Difesa congiunta: il ricorso è validamente proposto anche se sottoscritto da un solo avvocato

Qualora il mandato alle liti sia conferito a più difensori, ciascuno di essi ha pieni poteri di rappresentanza processuale, con la conseguenza che, in caso di procura speciale per ricorrere in Cassazione, il ricorso è validamente proposto anche se sottoscritto da uno solo di essi.

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione con sentenza n. 19255/28 depositata il 19 luglio. Il caso. I ricorrenti proponevano opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Firenze in favore di un avvocato per l’ottenimento di una somma di denaro pretesa quale saldo per l’assistenza legale prestata all’interno di un giudizio di risarcimento danni promosso dagli stessi a seguito della morte del loro congiunto. Invocavano essi la revoca del decreto e degli importi versati al legale, in quanto l’importo corrisposto sarebbe stato da dimidiare trattandosi innanzitutto di una controversia in materia di lavoro ed inoltre a fronte della difesa congiunta concessa a due legali. Adita in secondo grado, la Corte d’Appello confermava la decisione dei Giudici di prime cure osservando che la decisione di coinvolgere nella difesa un altro professionista era stata motivata proprio dalla complessità della controversia. Avverso tale decisione viene proposto ricorso in Cassazione. Il mandato conferito a più difensori. È ormai principio affermato quello della Suprema Corte secondo cui nel caso di mandato alle liti conferito a più professionisti, ciascuno di essi, in difetto di un’espressa e inequivoca volontà della parte circa il carattere congiuntivo, e non disgiuntivo, del mandato medesimo, ha pieni poteri di rappresentanza processuale . Questo comporta che, nell’ipotesi di procura speciale per ricorrere per cassazione, il ricorso è validamente proposto anche se sottoscritto da uno solo di essi ed anche se l’altro avvocato non sia iscritto nell’albo speciale, in ossequio al principio di conservazione dell’atto per raggiungimento dello scopo nonché alle regole sul mandato con rappresentanza, mentre, per quanto attiene all’autenticazione della sottoscrizione, essa deve ritenersi possibile anche se effettuata soltanto da uno dei difensori designati, poiché l’art. 1712, comma 1, c.c., esige l’accettazione di tutti i mandanti soltanto nel caso di mandato congiuntivo . Per questa ragione il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 8 febbraio – 19 luglio 2018, numero 19255 Presidente Matera – Relatore Federico Considerato in fatto Con atto di citazione notificato il 16.5.2011 G.A. e B.V. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo numero 3644/2011, in precedenza emesso dal Tribunale di Firenze a favore dell’avv. P.A. per la somma di Euro 36.419,50 pretesa quale saldo per l’assistenza legale dal predetto prestata in favore degli opponenti. Questi ultimi deducevano di aver incaricato l’avv. P. insieme ad altro difensore, di assisterli in un giudizio di risarcimento danni da loro promosso contro FF.SS. a seguito del decesso del loro congiunto B.S. , rispettivamente marito della G. e padre del B.V. , decesso avvenuto per mesotelioma dovuto a contatto con l’amianto. Deducevano ancora di aver ottenuto dal Tribunale di Firenze una sentenza a loro favore per una somma di Euro 700.000, poi ridotta a seguito di transazione nel minor importo di Euro 600.000 di aver corrisposto ai due avvocati da loro incaricati la somma di Euro 12.500 per ciascuno contestavano nel quantum il compenso preteso dall’avv. P. osservando che la sentenza del Tribunale di Firenze per loro favorevole aveva liquidato soltanto Euro 15.000 per spese legali che nulla sarebbe stato dovuto per la relativa esecuzione, subito abbandonata in funzione della conciliazione della lite che per la detta conciliazione sarebbe stato dovuto un compenso di Euro 6.696, da dimidiare trattandosi di controversia in materia di lavoro e da ulteriormente dimidiare a fronte della difesa congiunta, per un importo finale di Euro 1.674. Invocavano quindi la revoca del decreto opposto e la restituzione degli importi versati all’avv. P. in eccesso rispetto a quanto