adeguato all’importanza dell’opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l’articolo 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogò alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest’ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all’articolo 36, comma 1, cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato. D’altro canto, tutte le attività che il ricorrente afferma di aver svolto esame di documenti, invio di corrispondenza, colloqui con altri professionisti risultano specificamente comprese nella tabella D di cui al d.m. 8 aprile 2004, n. 127 tariffe professionali in materia stragiudiziale applicabili ratione temporis , mentre nessun preventivo parere di congruità era necessario, non vertendosi in ipotesi di liquidazione determinata dal giudice. Secondo Cassazione civile, sez. II, 20/02/2014, n. 4081 che conferma Cass. civ., sez. VI, 29 dicembre 2011 n. 29837 e Cass. civ., sez. VI, 21 ottobre 2011 n. 21934 solo ove il compenso stesso non sia stato pattuito tra le parti, né sia determinabile in base a tariffe o usi, il giudice deve acquisire il parere dell’associazione professionale di appartenenza. Con riguardo al secondo motivo, va anzitutto considerato che la congruità del compenso liquidato venne stabilita dal tribunale con riferimento ad una consulenza tecnica esperita, dei cui apprezzamenti il ricorrente evidentemente si duole, purtuttavia omettendo di trascrivere i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, onde evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito, così da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne il valore decisivo direttamente in base al ricorso cfr. Cass. 13/6/2007 n. 13845 . In ogni caso, anche a prescindere dalla carenza di specificità del motivo, le deduzioni svolte dal ricorrente appaiono generiche e riferite al solo valore complessivo del danno asseritamente risarcibile, senza riguardare in alcun modo i restanti parametri di cui all’articolo 2233, comma 2, cod. civ., ed in particolare l’importanza dell’attività svolta. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Non deve provvedersi sulle spese in assenza di attività difensive da parte dell’intimato. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.