dovuto. Con sentenza numero 1307/13 il Tribunale di Firenze respingeva l’opposizione condannando gli opponenti alle spese del grado, ritenendo provato che l’avv. P. avesse svolto il mandato difensivo insieme ad altro professionista, seguendo tutte le fasi del contenzioso e maturando, a termini dell’articolo 7 del DM numero 127/2004, il diritto al compenso per l’attività effettivamente prestata in favore del cliente. Interponevano appello la G. e il B. censurando con il primo motivo la prima decisione nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto la particolare complessità della causa nella quale l’avv. P. aveva svolto la sua opera in favore degli appellanti, riproponendo negli altri motivi le stesse doglianze già mosse in prime cure ed insistendo per l’ammissione di alcune istanze istruttorie. Con la sentenza impugnata, numero 1700/2014, la Corte di Appello di Firenze rigettava l’appello condannando gli appellanti alle spese. La Corte territoriale riteneva condivisibile la valutazione sulla complessità del contesto operata dal primo giudice, osservando che la decisione di coinvolgere nella difesa altro professionista l’avv. F. era stata motivata proprio dalla complessità della controversia riteneva che il compendio istruttorio acquisito agli atti avesse dimostrato adeguatamente la partecipazione dell’avv. P. alle varie fasi del contenzioso, con conseguente maturazione del relativo diritto al compenso respingeva le doglianze relative al quantum considerandole infondate. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione la G. e il B. affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso l’avv. P. . In prossimità dell’odierna adunanza, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. Ritenuto in diritto Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 7 DM 147/04 e 360 numero 3 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che, in presenza di mandato congiunto affidato a due difensori, il compenso unico previsto dalla tariffa avrebbe dovuto essere dimidiato ed attribuito ai predetti in ragione della metà per ciascuno. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 360 numero 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo, perché il giudice di secondo grado non avrebbe esaminato le doglianze relative alla quantificazione del compenso professionale. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione della tabella D numero 1 e 2 lettera f del terzo capitolo del DM 147/04 e dell’articolo 360 numero 3 c.p.c. perché la Corte territoriale avrebbe dovuto liquidare, rispettivamente, le somme di Euro 15.000 per la causa di merito, di Euro 2.266 per il pignoramento presso terzi, di Euro 3.913 per la conciliazione, per totali Euro 21.179 importo da dimezzare per l’attività di codifesa, con conseguente riconoscimento all’avv. P. della minor somma di Euro 10.589,50 oltre accessori. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 360 numero 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo, perché il giudice di appello non avrebbe motivato circa la mancata ammissione di una prova testimoniale. Va preliminarmente esaminata l’eccezione relativa al difetto di ius postulandi mossa dal controricorrente. Con essa si assume la nullità della procura, e per conseguenza dell’intero ricorso cui essa accede, perché il mandato sarebbe stato conferito dalle ricorrenti all’avv. Antonio Benvenuti e all’avv. Alessandro Rufini mentre la procura è firmata dal solo avv. Benvenuti, e non anche dall’avv. Rufini. La censura è manifestamente infondata. Ed invero, come questa Corte ha già affermato qualora il mandato alle liti venga conferito a più difensori ciascuno di essi, in difetto di un’espressa ed inequivoca volontà della parte circa il carattere congiuntivo, e non disgiuntivo, del mandato medesimo, ha pieni poteri di rappresentanza processuale, con la conseguenza che, in caso di procura speciale per ricorrere per cassazione, il ricorso è validamente proposto anche se sottoscritto da uno solo di essi ed anche se l’altro avvocato non sia iscritto nell’albo speciale, in ossequio al principio di conservazione dell’atto per raggiungimento dello scopo nonché alle regole sul mandato con rappresentanza, mentre, per quanto attiene all’autenticazione della sottoscrizione, essa deve ritenersi possibile anche se effettuata soltanto da uno dei difensori designati, poiché l’articolo 1712, comma 1, c.c., esige l’accettazione di tutti i mandanti soltanto nel caso di mandato congiuntivo. Cass.15174/2017 Ciò posto, il primo motivo di ricorso è infondato. L’articolo 7 del dm numero 147/1994, stabilisce infatti che nel caso in cui più avvocati siano incaricati della difesa in un procedimento civile, ciascuno di essi ha diritto all’onorario nei confronti del cliente in base all’opera effettivamente prestata, in virtù del principio di cui all’articolo 6 della legge 13 giugno 1942, numero 794 oggi trasfuso nell’articolo 7 d.m. 5 ottobre 1994, numero 585 Sez. 2, Sentenza numero 22463 del 04/11/2010 . Ne consegue che tale diritto all’intero onorario rimane escluso se, essendo stato richiesto il pagamento di una sola parcella, e non essendo state in essa indicate separatamente le prestazioni di ciascuno degli avvocati, risulta implicitamente ed inequivocabilmente una reciproca sostituzione nelle singole prestazioni poi sommate nella specifica Sez. 2, Sentenza numero 9242 del 12/07/2000 . Nel caso di specie, al contrario, la sentenza d’appello ha ritenuto, con adeguato apprezzamento di merito, che, anche sulla base delle dichiarazioni del teste avv. F. , l’avv. P. avesse provato di avere svolto tutte le prestazioni per le quali ha richiesto il compenso, nessuna esclusa, senza che ciò comporti dunque alcuna decurtazione del suo compenso. L’avv. F. ha infatti riferito che tutti gli atti erano stati esaminati ed approvati da ambedue i professionisti pag. 5 , confermando dunque che tutte le prestazioni indicate dall’avv. P. , erano state da questi effettivamente eseguite. Inammissibili il secondo e terzo motivo, che in quanto strettamente connessi vanno unitariamente esaminati, con i quali si censura, di fatto, la valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice del merito e l’accertamento dell’effettivo svolgimento dell’attività difensiva da parte del controricorrente. I motivi si risolvono invero in una richiesta di rivalutazione del fatto e delle prove, inammissibile in questa sede. In continuità con il precetto contenuto nella sentenza delle S.U. di questa Corte numero 24148 del 25/10/2013 Rv. 627790 , si deve dunque riaffermare che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione . Del pari inammissibile il quarto motivo di ricorso. L’integrazione ex officio della prova testimoniale, ai sensi dell’articolo 257, comma primo, cod. proc. civ. - norma applicabile anche nel rito del lavoro - costituisce infatti una facoltà discrezionale, che il giudice può esercitare quando ritenga che dall’escussione di altre persone, non indicate dalle parti ma presumibilmente a conoscenza dei fatti, possa trarre elementi per la formazione del proprio convincimento. Ne consegue che la chiamata dei testimoni o il rigetto della relativa istanza di parte nel caso che ad essi altri testi si siano riferiti per la conoscenza dei fatti, costituendo esercizio di una facoltà siffatta che presuppone un apprezzamento di merito delle risultanze istruttorie , è incensurabile in sede di legittimità, anche sotto il profilo del vizio di motivazione Sez. L, Sentenza numero 10077 del 01/08/2000 conf. Sez. L, Sentenza numero 10239 del 04/05/2009 . In ogni caso, anche detta doglianza ricade nell’ambito del vizio di omessa o carente motivazione, non più censurabile alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 primo comma numero 5 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, a seguito della novella di cui all’articolo 54 del D.L. numero 83/2012. Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo Sussistono i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1-quater del Testo Unico di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre rimborso spese generali, nella misura del 15%, ed accessori di legge. Sussistono i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1-quater del Testo Unico di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.